tag:blogger.com,1999:blog-35064780207501627512024-03-14T13:16:58.970+01:00Ottagono IrregolareAnonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.comBlogger227125tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-54087053833697842962013-02-25T20:19:00.000+01:002013-02-25T20:19:07.914+01:00Il responso delle urne<div style="text-align: justify;">
Come tutti coloro che hanno una formazione classica, mi viene abbastanza naturale ritenere che l'esito della forma politica chiamata democrazia sia l'oclocrazia (democrazia e oclocrazia per i pensatori greci erano la stessa cosa, solo che democrazia aveva una accezione più neutra, oclocrazia apertamente dispregiativa).</div>
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Non è che me lo invento io: la democrazia ateniese non era una democrazia nel senso odierno e, se paragonata alla nostra, era fortemente classista e sessista. Anche il pensiero democratico moderno, in Francia e America, si prefiggeva una forma di governo chiamata democratica, in cui però la massa della popolazione era sostanzialmente esclusa dall'esercizio effettivo del potere. E ovviamente questo limite era di natura classista e sessista. </div>
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Tuttavia il mio background politico è sostanzialmente libertario (si è modificato nel tempo, ovviamente, ma libertario resta). Mi è difficile definirmi anarchico perché nella vulgata corrente il termine ha precisi riferimenti ideologici che non mi appartengono, ma in generale diciamo che mi identifico molto nell'idea di socialismo liberale, in cui il pensiero libertario si appoggia sia sui pilastri del liberalismo (libertà individuale, diritti politici) che su quelli del socialismo (la libertà individuale e i diritti politici servono a niente se non si cerca di migliorare le condizioni materiali della società in generale).</div>
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Il cambiamento principale che è avvenuto nella mia forma di pensiero è dovuto all'esperienza, naturalmente. A vent'anni il mio pensiero era sostanzialmente teorico, oggi si è dovuto aggiustare in base ai dati che ho "raccolto" nel frattempo. </div>
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La parte più difficile è stata cercare di far convivere l'ispirazione libertaria con l'evidenza che la maggior parte delle persone non vuole la libertà, tranne che per sé e solo quando si accorge che altri gliela portano via (esempio banalissimo: gli "anarchici" che professano il crollo dello stato e cercano lo scontro con la polizia e che poi rivendicano a gran voce i diritti dell'imputato tipici delle democrazie liberali borghesi, il <i>welfare state</i> e la scuola gratuita di stato).</div>
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Un chiaro esempio di dissonanza cognitiva: la tua visione del mondo cozza con i dati dell'esperienza. Cosa fare? Credo che il mio errore di partenza sia stato abbastanza banale. Siccome io, se lasciato senza controlli esterni, so gestire la mia libertà senza fare danni a me e agli altri, siccome non sento il bisogno di avere uno stato paternalistico che mi abbraccia dalla culla alla tomba, siccome mi rendo conto che quando lo stato ti offre qualcosa lo fa per un suo tornaconto, ho sempre pensato che sarebbe andato bene a tutti vivere in libertà.</div>
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Ma non è così: un sacco di gente, quando la lasci libera, non sa gestirsi, ha bisogno della presenza statale dalla culla alla tomba e chiede, se non con le parole con le azioni, uno stato presente e forte, che sollevi il singolo dal peso di troppe responsabilità.</div>
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Detto questo, una democrazia radicale come la nostra, dove il potere politico trae forza dal consenso di milioni di persone, è destinata a mutarsi in oclocrazia. Non c'è verso di gestire un gruppo sociale mantenendo il consenso senza che questo porti a risultati pessimi. La gara al consenso è gara al ribasso, perché bisogna puntare al minimo comune denominatore all'interno di un gruppo sociale estremamente eterogeneo.</div>
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E l'oclocrazia è l'anticamera della dittatura. Storicamente i governi dell'uomo forte sono quei governi che fondano il proprio potere sul consenso delle masse per aggirare il potere delle elite dominanti. Ovviamente il consenso è estorto con l'inganno e la manipolazione, e con una buona quantità di violenza, ma non è questo il punto. Storicamente le masse tendono ad appoggiare una figura forte, che si appella a loro direttamente pur non facendone minimamente gli interessi, se non in misura minore per alcuni aspetti materiali.</div>
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Cesare, Napoleone, Mussolini, Lenin, Hitler erano l'espressione di questa tendenza naturale delle masse a scegliere l'uomo forte.</div>
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Quindi non c'è da stupirsi che il voto democratico porti agli esiti che sappiamo; è inutile chiedersi perché "la ggente" vota chi non fa i suoi interessi. E' connaturato nel sistema democratico che concede la possibilità a milioni di individui di delegare il potere politico.</div>
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Come la penso io? Che il processo democratico non mi interessa più, né mi interessa la politica attiva in qualunque forma. La necessità di avere consenso per poter agire la rende di per sé inefficace. Se io, sul posto di lavoro, dovessi cercare il consenso del gruppo che dirigo, avrei due strade: o ingannarli e fare comunque quello che voglio, o perdere clienti e dopo un po' anche il lavoro per tutti. Per fortuna invece devo scegliere in base a quello che considero il modo migliore di agire, e anche se non ho il consenso di nessuno, posso farlo lo stesso. E se sbaglio, pago io, non chi ha seguito le mie decisioni. E questo va contro ogni principio democratico.</div>
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E la libertà è divenuta una condizione personale e non mi preoccupo più tanto di quella degli altri. </div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-48057621823320367562013-02-04T21:59:00.002+01:002013-02-04T21:59:25.541+01:00Scatto<div style="text-align: justify;">
Alla fine ci sono caduto e ho voluto provare. Mi sono preso una bici a scatto fisso (di quelle scrause, che i veri bike ti ridono dietro se ti vedono). </div>
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Prime impressioni a caldo, considerando che comunque vengo da un'esperienza con una bici poco diversa, a parte appunto lo scatto fisso.</div>
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1. È così difficile da guidare? Non tanto, ci vuole un po' ad abituarsi, ma niente di drammatico; quando si va molto veloce a volte viene spontaneo fermare le gambe e allora c'è il rischio di essere disarcionati, ma si impara presto.</div>
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2. È più divertente di una bici normale? Sì, perché aggiunge quel pizzico di difficoltà che però non sconfina nella frustrazione.</div>
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3. È comoda in città? Sì, molto, il fatto di poter regolare la velocità con i pedali senza frenare è un grosso vantaggio, si ha molto più controllo. Ma ripeto che io venivo da una bici praticamente uguale, giravo già da prima con i pedali clipless e magari per altri l'esperienza sarebbe diversa.</div>
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4. Si fa più fatica? Un pochino, ma non ho notato differenze sostanziali. L'unica cosa è che frenare con le gambe si sente abbastanza sulle ginocchia, quello sì.</div>
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5. È vero che ti dà sensazioni completamente diverse, che ti senti un tutt'uno con il mezzo e con la strada? No. Cioè, non più che con qualsiasi altra bici, ovviamente.</div>
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6. Ti fa pensare ad una filosofia diversa di vita e di mobilità sostenibile? No. Cioè, non più che con qualsiasi altra bici, ovviamente.</div>
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7. Ma te vai brakeless? No.</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-29013749800862386612013-01-26T21:41:00.000+01:002013-01-26T21:41:45.935+01:00Tutti i cretesi hanno una mappa<div style="text-align: justify;">
Insomma, ad essere onesti deve essere ormai trascorso qualche anno da quando ho avuto l'ultima discussione seria riguardo politica, religione, musica e un sacco di altre questioni. Non perché mi manchino gli interlocutori, ma è che mi è passata la voglia. Ci ho messo un po' a razionalizzarne il motivo, ma penso di esserci arrivato. </div>
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Ora però voi non offendetevi per quanto sto per scrivere, tutto è inteso "esclusi i presenti", com'è costume. </div>
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La voglia mi è passata perché dopo tante discussioni, in internet e nel mondo reale, mi sono reso conto che non c'era alcuna discussione - o dialogo - nel senso platonico: si poteva andare avanti per delle ore e mancava qualunque progresso dalle posizioni iniziali e una completa assenza di condivisione di almeno alcuni punti di partenza. Si può discutere se le orbite dei pianeti siano delle circonferenze con il Sole al centro oppure delle ellissi in cui il Sole occupa uno dei due fuochi, ma per farlo bisogna essere tutti copernicani. Se invece un tolemaico e un copernicano si mettono a dibattere la questione, senza nemmeno accorgersi della differenza di base, potranno andare avanti dei mesi a chiaccherare, ma non ne ricaveranno mai niente.</div>
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L'esempio dei copernicani e dei tolemaici lo faccio perché è il classico contrasto tra due opposte visioni del mondo, letteralmente. L'unica discussione che le due fazioni potevano avere consisteva nel convincere l'altro dell'errore e fargli cambiare idea. </div>
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Tornando a noi: nel tempo mi sono convinto che le idee politiche, le idee religiose, la musica che si ascolta non sono altro che visioni del mondo. O meglio, sono una mappa della realtà nella quale si distingue ciò che è giusto e ciò che è sbagliato per essere sicuri di stare sempre nel giusto. È ovvio, nessuno vuole stare nel torto e in qualche modo bisogna sapere come evitarlo. </div>
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Così, quando qualcuno mi parla di politica, non mi sta esprimendo un'analisi della situazione politica in un dato contesto, ma mi (e si) sta dicendo invece: io voto <i>x</i> e quindi sono nel giusto, quindi <i>sono</i> giusto. Quando qualcuno mi parla di religione, mi (e si) sta dicendo: io credo in <i>y</i> e quindi sono nel giusto, quindi <i>sono</i> giusto. Quando qualcuno mi parla di musica, mi (e si) sta dicendo: io ascolto <i>z </i>e quindi sono nel giusto, quindi <i>sono</i> giusto. </div>
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Ma lo stesso vale per qualsiasi cosa vi possa interessare: se entrare in un forum di appassionati di biciclette vedrete gli stessi meccanismi. Il fatto di andare in bicicletta diventa un filtro per interpretare il reale e, ovviamente, chi va in bicicletta si sente dalla parte del giusto, si sente giusto e migliore di chi non è dalla sua parte. Provate a vedere i forum o i blog di arti marziali: stessa cosa, io pratico la tale arte marziale, quindi capisco il mondo meglio di chi non la pratica, quindi sono migliore. </div>
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Discutere di praticamente qualunque questione diventa impossibile, a meno che non si vada d'accordo a priori, per due motivi: primo, le visioni del mondo sono autoescludenti. Ma questo non sarebbe un grosso problema, perché in fondo ognuno la pensa come vuole e poi si va a bere una birra. Il vero motivo è che parlare di politica, per esempio, non significa parlare di una serie di eventi e dei loro esiti, ma mettere in discussione la mappa mentale dell'interlocutore, di conseguenza mettere in discussione la sua distinzione tra giusto e sbagliato, di conseguenza mettere in discussione la giustezza stessa dell'interlocutore.</div>
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Quando qualcuno vi parla di politica (o di religione, o di qualunque altra cosa), non vi sta parlando di politica, vi sta convincendo della sua giustezza in quanto essere umano. Per contro, se voi non siete d'accordo con lui, non state dubitando dell'idea politica che segue, ma della sua giustezza in quanto persona. </div>
