Quelli della mia generazione sono cresciuti nella consapevolezza che il lavoro uno se lo deve cercare, che non importa quanto ci si è laureati, che tanto il lavoro non si fa aspettare. Le cause sono molteplici, ma l'importante è riuscire a capire cosa fare data la situazione reale.
C'è una fazione agguerrita dell'opinione pubblica che incolpa di ciò l'Italia, perché l'Italia non è come l'estero, dove queste cose non succedono e insomma si sa come l'estero sia meglio dell'Italia.
L'estero è grande, quindi è probabile che in qualche Paese le cose siano effettivamente molto migliori che in Italia. Quello che si vede qui in Germania invece non è per niente diverso da quello che c'è in Italia.
Il lavoro a tempo, le partite Iva, i lavoratori a progetto, tutte fattispecie contrattuali assolutamente presenti e che si manifestano nello stesso modo che in Italia: lavoratori dipendenti mascherati da autonomi, oppure lavoratori a tempo. Io stesso sono assunto con un contratto a tempo indeterminato da parte di un'agenzia di lavoro temporaneo, così come la grande maggioranza dei miei colleghi. Abbiamo lo stesso trattamento salariale e contributivo di un normale dipendente, ad eccezione del fatto che possiamo essere messi alla porta senza nemmeno doverci licenziare. Tuttavia, nonostante una legislazione pressoché uguale, il fenomeno del precariato non assume le forme estreme che conosciamo in Italia. Perché?
La cosa fondamentale è la diversa concezione del rapporto lavorativo. Da noi, dare lavoro è considerato un favore nei confronti del lavoratore, un debito morale che il lavoratore contrae nei confronti del datore di lavoro. In Germania, il rapporto di lavoro invece è visto per quello che è, cioè un rapporto di lavoro: il lavoratore lavora ed il datore di lavoro corrisponde del denaro in cambio. Non c'è nessun cascame morale o pseudoaffettivo.
Di conseguenza, quando un lavoratore è assunto come precario, lavora anche da precario: si presenta in ufficio se e quando vuole, produce se e come vuole, non si assume alcuna responsabilità se non quelle minime richieste. Dal canto suo, il datore di lavoro si aspetta esattamente questo. Non è una scelta morale o una strategia da sabotatore. È che funziona così e basta. Se si viene pagati poco e il lavoro non è garantito, non ci si prende troppo a cuore quello che si fa.
In Italia invece il precario lavora come e più del dipendente, nella speranza che il suo ottimo lavoro venga ripagato in futuro con un contratto. Poiché il rapporto di lavoro è inteso come uno scambio di favori, favore è l'essere stati presi, che va ricambiato con il favore di lavorare tanto per poco, che va ricambiato con il favore di essere assunti in regola. Questo nella mente del lavoratore. Nella mente del datore di lavoro, invece, succede che, a fronte dell'enorme favore di aver preso il lavoratore, ci deve essere eterna gratitudine, cioè molto lavoro pagato poco per sempre. Che poi, se il precario lavora come un matto per 800 euro al mese per uno, due, tre anni, per quale motivo il datore dovrebbe pagarlo di più per fare la stessa cosa? Io stesso ho conosciuto ragazzi precari che lavoravano come muli nella speranza di avere un contratto che non avrebbero mai avuto. Oppure si legge di persone precarie da 20 anni (di solito ricercatori o comunque persone altamente qualificate) che aspettano invano di essere assunti. Dopo vent'anni ancora non hanno capito che nessuno li assumerà mai.
Quindi, in Germania c'è una legislazione diversa da quella italiana? No. Sono i datori di lavoro più buoni di quelli italiani? No. Perché allora non sono tutti precari a 800 euro lordi al mese? Perché i datori di lavoro vogliono fare soldi e per fare soldi devono avere persone che lavorano bene e di cui si possono fidare. Un precario non corrisponde a questo profilo e quindi i precari si limitano ad essere o persone appena entrate nel mondo del lavoro oppure persone a cui va bene essere precario in cambio dell'assenza di responsabilità, di orari fissi e degli impegni tipici del lavoratore dipendente.
Invece in Italia i precari piangono, strepitano in piazza, fanno i comitati, ma poi ogni giorno vanno a ringraziare il datore di lavoro offrendosi come manodopera semigratuita. E aspettano. E l'unica cosa che sono riusciti a produrre è “San Precario”, casomai a qualcuno fosse venuto il dubbio che l'Italia non sia ancora il Paese dove si sgrana il rosario di fronte alla Madonna per avere buona salute e raccolto abbondante.
