Quando si vive all'estero da un po', diventa stranamente facile individuare gli italiani che vi circondano. Non tanto quelli che vivono qui, quanto quelli che arrivano per qualche tempo, turismo soprattutto, oppure brevi viaggi di lavoro.
Gli italiani li riconoscete subito, perché – estate o inverno, pioggia o vento, giorno o notte che sia – sono quelli che in cima alla scaletta del volo Ryanair hanno gli occhiali da sole. Una volta non capivo perché tutti gli stranieri che conoscevo mi chiedessero perché non avevo gli occhiali da sole. Ora capisco: gli italiani sono gli unici che li portano sempre. Anche al buio. Anche con la pioggia.
In inverno si notano ancora meglio: in cima alla scaletta della Ryanair, con gli occhiali da sole e il pelo di cane intorno al collo. Se, mentre nevica, vedete qualcuno con occhiali da sole e pelo di cane intorno al collo, andate sul sicuro.
L'italiano arriva in Germania (o comunque all'estero) e compie sempre il medesimo rito: primo piede che tocca il suolo tedesco, e già comincia a lamentarsi del caffè. Dico, aspetta almeno di raccogliere il bagaglio e andare al bar... E per tutta la permanenza in Germania non farà altro, sia chiaro. E' un atteggiamento talmente radicato che almeno una volta a settimana devo scusarmi con gli astanti, di qualsiasi nazionalità essi siano, perché io bevo caffè tedesco e non mi lamento che non sia buono come in Italia. Mi guardano con due occhi così.
Ancora prima che il bagaglio arrivi sul nastro, sta già telefonando. Ma non telefonando tipo “Hallo Jurgens, sono arrivato in aeroporto puoi venire a prendermi?” No no, sta telefonando in Italia e parla del viaggio (50 minuti di volo, capirai) e di come è andata. Una volta, mentre aspettavo la valigia, un signore stava chiamando l'idraulico che andasse a casa di sua madre a sistemare non so cosa.
La caratteristica principale dell'italiano all'estero, comunque, è la totale mancanza di consapevolezza di essere all'interno di una cultura diversa, in cui ci si relaziona in maniera diversa. Per esempio, una cosa che mi piace dei Paesi d'oltralpe è che, negli spazi pubblici, la gente non rompe. In metro, per strada, al supermercato si parla a voce moderata, il cellulare non ha la suoneria attivata e in generale non si fa casino. Poi d'improvviso entrano in scena tre o quattro italiani che sembrano tutti sordi: gridano, telefonano (in Italia, perché se sei in metro a Berlino non puoi non telefonare in Italia). Non riescono a fare come tutti, stare seduti e parlare piano. Non si rendono conto che tutt'intorno a loro la gente è calma, tranquilla, non urla. Imperterriti.
Quando poi parlano con degli autoctoni, non sono in grado di mettere a fuoco che in altre culture non si gesticola o si gesticola in maniera diversa. Io, quando parlo con dei tedeschi, non gesticolo, perché è un modo di comunicare che non comprendono e quindi non facilita la discussione, la complica. Infatti spesso mi chiedono di tradurre i gesti degli italiani che smaniano a bracciate ampie e ben distese, perché il linguaggio del corpo è tanto peculiare quanto la lingua madre ed altrettanto incomprensibile ad uno straniero. Non è che ci voglia un genio a capirlo (ci sono arrivato anche io), ma i miei compatrioti no, loro sono fieri di questa cosa, chiaro segno dell'incapacità di relazionarsi con qualcosa che sia minimamente diversa dal proprio ombelico.
Per gli italiani c'è una cosa che però le trascende tutte: l'inglese. In tutto il mondo, l'inglese è una lingua che si impara e si usa. Per noi no. Per noi è come il corpo mistico di Cristo, un qualcosa di metafisico che lega tra loro i sudditi di Sua Maestà britannica e dalla quale noi siamo esclusi, per sempre ed a priori. E così non vale nemmeno la pena di impararlo.
Salvo poi andare in Inghilterra, pretendere di parlare inglese anche se non lo si conosce e lamentarsi che gli inglesi sono proprio dei cafoni perché fanno finta di non capire quello che hai detto, che insomma dai uer iseee deee bass-stoppeee? si capisce benissimo. Per non parlare del fatto che bestemmiano senza pudore, perché si credono gli unici a poter comprendere quel che dicono. Nemmeno sfiora la loro mente che ci possa essere un tedesco che parla italiano, o un italiano che parla italiano.