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Siccome tutti abbiamo bisogno di queste mappe mentali e tutti abbiamo bisogno di sapere che siamo nella parte giusta della mappa e che quindi siamo persone giuste, avere qualcuno che tenta di rimuovere quella sicurezza diventa destabilizzante. Non possiamo dubitare di essere nel giusto <i>come persone</i>, altrimenti tutta la nostra vita diventa senza senso.</div>
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Quindi io non discuto più con nessuno non perché pensi che gli altri hanno torto, ma perché mi rendo conto che significherebbe andare a mettere in discussione la loro persona e la loro consapevolezza del mondo e della realtà. Siccome non direi mai a nessuno che è sbagliato in quanto persona, io do sempre ragione a tutti, a prescindere, così almeno lo faccio contento e so che si sente meglio per avere qualcuno che la pensa come lui. </div>
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L'unico problema di questo discorso è che ovviamente è a sua volta una mappa mentale che mi sono costruito io, per essere sicuro di essere nella parte giusta e quindi di essere giusto. E in sostanza, affermando questa idea, cado nel paradosso del mentitore: se tutte le visioni del mondo sono solo mappe mentali ad uso di chi le crea, anche ritenere che tutte le visioni del mondo sono una mappa mentale è una mappa mentale e pertanto se è vera la prima, non è vera la seconda; se è vera la seconda, non è vera la prima.</div>
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Il che dimostra che devo scopare di più e pensare di meno. </div>
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-48987472825710617032012-11-12T06:30:00.000+01:002014-04-08T22:52:24.946+02:00La passione per la corruzione<div style="text-align: justify;">
Da appassionato di storia trovo che i periodi più affascinanti da studiare siano quelli tradizionalmente trascurati dai programmi scolastici e quindi al grande pubblico. Questi periodi sono quelli che nei manuali delle superiori vengono liquidati in poche battute, considerati momenti di passaggio tra un'epoca e la seguente oppure fasi terminali di processi più importanti: la storia della Grecia post-classica; le fasi finali dell'impero romano, comprese le cosiddette invasioni barbariche; la fine del paganesimo e l'avvento del cristianesimo. Esse sono conosciute in maniera superficiale e giudicate - generalmente - come la corruzione della situazione precedente che ha determinato la fine di un'epoca.</div>
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Per esempio è innegabile che esista una vulgata ben radicata, anche tra i banchi di scuola, che ritiene il tardo impero romano un luogo di corruzione e dissolutezza, il quale, corroso dall'interno, non ha potuto che crollare sotto i colpi delle popolazioni barbariche. Sul piano storico, questo giudizio è completamente privo di fondamento e tra gli specialisti è stato ormai abbandonato da tempo. Perché dunque rimane?</div>
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Innanzitutto perché la conoscenza storica destinata alla massa di studenti proviene dai programmi scolastici e nei programmi scolastici, tradizionalmente, la storia ha avuto un ruolo ideologico che è servito a creare una visione del mondo funzionale al presente. Così la Grecia classica è servita ai rivoluzionari francesi per far attecchire la propria ideologia democratica e libertaria, ma è anche servita alla Germania del secondo impero per creare la propria ideologia antidemocratica e autoritaria. L'antica Roma è servita a dare un sistema di riferimento a tanti repubblicani risorgimentali italiani, ma anche a fornire al fascismo gli strumenti propagandistici atti a creare consenso.</div>
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Se lo scopo era creare, per mezzo della storia, una visione del mondo particolare che desse un quadro di riferimento ideologico alle masse di cittadini che dovevano riconoscersi in un passato comune, come è accaduto in Europa per tutto l'Ottocento e fino alla fine della seconda guerra mondiale, il messaggio della storia doveva essere semplificato il più possibile, in modo che fosse assimilabile da quanti più contadini, operai, fabbri, minatori, mondine, <strike>Fabi Voli</strike> panettieri possibile.</div>
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Insomma, come la Chiesa ha creato quella sofisticata architettura del pensiero chiamata teologia, ma alla massa del popolo ne riserva una versione semplificata all'estremo chiamata catechismo, così gli stati-nazione rielaborano la complessità della storia in un racconto che ha un'inizio, uno svolgimento e una fine ed è fatto di personaggi archetipici e topoi letterari predeterminati. Come la Chiesa ha un'elite di studiosi che non si cura di un vecchio uomo barbuto che dal cielo controllerebbe cosa fa la gente a letto, così gli stati hanno un'elite di accademici che non vede la storia in termini di periodi di apice seguiti da corruzione e morte. </div>
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In questo processo di annacquamento della storia è stato inevitabile che alcune epoche siano state lasciate da parte e facilmente etichettate come periodi di corruzione e quindi inutili da approfondire: se teniamo a mente la storia di Roma, così parliamo di un argomento che più o meno conoscono tutti, è facile vedere che le fasi di cosiddetta corruzione sono in realtà periodi molto complessi sul piano politico, culturale e sociale e - in quanto tali - non possono essere facilmente spiegati in una scuola media o in un liceo classico, dove il fine era creare cittadini fedeli alla Patria e pronti a morire per essa.</div>
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Il programma scolastico medio, fino a qualche anno fa almeno, trattava la storia di Roma (come pure quella della Grecia), secondo il modello inizio-apice/periodo classico-corruzione-dissoluzione. Le fasi di inizio e di apice erano il veicolo dei valori positivi che si volevano trasmettere, mentre le fasi di corruzione e dissoluzione rappresentavano i valori negativi che distrussero quelle civiltà e che, non c'è bisogno di dirlo, minacciavano anche il presente.</div>
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Si ha gioco facile nel creare questo genere di contrapposizioni perché, di solito, i periodi di origine e apice di una società antica sono anche i periodi per cui le fonti sono più scarse, mentre per i periodi successivi le fonti sono molto più abbondanti. Così per la Grecia classica o per la Roma repubblicana le nostre conoscenze dipendono da poche tradizioni, schierate da una parte sola, che a loro volta erano nate per esaltare o silenziare i vari punti della storia. La storia delle origini di Roma e poi della repubblica è bellissima, ma non possiamo far finta di non vedere che quello che sappiamo è un racconto di una persona sola, che ha attinto a fonti ufficiali, con lo scopo di giustificare il principato e creare un'ideologia comune nell'elite dominante che ponesse fine lotte intestine che duravano da decenni. </div>
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Grazie alla scarsità di fonti è inoltre molto più facile riempire i buchi con quello che sembra più adatto al fine educativo. Ma se di un periodo storico si conoscono molti più dettagli, diventa difficile ignorare che la società antica era anch'essa umana, troppo umana e per questo molto più simile al presente e molto meno esemplare. Per secoli la storia di Roma si è studiata leggendo Cicerone e Livio, ammirando la grandezza degli antichi, la loro moralità, il loro senso dello stato. Ma poi si è scoperta Pompei e si è visto che il romano medio non passava le giornate alle terme di bianco vestito discettando di <i>iustum</i> e <i>utile</i> e dibattendo sull'ambasceria di Carneade, ma preferiva frequentare i bordelli e discuteva di elezioni alla maniera di un beppegrillo qualunque.</div>
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Ma queste cose agli studenti non si possono dire. E allora gli si propina Attilio Regolo e l'abuso della pazienza di Catilina e si liquida il resto dicendo che ormai era un mondo corrotto, un paio di capitoli di Petronio per far vedere quanto corrotto fosse, invasioni barbariche e via col Medioevo. <br />
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Ma nel momento in cui non si concepisce la storia come una serie di modelli educativi per i giovani e invece si comincia a studiarla per il piacere di studiarla, allo stesso modo in cui si studia la natura per capire come funziona e non per trovare dimostrazioni a quanto Aristotele aveva scritto duemila anni fa, tutti quei periodi che sono stati bollati come corrotti diventano estremamente più interessanti.<br />
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La tarda antichità è un argomento che sto gradatamente cercando di approfondire e apprezzare. Il suo fascino è dovuto alla complessità della società sotto ogni punto di vista e alla disponibilità di fonti variegate che permettono di analizzare quel periodo sotto diversi punti di vista incrociati. Le invasioni barbariche non sono per niente "invasioni" pure e semplici, così come l'avvento del Cristianesimo non è un avvento. Sono entrambi processi che si svolgono nel tempo, coinvolgendo in momenti diversi strati della società diversi con esiti diversi.<br />
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Più che l'aspetto evenemenziale, che ritengo un sostrato necessario ma non sufficiente alla ricerca, ad interessare è lo scontro, l'incontro, la mescolanza di <i>Weltanschaung</i> che si presentano ancora come elementi distinti ma grazie ai quali si possono già cogliere gli sviluppi della società europea posteriore (graziati come siamo dal senno di poi). In un certo senso è come leggere un romanzo giallo in cui si sa già chi è il colpevole e ci si può dunque godere senza disturbo la storia di come l'assassino e il detective sono arrivati a quel momento, cercando di capire come ragionano, quali motivazioni li spingano, quali obiettivi cerchino di raggiungere.<br />
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Questa complessità tuttavia è praticamente irriducibile ad unità ed è di fatto impossibile parlare di quelle epoche credendo di averle comprese fino in fondo. La coperta della nostra interpretazione è sempre troppo corta e se cerchiamo di coprire per bene un'estremità, ne lasciamo scoperta quella opposta e siamo quindi costretti a muovere continuamente la coperta, o a trovare un compromesso che lasci fuori il meno possibile, consapevoli che qualcosa rimane sempre fuori.<br />
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Tutto l'opposto insomma della storia classica che ci insegnavano a scuola, dove gli antichi erano mostri di moralità e buon governo, che si muovevano in un tempo scandito dal progresso verso la perfezione e dal conseguente regresso verso la barbarie. Una storia fatta di uomini, di ingegneri che costruivano opere grandiose e di cafoni arricchiti che organizzavano banchetti di volgarità, di estremisti religiosi che credevano nella venuta della fine del mondo e reazionari che tentavano di mantenere in vita il corpo di una gloriosa tradizione culturale, di intellettuali che cercavano di conciliare la filosofia greco-romana con i principi di quella nuova eresia giudaica ormai egemone, di clerici trovatisi a rappresentare la gloria di Roma di fronte alla nuova classe dirigente che veniva da est, di insegnanti che si battono invano per far imparare una lingua che sta per diventare morta.</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-41342752346053760312012-10-15T06:30:00.000+02:002012-10-15T18:34:52.267+02:00Cocci aguzzi d'illegalità<div style="text-align: justify;">
È qualche anno che manco dall'Italia e quindi la maggior parte delle nuove evoluzioni della cultura pop non mi arrivano o mi arrivano con molto ritardo. L'altro giorno mi è capitato di vedere questo:</div>
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/j43C26h-qb0?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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Dal punto di vista di chi è nato e cresciuto in Italia ma ormai la osserva da lontano e la compara quotidianamente con realtà diverse, questo finto trailer rappresenta perfettamente la peculiarità italiana. Che non è quella di essere "italiano medio", tutto preso da calcio e veline, che si crede furbo perché ha la macchina a gasolio quando il prezzo della benzina sale. Ma è quella di pensare che tutti gli altri sono così, mentre tu no, sei l'unico diverso. Ogni singolo italiano pensa che tutti gli italiani siano un branco di scemi e si sente superiore perché lui, invece di fare la cosa x che fanno tutti, fa la cosa y, che lo qualifica come estraneo alla sua stessa cultura. </div>