26 commenti:
Scusa Tommy, facciamo finta di niente, ti spiace? Colpa mia, non ti impesto più il blogghe.
Lamb-O, non ho capito cosa è successo, il tuo secondo commento l'hai eliminato prima che lo leggessi, ma di certo non hai mai impestato questo blog.
Se ho scritto qualcosa che hai interpretato come contro di te, mi dispiace, non era mia intenzione.
Per come l'ho vista io si stava solo discutendo serenamente, ma - ripeto - magari ho scritto qualcosa che da fuori è sembrato sopra le righe. In questo caso me ne scuso.
Dai, non andare via :-)
contorto come ragionamento ma, probabilmente, esatto.
non lo dico per farti arrabbiare (oddio, forse un po' sì) ma lo trovo piuttosto sessantottino: fondamentalmente dici, più o meno, di ricalcare lo slogan "salario di merda = lavoro di merda".
lo trovo anche giusto come discorso ma, a meno di azioni coordinate tra tutti i precari e i disoccupati d'italia, tutti d'accordo e uniti in una sola voce (...), con l'attuale crisi di lavoro il capo ti caccia e al posto tuo ci va un altro. che lo ringrazierà. il krumiro è vivo e (non) lotta insieme a noi.
dunque, invece di perdere quel poco che si ha, si preferisce passare per la legge e, quindi, per la politica. si formano associazioni, si inducono manifestazioni e si spera che qualcuno ascolti. cioè quello che deprechi nella tua chiusura.
vuoi sentirne una bella? colloquio di un lavoro di un mio amico per un supermercato di bricolage. lui era stufo di lavorare per 500 euro al mese in un bar nella piazza principale della città, loro cercavano un magazziniere. per fartela breve, gli proponevano di lavorare per sei mesi con un rimborso spese e la possibilità di assunzione al termine degli stessi.
la possibilità, tommy.
la situazione è pessima. specie per discorsi utopisti.
Ciao Ed*. Come ho scritto, non si tratta di azioni pianificate. Da quello che ho potuto vedere, è semplicemente un pensiero comune e condiviso: se sei precario nessuno si aspetta che tu ti possa dedicare all'azienda per cui lavori in maniera decente. Non se lo aspetta il datore di lavoro e non se lo aspetta il lavoratore. Al contrario, se sei assunto in regola e a tempo indeterminato, devi lavorare e darci dentro, niente scuse.
Le conosco bene le storie dei precari in Italia (anche perché ci sono passato anch'io) solo che - quando sento storie come quella del tuo amico - non mi stupisco poi se tante cose non funzionano in Italia.
Adesso sono un semi-precario, perché posso essere messo alla porta in qualsiasi momento. All'inizio ero molto preoccupato, perché pensavo di rimanere a piedi presto. Poi invece ho capito come funziona: pur potendo, non ti licenziano se non in casi veramente estremi (se non fai niente o fai danni). Non per bontà, ma perché hanno capito che avere personale qualificato e formato non è proprio così facile e che è meglio tenersi stretti i lavoratori.
Ci avevano provato a fare i furbi in passato, lasciando a casa la gente quando non ne avevano bisogno: quando li hanno richiamati non si sono presentati. E sai, non è bello trovarsi senza lavoratori quando c'è un cliente che aspetta, una deadline da rispettare, penali da pagare e un Amministratore Delegato con il dito sul grilletto.
Paradossalmente l'unica vera protezione che ho attualmente viene dal mercato, perché la mia azienda ha tanto bisogno di me quanto io ne ho di lei.
Questo articolo è un manifesto della realtà.....davvero notevole
@ Tommy: mi spiace molto per gli antiestetici post cancellati e per la tua perdita di tempo ma per il resto tranquillo, ho fatto tutto da solo ^^ Non devi scusarti di nulla.
Tutto giusto.
Fino al Luglio del 2003 ho lavorato come export area manager per un'azienda del Nord-Est. Avevo un contratto a tempo indeterminato e non mi pagavano praticamente un cazzo.
In cambio di uno stipendio da fame, un cellulare aziendale e l'1% delle vendite, me ne stavo 3 settimane al mese all'estero e, quando tornavo in ufficio, trovavo un mucchio di merda da sbrigare che si era accumulata sulla scrivania durante la mia assenza.
