Tre anni

Ci siamo conosciuti al liceo, tramite amici comuni. Ci si vedeva alla ricreazione, talvolta alle feste. Non ci parlavamo molto all'epoca. Ero timido e volevo far credere di non essere interessato e poi anche tu eri così aspra all'inizio, era difficile anche solo starti vicino. Col tempo ci siamo conosciuti meglio, io ho imparato ad accettare te, tu ti sei addolcita. Finché alla fine abbiamo ceduto l'un l'altra. Quanto tempo è passato! Ci vedevamo di nascosto, anche dagli amici. Poi gli amici hanno saputo, e bastava non farlo sapere agli altri. E poi, raccogliendo tutta la spavalderia dell'adolescenza, cominciammo a non aver più timore di nessuno, ci facevamo vedere il pubblico, con aria di sfida. Ma non ai miei genitori. Loro non accettevano il nostro rapporto, non l'hanno mai accettato, nemmeno più avanti, quando era chiaro che non ti avrei abbandonata facilmente.

Ricordo che tu c'eri sempre, anche nei momenti in cui ho creduto che la vita mi si stesse rivoltando contro. Tu c'eri. Come si dice? Nella buona e nella cattiva sorte. Quando le pedate nel didietro arrivavano forti e secche, quando gli schiaffi sul viso bruciavano l'orgoglio, venivo sempre da te.

Sei stata a lungo compagna di viaggi, insieme abbiamo visto posti lontani e magnifici. In Ungheria, quando ci era persino consentita l'intimità di certi vecchi vagoni del treno; in Grecia, quando soli io e te sedemmo al Capo Sunio, senza nessuno attorno, a contemplare il mare dove nacque la civiltà.

Poi vennero tempi più duri. Quando credemmo di poter finalmente vivere il nostro rapporto apertamente e senza più vergogna, arrivarono i moralisti a condannare e giudicare e puntare il dito. Quante volte fummo io e te in un pub a godere una fresca e spumosa birra scura? Ma no, non più, ora la gente ci guardava di traverso, alla stregua degli assassini, colpevoli del solo delitto di amarci. Persino nelle stazioni del treno, il luogo dove a tutti gli amanti è consentito lasciarsi andare, non potevamo più vederci. E questo ci rese più vicini. Ma forse segnò anche la nostra fine. Cominciai a non poter fare a meno di te, ti bramavo e ti pensavo ad ogni momento. E tu non ti tiravi indietro mai, mai, nemmeno quando il desiderio volgeva in lussuria, in sfrenato abbandono ai sensi: mai hai detto “basta”, semplicemente tacevi, mi guardavi e ti lasciavi prendere una volta, due volte, tre volte, finché ansimante mi coricavo. Eri amore e sei diventata ossessione. E ti lasciai.

Chi mi sta intorno è felice per me. Mia madre, finalmente placata. Mio padre. I miei amici. Tutti a chiedere come sto, se è stata dura, com'è la vita dopo così tanto tempo. E io dico che è stata la scelta giusta, che doveva andare così. Lo dico, ma non lo penso. Lo dico, perché so che è ciò che gli ipocriti si vogliono sentir dire. Ora saranno felici, mi vedono senza di te. Ma loro non sanno, non possono capire cosa significava per me stare con te; cosa significava vivere una quotidianità intensa ed intima; non aver paura di portare alla bocca cose che altrimenti sarebbero state disgustose; senture il tuo profumo, che non mi abbandonava mai. Ora tutto è perso. Da tre anni. Ci siamo rivisti qualche volta, a qualche festa. Non è più stato lo stesso. So di aver rovinato tutto.

Ti ho fumata per l'ultima volta all'aeroporto e ho buttato il pacchetto ancora mezzo pieno. Ti ho aspirata lentamente, con dolore. Tu hai lasciato fare, hai lasciato che il destino si compisse. Sei divenuta mozzicone e sei stata portata via da uno spazzino qualunque.

Mi manchi.

Ciao.

iMentality

Quale migliore tecnica di SEO conoscete di un post che si metta contro Apple, contro Mac, contro iPod e contro iPhone, che scateni un bel flame e che contenga un bel numero di frasi come la precedente, in modo che chi cerca in Google una cosa del genere, oppure Apple contro Windows, meglio Apple o meglio Windows? arrivi qui per forza?

No, scherzo. Non voglio scrivere contro Apple, né contro Windows. Mi interessa però scrivere della mentalità che Apple ha sfruttato per diventare quello che è.

Premetto che non ho niente contro Steve Jobs, né contro la mela morsicata. Non sono né un tecnico né un esperto. Per me il computer è uno strumento che chi vive i nostri anni deve sapere usare, al pari di una macchina o di una lavatrice, e sono esperto di computer tanto quanto ero esperto di motociclette quando ne avevo una: al di là del funzionamento teorico, della manutenzione minima e qualche riparatura di poco conto, dovevo affidarmi al meccanico. Questo non mi rendeva un professionista, ma mi permetteva quantomeno di non farmi rubare 50 euro per cambiare la candela e di avere una moto normalmente funzionante perché tenuta con un minimo di coscienza (cioè mantenendo comportamenti tali da non sottoporla ad usura e rotture eccessive).