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E mentre pensa questo, generalmente l'italiano non si accorge che invece fa le stesse identiche cose che critica negli altri. C'è una cronica incapacità tra chi nasce in Italia nel vedere le proprie azioni in maniera obiettiva. </div>
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Faccio un esempio semplice semplice. Generalmente gli italiani che arrivano qui in Germania, se sono giovani e laureati, sono esattamente il pubblico cui il finto trailer è destinato: disprezzano la furbizia e l'illegalità del nostro paese, sono nemici del Berlusconismo, radice di tutti i mali, e magari dicono di essersene andati perché in cerca della legalità, di un paese civile dove le regole della convivenza funzionano.<br />
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Benissimo, io con queste persone finisco sempre a litigare (e dico litigare, non scambiare differenti opinioni) per la solita cosa: quando andare a buttare il vetro nell'apposito cassonetto.<br />
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Perché dove vivo io il vetro si va a buttare nei cassonetti appositi, che sono lungo la strada e servono diverse case o condomini. L'operazione è consentita in orari determinati, dalle 7 della mattina alle 7 di sera dei giorni lavorativi. Il motivo di questa regola è evidente: buttare delle bottiglie vuote dentro un contenitore vuoto o pieno a metà di altri vetri fa molto rumore e non si vuole che tutto il vicinato sia disturbato dal casino di vetri rotti.<br />
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L'orario di per sé è arbitrario, nel senso che le sette di sera sono poco diverse dalle sette e mezza o dalle otto. Solo che, quando hanno dovuto decidere per un'ora, hanno deciso per le sette. Come per il limite di velocità, non è che 50 all'ora sia molto diverso da 55 o 60 all'ora, ma bisognava decidere un limite e si è deciso quello.<br />
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Se voi prendete uno dei nostri connazionali che sono venuti in cerca della legalità, andrà sempre a buttare il vetro dopo le sette o di domenica. E se proverete a fargli notare che esiste un regolamento che vieta di farlo dopo le sette, vi guarderà come se aveste detto la più gran castroneria dai tempi di Omero.<br />
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Perché per gli italiani che su Facebook condividono le foto dei magistrati morti e linkano gli articoli a favore della legalità, la legge è un'entità astratta e generale, nel senso che esiste in una dimensione teorica che coinvolge una ipotetica cittadinanza. Ma non appena la legge arriva a sancire il comportamento concreto ed inviduale, cioè quando vieta <i>a te</i> di fare la tal cosa in questo momento, tutti - e ripeto: tutti - gli italiani che conosco si irritano e reagiscono come se la legge gli impedisse di buttare il vetro per sempre e li obbligasse ad accatastare le bottiglie vuote nella vasca da bagno di casa.<br />
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E siccome a loro questo non va bene, si rifiutano di rispettare il regolamento e buttano il vetro un po' quando gli pare. E si incazzano come iene se glielo fai notare. E di solito sono io che glielo faccio notare, per il semplice motivo che è un regolamento di puro buon senso che serve a fare in modo che nessuno rompa le scatole agli altri, te compreso.<br />
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Ma attenzione, perché questo comportamento non viene percepito come una violazione delle regole. Queste persone ragionano all'incirca così: quello che faccio io è giusto; la regola vieta i comportamenti ingiusti; quindi non violo alcuna regola. Manca del tutto la percezione che il proprio comportamento concreto si attiene o non si attiene alla regola concreta e non ad un vago concetto di giustizia che viene creato dal singolo e che si applica aprioristicamente secondo la convenienza.<br />
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Ora, l'esempio è scemo ma pregnante, perché questa mentalità ha due conseguenze: che il singolo italiano viola le regole senza rendersene conto e - di conseguenza - che certamente violerà le regole ogni volta che queste andranno contro il suo utile.<br />
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Se parliamo di un neolaureato in cerca di lavoro in Germania, le regole infrante sono tutto sommato di poco conto. Non è che la polizia vada in giro a controllare che alle sette e dieci minuti non ci sia gente che getta le bottiglie nel cassonetto. Ma se quel neolaureato diventa col tempo un dirigente o un dipendente pubblico, si troverà ad infrangere le regole senza saperlo; solo che questa volta le conseguenze saranno ben più gravi e non si limiteranno ad un po' di rumore. Un dirigente che gestisce in maniera "allegra" i conti dell'azienda la farà fallire e farà perdere il lavoro a tanta gente. Un dipendente pubblico che acceleri certe pratiche perché sono quelle dell'amico e rallenti certe altre perché sono quelle di uno sconosciuto, moltiplicato per tutti i dipendenti pubblici, blocca il sistema nel suo complesso.<br />
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Per questo quando vedo i link tipo "Democrazia e legalità", "Parlamento pulito" eccetera, non riesco a non pensare che sia solo il nuovo bigottismo del secondo millennio. Come una volta si predicavano pubbliche virtù e poi ci si andava a far ricucire l'imene dal dottore amico di famiglia, oggi si alzano alti lai per l'illegalità della casta e poi, in privato, si viola la legge quando fa comodo.<br />
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Con la differenza che essere ipocriti sulla verginità prima del matrimonio non fa male a nessuno, essere ipocriti sul rispetto della legalità danneggia ogni singolo individuo. E lo stato in cui si trova l'Italia oggi ne è la prova.</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-57039970678065347602012-09-17T07:00:00.000+02:002012-09-17T07:00:13.052+02:00La cultura del mignolo alzato<div style="text-align: justify;">
Leggendo le pubblicazioni specializzate si percepisce che in questo periodo l'ossessione del mondo dei videogiochi è quella di apparire come un medium maturo che possa essere considerato alla pari con altri media, primo tra tutti il cinema. </div>
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Il motivo di questa ossessione è chiaro: come io, nato e cresciuto in un ambiente relativamente lontano dalla cultura alta ho sentito il bisogno di colmare questa mia lacuna per non dovermi sentire un gradino più in basso degli altri, così il mondo dei videogiochi e la stampa di settore in particolare sono arrivati al punto in cui anelano al riconoscimento culturale da parte degli altri rami dell'intrattenimento. </div>
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Ma come io, nel mio tentativo di colmare il presunto divario culturale, mi sono ritrovato a perseguire una formazione accademica che mi ha reso particolarmente difficile trovare un lavoro, così i videogiochi stanno imboccando una via che difficilmente giungerà a qualcosa di buono.</div>
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Allo scorso <a href="http://www.e3expo.com/"><i>Electronic Entertainment Expo</i></a> (per gli amici <i>E3</i>) è stato presentato un nuovo progetto che dovrebbe, negli intenti, portare il videogioco ad un livello di maturità superiore. Ecco la presentazione:<br />
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<iframe allowfullscreen="allowfullscreen" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/yFxAJ3eaaC8" width="560"></iframe></div>
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Da questo filmato si può capire cosa intendano gli sviluppatori e la stampa quando parlano di maturità del medium: palette di colori dominata dal nero, dialoghi à la detective Callahan, voci rauche à la Batman, combattimenti a mani nude tipo Matrix, <i>girl power</i>, superpoteri e temi come "la vita dopo la morte". Impressionante eh?</div>
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Se questo miscuglio di luoghi comuni della cultura pop è considerato il prossimo scalino verso la maturità dei videogiochi, l'asso nella manica da giocarsi per mettersi al pari col cinema e la letteratura, capite bene che la strada per un vero riconoscimento è ancora lunga e perigliosa. </div>
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Tutti questi elementi sono, come detto, dei cliché, stereotipi che si possono incontrare in qualsiasi produzione precedente. Il ricorso ai luoghi comuni di per sé non è sbagliato, perché di fatto è impossibile non ricorrervi: una narrazione funziona per mezzo di determinati meccanismi e non usare quei meccanismi significa creare una narrazione orrenda. Il problema, e la vera forza di chi crea, è saper rimaneggiare i luoghi comuni per arrivare a qualcosa di mai visto prima. Riproporre per la milionesima volta scene di violenza, condite di dialoghi da superduri e con il personaggio femminile che dovrebbe ribaltare lo stereotipo della donzella in pericolo 15 anni dopo <i>Buffy the Vampire Slayer</i> non è nemmeno un esercizio di stile: è catena di montaggio, dove si assemblano pezzi e si produce su larga scala. Che va benissimo, ma non è il modo di creare un'opera culturalmente matura.</div>
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E quale potrebbe essere allora un videogioco che rappresenti il passaggio verso una produzione "matura"? Ce ne sono due che sono esemplari in questo senso, ma a cui nessuno mai penserebbe. Preparatevi... sedetevi... </div>
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<i>GTA: Vice City</i> e <i>GTA: San Andreas</i>.</div>
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Per chi avesse vissuto su Marte negli ultimi 10 anni, questi giochi rappresentano due successi commerciali planetari. Il giocatore impersona un delinquente che si fa strada nel mondo del crimine per mezzo di una lunga fila di omicidi. Il gioco è ambientato in una città e i suoi dintorni, che possono essere liberamente esplorati, senza essere legati ad alcun vincolo predefinito. Il tratto fondamentale dei due titoli è il ricorso alla violenza, che viene così tanto caricata e espansa da superare il limite del grottesco e sfociare nel surreale.<br />
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Quello che però rende i due giochi interessanti è l'ambientazione. <i>GTA: Vice City</i> è ambientato nella Miami degli anni 80, mentre <i>GTA: San Andreas</i> nella California dei primi anni 90. Tuttavia la ricostruzione delle due città non è "filologica", per così dire, ma è la sintesi della cultura pop dei rispettivi anni. Quindi né Miami né la California sono ricostruzioni storiche dei loro equivalenti reali, ma una fusione degli elementi caratteristici della cultura pop di quegli anni: il risultato è un pastiche di riferimenti a film, telefilm, musica, programmi radio, automobili, abbigliamento dell'epoca, continuamente alternando tra parodia e omaggio a quegli anni.<br />
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Così in <i>GTA: Vice City</i> si trova tutto ciò che ha reso gli anni 80 quelli che ricordiamo: colori fluo, abiti pastello, musica elettronica, il pericolo sovietico... un concentrato di cultura pop in cui gli anni 80 sono più anni 80 degli anni 80. I tratti principali di quegli anni sono così tanto caricati da renderli iperreali e infine surreali. E lo stesso vale per <i>GTA: San Andreas</i>: le gang di neri e ispanici, i pestaggi della polizia, la Rivolta di Los Angeles, X-files, la musica rap...<br />
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Quello che rende i due giochi culturalmente interessanti (e ricordiamo che sono giochi vendutissimi, non roba di nicchia buona per i salotti bene) è che gli sviluppatori non hanno voluto rincorrere altri media sul loro piano. Coscienti di dover creare un gioco e non di scimmiottare il cinema, hanno deciso di inventare una formula propria, nella quale tutti i riferimenti culturali - tantissimi - vengono rimaneggiati per dar vita a qualcosa di nuovo. La prima cosa che si deve fare in <i>GTA: Vice City</i> è travestirsi da colletto blu, infiltrarsi in una manifestazione di operai e provocare disordini, in modo che lo sciopero fallisca. Nel gioco la situazione fa molto ridere, perché è un rovesciamento parodico dei valori comunemente accettati, ma il sottotesto è chiaramente radicato nella situazione - seria - del settore manifatturiero americano durante gli anni di Reagan.<br />