Un giorno il mio capo mi chiama e mi propone un contratto a progetto che, a suo dire, mi avrebbe permesso "di gestire tutto in modo più autonomo"; mi dava 1200 euro in più all'anno ma meno contributi INPS e solo 3 settimane di ferie.
Io gli ho risposto che ci dovevo pensare.
Due settimane dopo mi sono presentato nel suo studio e gli ho consegnato, a mano, la mia lettera di dimissioni senza preavviso.
Lui si è messo a urlare "TRADITORE DELLA FAMIGLIA!", io gli ho riso in faccia e sono tornato a casa lasciandogli sulla scrivania anche un biglietto aereo per gli USA che lui aveva già pagato. Sarei dovuto andare in Nevada DUE GIORNI perché c'era un cliente molto incazzato.
Per quanto mi riguarda: meglio essere un precario della scuola che un precario dell'industria del nord-est.
Per il resto, ripeto: tutto giusto.
Tipico: probabilmente dopo di te ha cominciato a mandare all'estero qualche poveraccio che nemmeno sa parlare inglese, magari il figlio del nipote del cugino, e inspiegabilmente le esportazioni sono calate.
Poi avrà cominciato a dare la colpa ai cinesi, che fanno i soldi pagando la gente con ciotole di riso, e quindi avrà cominciato a pagare i dipendenti con ciotole di riso.
Funzionerà?
Non sono molto d'accordo .
Nella mia esperienza di datore di lavoro la qualità del lavoro di una persona è scarsamente influenzata dalla paga . Bastasse pagare tanto la gente per trovare dipendenti efficienti sarei un uomo felice , purtroppo anche se raddoppio la paga a un incompetente questo sempre incompetente rimane .
Per cui se sei bravo di alzo lo stipendio un minimo per gratificarti ma soprattutto per legarti a me , ma se lavori da cane e mi chiedi un aumento mi cerco un altro , tanto gente che lavora da cani se ne trova a volontà .
Ormazad
Ciao Ormazad. Non credo di aver mai detto che più prendi meglio lavori. Anzi, nel post non facevo riferimento alla quantità di salario.
Però se il tuo lavoratore prende poco e non sa se la prossima settimana avrà ancora un lavoro, difficilmente si vedranno dei miglioramenti.
Se poi, per ipotesi, tu gli fai un contratto in cui si dice che non ha obblighi d'orario e di presenza, non puoi lamentarti se quando hai bisogno di lui, lui non c'è.
Ormazad,
Quando vi hanno concesso di assumere gente (anche) iperqualificata con contratti a tempo determinato e sbarazzarvene quando e come vi pareva, nessuno di voi imprenditori si è battuto sul petto per protestare. Ma, in fin dei conti, è giusto che sia così: ognuno tira acqua al suo mulino.
D'altro canto, nel momento in cui il consumatore finale si è ritrovato con meno soldi (e sicurezza) in tasca ed è iniziata la crisi sul serio, la colpa è stata data alla Cina cercando di sorvolare sul fatto che molti di voi avevano messo baracca e burattini nel sacco e se ne erano sfanculati in Romania da un pezzo perché, da quelle parti, la manodopera non costava un cazzo. "Delocalizzazione" la chiamavano.
Bada: non so di dove sei e parlo del Nord-Est, ho visto ciò che è successo qui e, in tempi relativamente recenti, quando vi hanno concesso dei non trascurabili benefici fiscali (leggi "pacchetto Tremonti"), indovina cosa è successo nel Triveneto? Fuoristrada a strafottere e capannoni come funghi, riservando - se andava bene - a ricerca e sviluppo solo pochi pidocchiosissimi spiccioli.
Salvo poi piangere il morto per la crisi e lamentarsi dei dipendenti che non hanno voglia di fare un cazzo comunque... e, ah sì, governo bastardo, naturalmente.
Insomma: è sempre colpa degli altri.
Cordiali saluti,
Un elettore di centro-destra
Concordo con l'articolo.
Nel mio caso, ho lavorato in nero in uno studio di un professionista per più di un anno, mentre continuava a rassicurarmi sul fatto che stava valutando col suo commercialista il contratto migliore per assumermi.