Con il computer è lo stesso. Non sono un esperto, per le cose serie mi devo affidare ai professionisti, ma per il resto me la cavo. Sono stato utente Windows per anni (come tutti) e non ho mai avuto virus, non ho mai visto un BSoD, la mia casella di posta elettronica riceve a malapena 5 mail indesiderate alla settimana e, quando succede qualcosa, so dove non mettere le mani e so cosa non toccare. Moltissime cose non le so, altrettante non le capisco, ma è per questo che il mondo è diviso in utenti e professionisti.

Essendo sempre stato fuori da giri particolari, per me il mondo Apple era una cosa come un'altra, sapevo vagamente che lo usavano “quelli che devono fare grafica” e che sostanzialmente optare per il Mac era una questione di natura tecnica che, visti i maggiori costi, andava fatta per motivi precisi. Questo era quello che ritenevo io anni fa, non è la cosa giusta da ritenere in assoluto, mi raccomando.

Col tempo ho conosciuto svariati utenti Apple e sono rimasto molto impressionato da una cosa. Come me, quasi tutti erano degli ignoranti informatici. A differenza mia, loro erano orgogliosi di esserlo.

Mi spiego meglio. Io so di usare una macchina che non comprendo a fondo. Considero questa una situazione di svantaggio. Cerco di migliorare le mie conoscenze sì da essere in grado di sfruttarla al meglio, nei limiti del possibile. Sono cosciente del fatto che, se qualcosa non va come deve, è per colpa mia, non per colpa del macchina (tranne casi particolari).

L'utente Apple invece sa di non sapere, ma si impunta per usare un computer senza sapere come fare. Qualcuno dice che questo significa volere che le cose funzionino out-of-the-box, come se fosse stata Apple ad inventare l'idea che quando si compra una cosa, questa funziona. Ovvio che le cose devono funzionare out-of-the-box, per questo c'è la garanzia.

No, l'utente Apple non vuole questo. L'utente Apple vuole una macchina che gli permetta di fare tutto quello che vuole, sbattere tasi a caso, gettare icone nel cestino, guardare porno su internet, scaricare qualunque file da Emule senza alcuna conseguenza sul software o sull'hardware che ha comprato.

Il colpo di genio di Steve Jobs è stato proprio quello di comprendere quest'esigenza e di trasformarla in un mercato profittevole. Al pari di Ottaviano, Jobs ha barattato la libertà dell'utente in cambio di sicurezza. Voi potete scaricare porno senza paura dei virus, in compenso potete fare solo quello che dice Jobs.

Non so quanto questa idea sia efficace: può essere che il Mac non vada mai in crash, ma un utente incosciente sarà sempre e comunque un pericolo per sé stesso. Tuttavia questa è una questione tra la Apple e i suoi clienti.

Giustamente Apple, dopo aver capito come soddisfare una fetta di mercato disposta a pagare con mucchietti di dollarozzi l'idea di avere qualcosa che non si poteva rompere, s'è allargata, lanciando l'iPod. L'iPod è stata la mia prima esperienza diretta con la iMentality. Avevo appena preso il mio primo stipendio in Germania e volevo farmi un regalo. Allora vivevo in un'altra città e mi facevo anche un'ora di metro per andare da qui a lì. Avevo un sacco di tempo e mi annoiavo, così ho pensato che un lettore mp3 avrebbe fatto al caso mio. Purtroppo io non sono amante di questi aggeggini elettronici. Cellulari, palmari, mediaplayer non hanno alcuna attrattiva su di me: ho un telefonino da 40 euro – fine della mia lista di gadget. Non avevo idea di cosa fosse buono o meno, così ho chiesto un po' ai colleghi, ho cercato in internet e alla fine mi sono convinto per un iPod shuffle, visto che era da poco uscito il modello da un 1 giga con la clip. Tra tutte le informazioni che ho potuto raccogliere, vi potrà sembrare incredibile, ma nessuno mi ha riferito la più importante. Che l'iPod è un inutile pezzo di metallo, finché non usate iTunes. Mentre tutti i lettori di mp3 in commercio sono una semplice scheda di memoria con un'uscita audio ed è sufficiente copiarvici i file da ascoltare e ascoltarli, con l'iPod no. Con l'iPod bisogna usare un software di Apple per fare tutto (a proposito, un saluto a tutti gli utenti Linux). Insomma, la storia la sapete. Ho passato giornate intere a imprecare rivolto verso ovest nel tentativo di far capire al maledetto iTunes che era lui che doveva fare quello che volevo io e non il contrario.

Comunque a me non interessa che Apple scelga questo genere di politica. E' un suo diritto, fabbrica lei il giocattolo e decide lei come funziona. Sta bene. Ma mi stupisce che nessuno ti metta in guardia da questa cosa. Per esempio, se a me chiedono com'è l'iPod, io rispondo che come hardware è molto buono, ma che però bisogna usare iTunes, che è una bella pigna nel didietro e che sono molto pentito di aver comprato un iPod. Lo dico perché so che il mio interlocutore non sa come funziona, visto che l'iPod è l'unico lettore che ha questa caratteristica. Invece l'utente Apple non ha idea che l'iPod sia un semplice supporto di memoria con un'uscita audio, come ce ne sono mille altri, che si differenzia solo per il fatto di essere un sistema blindato che può essere utilizzato secondo le forti limitazioni decise dal produttore. No, questo loro non te lo dicono, perché non lo sanno. Sono talmente abituati a usare quell'oggetto non secondo la loro volontà ma secondo i voleri di Apple, che non sanno che esistono alternative valide che non comprendono il suicidio.