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Entrambi i giochi sono intessuti seguendo questa trama e ci riescono perché l'intento non è quello di creare un gioco "maturo", ma un gioco che sia divertente e che riesca ad esprimersi a diversi livelli di profondità. Infatti la serie di GTA è universalmente nota per essere caciarona, priva di senso, gratuitamente violenta, perché la maggior parte dei giocatori, quando vanno in mezzo a degli operai in sciopero con un martello in mano, non ha idea dei collegamenti con la situazione reale dei lavoratori americani di quell'epoca. Ma se si ha una conoscenza più approfondita, si può anche godere del gioco ad un ulteriore livello, senza intaccarne minimamente l'aspetto ludico e di intrattenimento.<br />
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Perché l'intrattenimento intelligente non è quello che tira gli spiegoni sul senso della vita e la direzione che sta prendendo il mondo, ma è quello che sa riconoscere i tratti salienti dell'immaginario collettivo e li mette a disposizione del fruitore nella consapevolezza dei propri limiti espressivi.<br />
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Ma ovviamente queste cose non le leggerete mai nella stampa di settore, perché chi scrive e parla di videogiochi si limita a vedere l'aspetto superficiale (<i>OMG picchiamo gli operai LOL</i>) in quanto carente dei riferimenti culturali generali che permettono un approccio diverso. Basta solo osservare con costernazione la sintassi delle recensioni dei videogiochi.<br />
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Conseguenza di questa incapacità di capire che il tono leggero e apparentemente sciocco è in realtà frutto di una complessa rielaborazione della cultura specifica del periodo è la richiesta di creare giochi maturi, intesi come prodotti seriosi in cui si tirano infiniti spiegoni su come la vita fa schifo e il mondo è una cloaca.<br />
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Così dopo <i>GTA: San Andreas</i> è uscito <i>GTA IV</i>, un pastone noiosissimo di cliché sulla vita degli immigrati dell'Europa orientale a New York, che non fa né ridere, né piangere, né pensare. Si tira fuori il luogo comune del sogno americano infranto e si continua con una lunga serie di eventi telefonati, visti e rivisti in tutte le salse. E non può che essere così: a meno che il gioco non venga prodotto da emigrati bosniaci con le pezze al culo, nessuno sa veramente mettersi nei panni di un povero cristo sbarcato clandestinamente a New York all'inizio degli anni 2000 e deve per forza di cose ricorrere a luoghi comuni presi in prestito qui e lì. Le poche parti degne di nota sono ad esempio una missione in cui si deve rapinare una banca: tutta la scena è in realtà un omaggio al film <i><a href="http://www.imdb.it/title/tt0113277/">Heat</a></i> di Michael Mann ed è un breve "ritorno alle origini" che purtroppo dura troppo poco.<br />
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Ma chiaramente questa svolta nella serie <i>GTA</i> è stata acclamata dalla stampa di settore, che ha applaudito al nuovo tono "maturo", perché per la stampa di settore la palette di colori scura e la storia-polpettone strappalacrime sono la forma che dovrebbe prendere la cultura "alta". Senza rendersi conto invece che è la forma che prendeva <i><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Anche_i_ricchi_piangono">Anche i ricchi piangono</a></i>.<br />
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Quando allora i giochi diventeranno culturalmente rilevanti, al pari del cinema e della letteratura? Quando saranno creati da e pensati per persone che sono già fruitori di cultura nel suo complesso, le quali non pensano che la cultura sia una cosa noiosa dove la gente è tutta seria e si parla solo di amore, morte e filosofia politica. Ricordiamoci che noi impariamo molto di più dalla commedia che non dalla tragedia riguardo alla vita nell'Atene classica, perché una società è fatta di sberleffi e scoregge più che di sovrani che si accecano e sorelle che raccolgono i corpi in putrefazione dei fratelli.<br />
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-36722141545766687642012-07-27T22:51:00.001+02:002012-07-27T22:51:05.461+02:00Motivi per vivere in Germania #2<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFnzMUDEaDxb5ngAhUDGC1-cRDZSboYj9N48pJnPxiIO1mOkcKp4hipPXOphaUxvzFgNAR42s8qUX8t1tfVmuC2XqSYle0mujfokWEAqmbhtb97YEqSR4Zegj_pzVqj4iM5bZD2C3nZL8/s1600/27108-org.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFnzMUDEaDxb5ngAhUDGC1-cRDZSboYj9N48pJnPxiIO1mOkcKp4hipPXOphaUxvzFgNAR42s8qUX8t1tfVmuC2XqSYle0mujfokWEAqmbhtb97YEqSR4Zegj_pzVqj4iM5bZD2C3nZL8/s640/27108-org.jpg" width="427" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Judith Rakers, giornalista e presentatrice</td></tr>
</tbody></table>
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<br /></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-14008334667654575512012-07-10T22:08:00.000+02:002012-07-10T22:08:03.507+02:00Il dito punta dove la banca duole<div style="text-align: justify;">
Nella mia dieta non manca mai, una volta alla settimana, un menu maxi da McDonald's, accompagnato a volte da un secondo cheesburger. E innaffiato di Coca-cola. Faccio così da quando ne ho avuto abbastanza di sentirmi ripetere che il junk food fa male, che le nostre tradizioni culinarie moriranno per sempre, che usano carni OGM che mi trasformeranno in un X-man, che McD uccide i propri dipendenti per farne hamburger.</div>
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Da anni ormai non bevo più caffè espresso, ma solo il caffè che noi chiamiamo "americano" e che tutto il resto del mondo chiama "caffé", perché non ne posso più di sentire gli italiani che ne parlano schifati e si vantano di bere quella mezza tazzina di acqua nera che sa di bruciato come fosse il più grande lascito culturale del nostro Paese. A casa me lo preparo con una <a href="http://www.tchibo.de/Privat-Kaffee-Guatemala-Grande-Gemahlen-p200007956.html">miscela di un famoso produttore di caffè tedesco</a>, <i>Tchibo</i>, nella macchina ad infusione. E se sono fuori vado in qualsiasi negozio di <i>Tchibo</i> e lo prendo lì, che con 95 centesimi mi danno un bel bicchiere di squisito caffè che sa di caffè (ancora mi vergogno al ricordo di aver creduto che il caffè fosse amaro, quando invece è l'espresso che è amaro). In più, se qualcuno mi dice che senza l'espresso al mattino non si sveglia, mi vien da ridere, perché l'espresso non sveglierebbe nemmeno mia nonna: bisogna provare del vero caffè per capire cosa voglia dire svegliarsi dopo una tazza.</div>
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Quando devo fare compere, vado esclusivamente in grandi catene, centri commerciali e grandi magazzini, ma solo quando proprio non posso comprare via internet, perché se sento un'altra volta parlarmi del contatto umano col negoziante che con mani amorevoli prepara ogni singolo articolo in vendita come fosse figlio suo e vi accoglie nel suo negozio coccolandovi e facendovi i grattini mi sparo un colpo sulle rotule.</div>
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E via dicendo, la lista sarebbe lunga. Come si può vedere viviamo immersi in un mondo pieno di gente fastidiosa e petulante che - per una qualche ragione nota solo a loro - vuole cambiare il mondo irritando i proprio simili nel tentativo di far cambiare loro idea. </div>
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Avete presente quelli di Occupy? Certo, puntano il dito verso le banche, la finanza e bla bla, ma cosa mi può interessare? Anche Marx, Mussolini, Ezra Pound e il Papa puntano il dito contro le stesse cose, ma non mi sogno nemmeno dopo un chilo di peperonata di andare dietro a uno di questi, perché - ovviamente - l'alternativa che offrono non è migliore del male che indicano.</div>
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Cioè, non è importante puntare il dito su quello che non va: conta cosa proponi di fare in alternativa. Qualsiasi cattolico bigotto sa dirti che il mondo fa schifo, ma io non voglio andare in giro col cilicio e la cintura di castità. Sul serio preferisco il mondo così com'è.</div>
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Quelli che odiano McD mi propongono come alternativa un'alimentazione povera, costosa e inadatta alla mie esigenze. Vivendo in Germania, se dovessi nutrirmi come tradizione comanda, dovrei mangiare solo patate, crauti e carne di porco. Non so se avete presente cosa vogliano dire sei mesi così... immaginate una vita. E nella mia terra natia la tradizione culinaria prevede un sacco di pellagra; non ci tengo, francamente.</div>
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Quelli che denigrano il caffè "americano", chiamandolo sprezzantemente "beverone", mi propongono in alternativa quel sorsino di liquido bruciacchiato amaro come la morte. No, mi dispiace, ho provato le alternative e non torno indietro.</div>
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Quelli che odiano la grande distribuzione vogliono che entri nei vecchi negozi di una volta, piccoli, cari, senza scelta e con il padrone che ti guarda infastidito quando entri. Veramente non tornerei mai a quei giorni nemmeno se messo ai ceppi.</div>
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Tutti i movimenti antagonisti, di destra o di sinistra che siano, mi propongono come alternativa... bah non è nemmeno chiaro, ma di solito è una specie di Stato-gendarme che viene a controllare quello che penso, quello che leggo, a insegnarmi cosa pensare, cosa dire, come comportarmi. In cambio, forse, di un tozzo di pane assicurato per legge. </div>
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Grazie, ma io sono a posto così. Voi fate quello che volete, basta che non mi tiriate in mezzo. Io nel mio piccolo do una mano ai capitalisti imperialisti plutocratici a fare in modo che le cose restino come siano, piuttosto che tutto vada in mano a certa gente.</div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-2854832276549376842012-06-28T22:11:00.000+02:002012-06-28T23:26:06.349+02:00Tuas sortes arcanaque fata<div style="text-align: justify;">
Quello che spesso mi fa disperare è vedere che nei comportamenti umani c'è sempre un sottofondo di arcaico ed irrazionale che tutto il progresso scientifico degli ultimi 250 anni non è ancora riuscito a estirpare. Generalmente noto soprattutto un approccio magico alla realtà che è lo stesso uguale identico da migliaia di anni.</div>
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Prendete l'uso della parola. Le società arcaiche consideravano la parola, sia scritta che parlata, uno strumento in grado di alterare la realtà fisica. Gli incantesimi, i libri sibillini, le formule scaramantiche, le preghiere... tutte parole che venivano usate per modificare il corso degli eventi.</div>
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Al giorno d'oggi, benché sotto altre forme, questa visione del mondo persiste molto più di quanto non si pensi. Prendiamo la cosiddetta <i>politically correctness</i>. Essa altro non è che il tentativo di modificare la realtà (sociale) per mezzo della parola. Così usare <i>African-american</i> al posto di <i>nigger</i> dovrebbe aiutare la situazione socio-economica degli afro-americani. Chiamare gli immigrati "migranti" dovrebbe aiutare i nuovi venuti a rifarsi una vita nel Paese ospitante.</div>
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È chiaro a chiunque dotato di un minimo di raziocinio che tutto ciò è falso. Il ragazzo che vive negli <i>housing project</i>, senza padre, con la madre prostituta dipendente da crack, ha le stesse probabilità di finire male sia che lo si chiami <i>nigger</i>, sia che lo si chiami <i>African-american</i>. Ugualmente chi è "migrante" avrà gli stessi problemi e le stesse difficoltà di chi è "immigrato", anzi forse un pelo di più, visto che l'immigrato è arrivato, il migrante è sempre lì che gira come uno scemo per mantenere fede al participio presente.</div>
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A quanto pare un ministro italiano ha detto che il lavoro non è un diritto. Naturalmente gli sciamani si sono scatenati, perché nella loro testa neolitica definire il lavoro non come un diritto fa perdere il lavoro a chi ce l'ha e impedisce a chi non ce l'ha di trovarlo. Per qualunque persona raziocinante la questione dovrebbe apparire invece per quello che è: definite il lavoro un diritto, definitelo un non-diritto; definitelo un dovere, definitelo un piacere. Che tanto non cambia niente nel mondo reale. Che lo sia o non lo sia, è irrilevante alla fine di trovare, avere, mantenere il proprio lavoro. </div>
