Nel rapporto tra stranieri, una delle cose più difficili da fare è riuscire a soddisfare i pregiudizi del proprio interlocutore. La prima volta che sono andato all'estero per lavoro è stato davvero estenuante. Un bel giorno – non qui in Germania, in un altra nazione – dovevo andare con due colleghe in un'altra città per una specie di conferenza. Dovevamo andarci con il trasporto pubblico, così ci siamo dati appuntamento di fronte all'ufficio per le 7. Sapete, era tipo la prima settimana lì, dovevamo prendere i mezzi, questo e quell'altro, alle 7 mi presento di fronte all'ufficio. Le due colleghe sgranano gli occhi e guardano l'orologio, meravigliandosi che io sia puntuale. Perché sapete, gli italiani sono sempre in ritardo. E sapete, gli italiani passano ore al bagno. E cantano sempre. Un ragazzo una volta mi ha anche detto che noi italiani siamo anche molto scuri di carnagione. Siccome io in questo bel quadretto non ci rientro proprio, voleva dire non ero italiano. E non c'è stato verso di far cambiare loro idea. Dopo nove mesi, il massimo che ho ottenuto è di essere classificato come “austriaco”. In effetti la mia terra un tempo faceva parte dell'Austria, ma ormai non se lo ricorda più nessuno, quindi...
Tutto questo per dire che il contrasto tra pregiudizio e realtà può essere davvero doloroso a volte, tanto da arrivare a far preferire l'errore del pregiudizio alla verità della reale.
Naturalmente ci sono passato anche io quando mi sono trasferito in Germania. Come tutti gli italiani, vivevo nel mito dell'efficienza tedesca. Questo era per me, come per tutti, un pregiudizio privo di ogni riscontro concreto. Alzi la mano chi non conosce l'efficienza tedesca. Alzi la mano chi può dire su quali basi empiriche si basa.
Premetto che, come per ogni post in questo blog, esprimo un punto di vista soggettivo che non va interpretato come studio sociologico od economico, ma come semplice esperienza di vita. Io mi faccio le cicatrici e poi vi racconto la storia di come me le sono fatte. Sta a voi se crederci o meno.
Quando si arriva in Germania, le prime cose che si notano sono poche. I treni, il sistema di trasporto pubblico, se siete giovani la vita universitaria. Venendo dall'Italia, l'esperienza di queste cose vi dà l'immagine della Germania. E l'immagine è sostanzialmente positiva. Perché è un dato oggettivo che i treni funzionano bene. Il trasporto pubblico è eccellente (la prima volta a Berlino rimasi basito dal sistema integrato U-Bahn/S-Bahn/Tram/Bus, tanto è esteso e capillare). L'università è gratuita, bella, fornita. Questo è il primo impatto. Se ci andate in vacanza, se fate l'Erasmus, è anche l'unico impatto. Se invece vi stabilite più a lungo, lavorate, cercate un appartamento “serio”, inizierete a percepire la vita vera che si vive qui. E l'idea che vi siete fatti all'inizio cambia abbastanza.
La prima cosa che ho capito è che l'ottima impressione che mi ha dato la Germania è dovuta all'apparato pubblico. Mentre da dove vengo io l'apparato pubblico è a ragione – tranne le lodevoli eccezioni – ritenuto improduttivo, corrotto ed inefficiente, in Germania è decisamente migliore. Sostanzialmente la Pubblica Amministrazione non conosce la corruzione endemica e onnipresente che conosciamo noi. Di conseguenza, i suoi atti non sono marcati dall'illogicità costante che si vede in Italia, dove ogni opera è costruita al fine di dare un appalto al corruttore e una bustarella al corrotto. Manca anche l'eterno spirito di ruberia che contraddistingue troppi dipendenti pubblici (chi ha fatto la leva sa benissimo di quale benzina siano pieni i serbatoi degli ufficiali; chi fa la cassiera in supermercato sa bene quale clientela si metta in coda nell'orario di ufficio) è totalmente assente.
Ne risulta un apparato statale che fornisce una serie di servizi i quali, quantomeno, si attestano su una ragionevole capacità di funzionare. Per questo treni, metro e università funzionano bene. Così come le Poste. Sono cose che si notano subito: gli uffici del comune sono aperti, almeno qualche giorno a settimana, in orari tali da favorire chi lavora; gli uffici postali più importanti chiudono anche dopo cena; eccetera eccetera.