Inutile dire che Apple ha aperto una strada che ora tutti battono come forsennati. Il risultato è terrificante e mi fa perdere molto spesso la pazienza, oltre che un sacco di tempo.

Per esempio, io ho una Xbox360. Quando l'ho comprata, ho dovuto creare un account. Benissimo. Alla voce “lingua” ho scelto inglese, perché non voglio i giochi localizzati. Alla voce “locale” ho messo Germania, perché... non so perché, vivo in Germania, ho messo Germania. Logico, no? Tanto al massimo cambio se vedo che non va bene, no?

No.

Allora, i giochi mi girano in inglese, perché la lingua della console è impostata su inglese. Però, se vado sul Live, cosa succede? Che tutto è in tedesco, perché il locale è in tedesco. Quindi quando ho la console connessa ad internet, metà menu è in inglese e metà in tedesco (e già questo mi infastidisce); se scarico la demo di un gioco, me la scarica in tedesco e non c'è verso di cambiare la lingua (non voglio i giochi localizzati). La pazienza ormai è andata. L'altro giorno hanno avviato il servizio per vedere film in streaming, bello mi dico, film in HD direttamente sul televisore di casa a pochi soldi. Indovinate? Ovviamente i film sono solo in tedesco.

Eccola, la iMentality. Vendono un prodotto che funziona in base al principio che chi compra è un ritardato e che quindi sarà incapace di usare il prodotto medesimo, quindi si fa solo quello che il produttore crede che vada bene per te. Ti dicono loro quello che devi credere sia bene per te. Sarà così difficile darmi la possibilità di scegliere la lingua del gioco o del film? Non siamo più negli anni 80, la cosa è fattibilissima. Scegliere la lingua di un film, non chiedo nient'altro. No.

Parliamo di Google? Parliamo di Google. Google è ottimo, offre un sacco di servizi molto comodi e soprattutto gratuiti. Però ha anche lui questa iMentality per cui decide lui cosa dovete cercare. Per esempio, a me capita di fare delle ricerce in cui voglio vedere i risultati in italiano, oppure in tedesco, oppure in inglese. Per me la cosa più logica del mondo è che google.com, google.it e google.de mi offrano i diversi risultati. Invece no. Google capisce da quale Paese stai navigando (in realtà rileva la lingua del browser. O del sistema operativo. O gli estremi del conto in banca. Non so di preciso) e ti riporta i risultati che lui ha deciso ti interessino. Nel computer di casa ho risolto (credo, perché magari è solo un trucco) installando su Firefox un add-on che riesce a modificare il locale del browser, ma intanto ho dovuto perdere tempo, installare un nuovo add-on e ricorrere ad uno stratagemma per avere quello che voglio. Però già al lavoro tutto questo diventa più complicato, visto che non posso installare a piacimento. Per non parlare della pubblicità. Se navigo qualunque sito italiano che ospiti della pubblicità di Google, questa mi apparirà sempre e comunque in tedesco, a prescindere dalla lingua del browser e dalla lingua del sistema operativo. Io cioè mi vedo quintali di pubblicità inutile perché qualcuno in California ha deciso che se navigo dalla Germania allora sono tedesco, parlo tedesco e comprendo solo il tedesco, anche se navigo abitualmente su siti italiani.

Stessa cosa con Yahoo. Vado sulla homepage di Yahoo per controllare la posta elettronica e digito “www punto yahoo punto it”. “.it” è solo per abitudine, potrei usare “.es”, “.fr” o “.ru” e non cambierebbe niente. Cambia però per Yahoo e per la sua offerta pubblicitaria a me rivolta. Succede così: io arrivo sul portale di Y!, che dice “toh, guarda, un tedesco è arrivato qui. Si sarà sicuramente sbagliato, aspetta che lo indirizzo verso la versione tedesca” e mi spara una fantastica nuvoletta tipo albo a fumetti in cui mi dice che probabilmente sto cercando la versione tedesca di Y! e mi chiede se voglio trasferirmi. Chi ha creato questo processo deve essere rimasto affascinato da quelli di Google: se qualcuno dalla Germania ha premuto “.it” sulla tastiera, è sicuramente un tedesco che non ha idea di cosa sia quel “.it”, che non parla italiano e che di fronte ad una lingua straniera non ha idea di cosa fare. Aspetta che lo aiuto, facendogli apparire un bel messaggio in italiano, in modo che capisca ancora meno. iMentality: voi siete stupidi e quello che fate è errato per principio, fate quello che vi diciamo noi e tutto andrà bene, così ogni volta che il nostro prodotto non soddisfa le vostre esigenze, non dovremo più preoccuparci di migliorare il prodotto, ma vi tratteremo come dei bambini delle elementari, spiegandovi che dovete fare quello che i grandi dicono.

No, signori di Yahoo, per quanto strano, assurdo, grottesco vi possa sembrare, quando digito “yahoo.it” sto cercando proprio la versione italiana di Yahoo, conosco il significato dell'estensione “.it” e non c'è alcun bisogno che mi trattiate come un bambino affetto da sindrome di Tourette: sono un adulto che impreca contro di voi, apposta e nel pieno delle mie facoltà mentali.