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Cioè, poniamo che ci mettiamo d'accordo nel definire il lavoro un diritto. In forza di ciò, provi il candidato a trovare lavoro e dimostri che è più facile trovare lavoro. Anzi, magari provi ad andare a un colloquio e ad affermare perentorio al tiziodellerisorseumane che il lavoro è un diritto, così ci facciamo pure due risate che non ci stanno mai male.</div>
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L'unico problema che vedo qui è che abbiamo tirato su un sacco di gente che pensa di poter influenzare la realtà per mezzo delle parole. E che si aspettano un lavoro perché la magica parola scritta sul libro sacro <strike>della Sibilla</strike> della Costituzione esprime la parola "diritto".</div>
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Buona fortuna a pagare il mutuo.</div>
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Prendete una casalinga, di quelle brave che tengono la casa tirata a specchio, sempre in ordine, che sanno fare la spesa oculatamente, non sprecano una lira, e poi cucinano daddio e stirano le camice che guardi signora mia nemmeno nelle stirerie professionali.</div>
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Ora, fareste mai progettare una casa a questa casalinga? No ovvio, come fa? Le mancano la cultura e le conoscenze tecniche. Moralmente lei è ineccepibile e se le date in mano una casa bella e finita state sicuri che risplenderà così tanto che la si vedrà dalla Luna. Ma questo non vuol dire niente, se dovete progettarla.</div>
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E allora, perché votate il Movimento 5 Stelle?</div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com23tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-83710788787364944322012-05-07T23:39:00.002+02:002012-05-07T23:39:30.076+02:00Son soddisfazioni<div style="text-align: justify;">
Oggi sono lì che <strike>lavoro</strike> leggo <a href="http://kotaku.com/">Kotaku</a> in ufficio e trovo questo <a href="http://kotaku.com/5908069/three-cheers-for-joss-whedon-king-of-the-geeks-king-of-the-world">articolo su Joss Whedon</a>. Inizia così:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif; font-size: 15px; line-height: 22px; text-align: -webkit-auto;"><i>It is a truth universally acknowledged that Joss Whedon rules.</i></span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif; font-size: 15px; line-height: 22px; text-align: -webkit-auto;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif; font-size: 15px; line-height: 22px; text-align: -webkit-auto;">(Se non sapete chi è Joss Whedon, primo: siete degli infedeli e verrete arsi vivi, secondo: tra le altre cose è il regista di <i>The Avengers</i>, la cosa che ci interessa in questa sede)</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif; font-size: 15px; line-height: 22px; text-align: -webkit-auto;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif; font-size: 15px; line-height: 22px; text-align: -webkit-auto;">E finisce così:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif; font-size: 15px; line-height: 22px; text-align: -webkit-auto;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; font-size: 15px; line-height: 22px; text-align: -webkit-auto;"><span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;"></span></span></div>
<blockquote class="tr_bq">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;"><i>$650 million! Dollars! Made by a Joss Whedon movie!</i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;"><i>See ya later,</i> Hunger Games<i>. So long, </i>Harry Potter<i>. Rest in peace, </i>Dark Knight <i>and</i> Avatar<i>. Joss Whedon, champion of the library kids and crown knight of the nerds, just become the most successful film director in the world.</i></span></div>
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<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;"><i>It's about time.</i></span></div>
</blockquote>
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<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;"><i><br /></i></span></div>
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<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;">Dice, e la soddisfazione? Eccola:</span></div>
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<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: -webkit-auto;">
<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;"><a href="http://docmanhattan.blogspot.com/">Dr. Manhattan</a>, hai finito di prendere in giro il Maestro e la Sua Opera! Muahahahahahahah!</span></div>
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<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif;"><br /></span></div>
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<span style="color: #333333; font-family: Georgia, Times, 'Liberation Serif', serif; font-size: xx-small;">(suca)</span></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-15408981115171674442012-05-03T22:39:00.000+02:002012-05-03T22:39:20.557+02:00Lunga e noiosa dissertazione sull'origine delle differenze tra Italia e Germania<div style="text-align: justify;">
Una costante del mio parlare della Germania agli italiani è cercare di spiegare perché io non ritenga che noi siamo un popolo di incivili, mentre contemporaneamente ammetta che in Germania le cose funzionano oggettivamente meglio (tanto che vivo qui per scelta e non per bieca necessità). Allora ho pensato di mettere giù due righe e spiegare questo fatto. </div>
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<div style="text-align: justify;">
Premessa importante: questo è un blog, quindi va preso per quello che è. Scrivo quando posso, di sera, nei ritagli di tempo se il lavoro per quel giorno non mi ha mandato in pappa il cervello. Quello che scrivo riflette i miei interessi, quindi le spiegazioni che mi do di solito si fondano su una selezione di tutti i dati disponibili. <i>Ergo</i> quello che si leggerà qui è parziale, monco, non può e non deve essere considerato una spiegazione esaustiva della materia che vado a trattare.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Bene, ciò detto, perché io vado in giro a ripetere che i tedeschi non sono più civili di noi mentre le cose in Tedeschia funzionano meglio? Ordunque la risposta che meglio mi aggrada è di ordine storico. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<span style="text-align: justify;">Seconda premessa importante: ho scelto di fare un discorso ad ampio respiro che, in quanto tale, non tiene conto di tutti i particolari. Quello che qui sembrerà un movimento armonico e univoco, nella realtà fu un processo complesso e anche molto sofferto, incoerente e inorganico, pieno di spinte e controspinte, che vanno inevitabilmente a perdersi mano a mano che il punto di vista dell'osservatore si allontana da esse. </span><br />
<div>
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* * *</div>
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La Germania unita è una nazione relativamente giovane, circa quanto l'Italia. Come l'Italia, è stata prima di tutto un'idea politica fondata sull'unità linguistica e culturale che ha preceduto la sua realizzazione pratica. Come l'Italia, è il frutto dell'espansione territoriale di uno dei tanti stati che componevano i territori germanofoni; in Italia è stato il Piemonte, in Germania la Prussia. Addirittura con l'Italia la Germania condivide una parte decisiva dei rispettivi processi di unificazione: il 1866, quando Regno d'Italia e Prussia sconfiggono l'Austria-Ungheria (cioè, l'Italia venne sconfitta a Custoza, ma la Prussia vinse a Sadowa, quindi noi abbiamo vinto per la proprietà transitiva delle battaglie. Passata alla storia come Terza Guerra d'Indipendenza). </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Io credo che le differenze tra Italia e Germania nascano a questo punto, a unità raggiunta. Terza premessa al mio discorso: sono convinto che in qualsiasi comunità/società/gruppo umano la direzione che il gruppo prende sia determinata dalle elite che governano quel gruppo: che sia un club di modellismo, un'azienda quotata in borsa, uno Stato, la minoranza che sta al potere determina gli esiti di quel gruppo, mentre la maggioranza vi si adegua. </div>
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Quando la Germania nel 1871 compie il processo di unificazione e fonda l'Impero Tedesco (<i>Deutsches Kaiserreich</i>), le elite di governo hanno carta bianca, perché non esiste un manuale di <i>management dell'unificazione</i> che spieghi passo passo cosa fare quando si deve governare una nazione appena creata. La situazione allora era questa: uno Stato nuovo nato dalla fusione di differenti monarchie, ognuna con la propria organizzazione e burocrazia; abbondanza di risorse naturali (carbone, acciaio, eccetera); un sacco di nazioni intorno che non sono contentissime della nascita di questo impero. </div>
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In questo contesto la Germania si muove in tre direzioni: creazione di un esercito efficiente sul modello prussiano; creazione di una burocrazia statale efficiente; creazione di scuole e università e promozione della cultura in tutti gli strati della popolazione. Ora, l'esercito in questa sede non interessa, perché l'attenzione sarà rivolta agli altri due aspetti.</div>
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<br /></div>
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Il <i>Reich</i> inizia subito ad investire massicciamente nella cultura. Il tasso di analfabetismo inizia a scendere costantemente, fino a raggiungere i livelli più bassi dell'Europa del tempo. Allo scoppio della Grande Guerra gli analfabeti tra i soldati tedeschi sono un numero drammaticamente inferiore rispetto a quello dei soldati italiani. Non solo, nella Germania postunitaria il numero di università che vengono fondate è incredibilmente alto. Il tradizionale concetto di università valido fino ad allora viene modificato e sorge l'università moderna così come noi la conosciamo e così come noi riteniamo debba essere.<br />
<br />
Contemporaneamente il nuovo Stato unitario comprende la necessità di costruire un apparato burocratico che funzioni e si rende conto che la macchina statale non è fatta di regole, ma di persone e che è necessario che ogni singola persona che fa parte di quel meccanismo non lo intralci e non metta il proprio interesse o il proprio comodo di fronte al bene della burocrazia. È dunque necessario formare i membri dell'apparato statale in funzione del nuovo ruolo che andranno a ricoprire e per fare ciò è necessario creare una nuova fedeltà allo Stato che soppianti i legami di sangue o di relazioni preesistenti.<br />
<br />
Questo duplice approccio - educare la popolazione e creare una classe di funzionari pubblici fedeli allo Stato - si rivela la scelta giusta e i frutti si vedono subito. È nell'impero tedesco che comincia la seconda rivoluzione industriale, è qui che si gettano le basi per la creazione del mondo contemporaneo, sia sotto il punto di vista culturale che sotto quello tecnologico. A partire da questo momento la Germania diventa un faro per la cultura occidentale. Per avere un quadro completo dello straordinario impulso tedesco alla scienza e alla tecnologia dal 1871 a oggi, troppo spesso ignorato o sottovalutato per colpa di quei maledetti 10 anni di dittatura, consiglio di leggere un libro uscito due anni fa: P. Watson, <i><a href="http://books.google.com/books?id=3z9NfMRRVrEC&dq=the+german+genius&hl=en&sa=X&ei=-K6dT7POLs7CtAaflpFQ&ved=0CDcQ6AEwAA">The German Genius: Europe's Third Renaissance, the Second Scientific Revolution, and the Twentieth Century</a></i>, New York 2010.<br />
<br />