Si può dire che il sistema pubblico tedesco, in confronto a quello italiano, sia decisamente migliore. Su una scala assoluta, direi che è si stabilisce sulla sufficienza.
L'amara sopresa invece arriva quando si parla del settore privato. Da bravo italiano, pensavo che se il pubblico funziona così, il privato deve fare faville. La sconvolgente conclusione è che il privato è, dal punto di vista dell'efficienza, a pari livello del pubblico.
Ho imparato che i tedeschi stessi definiscono la Germania Servicewüste, cioè il deserto dei rapporti con il cliente. Mi spiego: il primo impatto che avete con il settore privato è quello da cliente. Ora, in Germania il cliente è un fastidio. Giuro. In quanto cliente, voi state disturbando l'ordine perfetto dell'azienda interessata. Risultato: non vi fila di pezza nessuno. Qualunque bene vogliate, prima lo pagate e poi aspettate che l'azienda sia così gentile da farvelo avere. I tempi e i modi non sono affare che vi riguarda, né riguarda l'azienda. Solo il caso o la volontà di Dio vi recapiteranno il bene; e visto che avete disturbato, abbiate almeno la decenza di tacere. Dopo un anno qui rischiate di diventare idrofobi. Perché nessuno si interessa a voi, vi ignorano o vi trattano da bambini capricciosi. E voi schiumate dalla bocca. Nella catena che porta il bene dal produttore al consumatore i normali intralci che si verificano non vengono rimossi dal produttore in modo che il consumatore possa avere al più presto quello per cui ha pagato, ma vengono ignorati e lasciati perdere perché non svantaggiano il produttore; certo, vanno a detrimento del consumatore, ma questo non è un problema del produttore, che appunto non è il consumatore.
L'esperienza del privato dal punto di vista del lavoratore, invece, infonde in chi ci passa attraverso una fede assoluta. Perché ci vuole veramente fede per credere che qui un'attività economica non fallisca dopo due mesi. Dal capo di tutti i manager all'ultimo dei lavoratori a contratto, sono uno più lento, calmo, inamovibile dell'altro. E completamente disorganizzati. Se c'è una cosa che ho notato, è la costante disorganizzazione del lavoro, scientificamente perseguita e orgogliosamente portata avanti da tutti. La totale mancanza del concetto di ottimizzazione del lavoro, l'assenza assoluta della cognizione del rapporto costo/beneficio. La norma è prefissarsi un risultato e non considerare minimamente se ci sono i mezzi, i tempi e le risorse per farlo, e se i vantaggi offerti dal risultato superino o meno i costi di realizzazione. Alla fine si ottiene certo un risultato, ma se si analizza il modo in cui ci si è arrivati, difficilmente si pensa che ne sia valsa la pena.
In Italia ho avuto esperienza, e nemmeno tanta, di piccole e medie imprese. Tipico. Sono quelle che gli intellettualini da salotto trattano con sufficienza perché il padrone parla dialetto e perché hanno rovinato la secolare cultura della pellagra. Non come in Spagna Irlanda, dove gli intellettualini andavano a fare le vacanze (e che adesso stanno precipitando ai livelli economici dello Zimbawe). Ecco, io la capacità di lavorare che si riscontra nelle PMI qui in Germania non l'ho vista nemmeno per sbaglio al bar. Sappiate che se siete abituati a quel genere di mentalità, in Germania avreste vita ben dura. Al confronto, l'organizzazione che vige all'interno dei capannoni italiani è un gioiello di eleganza ed efficienza da far studiare nelle facoltà di economia. Non mi stupisce che tanti veneti e friulani siano diventati ricchissimi aprendo gelaterie, gente che è partita con due soldi ed ora gira in Ferrari. Vendendo gelati! Perché è ovvio che erano talmente avvantaggiati sul piano organizzativo da potersi mangiare qualsiasi tedesco facesse capolino all'orizzonte.
Probabilmente è una descrizione cui molti non crederanno. Nemmeno io ci potevo credere, ma dopo che mi sono trovato più e più volte a sbattere la testa contro il muro a causa dell'inefficienza altrui ho dovuto cambiare idea. Ho anche cercato una spiegazione e l'unica teoria che sono riuscito a formulare a riguardo è che la Germania sia da poco uscita dal socialismo. Molti pensano che i socialisti fossero quelli ad Est, soprattutto i tedeschi dell'Ovest si beano di questo pensiero. In realtà non è così. A Est erano socialisti nel senso sovietico del termine: c'era una legge positiva che imponeva il socialismo di Stato. Ad ovest invece vigeva un socialismo di fatto, mascherato da capitalismo, dove la protezione statale era talmente elevata da trascendere il campo economico ed entrare nel campo dell'ornitologia, la parte in cui la madre ingozza i pulcini per sfamarli.