L'assurdo si tocca con YouTube. YouTube sta per definizione agli antipodi del concetto di “localizzazione”. E' un sito in cui il contenuto è esclusivamente generato da utenti sparsi in tutto il mondo. A parte il bottoncino “cerca”, non c'è niente da capire né da tradurre. Se non si capisce “search”... no non è possibile, perché se non sai cosa vuol dire “search” non puoi essere in grado di accendere un computer ed arrivare fino a YouTube. Invece anche qui ti si apre un paginone grigio in cui ti dicono che stai navigando dalla Germania (no sul serio? L'avrei mai detto...) e ti chiedono di scegliere se vuoi la versione tedesca o quella internazionale. Ma la versione tedesca di cosa? La versione tedesca di “Search” è “Suche”, ma il resto? Mi stai forse suggerendo che i risultati delle mie ricerche sono calcolati da te in modo che io veda quello che tu hai deciso che io veda partendo dal fatto che tu credi che io sia un bavarese grasso e ubriaco che si ingolla di bratwurst solo perché navigo dalla Germania? Ma grazie, ottimo servizio.

Per fortuna il web doveva essere quella cosa che ci permetteva di aprirci al mondo e scavalcare le finestre della comunicazione personale, di abbattere le frontiere che ci separano dagli altri e avere accesso alle informazioni più diverse. A me sembra che stia diventando una enorme Italia1. E non perché qualcuno ha deciso così, ma perché qualche genio del marketing ha deciso che bisognava fare come Jobs, senza aver necessariamente capito cosa abbia fatto di speciale Jobs.

De conspiratione

Parte I

Ieri ho guardato la prima puntata del telefilm V, che dovrebbe essere il rifacimento dei mitici Visitors. Dico dovrebbe, perché la serie originale era una metafora del nazismo e quindi anche questa avrebbe dovuto esserlo. Invece da subito un capo della resistenza all'invasione aliena spiega come stanno le cose veramente: i visitatori sono in realtà dei rettiliani mascherati da umani e da decenni si sono infiltrati nei gangli vitali della società umana, dando origine a tutte le guerre, le crisi economiche, le carestie e le malattie del mondo, così da potersi presentare come i pacificatori venuti dallo spazio, ingannare il genere umano e spazzarlo via dal pianeta.

Questa storia è di fatto quello che David Icke propone nei suoi libri, dove parla proprio di rettiliani che governano il mondo secondo il principio “problema, reazione, soluzione”, creando tensioni ad arte e proponendo come soluzione il dominio assoluto su tutte le nazioni.

Ma poiché Icke viene giustamente preso in giro per aver creato una teoria cospirazionista che ricalca palesemente i tratti fondamentali della serie originale dei Visitors, il cerchio si chiude là dove si era aperto. Sono il solo a vedere dell'ironia in tutto questo?

Per la cronaca, il nuovo V mi sembra valere quanto l'originale Visitors e i libri di Icke, non credo che guarderò anche la seconda puntata. E Morena Baccarin non regge il confronto con Jane Badler.

Parte II

Mario Placanica, l'ex carabiniere accusato e poi prosciolto per la morte di Carlo Giuliani durante il G8 di Genova, è indagato dalla procura di Catanzaro per violenza sessuale su minore e maltrattamenti. Secondo quanto trapelato, ieri la vittima degli abusi, che all'epoca dei fatti aveva 11 anni […]

Ricordiamo che Placanica ha sempre affermato di non essere il responsabile della morte di Giuliani e accusato i Carabinieri di averlo usato e poi buttato; ricordiamo anche che ha avuto un incidente in auto causato dai freni difettosi e ora ha un processo per stupro di una minorenne.

Quest'uomo è il più grande concentrato di sfortuna dell'Italia repubblicana. Consiglierei di evitare il caffè, dovesse finire in carcere. E gli asciugamani e i sacchetti di plastica.

Natale è alle porte, occupiamo

Leggo sui giornali che si è aperta la stagione delle occupazioni scolastiche. Vuol dire che siamo già verso dicembre... come vola il tempo. Comunque, pare che quest'anno alcuni studenti (no, gente dei centri sociali! Ah perché uno dei centri sociali non può essere uno studente?) le abbiano prese e siano finiti in ospedale.

Propongo quindi di aprire la rubrica “racconta la tua occupazione”, e non si tratta di fare live-blogging dalle scuole autogestite, ma di ricordare tutti insieme come abbiamo passato noi le nostre occupazioni. Perché io sono per il recupero e la salvaguardia delle tradizioni, che non vanno assolutamente perdute.

Ho partecipato alle ultime occupazioni/autogestioni quando chi è in quinta superiore adesso aveva da poco imparato le tabelline. Le mie prime risalgono a quando chi protesta ora era un frugoletto che la nonna si strapazzava tutto il tempo.

Personalmente ritenevo che di motivi per protestare ne avessimo a bizzeffe. Avevamo un docente che dormiva per buona parte della lezione. Un altro che spiegava per dieci minuti e il resto della lezione cazzeggiava. Uno lo abbiamo cambiato ogni anno e un anno ne abbiamo cambiati tre. Uno non aveva alcuna conoscenza della materia che spiegava. Uno ci faceva dare i voti alle ragazze della scuola. Uno diceva di seguire le nuove frontiere della pedagogia moderna (all'università mi hanno bocciato una sola volta: nella materia che insegnava costui, con un esame casualmente incentrato sulle uniche tre cose che costui ci aveva insegnato). A scuola si spacciava e si consumava droga in completa tranquillità. Fecero la differenza una giovane supplente, bellissima e di cui mi ero vagamente infatuato, e un'altra supplente che per quel poco che rimase ci obbligò a studiare sul serio (sostituiva quello delle nuove frontiere della pedagogia, infatti poi all'università non fui costretto a studiare da zero le parti di programma da lei tenute).