Come si vede, le scelte della Germania o - per meglio dire - della sua classe dirigente, sono state opposte a quelle della classe dirigente italiana postunitaria. Lì si è percorsa la strada dell'alfabetizzazione di massa, qui si sono tenuti gli italiani a livelli di analfabetismo altissimi <i>fino agli anni 60 del Novecento</i>. Lì si sono formati e allevati funzionari pubblici fedeli allo Stato e alle sue leggi, qui si è lasciato che l'amministrazione pubblica rimanesse impigliata nella rete di relazioni e interessi privati che esistevano da prima. È una questione di mentalità. In Italia si pensa che la cultura sia strumento di emancipazione del singolo o della classe rispetto alla società e al potere costituito. Si è sempre ritenuto che educare la popolazione fosse la ricetta giusta per la rivoluzione (e quanti di noi non pensano che "loro" preferiscono avere una popolazione ignorante e malleabile e che non ci vogliano far studiare perché altrimenti saremmo una minaccia?) In Germania invece si è capito che l'istruzione è la strada maestra verso l'integrazione nella società e la fedeltà allo Stato, sia dei funzionari pubblici (soprattutto loro) sia della popolazione. E infatti - per fare alcuni esempi - il Regno d'Italia era una fucina di terroristi e anarchici, mentre nel <i>Reich</i> si sviluppò prestissimo la socialdemocrazia e le idee marxiste e rivoluzionarie vennero abbandonate relativamente in fretta. Quando il fascismo pretese dai professori universitari il giuramento di fedeltà, si rifiutarono nemmeno in venti. Quando il nazismo prese il potere, i professori tedeschi diedero una mano a portare in piazza i libri da bruciare.<br />
<br />
A questo punto si potrebbe avere l'idea che la Germania fosse un Paese democratico o quanto meno aperto alle istanze popolari. Ebbene, fu l'esatto contrario! Mentre l'Italia cercò di mettersi nel solco della democrazia parlamentare inglese e francese, la Germania volutamente e coscientemente rifiutò quella tradizione e scelse per sé una strada tutta sua, un modo originale e diverso di organizzare la società e la politica, che venne da subito definito<i> Sonderweg</i> (strada/via speciale/diversa da quella delle potenze democratiche e dello zarismo russo).<br />
<br />
Quando nel 1849 a Francoforte il primo parlamento tedesco offre al re Federico Guglielmo IV di Prussia la corona della Germania, egli la rifiuta: il trono dell'impero tedesco non deve essere legittimato dal popolo, poiché quello che il popolo dà, il popolo può togliere. Il senso di superiorità dell'aristocrazia rispetto al popolo e ai borghesi rimarrà costante per tutta la durata del <i>Reich</i>. Ad una nobiltà di sangue corrisponde una nobiltà di cultura e sapienza che è esclusiva delle elite di potere <i>tedesche</i>.<br />
<br />
Esistono due parole per definire il termine 'cultura': <i>Kultur</i> e <i>Zivilisation</i>. La differenza tra le due è gerarchica: <i>Kultur</i> sta in alto, è il sapere intellettuale; è "nobile", per così dire. La <i>Zivilisation</i> sta un gradino più in basso e pertiene agli aspetti più pratici e "materiali" dell'esistenza. È utile, ma meno pregiata. Per l'elite tedesca dell'epoca, le altre nazioni non andavano oltre la <i>Zivilisation</i>, perché solo la Germania poteva esprimere <i>Kultur</i>.<br />
<br />
Specularmente il sistema educativo tedesco teneva conto di questa gerarchia dei saperi. La divisione tra cultura alta e cultura bassa era netta. In alto stava la speculazione intellettuale che si fondava sulla tradizione dell'antichità greco-romana, in basso stavano le discipline tecnico-scientifiche. Ciò che rende affascinante l'esperienza tedesca è che questo bipolarismo, questa sfacciata gerarchia dei saperi (così contraria al sentire contemporaneo) ebbe come risultato che sia la cultura "alta" che la cultura "bassa" crebbero come in nessun altro luogo in quel periodo.<br />
<br />
Tanto fiorirono gli studi classici (il secondo Rinascimento di cui scrive Watson si riferisce precisamente alla riscoperta dell'antichità, simile a ciò che era accaduto in Italia con il Rinascimento) quanto la scienza e la tecnica. Ma come è stato possibile?<br />
<br />
In un certo senso, gli intellettuali tedeschi decisero di rinchiudersi nella torre d'avorio. Apposta. Per non mischiarsi con la volgarità mondana. Tuttavia vollero per loro la miglior torre d'avorio possibile e quindi vollero circondarsi dei migliori ingegneri, tecnici, muratori, idraulici. Gli intellettuali fornirono le scuole e le università, i tecnici conoscenza pratica. Gli intellettuali non intendevano fare proselitismo culturale e si disinteressarono alle questioni spirituali di chi stava fuori dalla torre e i tecnici accettarono di non intromettersi nelle decisioni prese dentro la torre (anche se gli intellettuali non potevano sapere che di lì a poco i tecnici, dopo aver costruito loro la torre d'avorio, li avrebbero chiusi dentro sbarrando la porta dall'esterno).<br />
<br />
Perché oggi parliamo di quello che è successo in Germania non il secolo scorso, ma quello prima ancora? Perché oggi in Germania ancora si sentono gli effetti di quelle scelte così lontane nel tempo. L'apparato burocratico funziona, perché chi vi entra è stato istruito e selezionato con attenzione. Per fare un esempio, chi vuole fare l'insegnante deve - dopo la laurea specialistica - sottoporsi a due anni di tirocinio che, nelle parole di un mio amico, assomiglia all'addestramento dei soldati prussiani: prima ti smontano, ti depurano di tutto quello che credi di sapere, poi ti rimontano secondo gli standard richiesti. Alla fine dei due anni, il posto di lavoro <i>non è assicurato</i>, bisogna trovarse una scuola che ti accetti. E quando arriva il contratto, il futuro insegnante deve, tra le altre cose, sottoporsi a visita medica che accerti l'assenza di malattie invalidanti che mettano a rischio di pensionamento anticipato, che lo Stato tedesco non ha nessuna intenzione di darti lo stipendio per 10 anni e poi pagarti la pensione e i sussidi di malattia per i restanti 50.<br />
<br />
Questo sistema non crea genii, crea "semplici" lavoratori preparati. Tiene lontani quelli che vorrebbero fare l'insegnante solo per avere un posto statale blindato a vita o che siederebbero in cattedra per mancanza di alternative o capacità in altri settori. Due anni di tirocinio non si fanno se non seriamente motivati, e già questo produce una scuola migliore rispetto a quella italiana. <br />
<br />
Per entrare in polizia bisogna aver <i>studiato</i>. A scuola proprio. Bisogna essere preparati e seri. Non si va in polizia per scappare dalla disoccupazione, perché per questo ruolo lo Stato non vuole avere gente che non è riuscita a trovare nemmeno un lavoro come cassiere al McDonald's. Non è il mio pensiero, è il modo in cui ragiona la burocrazia tedesca. Lo stesso vale per tutti i dipendenti pubblici: l'impiego statale non è un ammortizzatore sociale.<br />
<br />
Allo stesso modo per trovare lavoro nel settore privato è necessario aver studiato. Magari poco, ma bisogna aver studiato. Per andare a guidare il muletto in un magazzino servono mesi di tirocinio, così come per qualsiasi altro lavoro che noi considereremmo poco qualificato.<br />
<br />
Il sistema educativo, invece, è estremamente diversificato. Mentre in Italia siamo ancora fermi alla polarizzazione liceo-università-laurea da una parte e istituto-tecnico-dove-sbattere-quelli-che-non-si-vogliono-laureare dall'altra, in Germania esistono molte più passaggi intermedi tra gli estremi di chi va a lavorare a 15 anni con il minimo di scolarizzazione e chi si dedica alla ricerca speculativa pura. Perché, visto che non siamo più nell'800, la maggior parte dei lavori richiedono conoscenze specifiche, pratiche ma intellettuali, che si devono insegnare dopo il liceo ma che non richiedono 5 o 6 anni di studi teorici.<br />
<br />
Quando mi chiedono se in Italia non possiamo essere come in Germania, rispondo di no. Ma non perché i cittadini tedeschi siano antropologicamente diversi da noi, perché non è così. È che il sistema complessivo è radicalmente diverso. E se lo applicassimo da noi così come è succederebbe in finimondo, ma non per modo di dire.<br />
<br />
La quasi totalità dei dipendenti pubblici italiani semplicemente non avrebbe le qualifiche per lavorare, ad esclusione di qualche categoria particolare come medici e infermieri. Se tra i lettori di questo blog ci sono dei dipendeni pubblici, sappiate che - con le qualifiche che avete - non potreste lavorare.<br />
<br />
Potremmo cambiare col tempo? No, non credo. Perché. a differenza della Germania di Bismark, oggi l'azione politica e di governo ha bisogno del consenso popolare e il consenso popolare impedirebbe di cambiare la struttura portante del nostro Paese. Vi immaginate un partito che fa campagna elettorale con la promessa di modificare il pubblico impiego in modo che l'accesso filtri ed elimini gli elementi peggiori? Vi immaginate un partito che fa campagna elettorale promettendo di rendere incredibilmente più difficile trovare un lavoro da statale? Io no.<br />
<br />
Si poteva fare ad Italia appena unita, quando in ogni caso il governo non si faceva problemi a cannoneggiare la folla, mandare l'esercito contro i briganti e deportare quelli a cui non stava bene il nuovo corso degli eventi. Purtroppo all'epoca non avevamo la classe dirigente della Prussia e l'occasione è andata persa. Oggi la classe dirigente viene selezionata in base alla capacità di raccogliere consenso e niente di quello che ha reso la Germania quello che è si può fare con il consenso, tutt'altro.</div>
</div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com17tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-7913378180656114232012-04-10T21:27:00.000+02:002012-05-02T22:04:14.603+02:00Addominali a tavola e bicipiti al bancone<div style="text-align: justify;">
Quando sono arrivato in Germania mi pareva di stare in un covo di esaltati per lo sport. Non c'era solo il fatto che vedevo tutti correre, andare in palestra, correre al parco, andare in palestra, correre in riva al fiume, correre e sempre correre. </div>
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<br /></div>
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Erano pure tutti attrezzati, impegnatissimi, con le scarpe giuste, l'occhialino aerodinamico. E le biciclette? Io che vengo da una terra di ciclismo pensavo di averne visti di esaltati, ma mi sbagliavo: perché da noi si scherza un po' sui signori che s'inguainano nei vestitini di licra, ma qui li vedi girare sulle bici da crono.</div>
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Io non sono mai stato uno sportivo, ma proprio per niente, e così ero molto impressionato e anche un po' in soggezione, perché mi sentivo veramente un botolo paffuto in mezzo a dei tronchi d'uomini che non c'era paragone proprio.</div>
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Ma, come ho già scritto, nell'ultimo annetto mi sono rimesso in una forma accettabile. Non sono un atleta, non ho gli addominali scolpiti nell'acciaio, ma insomma non faccio più pena. In poche parole mi sono trovato ad essere uno di quelli che un po' temevo un po' ammiravo anni fa. </div>
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E a questo punto mi è crollato tutto, perché mi sono reso conto che i tedeschi fanno molto sport, corrono molto (non avete idea di quanto corrano, tutti e sempre), spendono una marea di soldi in attrezzatura, ma poi, se valuto quanta fatica fanno, quanti chilometri corrono, quante calorie bruciano, allora lì è tutta un altra storia. Perché un conto è andare a corricchiare due volte a settimana, un conto è fare 15 chilometri in un'ora. </div>
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Le prime volte in palestra mi sono reso conto di essere sempre e comunque il più piccolo del gruppo (maledetti ariani). Tutti sti tizi con i muscoli grossi, alti e lunghi. Embé, dirà il lettore, e a te che t'importa? T'importa quando ci devi salire sul ring a fare sparring, eccome se t'importa. </div>
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Dicevo, questi tizi col muscoletto gonfio, le scarpe da boxe alte fino al ginocchio, i guantoni da centinaia di euro... si comincia a boxare e così - mosso più da paura che da strategia - mi metto a volare in giro per il ring, a schivare, a muovermi di qua e di là. E alla fine tutti che mi dicono stupiti "ma quanto fiato hai?", "ma quanto sei veloce?"</div>
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E mi si è insinuato il dubbio: ma se una schiappa totale come me, con solo qualche mese di allenamento alle spalle dopo anni di inattività, riesce a battere sti marcantoni contando solo sul fiato, ma vuoi vedere che...</div>
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Così ho cominciato a fare attenzione ai dettagli. Quando vado a correre (e io sono la vergogna per qualsiasi runner, sono un insulto vivente al concetto di corsa, dico solo che ho un total-look <i>Kalenji</i>) guardo quelli vestiti tutti tecnici. Di solito li guardo mentre li sorpasso, perché vanno così piano che si fanno superare persino da me. Qualche settimana fa ho fatto l'incontro di una vita: ero al parco, meteo nuvoloso con temperatura sotto i dieci gradi. Vedo questo tipo con canottiera, pantaloncini corti, calzettoni lunghi fino al ginocchio, cappello con visiera e con quella specie di veletta nella parte posteriore che si usa per proteggersi dal sole dei tropici, cintura con 4/6 borracce d'acqua, che procede a ad una velocità che si attestava intorno a "nonna che fa a fare la spesa col carrello".<br />
