Ho pensato di aprire una nuova rubrica in cui vi racconto i film che non sono ancora usciti ma che ho potuto vedere al cinema. Lo faccio come omaggio ai miei lettori, ma anche perché voglio arrivare ad indirizzare il pubblico verso certi film anziché altri, in modo che le major mi paghino per fare marchette.
Non è una rubrica di recensioni, è un tentativo di dare informazioni utili a capire se soggettivamente vale la pena di andare a vedere un film o no.
Il primo che andremo a recensire è Fair Game. Basato su un libro autobiografico, racconta la storia di un'agente della CIA travolta dai giochi politici americani a cavallo dello scoppio della seconda guerra irachena.
Non è un film a tesi e non è un film d'azione. Ritrae il mondo dei servizi segreti fuori dagli schemi del thriller o della cospirazione planetaria, un mondo fatto di persone normali con i pregi e i difetti delle persone normali. Non ci sono eroi e non ci sono cattivi: solo uomini e donne alle prese con la guerra e la morte e le responsabilità che ne derivano.
Un film pacato, sostanzialmente scevro di retorica, in cui la storia si sofferma sulle zone grige, più che sui bianchi e neri. Non è un film per chi cerca azione ed emozioni forti, né per chi è appassionato di cospirazioni impossibili e trame intricate. È un film che tenta di essere verosimile, consigliato a chi ama la geopolitica e il “dietro le quinte” degli affari internazionali.
Commento finale: ottimo prodotto, da guardare senza pretendere di veder svelati misteri nascosti del post 9/11.
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