C'erano giorni che non avevo nulla da fare, poi magari capitava il mese in cui mi toccava lavorare per 70 ore a settimana, col capo che mi pressava per consegnare il lavoro in tempo.
La paga era di 6 euro e mezzo all'ora, per un lavoro qualificato.
Mi pagava solo per il lavoro effettivo, così se una settimana non c'era lavoro era bello se portavo a casa 50 euro.
Alla fine me ne sono andato, ed ho saputo che il capo dice in giro che ero uno che "non si impegnava abbastanza"
Non si rendeva nemmeno conto che aveva trovato il dipendente perfetto.
marco
@Basta con la Droga
Guarda, il concetto di "delocalizzazione" o "outsorcing" mi lascia perplesso.
Viene sbandierato come una innovazione atta a razionalizzare i processi di produzione, quando nella maggior parte dei casi si tratta solo di ridurre i costi, e in realta' non si produce nulla.
Nel caso delle grandi aziende, spesso avviene a seguito di un merger, e sarebbe anche giustificato se producesse effettivamente uno "snellimento" e stimolasse l'emergere di nuove idee e professionalita' all'interno dell'azienda.
Ma non e' cosi'.
L'unico guadagno effettivo, se l'azienda e' come nel caso del mondo anglosassone una Plc (Public Company) lo realizzano a breve termini, gli azionisti in Borsa.
L'azienda non ne guadagna nulla in termini di professionalita'e produttivita', spesso licenzia personale qualificato, sostituito da personale non altrettanto qualificato che costa pero' meno.
Nel caso dei merger britannici, spesso sono la City e i suoi analisti a dettare legge su speculazioni di ordine finanziario che con l'effettivo valore dell'azienda hanno ben poco a che vedere.
Yossarian sloggato
Penso che hai fatto una descrizione giusta. Una mia amica che disse al capo che se ne andava, visto che dopo 3 mesi di stage gratuito non l'avrebbero assunta, si sentì rispondere: "ma perchè, se non hai nessun'altra offerta, non vieni lo stesso? A casa non ti annoi?".
Però secondo me il tuo discorso vale fintanto che il tasso di occupazione è decente, il welfare garantito per chi perde il lavoro e i lavori offerti sono qualificati. Altrimenti, molti pensano che "piuttosto che niente è meglio piuttosto", ovvero anche 500 euro ti permettono di non morire di fame.
Yossarian: nel nord-est delocalizzazione ha voluto dire "spostiamo le fabbriche in India perché costa meno".
Ovviamente non si sono chiesti perché costa meno. Non gli è venuto in mente che un dipendente che ha studiato, conosce almeno (nel peggiore dei casi) i rudimenti di chimica e fisica, sa come funziona una macchina e sa leggere lo schema di un impianto non è proprio la stessa cosa di una società con le caste, dove sono analfabeti, pregano gente che sta 15 anni con il braccio alzato e cagano nell'acqua dove si fanno il bagno.
Poi tutto ad un tratto si trovano nella situazione di non vendere più e allora danno la colpa alla Cina. Eccerto...
* * *
raccoss: il punto che continuo a sottolineare è che non si tratta di strategie assunte in maniera organizzata, ma di situazioni che posso osservare.
D'altronde continuo a non capire persone come la tua amica, che vanno dal datore di lavoro a dirgli che non hanno altre offerte: ma cosa pretendeva? Prima va a dirgli che è disperata, poi si meraviglia che non gli dia più soldi... scusa eh, ma bisogna anche svegliarsi ad un certo punto. Se tanto hai deciso di andartene, cazzo vai dal datore di lavoro e gli dici: mi hanno offerto un lavoro a tot euro al mese, tu cosa mi offri? Al massimo non cambia niente, ma almeno ci hai provato.
Tutto il resto comincia a suonarmi come scuse, al pari dei cinesi. Io un lavoro a 500 euro lo rifiuto perché 500 euro non sono meglio di niente, sono niente. Cosa ci fai con 500 euro? Ci paghi un affitto? Forse, se sei fortunato. E poi?
La verità è che accetti i 500 euro perché sei a casa con i tuoi, che ti mantengono, e tu usi quei 500 euro per andare fuori con gli amici. Non c'è altra spiegazione, perché io con 500 euro al mese non mangerei, sul serio non mangerei.
