La passione per la corruzione

Da appassionato di storia trovo che i periodi più affascinanti da studiare siano quelli tradizionalmente trascurati dai programmi scolastici e quindi al grande pubblico. Questi periodi sono quelli che nei manuali delle superiori vengono liquidati in poche battute, considerati momenti di passaggio tra un'epoca e la seguente oppure fasi terminali di processi più importanti: la storia della Grecia post-classica; le fasi finali dell'impero romano, comprese le cosiddette invasioni barbariche; la fine del paganesimo e l'avvento del cristianesimo. Esse sono conosciute in maniera superficiale e giudicate - generalmente - come la corruzione della situazione precedente che ha determinato la fine di un'epoca.

Per esempio è innegabile che esista una vulgata ben radicata, anche tra i banchi di scuola, che ritiene il tardo impero romano un luogo di corruzione e dissolutezza, il quale, corroso dall'interno, non ha potuto che crollare sotto i colpi delle popolazioni barbariche. Sul piano storico, questo giudizio è completamente privo di fondamento e tra gli specialisti è stato ormai abbandonato da tempo. Perché dunque rimane?

Innanzitutto perché la conoscenza storica destinata alla massa di studenti proviene dai programmi scolastici e nei programmi scolastici, tradizionalmente, la storia ha avuto un ruolo ideologico che è servito a creare una visione del mondo funzionale al presente. Così la Grecia classica è servita ai rivoluzionari francesi per far attecchire la propria ideologia democratica e libertaria, ma è anche servita alla Germania del secondo impero per creare la propria ideologia antidemocratica e autoritaria.  L'antica Roma è servita a dare un sistema di riferimento a tanti repubblicani risorgimentali italiani, ma anche a fornire al fascismo gli strumenti propagandistici atti a creare consenso.

Se lo scopo era creare, per mezzo della storia, una visione del mondo particolare che desse un quadro di riferimento ideologico alle masse di cittadini che dovevano riconoscersi in un passato comune, come è accaduto in Europa per tutto l'Ottocento e fino alla fine della seconda guerra mondiale, il messaggio della storia doveva essere semplificato il più possibile, in modo che fosse assimilabile da quanti più contadini, operai, fabbri, minatori, mondine, Fabi Voli panettieri possibile.

Insomma, come la Chiesa ha creato quella sofisticata architettura del pensiero chiamata teologia, ma alla massa del popolo ne riserva una versione semplificata all'estremo chiamata catechismo, così gli stati-nazione rielaborano la complessità della storia in un racconto che ha un'inizio, uno svolgimento e una fine ed è fatto di personaggi archetipici e topoi letterari predeterminati. Come la Chiesa ha un'elite di studiosi che non si cura di un vecchio uomo barbuto che dal cielo controllerebbe cosa fa la gente a letto, così gli stati hanno un'elite di accademici che non vede la storia in termini di periodi di apice seguiti da corruzione e morte. 

In questo processo di annacquamento della storia è stato inevitabile che alcune epoche siano state lasciate da parte e facilmente etichettate come periodi di corruzione e quindi inutili da approfondire: se teniamo a mente la storia di Roma, così parliamo di un argomento che più o meno conoscono tutti, è facile vedere che le fasi di cosiddetta corruzione sono in realtà periodi molto complessi sul piano politico, culturale e sociale e - in quanto tali - non possono essere facilmente spiegati in una scuola media o in un liceo classico, dove il fine era creare cittadini fedeli alla Patria e pronti a morire per essa.

Il programma scolastico medio, fino a qualche anno fa almeno, trattava la storia di Roma (come pure quella della Grecia), secondo il modello inizio-apice/periodo classico-corruzione-dissoluzione. Le fasi di inizio e di apice erano il veicolo dei valori positivi che si volevano trasmettere, mentre le fasi di corruzione e dissoluzione rappresentavano i valori negativi che distrussero quelle civiltà e che, non c'è bisogno di dirlo, minacciavano anche il presente.

