Da quando è scoppiata la crisi non si può evitare di leggere articoli e saggi che cercano di spiegarne cause ed origini. Alcune spiegazioni sono più convincenti di altre, e lo sono perché avevano previsto per tempo le dinamiche economiche e sociali cui assistiamo in questi giorni. Tuttavia, anche se non si è economisti ma si è stati testimoni di un certo modo di fare economia, l'arrivo della bufera non è stato una sorpresa. A me per esempio è capitato di lavorare per un'azienda della cosiddetta new economy, che voleva diventare la leader del futuro che è già presente, il famigerato web 2.0. Per ragioni di riservatezza e legali non darò alcun riscontro a fatti o cose realmente esistenti, dirò solo che ho lavorato per il sito X.
La storia del sito X è abbastanza tipica. Qualche compagno di università si mette insieme e ha un'idea simpatica ed accattivante e ci costruisce un sito web attorno. Il sito web inizia a raccogliere accessi e visite in numero sempre maggiore, fa parlare di sé, diventa un fenomeno in internet fino a strabordare nella vita reale. I fondatori del sito riescono a trovare dei finanziatori e iniziano a diventare importanti. In piena espansione, il sito (divenuto società per azioni) inizia ad assumere personale. Ed è a questo punto che chi scrive entra a farne parte, perché il sito X è ormai sufficientemente strutturato da non poter più contare solo sui fondatori e sul gruppetto di tecnici che lo fanno funzionare.
Non mi dilungherò in particolari, l'importante è capire che appena arrivati si capiva che di soldi ne giravano tanti, ma proprio tanti e questo veniva spiegato col fatto di aver trovato dei finanziatori che credevano nell'idea del sito X (che continuava ad aumentare accessi e visite). Era altresì chiaro che il sito non generava entrate, come qualsiasi altro sito che non abbia pubblicità o una sottoscrizione a pagamento. Il sito X era un sito ad accesso libero e senza pubblicità di alcun tipo, al pari del blog che state leggendo in questo momento.
La popolarità del sito X cresceva a vista d'occhio ed ormai era diventato una società vera e propria, con presidente, amministratore delegato, management, catena di comando e api operaie lì in fondo (del cui numero facevo parte).
Al culmine del successo il sito X venne comprato da un'importante società che opera nei media per una cifra non resa nota ma – secondo le voci di corridoio – decisamente elevata, quasi certamente a sei zeri.
In tutto questo tempo la formula non è mai cambiata e il sito X non ha mai prodotto un centesimo di fatturato, solo che i nuovi padroni erano arrivati per fare soldi e così hanno cominciato a fare pressione sul management. Il management, che aveva reso il sito popolare grazie al fatto di essere gratuito e senza pubblicità, non sapeva cosa fare e così ha cominciato a fare pressione sulle api operaie, non mancando di incolparle dei problemi della società.
La presente formica operaia da un lato lavorava in un clima soffocante, dall'altro capiva che il sito X, non raccogliendo soldi, non ne aveva nemmeno da distribuire e quindi, preferendo lasciare che essere lasciata, ha rassegnato le dimissioni. Qualche tempo dopo i nuovi padroni hanno iniziato a vibrare dolorosi colpi di mannaia. Non so di preciso che fine abbia fatto il sito X, di sicuro funziona ancora, ma è stato decisamente ridimensionato e rivisto nella formula.
I miei lettori si chiederanno cosa ci sia di strano in tutto questo: la storia è semplice ed il finale inevitabile. Il problema è che eravamo in pochi a vedere le cose come stavano, e quei pochi erano appunto api operaie, prive di qualunque potere decisionale. Il problema è che il management del sito X, così come il management dei primi investitori ed il management dei nuovi padroni non sono stati in grado di vedere la realtà dei fatti.
È da sottolineare che i fondatori del sito e il management erano tutte persone che studiavano o avevano studiato economia o management e, presumibilmente, anche i manager delle altre società interessate. Non stiamo parlando di adolescenti che si sono trovati per caso con la gallina dalle uova d'oro in mano, ma di un gruppo di teste pensanti che si sono date un obiettivo e l'hanno perseguito razionalmente.
Quello che è successo è che i fondatori hanno trovato un modo di rendere popolare il sito X, aumentandone il traffico. Poi, con i grafici presi da Alexa.com, si sono presentati a qualcuno e gli hanno fatto credere che quel traffico significasse denaro.
Ora, non solo chi lavora nel web, ma anche chi lo frequenta nel tempo libero sa che il traffico generato non equivale alla vendita di merce: centomila accessi al giorno per un sito non equivalgono a cento automobili prodotte da una fabbrica. Se è comprensibile che un gruppo di giovani entusiasti cerchi di vendere la propria idea a qualcuno, è già meno comprensibile che ci siano investitori pronti a dare soldi per un progetto che non ha possibilità di generare ricavi. Ancor meno comprensibile è che importanti società quotate in borsa spendano fior di quattrini per avere qualcosa che non le farà mai rientrare dell'investimento.