Per anni a tutte le categorie di cittadini è stato garantito così tanto da far perdere loro qualsiasi stimolo a migliorare. Il lavoratore non doveva pensare a niente, ogni aspetto della vita doveva essere garantito dal cartello Stato/impresa/sindacato. Cinquant'anni di questo andazzo hanno convinto i lavoratori e i manager che fosse giusto fissare sotto la sedia i blocchi di partenza dei centometri, in modo che alle 17:30 si potesse scattare più agevolmente; hanno convinto i ragazzi che avere un lavoro è un diritto, così come avere la Golf nuova a vent'anni; hanno convinto gli studenti che avere l'università gratis è un diritto, senza tenere in considerazione cosa abbia significato l'università gratis: siccome iscriversi costa quasi niente e garantisce per ogni semestre pagato i mezzi gratuiti e l'assicurazione sanitaria, la gente si iscrive solo per avere i mezzi a un decimo del prezzo normale e l'assicurazione sanitaria pagata senza lavorare. Poiché una cosa del genere è insostenibile, le università stanno iniziando ad alzare le rette, in modo da scoraggiare almeno quelli che si iscrivono per finta (e sono davvero tanti), e così gli studenti universitari, i quali hanno un'università praticamente gratuita, ricevono ogni mese soldi dallo Stato, hanno mezzi gratuiti, alloggi a prezzo irrisorio, cinema e teatri a meno di metà prezzo cosa fanno? Occupano le facoltà per protesta e spaccano tutto, causando danni per centinaia di migliaia di euro, e si lamentano del fatto che la polizia sgomberi con la forza.
Succede poi spesso che un sacco di ragazzi vivano del sussidio di disoccupazione, perché non hanno voglia di prendere un pezzo di carta qualunque che li faccia lavorare. In Germania anche per il lavoro meno specializzato è necessario almeno un tirocinio di due o tre anni che, effettivamente, è uno sbattimento, pensando che puoi guadagnare lo stesso non facendo niente. E indovinate cosa succede? Che c'è gente di 25 anni con lo stipendio di disoccupazione. In Italia conosco un sacco di ragazzi che non avevano voglia di studiare e che hanno cominciato a lavorare presto. Hanno cominciato con poco e ora hanno la loro vita. Non saranno manager, non parleranno l'italiano alla perfezione, ma almeno hanno costruito qualcosa. Sono quelli che gli intellettualini laudatori della Spagna trattano con disprezzo, sono quelli della “dispersione scolastica” che bisogna combattere con l'obbligo di studiare fino a 30 anni. Penso che se queste persone avessero avuto tutto il sostegno economico che c'è qui in Germania, non avremmo mai avuto niente di quello che abbiamo. E penso che se non lavori e non studi e non fai niente fino ai 30, non troverai mai nessuno che ti assuma, nemmeno per scopare i pavimenti, e sarai costretto al sussidio per sempre. Cosa che appunto sta succedendo da queste parti.
È evidente però che la pacchia è finita e da qualche tempo. Non è la crisi del 2008 a farsi sentire, è un sistema inefficiente che ha abituato ad uno stile di vita insostenibile. Le protezioni statali stanno cadendo ad una ad una e gli spazi di manovra per chi pensa di appoggiare le chiappe su una sedia e non fare niente fino ai 60 anni si fanno sempre più stretti. Fino ad ora ci si poteva permettere di fregarsene del cliente, perché di clienti ce n'erano tanti e danarosi. Ma quando, fra qualche tempo, di clienti ce ne saranno pochi e poveri, o cominceranno a leccar loro le chiappe mostrando entusiasmo, oppure chiuderanno. In tutta onestà, se penso a come sono stato trattato da consumatore in questi anni, mi convinco sempre più di affidarmi ai colossi tipo Ikea, Amazon, Ebay nella speranza di far fallire tutti i galletti che mi hanno guardato con il sopracciglio alzato, trattandomi da straccione perché chiedevo il prezzo di quello che compravo. E spero che tutti quelli che occupano dei posti di lavoro non facendo niente da mane a sera vengano presto licenziati, per lasciare posto a quelli – e sono tanti – che di voglia di lavorare bene ne hanno ed in quantità.