Si ha gioco facile nel creare questo genere di contrapposizioni perché, di solito, i periodi di origine e apice di una società antica sono anche i periodi per cui le fonti sono più scarse, mentre per i periodi successivi le fonti sono molto più abbondanti. Così per la Grecia classica o per la Roma repubblicana le nostre conoscenze dipendono da poche tradizioni, schierate da una parte sola, che a loro volta erano nate per esaltare o silenziare i vari punti della storia. La storia delle origini di Roma e poi della repubblica è bellissima, ma non possiamo far finta di non vedere che quello che sappiamo è un racconto di una persona sola, che ha attinto a fonti ufficiali, con lo scopo di giustificare il principato e creare un'ideologia comune nell'elite dominante che ponesse fine lotte intestine che duravano da decenni. 

Grazie alla scarsità di fonti è inoltre molto più facile riempire i buchi con quello che sembra più adatto al fine educativo. Ma se di un periodo storico si conoscono molti più dettagli, diventa difficile ignorare che la società antica era anch'essa umana, troppo umana e per questo molto più simile al presente e molto meno esemplare. Per secoli la storia di Roma si è studiata leggendo Cicerone e Livio, ammirando la grandezza degli antichi, la loro moralità, il loro senso dello stato. Ma poi si è scoperta Pompei e si è visto che il romano medio non passava le giornate alle terme di bianco vestito discettando di iustum e utile e dibattendo sull'ambasceria di Carneade, ma preferiva frequentare i bordelli e discuteva di elezioni alla maniera di un beppegrillo qualunque.

Ma queste cose agli studenti non si possono dire. E allora gli si propina Attilio Regolo e l'abuso della pazienza di Catilina e si liquida il resto dicendo che ormai era un mondo corrotto, un paio di capitoli di Petronio per far vedere quanto corrotto fosse, invasioni barbariche e via col Medioevo.

Ma nel momento in cui non si concepisce la storia come una serie di modelli educativi per i giovani e invece si comincia a studiarla per il piacere di studiarla, allo stesso modo in cui si studia la natura per capire come funziona e non per trovare dimostrazioni a quanto Aristotele aveva scritto duemila anni fa, tutti quei periodi che sono stati bollati come corrotti diventano estremamente più interessanti.

La tarda antichità è un argomento che sto gradatamente cercando di approfondire e apprezzare. Il suo fascino è dovuto alla complessità della società sotto ogni punto di vista e alla disponibilità di fonti variegate che permettono di analizzare quel periodo sotto diversi punti di vista incrociati. Le invasioni barbariche non sono per niente "invasioni" pure e semplici, così come l'avvento del Cristianesimo non è un avvento. Sono entrambi processi che si svolgono nel tempo, coinvolgendo in momenti diversi strati della società diversi con esiti diversi.

Più che l'aspetto evenemenziale, che ritengo un sostrato necessario ma non sufficiente alla ricerca, ad interessare è lo scontro, l'incontro, la mescolanza di Weltanschaung che si presentano ancora come elementi distinti ma grazie ai quali si possono già cogliere gli sviluppi della società europea posteriore (graziati come siamo dal senno di poi). In un certo senso è come leggere un romanzo giallo in cui si sa già chi è il colpevole e ci si può dunque godere senza disturbo la storia di come l'assassino e il detective sono arrivati a quel momento, cercando di capire come ragionano, quali motivazioni li spingano, quali obiettivi cerchino di raggiungere.

Questa complessità tuttavia è praticamente irriducibile ad unità ed è di fatto impossibile parlare di quelle epoche credendo di averle comprese fino in fondo. La coperta della nostra interpretazione è sempre troppo corta e se cerchiamo di coprire per bene un'estremità, ne lasciamo scoperta quella opposta e siamo quindi costretti a muovere continuamente la coperta, o a trovare un compromesso che lasci fuori il meno possibile, consapevoli che qualcosa rimane sempre fuori.