<br />
Poi io giro in bici, ma non la uso per fare sport, non mi alleno per niente. Però quando esco non manco mai di trovarmi a sorpassare il gruppetto di ciclisti amatoriali con le loro bici da migliaia di euro. Che voglio dire, cosa li spendi a fare quei soldi se devi andare più piano di uno che sta uscendo a bersi una birra? E vogliamo parlare di quelli che vanno con la bici da crono sulle piste ciclabili? Una bici da crono costa un sacco di soldi e non credo sia nemmeno tanto facile da guidare: perché butti via centinaia e centinaia di euro per fare quello che potresti fare con una qualunque bicicletta presa a caso?<br />
<br />
La cosa bella è che tutti questi sportivi poi vanno a casa e si mangiano insaccati e salsicce a colazione, mentre reintegrano i liquidi persi con ampie caraffe di birra. <br />
<br />
Quindi ho capito che lo sport in Germania è come la religione in Veneto: in chiesa ci vai quando e perché bisogna, ma questo non ti impedisce di bestemmiare tutti i santi del paradiso quando ne senti il bisogno.<br />
<br />
E la morale implicita è che qualunque bel principio, quando diventa senso comune, viene ridotto ad una serie di pratiche esteriori in modo che la maggior parte delle persone lo possa seguire possa pensare di adottarlo, senza però che la loro vita ne venga minimamente influenzata. </div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-9881239955368830382012-04-08T14:39:00.002+02:002012-04-08T14:48:36.852+02:00Motivi per vivere in Germania #1<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEK7WSFvDgBiZl7t_7INYwt3DNLn9tfunZnlM0k4KlZHNAu7UCCPVgZPvD96Mbc9Y50eiVuTw3oW-mPlX6HyRtXML6jw8Y420vxwW_s5TSkkfc3uZSSNanqUniiG-lv3xSKkeJQm5EQxI/s1600/Aylin+Tezel.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEK7WSFvDgBiZl7t_7INYwt3DNLn9tfunZnlM0k4KlZHNAu7UCCPVgZPvD96Mbc9Y50eiVuTw3oW-mPlX6HyRtXML6jw8Y420vxwW_s5TSkkfc3uZSSNanqUniiG-lv3xSKkeJQm5EQxI/s640/Aylin+Tezel.jpg" width="425" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Aylin Tezel, attrice</td></tr>
</tbody></table>
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-34954601536445106822012-03-30T21:44:00.000+02:002012-03-30T21:44:57.837+02:00Monomarcia<div style="text-align: justify;">
Quando qualcuno guarda la mia bicicletta, si incuriosisce sempre per stessa cosa e mi chiede ragione di quella cosa soltanto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Forse mi chiedono perché giri con ruote da 23 mm, che essendo gonfiate a 8,5 bar trasmettono tutte le sconnessioni del terreno, persino le foglie, e sono abbastanza scomode in città? No.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Mi chiedono perché un telaio corsa che è rigido, con una posizione non proprio rilassata? No.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Mi chiedono perché ci abbia messo un manubrio riser da mountain-bike (tra l'altro segato per renderlo più stretto), che non c'entra niente con tutto il resto? No.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
L'unica cosa che salta all'occhio è il fatto di avere un solo rapporto. All'uomo medio sembra inconcepibile che si possa girare in città senza cambio. Eppure io, che non sono vecchio, mi ricordo benissimo che una volta tutte le bici erano ad un solo rapporto. L'introduzione del cambio in biciclette destinate al mercato "di massa" è relativamente recente.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Perché dunque un solo rapporto? Perché in città è tutto quello che serve, a patto di scegliere un rapporto che vada bene, cioè che non sia né troppo duro né troppo agile. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Una volta guardata da questo punto di vista, la questione diventa più semplice di quel che sembra. Perché, per esempio, il cambio è stato concepito per le biciclette da corsa. Ma le bici da corsa hanno un meccanico che le accudisce quotidianamente. Il cambio è uno strumento tecnicamente bellissimo, ma richiede cura e manutenzione, va regolato e pulito con costanza. Ma se usate la bici tutti i giorni vi passa presto la voglia di pulire la bici ogni volta che la prendete in mano.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando la lascio fuori d'inverno e magari nevica e torno a casa con la neve e il sale tirato su dalla strada, se avessi il cambio dovrei mettermi a pulire tutto. E non è bello starsene sotto zero a togliere neve dalla bici, ve l'assicuro. </div>
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Senza cambio non m'importa, la lascio lì e che ci pensi la termodinamica.</div>
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Una bici senza cambio è più leggera, la trasmissione subisce meno attriti, la pedalata è più efficace. L'importante è scegliere un rapporto giusto, evitare di fare i supereroi con rapporti da crono a squadre (a volte è necessario affrontare un cavalcavia partendo da fermi, oppure giornate molto ventose, oppure giornate in cui non si sta bene) così come evitare di prepararsi ad un tappone di montagna, altrimenti ci si trova a far frullare le gambe come dei criceti sulla ruota. </div>
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Ma come fai ad andare veloce? Pedalo più veloce.</div>
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Ma come fai ad andare in salita? Spingo più forte. </div>
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Anzi, direi che le salite sono anche più facili. Col cambio pensavo sempre a che rapporto mettere, cercavo di trovare il compromesso tra ritmo di pedalata e fatica, un sacco di storie inutili. Adesso non ci penso più, quando c'è la salita mi alzo sui pedali e spingo. E quando la salita è troppo ripida, spingo di più. Anche perché non ho scelta.</div>
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Da quando non ho più il cambio, se salite hanno smesso di preoccuparmi del tutto. </div>
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<br /></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-20882162235750640022012-03-28T23:30:00.000+02:002012-03-28T23:30:23.165+02:00Il fardello dell'uomo affardellato<div style="text-align: justify;">
Quando in azienda ero un semplice manovale mi chiedevo come mai i superiori amassero così tanto contornarsi di leccapiedi. Non riuscivo a capire che senso avesse stare con gente che aveva talmente poca dignità da azzerbinarsi in maniere così palesi da mettere in imbarazzo il conte Leopold von Sacher-Masoch.</div>
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<br /></div>
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Adesso che non sono più un manovale, mi sono reso conto che, eliminati i leccapiedi, non ti resta più nessuno intorno. Non credevo fosse possibile, ma è così. Quindi immagino che per chi non è un orso sociopatico come me sia davvero difficile rendersi conto che la gente che ti sta vicina lo fa solo per interesse. Anche perché l'alternativa è non avere nessuno vicino, solo i superiori che premono e i sottoposti che spingono.</div>
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Bella storia. </div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-90080178912676459282012-03-27T22:31:00.004+02:002012-03-27T22:31:57.610+02:00Scene da un matrimonio<div style="text-align: justify;">
Se non ho capito male, c'è stata la periodica gazzarra sul matrimonio gay. Non che io abbia un'opinione particolarmente intelligente a proposito, però non capisco tutta questa smania di avere il diritto di sposarsi.</div>
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Prendete i preti, che poi è quello il <i>de quibus</i>. La Chiesa è il più formidabile apparato di potere della storia dell'uomo. Hanno cominciato con 13 poveracci e una prostituta, nel giro di 300 anni hanno conquistato l'impero romano senza colpo ferire e dopo duemila anni sono ancora lì. Dite quello che volete, ma i preti sanno il fatto loro. </div>
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Cosa c'entra il matrimonio? Semplice: i preti fanno di tutto perché vi sposiate e facciate figli. Ma loro, per entrare a far parte del clero, sono obbligati a non sposarsi e non avere figli.</div>
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Loro comandano da duemila anni, voi piegate la testa sempre. </div>
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Amici gay, ancora tanto sicuri di volere matrimonio e adozione?</div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-7016152767416972592012-03-13T21:08:00.000+01:002012-03-13T21:08:05.481+01:00Soffitto di cristallo<div style="text-align: justify;">
Una mia collega è una di quelle donne molto sensibili alla condizione femminile nel mondo del lavoro. Soprattutto lamenta il fatto che nella nostra azienda ci siano così poche donne a livello di quadri e dirigenti.</div>
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Ultimamente si è aperta la possibilità di un posto di responsabilità (nemmeno tanta, ma non siamo una multinazionale con budget miliardari) e io ho cercato di convicerla a sgomitare e farsi avanti. Perché lei è una brava, professionale, adatta a quel ruolo. </div>
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<br /></div>
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Mi ha risposto che lei no, non ci pensa proprio, perché non ha voglia di patire le sofferenze che quel posto di responsabilità comporta.</div>
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Ogni tanto penso che ci sia un motivo per cui gli sfruttati sono sfruttati. Poi ovviamente mi rendo conto che io, maschio maschilista, occupo una posizione circa equivalente e ovviamente me l'hanno data perché sono maschio e maschilista e, in quanto maschio maschilista, non devo mangiare la mia quotidiana porzione di merda solo per avere la possibilità di stare lì. </div>
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È che proprio c'è il soffitto di cristallo, capite?</div>
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<br /></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-23833309607386739742012-03-10T17:23:00.000+01:002012-03-10T17:23:34.713+01:00Un veneto nella Mitteleuropa<div style="text-align: justify;">
Uno degli aspetti estranianti per un italiano all'estero è il quotidiano scontrarsi con i pregiudizi degli stranieri nei nostri confronti. Per esempio, in quanto italiani tutti si aspettano che si sia gioviali, canterini, simpatici e alla mano. Io sono veneto. Tanto brava gente noi veneti, ma solari proprio...</div>
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È una questione di ambiente. I tedeschi si immaginano l'Italia - tutta intera - come il posto del sole, del mare, del caldo. 'Na mezza africhetta, più moderata. Vanno in vacanza a Roma, a Napoli, in Sicilia, e vedono la gente che gesticola, che parla ad alta voce, in riva al mare che fa i tuffi.</div>
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Il problema è che quando sei veneto tu queste cose non le hai mai viste intorno a te. Dove sono nato e cresciuto io la natura offre quattro cose: <i>sofego</i>, <i>caìvo</i>, <i>bromestega</i> e <i>iera</i> (afa, nebbia, galaverna e ghiaia). In questo ambiente sono cresciute generazioni prima di me, contadini figli di contadini figli di contadini. Una zona agricola che, grazie ai quattro elementi di cui sopra, si è specializzata in una sola produzione: <i>peagra</i> (pellagra).</div>
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In queste condizioni si è sviluppato il tratto principale di noi veneti: l'incapacità di parlare, se non per frasi brevissime. Perché se devi seminare <i>suturco</i> (mais) per raccogliere fame, l'ultima cosa che vuoi fare è parlare. Devi stare chino sulla <strike>terra</strike> ghiaia e farla diventare un campo di grano. Devi lavorare e le parole non aiutano. E dopo 12 ore così torni a casa e lì non c'è proprio niente da dire, perché le uniche cose che hai da dire è meglio che te le tieni per te.<br />
<br />
È anche il motivo per cui la bestemmia è tanto sviluppata in Veneto: essa permette di esprimere nella forma più concisa possibile il maggior numero di concetti pensabili. Fateci caso: la lunghezza della bestemmia corrisponde all'intervallo di tempo tra una zappata e l'altra e, essendo il veneto ricco di parole tronche, essa aiuta anche a modulare il respiro sulle esigenze dei lavori agricoli. Tra un colpo di vanga e l'altro, non c'è tempo per parlare; ma sentite come <i>d**càn</i> si inserisca perfettamente nello sforzo fisico e anzi lo agevoli, permettendo di mantenere l'espirazione in sincrono con la lama che tocca il terreno. <br />