Il problema di questi personaggi è che non sono mai stati responsabili del loro operato e non ci hanno mai rimesso un solo soldo. Prima hanno trovato chi li finanziava, poi sono riusciti a sollevare un gran polverone sui guadagni che avrebbero ottenuto e si sono dati stipendi di tutto rispetto. Al momento buono hanno venduto la società e alla fine hanno abbandonato la nave che affondava dopo aver vissuto da nababbi e probabilmente con molti soldi in banca. Tutto il loro operato è stato un fallimento, non essendo riusciti a rendere la società remunerativa; gli unici soldi sono quelli ottenuti millantando inesistenti futuri guadagni; dopo aver impiegato delle persone, le hanno mandate a casa senza nemmeno dire “ci dispiace”. Solo che quando cercano altri lavori, vengono giudicati da altri manager: si capiscono, tra di loro. Mostrano il CV, fanno i meeting, sfoggiano Power Point, vendono fumo, dirigono una società senza sapere cosa stanno facendo e poco prima che la società affondi volano via, incassando la buona uscita, e il ciclo si ripete. E se qualcuno sta facendo un'analogia con le locuste, ha capito perfettamente il meccanismo.
Ma ancora non c'è da stupirsi, considerando che genere di personaggi sono i manager. Nel sito X, oltre ai manager, c'erano i tecnici IT e noi lavoratori. I tecnici ovviamente avevano moltissimo lavoro ed era comprensibile che dovessero rimanere anche a notte inoltrata in casi estremi. Noi lavoratori avevamo il nostro da fare, ma quasi tutti ad una certa ora uscivamo dall'ufficio. I manager invece ogni giorno tenevano la conferenza stampa in eurovisione a reti unificate per fare sapere a tutti che la sera prima avevano lavorato fino alle 10 e per farci sentire in colpa per non essere rimasti lì con loro. Appena arrivato non sapevo cosa pensare ed in effetti mi sentivo quasi in dovere di rimanere. Poi invece ho capito il perché di questa differenza. Noi api operaie, oltre al lavoro, avevamo anche degli interessi. Niente di speciale, le cose normali che fanno tutti: andare al cinema, andare a un concerto, leggere un libro, praticare uno sport. Dopo otto o nove ore di lavoro, pagato malissimo, avevamo voglia di fare altro. I nostri manager invece no: a parte il lavoro non avevano nient'altro. Forse non ci avete mai pensato, però non avere alcun interesse vi rende la vita molto difficile, soprattutto nel relazionarvi con gli altri. Condividere degli interessi o spiegare i vostri interessi a qualcun altro è un ottimo modo per coltivare un'amicizia o una potenziale relazione. Ma se non avete niente nella testa che non sia il vostro lavoro, non avrete niente da dire a chi non lavora con voi, e alla sera potete scegliere se andare in una casa spoglia, con il frigo vuoto a mangiare pizza surgelata da soli di fronte al computer, oppure rimanere con quelle poche persone con cui avete qualcosa da condividere: i vostri colleghi manager. E naturalmente il giorno dopo avrete anche la scusa per fare la ruota di fronte ai sottoposti. Come se quelli vi credessero.
Un'altra differenza tra noi api operaie e loro manager è che noi cercavamo le nostre relazioni fuori dal lavoro. Per il fatto di avere una vita normale fuori del lavoro, ci sembrava altrettanto normale cercare un compagno per l'accoppiamento fuori dall'ufficio. L'accoppiamento dei manager avveniva invece all'interno dell'ufficio, di solito scegliendo tra le sottoposte, che ovviamente al momento dell'assunzione erano state selezionate secondo criteri estetici abbastanza precisi. In effetti posso dire che in quel periodo ero circondato da un buon numero di belle ragazze. Che spesso non avevano alcun problema a dire esplicitamente che la loro carriera procedeva per mezzo del sesso. E comunque anche le donne non si esimevano dall'approfittarsi dei sottoposti: ricordo una ragazza – gradevole a vedersi ma fredda come un ghiacciolo e simpatica come un'occlusione intestinale – che usava i nuovi arrivati per il proprio sollazzo, anche se ho il dubbio che il sesso le interessasse solo come strumento da usare in società per ben figurare. Per tutto il tempo che sono rimasto lì non l'ho mai vista sorridere né tenere il broncio né piangere. Semplicemente impassibile. Posso solo immaginare a quale travolgente passione si lasciasse andare nell'intimità...
Perché allora questa crisi non dovrebbe stupirci? Perché se tutte le grandi corporation sono guidate dalla mentalità che ho visto io, prima o poi sono destinate a morire di morte violenta.
Primo: i manager sono come Pinocchio. Se prepari un paio di slide di Power Point colorate in cui spieghi che piantando degli assegni circolari sottoterra il valore delle azioni potrebbe salire del 50%, loro ci credono e ti danno assegni circolari in bianco da piantare sottoterra. E ai più restii è sufficiente promettere benefit come un viaggio al Paese dei Balocchi che si convincono subito.
Secondo: i manager non hanno idea di cosa stanno facendo. Loro studiano nelle loro scuole, frequentano altri manager, ottengono MBA in serie, ma non sanno fare niente. Arrivano in ufficio con le loro cravatte strette bene intorno al collo e cominciano a parlare. E parlano. E parlano. E alla fine non dicono niente, perché di quello che fate voi, api operaie, non sanno niente e non saprebbero nemmeno come farlo.
Terzo: hanno bisogno dei disegnini (in inglese: Power Point) per capire le cose.
Questi tre fattori combinati creano la ricetta perfetta per il disastro. Interi gruppi di dirigenti si metteranno a cercare guadagni facili e quindi impossibili, ignorando del tutto i rischi e senza il problema di dover pagare il prezzo dei propri errori. Perché l'imprenditore rischia il suo e se chiude la fabbrica rimane senza soldi, ma il manager no: il manager, dopo aver devastato una società, si sposta e va a devastarne un'altra.
Se vogliamo uscire dalla crisi, dobbiamo per prima cosa liberarci di questa piaga, prima che la razza umana venga sterminata dalla proliferazione incontrollata di manager.