Il pericolo nel ciclismo urbano

Il più importante argomento contro l'uso della bicicletta per il trasporto urbano è la sua pericolosità. Non della bicicletta, ma del viaggiare in bicicletta nel traffico. Come per tutti i pericoli ed i rischi, il giudizio è condizionato da fattori pre-razionali indipendenti dall'effettiva quantità di rischio in gioco. 

Ho cercato di reperire un po' di dati sugli incidenti in bicicletta in Italia. Non ho trovato statistiche esaustive, perché queste si limitano a riportare il numero di morti assoluti per anno (ci si aggira intorno ai 4000 morti all'anno), la percentuale di morti in bici rispetto ai morti su strada totali e la percentuale di morti rispetto alla popolazione italiana. Non sono riuscito a trovare la percentuale di morti per il totale di utilizzatori di biciclette: significa che non so quanti morti ci siano rispetto al parco circolante e quindi è difficile avere un'idea chiara. Perché 4000 morti su 10000 utilizzatori è una cosa, 4000 su 100000 è un'altra.

Uno studio del genere l'ho visto per gli Usa e mostrava come la mortalità in bicicletta fosse sostanzialmente uguale a quella di un SUV (!!!). In mancanza di dati per l'Italia mi astengo dal giudizio, tuttavia ritengo che la pericolosità della bicicletta sia generalmente sovrastimata.

Per prima cosa noi esseri umani non valutiamo i rischi ed il pericolo in base a dati statistici a disposizione, perché la valutazione del pericolo ha lo scopo salvare la pelle in pochi secondi prendendo una decisione che viene delegata alle parti più istintive del nostro cervello. Se ci troviamo sulla strada con le auto che ci passano vicino, il nostro cervello attiva la modalità pericolo e ci avvisa che ci sono delle grosse cose pesanti che si muovono verso di noi e che quindi è ora di togliersi da lì il prima possibile. Alla parte del nostro cervello incaricata di salvarci la pelle non interessano le statistiche, interessa che "grosso oggetto" + "movimento verso di noi" = "scappa!"

Il problema di questo meccanismo è la sua intrinseca fallacità ed aggirabilità. Ad esempio stare dentro una macchina riduce immediatamente il senso di pericolo perché il cervello vede tutto quel metallo attorno e non fa scattare l'allarme. Così quando si guida una piccola utilitaria a 50 km/h nel traffico urbano non si pensa di star rischiando un incidente potenzialmente mortale, anche se in effetti è quello che stiamo facendo.

D'altro canto questi pregiudizi vengono nutriti dagli stessi ciclisti, che sono quasi sempre una minoranza ideologizzata e tendono a dividere il mondo in "noi" e "i nemici che ci vogliono uccidere e prendersi tutto il territorio". Ad ascoltar loro gli automobilisti sono degli psicopatici con tendenze omicide  che vogliono avere la strada tutta e non lasciare spazio agli altri. Ora, se questo fosse vero loro in bicicletta non ci andrebbero, ma essendo minoranze ideologizzate del 21° secolo adottano la retorica della vittima, che ha ragione in quanto vittima e che quanto più vittimizzata tanto più ha ragione.

La realtà secondo me è che andare in bici sulle strade urbane non è più o meno pericoloso che andarci in automobile. Non c'è pericolo in particolare per la bicicletta, c'è semmai una pericolosità della strada che vale per tutti gli utenti. Quello che cambia è la percezione del pericolo, alterata dal fatto di avere un abitacolo attorno o meno e dal fatto che in caso di incidente tra auto e bici si tende a chiudere un occhio in favore della bici perché è la parte fisicamente debole. Se in un incidente d'auto si cerca di capire chi ha ragione e chi ha torto, in un incidente tra auto e bicicletta si tende a vedere l'auto come la parte prevaricatrice in ogni caso e la bicicletta come la vittima sempre e comunque, anche a prescindere dalla dinamica dell'incidente.

In un'altra statistica relativa agli Usa (di cui non posso verificare l'attendibilità) ho scoperto che più della metà degli incidenti tra autoveicoli e biciclette è causata dalla bicicletta e non dalla macchina. Prendo questi dati con le pinze, sia chiaro, ma è legittimo chiedersi quanti di quei 4000 morti all'anno siano dovuti ad imperizia o incoscienza del ciclista, perché allora sarebbero tutti morti da non attribuire alla pericolosità della bici in quanto tale.