La cosa brutta è che questi insegnanti pretendevano pure che andassimo bene, impresa al limite dell'impossibile. Il fatto è che io a casa non avevo una schiera di parenti che mi potessero aiutare in tutte le materie, né provenivo dalla parte “buona” della società e non avevo il vantaggio di essere raccomandato come molti miei compagni. Insomma, avevo un bel po' di motivi per voler protestare.

Del tutto ignorati dal resto degli studenti.

I quali ritenevano degne solo le cause dal nome magniloquente e dalla retorica stantia, ma che non avevano mai nessuna ricaduta pratica sulla vita quotidiana. Se invece protestate perché il vostro docente ruba i soldi delle tasse snocciolando fesserie, quello il giorno dopo ve lo trovate in classe e vi fa pentire di essere venuti al mondo. E così mi ritrovavo sempre una scuola autogestita, in cui i professori non dovevano nemmeno più far presenza e in cui non c'era niente da fare.

Però ricordo che un anno partecipai ad un gruppo di lavoro. Credo fosse l'epoca della riforma Berlinguer, ma potrei sbagliarmi. Il gruppo di lavoro doveva studiare la parte della riforma che riguardava le scuole private. La retorica degli occupatori autogestori – come potete ben immaginare – era la stessa di oggi: vogliono distruggere la scuola pubblica, vogliono mettere tutto in mano a Confindustria e farci diventare tutti operai in fabbrica. Così il nostro gruppetto, il più piccolo e sfigatello, si è messo pazientemente a leggere gli articoli incriminati. Alla fine della lettura, convenimmo tutti sul fatto che, almeno per quell'ambito, la riforma era la solita cosa all'italiana, dove tutto cambia nella forma ma rimane identico nella sostanza. E così redigemmo il nostro documento in cui si affermava proprio questo. Ma poiché il documento non diceva che la riforma voleva privatizzare la scuola il lavoro venne cassato. La scena si volse sotto i miei occhi e sono testimone del capetto politico di turno che affermava chiaramente che lui non poteva accettare un documento che andava contro quello che lui diceva. Fine della discussione.

Per il resto l'autogestione era anche divertente: concerti, birra, ragazze (gli altri, io su quel versante ero fortunato tanto quanto in politica).

All'università trovai altrettanti argomenti di protesta. Un corpo docente a dir poco imbarazzante, che a tratti si trasformava in clan e dal quale penso siano stati partoriti figli deformi a causa della mancanza di varietà genetica. Senza contare che la casta professorale se ne fotteva allegramente di... oh be', di tutto. Docenti che non pubblicano mezza pagina da anni, che non si presentano a lezione, che spostano le date degli esami a piacere. Ragazzi che si facevano chilometri in treno per niente. Biblioteche quasi inesistenti. Agibilità dei locali dipendente dalle condizioni metereologiche. Insomma, la vostra buona dose di bile quotidiana, se pensate che quella che non state ricevendo è tutta l'istruzione che avete a disposizione nella vita. Io mi sono tenuto lontano da tutte le conventicole politiche, all'università volevo studiare e basta. Però succedevano cose strane.

Ogni tanto la facoltà veniva circondata da tizi mai visti che iniziavano a parlare della “nostra” università, del “nostro” futuro e dei “nostri” diritti vari e assortiti. Non posso certo provare che costoro non fossero iscritti all'università, questo no, anche perché formalmente iscritte sono schiere di persone, che magari hanno finito da anni e gli manca la tesi oppure da gente cui interessa la scusa per stare fuori casa. Tutte cose che sapete anche voi. E questi arrivavano e cercavano di impedire le lezioni. Perché se gli Usa invadono l'Iraq e tu occupi la facoltà, certamente Bush ritirerà le truppe, è chiaro. Erano comunque tentativi destinati al fallimento: intere schiere di pendolari, reduci da un viaggio con Trenitalia, non si sarebbero certo fatte fermare da quattro pischelli con la fregola dell'occupazione (erano coetanei, ma viaggiare con Trenitalia ti fa invecchiare dentro e ti sembrano tutti pischelli, anche le signore di 80 anni). Allora questi ripiegavano su argomenti più seri, come il diritto ad avere le fotocopie gratis e la connessione ad internet gratuita ed illimitata. Immaginate l'effetto di queste proposte a gente come noi che a volte doveva andare in un'altra università di un'altra città per avere un libro assolutamente introvabile nella nostra biblioteca.

Ecco, questi sono i ricordi che ho io delle mie occupazioni e autogestioni.

Piccolo manuale pratico per lo studente protestante

Immagino ci sia un ristretto numero di studenti che genuinamente credono nelle proteste che portano avanti. Mi rivolgo a loro.

Ricordatevi che quello che ora difendete, noi lo avevamo combattuto; quello che voi ritenete un diritto, per noi era un sopruso. Pensateci.