Non avendo nessuno stimolo a chiedere di più, si continua a vivacchiare alla meno peggio. Tranne che fra 10-15 anni, quando moriranno gli ultimi genitori nati nel dopoguerra, ci saranno schiere di 40enni che si troveranno senza un tetto sulla testa, senza un lavoro e senza futuro.
Certo, si può dare la colpa ai cinesi, al welfare, al governo cattivo (non fraintendermi, il governo è sempre cattivo) ma il problema rimane che la realtà è quella e lamentarsi non ha mai risolto niente.
Io, praticamente, sono un precario, perchè con il contratto da dirigente oltre ai benefits e cazzi e mazzi, c'è la clausola per cui basta un bel calcio nel culo ben assestato per cacciarmi.
C'è sempre un però, al di là che non mi pagheranno mai abbastanza per quanta merda mi tocca ingoiare in certe circostanze (ma questo è un dettaglio), io ho la conoscenza e le caratteristiche che servono, per cui non mi cacciano. Il mutuo trentennale è sempre lì e i miei curricula sempre pronti e sempre in viaggio, come i contatti con i cacciatori di teste che non si sa mai, meglio avere il culo parato che il culo sfondato...
Sul pezzo di Tommy concordo in piena, all'inizio anche io ho mandato a fare in culo letteralmente un datore di lavoro del mitico nordest che mi pagava 600 euro al mese dal mio lavoro da cui percepiva un netto di un paio di milioni (e che dopo che io sono andato via è andato "a remengo" per usare un espressione molto nordest style nel giro di poco meno di 1 anno).
Cordialità
Attila
Ma siamo tutti del nordest in questo blog ??
Delocalizzare vuol dire ridurre i costi , e mi sta bene come imprenditore , e trasferire ricchezza da un paese ricco a uno povero , e mi sta bene anche questo .
Poi il personale qualificato va pagato , sono d'accordo , in termini di salario e di sicurezza del lavoro .
Bisognerebbe anche trovarlo però .
Che poi un lavoratore del 2° o 3° mondo sia meno qualificato di un italiano è tutto da dimostrare .
Ormazad
Giratela come vi pare: il salario lo paga il fatturato. E fuori dal mondo dei pubblici parassiti e rentier non esiste "il fatturato minimo sindacale".
Ormazad: guarda che i lavoratori qualificati si trovano sugli alberi, non lo sapevi? :-)
* * *
Silvano: concordo. L'importante però è che poi non si invochino dazi, aiuti di Stato e poliziotti pagati da Pantalone a manganellare quando qualcuno protesta.
@ Tommy
un dipendente che ha studiato, conosce almeno (nel peggiore dei casi) i rudimenti di chimica e fisica, sa come funziona una macchina e sa leggere lo schema di un impianto non è proprio la stessa cosa di una società con le caste, dove sono analfabeti, pregano gente che sta 15 anni con il braccio alzato e cagano nell'acqua dove si fanno il bagno
Sei proprio certo che:
a) gli operai italiani abbiano almeno nozioni di chimica e fisica?
b) queste nozioni, posto che ci siano, abbiano una qualche utilità per tirare una leva, cucire una maglia o lavorare in conceria.
c) gli indiani siano realmente un popolo di dementi? È vero, ci sarà uno zero virgola di laureati, un due virgola di diplomati e un novantanove virgola nove periodico di poveri disgraziati semianalfabeti. Ma devi calcolare tutte queste percentuali su un miliardo e duecento milioni di persone. Per cui il mercato del lavoro indiano ne offre per tutti i gusti: dall'operaio più generico che esista per la bassa manovalanza, che con 500 € al mese sfama la sua famiglia di 25 persone, al laureato, che con 1000 € al mese è ricco sfondato.
Leggo proprio oggi:
http://bamboccioni-alla-riscossa.org/?p=5319
Guarda, c'è un'antropologa che vive e lavora in India:
http://unbearableindia.wordpress.com/
Prova a chiedere a lei cosa vuol dire lavorare in India con gli indiani :-)
Sarà, ma comunque l'esempio dell'India è fuorviante. Bisognerebbe piuttosto parlare di Polonia, Romania e compagnia cantante, dove la chimica la conoscono probabilmente molto meglio della maggioranza degli italiani e sicuramente molto meglio di me.
Può essere, l'importante comunque è che qualsiasi cosa facciano, poi non vengano a piangere e a chiedere al governo di sistemargli la situazione con i soldi miei.
Posta un commento