In Germania la prostituzione è legale. Ci sono alcune zone della città dove può capitare di incontrare delle signorine molto a modo che tentano di fare amicizia con voi. Per esempio, a Berlino in Oranienburger Strasse, che è una strada nota e ben frequentata e non certo un posto degradato. Per dire che nelle citate signorine ci si può imbattere anche se si è realmente intenti a far altro. Di solito il tentantivo di abbordaggio va così: prima mi chiedono se parlo inglese o tedesco (che sono straniero è chiaro). Se rispondo che fa lo stesso, mi chiedono da dove vengo. Italia. A questo punto si fermano, mi guardano e chiedono conferma del fatto che sia italiano. Sì perché? Perché hai detto che parli tedesco e inglese. Sì be', il mio tedesco ha ampi margini di miglioramento, ma per la situazione è più che sufficiente. Ah no, perché di solito gli italiani non parlano niente, solo italiano e basta. Eh, invece no, pensa. Ciao stammi bene.
Le prime volte invece cercavo di svicolare in maniera molto maschia, ricorrendo al più classico dei mmmpfrgllnfsitri. Le signorine, che il loro mestiere lo sanno fare bene, attaccano con il parimenti classico da dove vieni. Italia. Ah viiivaittalia, bellaittalia, ciao amore, bombino, begorina, scobare... (la “p” è un po' ostica da pronunciare, si sa). Sì ciao, ora che hai gridato “begorina” di fronte a 15 turisti giapponesi sono proprio eccitato. Badate però che se parlate in tedesco o in inglese non vi diranno mai cose del genere anzi, saranno decisamente educate, segno che non sanno esattamente quello che stanno dicendo.
E questo mi ha fatto capire due cose: che il livello culturale dell'italiano in gita è inferiore a quello di una prostituta che esercita in strada (con tutto il rispetto per le prostitute, che non vuol dire che sono sceme solo perché sono prostitute). E che gli italiani, quando interagiscono con una prostituta, iniziano a esprimere frasi senza senso tipo “bella Italia” e “pecorina”. Siccome la prostituta in questione non ha coscienza di quello che sente, ma lo sente dire da tutti gli italiani che incontra, impara che ogni volta che vede un italiano deve parlare come un tamarro di periferia.
Se entrate un po' in confidenza con qualche ragazza straniera, prima o poi vi confesserà che è universalmente noto come gli italiani ci provino sempre, con tutte ed in maniera ossessiva. Diciamocelo: siamo sputtanati. Non siamo tutti così, ma il fatto è che per il mondo girano orde di italiani infoiati convinti che le straniere siano delle ninfomani allo stadio terminale, e poi ci andiamo di mezzo tutti.
Secondo me è anche interessante da un punto di vista antropologico: perché gli italiani vanno all'estero pensando che le donne di lì la diano a tutti senza pensiero, senza discernimento, senza logica? La realtà non è quella, ma cosa fa scattare questo pensiero? È ancora una volta l'idealizzazione di un estero mitologico, dove tutto funziona meglio e persino per raccattare una ciulatina non si deve far fatica? Il sesso come parte delle prestazioni assistenziali fornite dallo Stato?
Alla lunga queste scene intaccano il tuo orgoglio di italiano. Che c'era. Ma poi cominci a vedere certe cose. Ti rendi conto che non esci più con altri italiani perché ti vergogni; non ce la fai più a sopportare i tuoi connazionali che trattano i camerieri come servi; che quando c'è da pagare succede sempre il finimondo e alla fine c'è sempre qualcuno che non ha messo tutti i soldi. Sempre sempre sempre. Che non sanno stare a tavola in maniera educata senza disturbare tutti i clienti di un locale. Che appena ottengono un ruolo di minima responsabilità sul lavoro, cominciano a piazzare chi garba a loro nei posti che contano; che appena superano la massa critica, cercano subito di avvilupparti nella loro rete di amici della quale non hai nessun interesse a far parte.
Così quando a volte mi sento triste perché al bar, di pomeriggio, vedo i vecchietti bere un caffè e mangiare un Bockwurst da due etti con la senape (senape e caffè, la merenda dei campioni), guardo fuori, la strada fredda, bagnata dalla pioggia, buia perché qui è buio sempre, è buio dentro, e vedo un cretino con gli occhiali da sole che grida bestemmie mentre persino le prostitute lo evitano schifate, ordino un Bockwurst anch'io. Ma senza caffè. Meglio una Coca Cola.