A meno che non abbiate serie intenzioni di fare politica attiva da grandi, state perdendo il vostro tempo. Le vostre proteste non servono a niente. Credete davvero che un gruppo di minorenni che gridano per strada possa avere la minima influenza sulla politca di una nazione? No. Sul serio, non è una provocazione. No. Usate il vostro tempo in maniera più utile. Studiate, anche quello che non vi insegnano. Coltivate degli interessi, leggete, anche cose scientifiche, non ci sono solo romanzi. Viaggiate. Visitate un museo della vostra città. Lavatevi, radetevi i baffetti e chiedete alla ragazza che vi piace di uscire con voi (ma radetevi i baffetti, mi raccomando). Questo era per i ragazzi, lo so. Ragazze, rilassatevi. State con le vostre amiche, uscite con i ragazzi. Siete tutte bellissime, ognuna per quello che è. Non andate a rovinarvi con i dreadlock in testa o mischiandovi a teppaglia parafascista. Giocate coi videogame. Se siete maggiorenni, organizzatevi un bel viaggio con Ryan Air, venite qui in Germania e scoprite le meraviglie della prostituzione legalizzata. L'importante è che stiate lontani dalla massa protestante. Lo ripeto, quello va bene solo se volete fare politica di mestiere. Per tutti gli altri, è solo tempo sprecato. Di vita ne avete una sola, non buttatela via con la politica.

Non partecipate a nessuna manifestazione. E' una cosa stupida. A chi pensate di gridare, camminando per le strade svuotate? E chi pensate stia ascoltando, a parte i vostri amici e i poliziotti in testa al corteo? Manifestare non è niente di diverso dall'andare allo stadio la domenica, una massa di ragazzi in piena scarica ormonale che si lasciano andare. Siete meglio di così, dico davvero.

Senza considerare che ultimamente le manifestazioni tendono a finire male, ci sono sempre più botte da orbi, sia da parte di altri manifestanti che della polizia. Il manganello fa male. Chi ve lo fa fare? Se non vi piace fare a botte (è una iniezione di adrenalina non da poco, devo ammetterlo) state lontani e usate il vostro tempo in maniera migliore.

Fate l'amore, non fate politica.

Un popolo col calzino

Vivendo all'estero, ci si chiede spesso quali siano veramente le differenze tra noi e "loro" e se siano insormontabili o meno; vivendo insieme ad una donna cui si debbono insegnare le basi della civiltà, tipo che la pasta si butta nell'acqua quando questa bolle e non quando è fredda, viene naturale chiedersi quali attriti sorgeranno in futuro. Insomma, niente è dato per scontato e ogni giorno ci si trova a respirare a fondo e cercare di spiegarsi a vicenda cose che sarebbero altrimenti scontate.

A un po' di conclusioni sono arrivato. Per esempio, che sui grandi temi dell'umanità più o meno ci si trova sempre tutti d'accordo. Italiani, tedeschi, turchi, americani, australiani... difficilmente ci si trova in disaccordo sulle cose importanti. Le differenze di vedute non saranno molto diverse da quelle che si avrebbero con un connazionale. Il problema sono le piccole cose del quotidiano. E' lì che le distanze si fanno abissali.

Prendete i calzini, per esempio. Nella nostra società, gli abiti svolgono due funzioni di base: proteggere il corpo dall'ambiente e comunicare il proprio status sociale agli altri individui. Di solito, questi due elementi si trovano mischiati in parti diverse, a seconda dell'occasione: alla prima della Scala prevarrà l'elemento sociale, in una fabbrica prevarrà quello funzionale. Normalmente questo vale anche per i calzini. Ad esempio io d'inverno porto calzini neri rigorosamente lunghi fino sotto al ginocchio. Da un lato essi mi tengono caldo, dall'altro rispondono ad esigenze estetiche di base che obbligano i maschi maggiorenni a indossare calzini lunghi e scuri. Ora, se voi provate a spiegare questo semplice fatto ad un tedesco, sarà del tutto impossibile fargli comprendere quello di cui state parlando. Non è che lui, o lei, ribatta che non gli interessa essere vestito bene, o che i calzini di spugna bianca sono bellissimi o che gode nell'esibire il polpaccetto bianco striato di pelo rosso. No, è che proprio non capisce cosa stiate dicendo. Perché per i tedeschi i calzini non hanno uno scopo né funzionale né sociale, per cui il calzino è un indumento buona per tutte le stagioni, da indossare da gennaio a dicembre, che non si eleva se non pochi centimetri sopra la caviglia e che quindi – in definitiva – non protegge dal freddo né si intona al reso dell'abbigliamento. E' semplicemente una cosa che sta lì intuile come l'appendice, probabilmente (ma è solo una mia supposizione) per evitare l'attrito tra la pelle e la scarpa.

Tutto ciò porta all'inevitabile domanda che chiunque abbia trascorso le vacanze sulle coste dell'Adriatico o in riva al Garda si è posto: perché portare i sandali con i calzini? In questa domanda sta tutta la differenza culturale tra noi e loro, perché a questa domanda non riuscirete mai a trovare risposta. Se chiedete, il dialogo che ne risulta sarà qualcosa del genere:

  • Ma perché portate i sandali coi calzini?

  • Perché fa freddo

  • Ma allora mettetevi le scarpe

  • Ma fa caldo

  • Ma allora toglietevi i calzini

  • Ma fa freddo

  • Allora mettetevi le scarpe

  • Ma fa caldo

E si va avanti così all'infinito. Forse qualcuno ha in mente che i sandali col calzino siano l'espressione di una certà anzianità del turismo tedesco. No. ll sandalo col calzino fa parte del sistema educativo, come da noi era il catechismo. Quando in autunno le scolaresche si muovono a branchi per la città (non so perché non stiano in classe in autunno, ma tant'è) tutti i bambini sotto i dieci anni sfoggiano il loro sandaletto abbinato al calzino di spugna bianco. Perchè? Inspiegabile. Finché il tempo è bello, i frugoletti avranno caldo, e quindi indossare i sandali non serve a niente, perché la loro funzione viene annullata dal calzino. C'è un solo motivo per cui possano voler tenere i piedi al caldo, e questo motivo si chiama pioggia. Solo che se piove e ai piedi avete dei calzini di spugna, assorbirete tutta l'acqua che cade dal cielo, mantenendo la temperatura dei vostri piedi vicina allo zero.