Tutto l'opposto insomma della storia classica che ci insegnavano a scuola, dove gli antichi erano mostri di moralità e buon governo, che si muovevano in un tempo scandito dal progresso verso la perfezione e dal conseguente regresso verso la barbarie. Una storia fatta di uomini, di ingegneri che costruivano opere grandiose e di cafoni arricchiti che organizzavano banchetti di volgarità, di estremisti religiosi che credevano nella venuta della fine del mondo e reazionari che tentavano di mantenere in vita il corpo di una gloriosa tradizione culturale, di intellettuali che cercavano di conciliare la filosofia greco-romana con i principi di quella nuova eresia giudaica ormai egemone, di clerici trovatisi a rappresentare la gloria di Roma di fronte alla nuova classe dirigente che veniva da est, di insegnanti che si battono invano per far imparare una lingua che sta per diventare morta.

8 commenti:

Minchius Maximus ha detto...

Anche a me affascinano quelle parti. Concordo sul fatto che l'Impero si studia poco per via della complessità politica, peccato sia proprio questo a renderlo interessante. Hai qualche libro da suggerire sul tardo impero dal punto di vista politico?

r3dz ha detto...

mi sono sempre chiesto, a riguardo, quanto gli insegnanti (diciamo scuole superiori) siano consapevoli di quello che insegnano. certo, gli studenti a cui cercare di riempire il capoccione non sono sempre particolarmente stimolanti per così dire, ma non troppi anni fa, alle superiori, sono state tante le cose che mi sono state "insegnate" terribilmente. ad esempio ricordo con fastidio le lezioni dell'insegnante di lettere\epica che faceva sempre spuntare fuori morali positive dall'iliade (e non solo), di cui tutto si parlava tranne che degli stupri, delle crudeltà di alcuni passi del poema, dello schiavismo sessuale di briseide ecc.
ho sempre percepito la cosa come in un certo qual modo come offensiva, o riduttiva al più.
complimenti Tommy, hai sempre una grande profondità.

Tommy Angelo ha detto...

Dal punto di vista politico non saprei, così al volo. L'anno scorso ho letto un libretto molto interessante, "9 agosto 378. Il giorno dei barbari" di Alessandro Barbero, che mi ha fatto scoprire un capitolo della storia romana che non conoscevo. E' abbastanza breve e divulgativo, ma fornisce una ricca bibliografia e comunque è rigoroso dal punto di vista metodologico.


In generale, ti consiglio caldamente di orientarti sugli autori britannici: sono in assoluto i migliori a coniugare rigore accademico e capacità divulgativa.

Tommy Angelo ha detto...

Il problema degli insegnanti è che non sono all'altezza, semplicemente. Non perché carenze loro, ma strutturali. Ti faccio un esempio. Chi si è laureato fino agli inizi degli anni 2000, prima che introducessero le scuole di specializzazione per l'insegnamento, si poteva andare ad insegnare a scuola in base a quali esami si aveva dato all'università.

In pratica io sarei abilitato a insegnare greco, latino, italiano, storia e filosofia. Ora, per la lingua greca e latina non avrei problemi. Per la letteratura greca nemmeno, ma già per quella latina dovrei mettermi a studiare per conto mio, perché all'università non mi sono specializzato particolarmente in quello. Letteratura italiana avrei delle serie difficoltà, ad esclusione di quei due o tre argomenti che mi hanno fatto studiare nei corsi monografici (una volta il corso universitario consisteva nell'approfondimento di una tematica singola, mentre lo studio generale era affidato allo studente). Storia così così, nel senso che sono ferrato in storia antica e per il resto coltivo il mio interesse personale; diciamo che non avrei difficoltà ad aggiornarmi. Filosofia invece non ne so niente, zero, a parte due o tre ovvietà qui e lì.

Se avessi fatto l'insegnante, avrei potuto diventare un insegnante di greco e latino, se c'era posto. E fin lì tutto bene. Ma potrei anche essere diventato un insegnante di italiano, e lì invece tutto male, perché la mia preparazione accademica è realmente di poco superiore a quella di un liceo classico fatto bene. Se avessi insegnato storia e filosofia, sarebbe ancora peggio.