E ricordate sempre che in città c'è un mucchio di gente che gira senza freni: finché ci sono biciclette che girano senza freni senza morire ad ogni uscita, la pericolosità di una strada non potrà mai essere così alta come di solito si crede. 

Prolegomeni al ciclismo urbano

L'Italia è una delle patrie del ciclismo. Ottime biciclette, ottimo seguito, lunga storia. Il ciclismo è uno sport però. È un passatempo, una professione per alcuni. Invece la bicicletta come mezzo di trasporto è quasi completamente negletta. 

È fondamentale distinguere tra la bicicletta sportiva e la bicicletta come mezzo di trasporto, allo stesso modo in cui si distingue tra un'auto da corsa e un'utilitaria da tutti i giorni. Benché siano entrambe automobili la loro destinazione d'uso è talmente diversa che - primo - non si posso paragonare e - secondo - non si possono valutare e scegliere in base agli stessi parametri. 

Di bici sportive non capisco niente. Se qualcuno fosse interessato troverà infiniti forum e siti nell'internèt. Tipo Bici da Corsa, per dire, fatto bene e pieno di gente competente. Di bici da trasporto urbano capisco poco di più, ma siccome in città mi sposto praticamente solo in bicicletta di quelle scriverò.

Si diceva che da noi la bicicletta come mezzo di trasporto è quasi del tutto ignorata. Tipicamente in Italia si fa questo discorso: "io vorrei usare la bicicletta, però..." e dopo quel però ci sta sempre una motivazione o un'altra. Quello che c'è da capire è che le motivazioni, tutte buone e legittime in sé, sono sempre secondarie rispetto alla volontà.

Quando si dice "vorrei usare la bicicletta, però..." è come si dicesse "non voglio usare la bicicletta". Se si volesse usare la bicicletta, la si userebbe e basta. Solo che subentrano l'abitudine, la cultura, i pregiudizi, l'imitazione dei propri pari eccetera, e allora non lo si fa. Io ho cominciato ad usare la bicicletta quando mi sono trasferito in Germania, perché qui la usano molto di più che non da noi. Mi è bastato vedere la questione da un punto di vista diverso ed è cambiata anche la mia volontà.

Voglio dire: qui d'estate piove sempre, d'inverno fa freddo vero, i mezzi pubblici sono più che buoni ed è il Paese che ha inventato l'automobile. Avrei mille buone motivazioni per non usarla, eppure...

Poi ci sono anche le motivazioni per usarla. A farsi un giro in rete è pieno di gente che vuole salvare l'ambiente, ridurre l'impronta ecologica, fermare il traffico. Personalmente uso la bici perché in città è il mezzo più economico e veloce per andare dal punto A al punto B. Non ho ragioni ideologiche o idealiste (Dio me ne scampi): semplicemente per andare al lavoro, dal portone di casa alla scrivania, ci metto metà del tempo che con i mezzi e l'auto, ad una frazione del costo (anche se il costo zero sbandierato dagli ideologi è una falsità).

Insomma, se qualcuno vuole diventare un ciclista urbano, deve solo volerlo. Una volta deciso, troverà il modo di affrontarne gli inconvenienti, allo stesso modo in cui affronta gli inconvenienti di usare l'automobile o l'autobus.

200 e cambio di rotta


Cari lettori,

sono mancato un po’ dal blog. Fatti miei, vita privata e in fondo niente di interessante di cui scrivere (non mi pare sia successo un gran che in questi ultimi mesi, no?) Penso di ricominciare a scrivere con regolarità, penso. Ma riguardando i vecchi post mi sono reso conto che questo blog non è stato abbastanza superficiale, almeno non quanto mi ero prefisso all’esordio. 

Quindi da ora in poi si cambia e, per quei pochi che ancora passano di qui, non c’è in serbo niente di intelligente. Il massimo cui si potrà aspirare è un’amara riflessione sul miserabile stato in cui versa l’ultima stagione di Glee

Ma i prossimi post, a tempo indeterminato, parleranno di bicicletta per uso urbano. Niente politica, cultura, libri o videogiochi. Siccome sarete in tre a provare una qualche forma di interesse per la materia, non vi serberò rancore se non mi leggerete più.