Come ben si vede, non c'è alcun motivo pratico per calzare sandali e calzini. Ci sono solo svantaggi, a prescindere da quale tempo faccia. Perché lo fanno, allora? Non lo so, perché per loro è talmente ovvio fare una cosa del genere che non riescono a spiegartene il motivo, mentre per me è talmente illogico da non riuscire a spiegarmelo, e alla fine tocca di rimanere ognuno della propria idea.

Altri esempi, in cucina. Se non avete una lavastoviglie, sarete costretti a lavare i piatti a mano (o a comprare stoviglie di plast... oh no, dimenticavo: qui le stoviglie di plastica quasi non esistono, esistono solo delle rarissime, costosissime stoviglie di carta inutilmente destinate a bucarsi). Anche in questo caso, cosa fareste voi per lavare a mano? Lavo col sapone, strofino bene, risciacquo e metto ad asciugare. Per il tedesco invece la cosa è più semplice. Metto due dita d'acqua nel lavello (che l'acqua costa), metto due gocce di sapone per piatti (non so perché così poche, credo per risparmiare), lavo col sapone e metto ad asciugare. Se non siete distratti, avrete visto che manca un passaggio abbastanza importante. Perché qui in Germania non si risciacquano i piatti. Per risparmiare acqua. Voi passate la spugnetta sopra il piatto, fate in modo che il sapone sollevi lo sporco dal piatto e, invece di lavarlo via, lo lasciate lì. Così se prima avevate un piatto sporco, ora avete un piatto sporco con del sapone sopra. E pregate soltanto che la gravità si porti via il tutto prima che riappoggiate la bocca lì sopra.

Anche in questo caso, non serve a niente cercare di ragionare. Essi non comprendono perché voi buttiate via così tanta acqua (che in Germania è rarissima, visto che piove ogni giorno che Iddio manda in Terra) senza un motivo.

  • Ma scusa, ma così ti mangi il sapone

  • Se lo vendono vuol dire che non fa male

  • Ma il sapone non si mangia

  • Se lo vendono vuol dire che non fa male

  • Ma non vedi che le stoviglie non vengono pulite? (sollevando un bicchiere grigio e pieno di aloni di gocce)

  • Sgrunf (parola intraducibile che significa più o meno “ma che te lo dico a fare, lascia stare che non capisci niente. E chiudi quel rubinetto che l'acqua costa”)

Sì va bene – direte voi – però almeno in questo caso hanno il motivo dell'acqua che si spreca. No, perché tanto poi in casa tengono per tutto l'inverno la temperatura così alta che bisogna stare in maglietta a febbraio.

Non c'è molto da fare. Sono visioni totalmente diverse che prevedono linguaggi altrettanto diversi, così che non si è in grado di comunicare. Ed io la società multietnica del futuro me la immagino così: leggi ottime, grandi principi morali unificanti da un lato; stupri e omicidi per l'immondizia e il sugo della pasta dall'altro.

Dante's Inferno

Da ormai qualche tempo è stata annunciata l'uscita del videogioco Dante's Inferno che, come ben si capisce dal titolo, prende ispirazione dalla prima cantica della Commedia (in effetti era inevitabile che succedesse: non puoi scrivere di un mondo zeppo di mostri e diavoli, diviso in livelli, metterci alla fine il boss definitivo e pretendere che non se ne faccia un videogioco). Starete già arricciando il naso, lo so, ma probabilmente state anche pensando che in fondo è la solita scemenza da videogiocatori. Aspettate, perché non è finita. Non so bene come sia andata, ma a me piace immaginarla così. Corridoi della Electronic Arts. Di fronte alla macchina delle merendine, per caso si incontrano un tester e il producer del gioco. Si scambiano qualche parola, poi il tester si fa coraggio e chiede:

- Senti ma... non ti sembra che far diventare Dante Alighieri un veterano delle crociate, che ruba la falce alla Morte e scende all'Inferno per uccidere quelli che sono già morti solo per potersi riportare a casa Beatrice sia di una tamarraggine abbastanza elevata?

Il producer all'inizio di ci rimane male, poi ci pensa, e alla fine esclama:

- Perdio no! che non è abbastanza. Possiamo fare di più.

Il risultato è che oltre al videogioco uscirà anche l'anime e questo sì, che sarà la ciliegina sulla torta. E' già disponibile il trailer, non c'è bisogno di dirlo:

In tutta onestà non credo che comprerò mai questo gioco, è decisamente troppo, persino per i miei gusti. Ma non vi nascondo che assistere dal vivo allo spettacolo della cultura alta che viene agguantata dal mercato, lordata dal denaro e frullata per essere rivenduta in scatola un tanto al chilo su Internet mi fa venire la ridarella e non riesco a fermarmi. Lo so che non dovrei ridere, che dovrei rimanere serio ed anche un po' triste, che dovrei battermi il petto per quello che sta succedendo a questo mondo malato. Ma non ce la faccio. Dai, Dante che viene trasformato in uno Schwarzenegger innamorato è un'idea così allucinante da essere geniale.