<br />
Intorno a questa necessità pratica si è dunque sviluppata la virtù fondamentale di noi veneti, che è quella di non parlare se non sia proprio proprio necessario. E la virtù si regola secondo la morale del <i>taxi</i> ("taci", la <i>x</i> equivale alla <i>s </i>intervocalica come in <i>rosa</i>. Non c'entrano i tassisti).<br />
<br />
Fin dalla tenera età ogni veneto veniva istruito secondo il comandamento più importante, precedente e superiore a quelli mosaici, che recitava: <i>taxi</i> (taci). Notate che anche la morale veniva espressa per forme brevissime.<br />
<br />
I pargoli si educano per mezzo del silenzio. Il bambino non ha voglia di mangiare? <i>Magna e taxi</i> (mangia e stai zitto). Il bambino non vuole dormire? <i>Dormi e taxi</i>. Io, che ho fatto le scuole elementari con la maestra unica vecchio stampo, ancora mi ricordo che l'unica attività ludica concessa ufficialmente era <i>il gioco del silenzio</i>, che consisteva nello stare seduti in classe e non dire niente, non fare rumore e non muoversi. In più, non era prevista la vittoria, ma solo la sconfitta, perché non si premiava chi stava più in silenzo, ma si puniva chi sgarrava. Oggi credo che una cosa del genere condurrebbe gli insegnanti alla galera, ma posso assicurare funzionava meglio di un'overdose di Ritalin.<br />
<br />
La morale del <i>taxi</i> si è così radicata nel corso del tempo da divenire il metro di misura per eccellenza dei rapporti sociali. Meno si parla, più si vale. Al lavoro, tra gli amici, dappertutto. Persino quando si vuole esprimere assenso, si dice spesso <i>taxi sù, che anca mi...</i> (taci va, che anche io...).<br />
<br />
Importante è capire che per un veneto lavorare e parlare sono entità mutualmente escludenti: se parli, non stai lavorando. Se lavori, non stai parlando. Ma sempre però: se qualcuno parla molto, per dire, il sabato mattina al bar, di sicuro è uno che non lavora mai. Se sospettano che non lavori bene, taci. Se vuoi fare bella figura con il capo, taci.<br />
<br />
Ora, prendete questo veneto che sta scrivendo e trasferitelo nella Mitteleuropa e vedete che succede. Perché forse in molti non lo sanno, ma le aziende moderne e al passo coi tempi sono ossessionate dal far parlare i propri dipendenti. Non importa cosa dicono, l'importante è che parlino ed esprimano la propria opinione. Se non lo fate, vuol dire che non vi impegnate e non vi interessano le sorti dell'azienda.<br />
<br />
In pratica ci sono due mondi che si scontrano: per loro io non parlo e quindi non lavoro. Per me loro parlano e quindi non lavorano. Purtroppo loro non possono capire il valore del tacere e non glielo si può spiegare, in più si aspettano di trovare il tipico italiano tutto gesti e voce alta, e prova a fargli capire che no, non siamo tutti così e anzi, io sono pure parecchio orgoglioso di parlare poco.<br />
<br />
Poi c'è che in Mitteleuropa, appena arrivi, sembrano tutti gentili. E una pensa "ah vedi, quindi non mi mandano a quel paese ogni 5 minuti, <i>senti che ben che sta</i>." Dopo un po' scopri che si scrive gentilezza, ma si legge "pompini davanti, coltelli nella schiena". Quindi tu non puoi mandare a quel paese nessuno, perché si spaventano (giuro), ma loro non si fanno problemi a cercare di rovinarti la reputazione in azienda.<br />
<br />
Ma non è neanche quello alla fine. È una questione di linguaggio. Basta imparare a tradurre quello che vorresti dire dal veneto in aziendalese. All'inizio è dura, ma adesso credo di cavarmela discretamente. Ecco alcuni esempi.<br />
<br />
<i>No te capisse un casso!</i> (non capisci un cazzo) = <i>we need to improve communication between my department and yours.</i><br />
<br />
<i>Testa da batar pai!</i> (sei un testa buona solo a battere i pali) = <i>we should develop a tool that will allow you to handle the workload in a more efficient way. </i><br />
<br />
<i>D**càn</i> = <i>it is imperative that we improve our productivity. I will analyse the issue and I will provide you with a detailed report ASAP.</i><br />
<i><br /></i><br />
<i>Diiiiiiop**co = you should open a ticket for the IT department. Should you have requests or doubts, please refer to Franz Schwanz. In the meanwhile try to reboot your machine. </i><br />
<i><br /></i><br />
<i>***camadonna = I rebooted the machine twice. I unplugged the power supply and removed the ethernet cable, the keyboard, the mouse, the screen. Apparently it did not work, but I can try again, if you think it might help.</i><br />
<i><br /></i><br />
<i>Eora va in mona de to mare sfondrada </i>(meglio che non traduco) =<i> Ok, I am going to connect to your machine, please do not touch the mouse and do not press any key. But reboot it </i><i>first</i><i>, let's see if that solves the problem. </i><br />
<i><br /></i><br />
<i>Mori </i>(muori)<i> = thank you.</i><br />
<i><br /></i><br />
<i>Ciàvate </i>(fottiti)<i> = no problem.</i><br />
<br />
[Detto di dirigente]<i> Coiòn </i>(coglione)<i> = he should avoid micromanagement.</i><br />
<br />
Resto comunque dell'idea che chi parla tanto non sta lavorando o sta cercando di praticare fellatio ai superiori. Ma mi devo adattare. <i><br /></i><br />
<br />
<br /></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com17tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-13029334274612732202012-01-30T06:30:00.000+01:002012-01-30T06:30:00.666+01:00Giorno e Notte<div style="text-align: justify;">
Ho trovato la formula perfetta per perdere 10/15 chili e tre taglie in un anno. Niente intrugli, niente polverine, niente medicine. Mi è bastato:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
- perdere il lavoro</div>
<div style="text-align: justify;">
- perdere la fidanzata</div>
<div style="text-align: justify;">
- non potermi più permettere un'auto </div>
<div style="text-align: justify;">
- cercare una nuova sistemazione (casa e lavoro)</div>
<div style="text-align: justify;">
- ricominciare a fumare</div>
<div style="text-align: justify;">
- ricominciare a farmi prendere a pugni in faccia</div>
<div style="text-align: justify;">
- sapere finalmente cosa si prova subendo un KO tecnico (opzionale)</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Totally worth it.</i></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com23tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-70080065446071683042012-01-28T22:18:00.000+01:002012-01-28T22:18:10.687+01:00Achille e la tartaruga<div style="text-align: justify;">
Io lo dico sempre che non sono il carbonio e la tutina a fare la differenza.</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/XyKSccBqIK8" width="420"></iframe></div>
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-12631145838615116002012-01-23T06:30:00.000+01:002012-01-23T06:30:01.457+01:00Manutenzione fai da te<div style="text-align: justify;">
Forse il miglior motivo per cominciare ad andare in bicicletta con un vecchio scassone recuperato in garage è che lo si può usare per imparare a fare manutenzione senza paura di rompere o rovinare componenti costosi. </div>
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<br /></div>
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Una corretta manutenzione è la cosa più importante per una bici, a mio avviso molto più che avere componenti all'avanguardia. Una componentistica di nuova generazione non serve a niente senza manutenzione, mentre dei pezzi vecchi ma tenuti correttamente permettono di fare tutto quello che si vuole senza pensieri. </div>
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<br /></div>
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In più, siccome stiamo usando la bicicletta anche per risparmiare dei soldi, occuparsi della manutenzione ridurrà le visite dal meccanico (per la manutenzione stessa e per le riparazioni) e - visto che dalle mie parti un meccanico costa 50 euro all'ora - alla fine dell'anno la differenza si fa sentire.</div>
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<br /></div>
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Un kit di attrezzi mediamente completo non costa moltissimo, sicuramente sotto i 100 euro (cioè meno di due ore dal meccanico) e il costo si ammortizza in breve tempo. Non ci potrete fare tutto tutto, alcune operazioni richiedono un'attrezzatura particolare che non vale la pena tenere a casa, ma ci potete fare la maggior parte dei lavori. </div>
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<br /></div>
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Per cominciare, avendo sottomano lo scassone del garage, secondo me è una buona idea smontarlo completamente (a parte il gruppo sterzo, che è un po' più complicato). Togliere tutto, moltiplica, pignoni, ruote, freni, movimento centrale. In questo modo si riesce a capire a fondo come funziona la bicicletta. Una volta smontata, pulire tutto per bene, cambiare quello che c'è da cambiare e rimontare. In teoria la bicicletta dovrebbe diventare come nuova, in pratica non sarà proprio così, sicuramente qualcosa andrà storto, qualcosa si spaccherà eccetera, ma va bene lo stesso, è solo per imparare. </div>
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<br /></div>
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Riuscire a lavorare sul proprio mezzo è fondamentale per chi decide di spostarsi solo in bicicletta. Oltre ai soldi risparmiati, c'è il tempo che si perde a lasciarla dal meccanico e un uso intenso della bici porta ad avere sempre bisogno di un'aggiustatina qui e lì. Inoltre saper fare la manutenzione allunga la vita dei vari pezzi non di poco e questo vuol dire ancora soldi risparmiati.</div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-46142207263794195872012-01-19T23:49:00.001+01:002012-01-21T13:33:22.242+01:00Propositi per il 2012<div style="text-align: justify;">
Lo so, sono in ritardo, però rendo ufficiale il mio proposito per l'anno che si sta srotolando davanti a noi.</div>
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<br /></div>
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Prometto che riderò sguaiatamente e rotolerò sul pavimento in preda alle convulsioni ogni volta che sentirò parlare della meritocrazia che impera al di fuori dei confini italiani.</div>
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<br /></div>
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Se vi capita che vi rida in faccia, sappiate che non c'è niente di personale. È il fioretto.</div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-35710695579363741312012-01-12T20:09:00.001+01:002012-01-12T22:35:26.185+01:00È tardi ormai<div style="text-align: justify;">
Prendi coscienza di non essere più giovane quando non ti fai problemi ad avere i tuoi genitori amici su Facebook, perché tanto non hai niente da nascondere.</div>
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<br /></div>
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Sai di essere vecchio quando vai ai matrimoni dei tuoi amici e la musica che fa ballare tutti è quella di <i>Nirvana</i> e <i>Rage Against the Machine</i>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
L'unica cosa che non sai è il momento in cui è successo, ma vedi chiaramente te stesso, anziano, con la dentiera e il bastone che cerchi di pogare ascoltando <i>Smells Like Teen Spirit</i>.</div>
<br />
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-3506478020750162751.post-76338419166356657152012-01-09T06:30:00.000+01:002012-01-09T06:30:00.961+01:00Per una tassonomia delle serie TV<div style="text-align: justify;">
Lasciate perdere quello che dice la stampa specializzata, che si imbroda in paroloni come <i>legal drama</i> e cose così. Le serie TV o telefilm si possono raggruppare in quattro gruppi:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<ol>
<li> I telefilm brutti, tipo <i>Ringer</i> o <i>Falling Skies</i>.</li>
<li>Le serie che guardano solo le donne e francamente non so quali siano. </li>
<li>I telefilm per chi soffre da sindrome da pene piccolo, come <i>Game of Thrones</i> o <i>Sons of Anarchy</i>. </li>
<li>Le serie TV per donne e gay, come <i>Glee</i> o <i>Sex & the City</i>.</li>
<li>Le serie TV belle.</li>
</ol>
<div style="text-align: justify;">
Ora, se vi interessa un telefilm bello, ma bello davvero, e non sapete cosa guardare, beccatevi <i><a href="http://www.imdb.com/title/tt1796960/">Homeland</a></i>. Garantisco personalmente sul valore del prodotto. 12 episodi che mi hanno tenuto incollato alla tv e impedito di fare tutto il resto, pasti compresi. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sapevatelo.</div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02207772311380259816noreply@blogger.com9