Probabilmente a te è capitato l'insegnante che era ferratissimo in qualcos'altro, ma di epica non sapeva molto e quindi si rifaceva a quelle tre o quattro nozioni tradizionalmente note (e sbagliate), probabilmente non aveva letto una riga dei poemi epici in lingua originale e non sapeva niente degli ultimi studi accademici a riguardo.

Da come me lo descrivi, ti ha insegnato l'epica come si faceva una volta, intendendola come un pastone moralisticheggiante buona ad educare le menti. Una volta era così, si insegnava Omero e Virgilio per formare le menti dei giovani.

Considera poi che in Italia si ha il coraggio di far studiare all'università e poi mandare a insegnare la letteratura latina a chi non sa il greco, che è una falla metodologica talmente grande da non essere giustificabile. Cioè, capisco che ai liceali si insegni solo il latino e non il greco, ma non è pensabile che chi insegna latino non abbia solide basi di greco.

E ti sto parlando di me che sarei un insegnante "giovane". Quando mi capita di parlare con insegnanti ormai in pensione, cioè quelli che ancora fino a poco tempo fa insegnavano a me e a quelli della mia età, è incredibile quanto siano rimasti fuori dagli sviluppi della conoscenza accademica. Loro ragionano in termini di impero romano come se ne discuteva 80 anni fa... come se ad una lezione di fisica il professore avesse come riferimento l'atomo di Rutherford.

Next Cruel ha detto...

Scusate se mi intrometto, ma tipo, vorrei dire:

http://www.gatc.it/biblioteca/letture/perelli-corruzioneanticaroma.htm

Aneddoto: il libro fu accolto malamente, in Italia, da uno scrittore nostrano di spicco che lo recensì su un famoso quotidiano nazionale stroncandolo; il Perelli ci rimase malissimo non capendo tanta acredine, e, addirittura, una settimana dopo morì.Semplice coincidenza, ma morì ferito nell'animo! L'ho letto in un saggio dove era presente un omaggio a questo grande storico italiano dimenticato. Per la cronaca l'articolo accusava il Perelli di trattare la fine dell'Impero allo scopo di giustificare la corruzione in Italia nell'allora 1994, non aggiungo altro...chi ha scritto circa questo aneddoto non ha menzionato il curatore di quell'articolo, ma se potessi puntare del denaro scommetterei su Eco. Scusate della digressione!

Tommy Angelo ha detto...

Be' che la repubblica romana fosse un postaccio non è nemmeno da mettere in discussione. Il principato di Augusto nacque solo perché era riuscito a mettere fine a cento anni di guerre civili. Anni in cui fare politica significava accoppare per strada gli avversari...


Non so chi fosse il critico, ma non scommetterei su Eco: Eco è persona molto colta e preparata sul piano storico, di solito non si lascia andare a discorsi del genere quando parla da un punto di vista accademico. Ma tutto può essere...

Dusty ha detto...

Considerazioni molto interessanti che da ignorante sospettavo ma sarei incapace di sostenere.


Nei vari anni scolastici che ho dovuto affrontare infatti ho odiato profondamente (nel senso che non mi interessavano affatto e quindi vedevo come completo tempo perso) tutte le materie umanistiche, ma principalmente storia... ha sempre avuto la capacità di farmi perdere la concentrazione nello spazio di pochi picosecondi.

Ma sono sicuro che se mai scrivessi qualcosa tu allora lo troverei particolarmente interessante, e sarei addirittura disposto a comprare (sacrilegio!) un eventuale libro... nel caso capitasse non mancare di farci sapere :)

Tommy Angelo ha detto...

Se capisci l'inglese c'è questa serie di lezioni dell'università di Yale su YouTube. E' fatta molto bene e spiegata in maniera interessante.

http://www.youtube.com/course?list=EC77A337915A76F660