E c'è gente che perde tempo ad ascoltare un comico che una volta cantava canzoni sulle feci ed oggi si ricicla come fine dicitore delle Commedia. Che mondo!

Senza crocifisso, senza Berlusconi e poi?

Un giorno stavo parlando con un mio amico francese e, siccome io sono italiano, si è arrivati a parlare di Berluscone. Il mio amico è un ingegnere delle telecomunicazioni, ha insegnato all'università per qualche tempo, prima di lavorare in Germania ha vissuto a lungo in Inghilterra. Tanto per sottolineare che non è il primo babbalone di passaggio, ma una persona dotata di sicura intelligenza. Dicevo, tocchiamo l'argomento Berluscone. Il francese, che si informa e studia, comincia ad enumerarmi tutto quello che B. ha fatto e non ha fatto... il ragazzo è certamente informato. Parla che ti parla, capisco che l'idea di Italia che si è fatto è di un posto come la Francia, solo che c'è Berluscone a rovinare tutto. Se non ci fosse lui, in Italia si starebbe bene. Cerco di fargli capire che è vero che Berluscone è un problema, ma che appunto è un, non il problema. Ma non c'è niente da fare, lui è convinto e cerca di spiegare a me come funzionano le cose nel mio Paese. Dopo un po' lascio perdere, perché capisco che in effetti, a meno di non leggere la stampa filoberlusconiana, tutti gli altri dipingono il Berluscone esattamente a questo modo: come un tumore nato in un corpo altrimenti sano. Berluscone, per il mio amico e per le fonti da cui prende le notizie, è la causa di un male, estirpata la quale il corpo tornerà ad essere sano.

E' lo stesso discorso che si fa per il crocifisso. Eliminiamo il crocifisso dalle scuole, così avremo una scuola migliore e più rispettosa di tutti. Eliminiamo i privilegi fiscali alle curie, così diventeremo un Paese migliore e meno bigotto.

E' questa forma mentis ad essere sbagliata, ed è questo che contestavo nel post precedente. E' il credere che l'Italia faccia schifo per colpa di una causa o due e che sia sufficiente asportarla per farla ritornare com'era (per inciso, è il modo di pensare speculare a quello di leghisti e berlusconiani: in Italia ci sono i comunisti che controllano tutto ma, eliminati loro e messi i nostri, tutto andrà meglio).

Credere questo significa postulare l'esistenza di uno stato primigeneo di naturale bontà, dal quale l'Italia è stata strappata da Berlusconi, dal Vaticano, da Andreotti o da altro a scelta. Il problema è che questo stato di bontà non esiste e non è mai esistito. Il problema è che sembra impossibile parlare di queste cose senza che l'interlocutore si tappi gli orecchi e chiuda gli occhi. E un motivo c'è.

A parte le ovvie e dovute eccezioni, oggi i pubblici sostenitori dello Stato laico tendono a sinistra. Essi cercano in qualche modo di far passare l'idea che l'Italia sia uno Stato di stampo anglosassone, con un codice penale di stampo anglosassone, un sistema elettorale e politico di stampo anglosassone. Questo perché cercano di far proprie tutte le idee dello stato liberale di stampo anglosassone, ma non ne sono capaci, poiché fino all'altro ieri loro o i loro “padri politici” letteralmente sputavano addosso alle idee liberali. Forse in molti lo hanno già dimenticato, forse alcuni lettori più giovani non possono ricordarlo, ma la politica italiana era sostanzialmente divisa tra Democrazia Cristiana da una parte, Socialisti e Comunisti dall'altra. Il tutto innestato su una struttura sociale, politica ed economica fascista. I liberali veri erano pochi, inascoltati e sostanzialmente ininfluenti.

Ciò significa che le due principali e più potenti forze sociali in Italia erano entrambe fortemente avverse ai principi di uno Stato laico e liberale. Lo Stato laico, liberale di matrice anglosassone si fonda sul principio che l'individuo è detentore di diritti inalienabili, tra cui vi è la proprietà, e che lo Stato debba ridurre la propria azione al minimo indispensabile nel regolare i rapporti tra individui, con tutte le conseguenze sul piano economico, giuridico, sociale. Ora, tutto ciò era profondamente inviso ai socialisti (in senso lato) perché contrario alla loro ideologia. Ma ciò era inviso anche ai democristiani, perché la dottrina sociale della Chiesa condanna(va) sì il socialismo, ma altrettanto condannava le idee liberali e capitaliste. Entrambi gli schieramenti, poi, si trovavano a proprio agio perché la struttura portante dello Stato (codice penale, esercito, polizia, scuola...) era fascista, cioè nasceva in un contesto in cui l'individuo era considerato subordinato alla collettività, andando volutamente contro i principi di uno stato liberale anglosassone.

In altre parole: la classe dirigente italiana sopra i 35 anni per tutta la vita ha seguito queste ideologie e non è attrezzata culturalmente per parlare di stato laico o liberale. Non lo è perché dal 1924 in poi essa è stata educata a ritenerlo un male contrario all'interesse generale e in questi 80 anni ha modellato il Paese secondo questa impostazione culturale. Quindi, quando Bersani vi parla di liberalizzare le licenze dei taxi, ricordate che per tutto il resto della sua vita ha predicato l'abolizione delle proprietà privata. Non aggiungiamo altro.

Ciò detto, esiste in Italia un buon numero di persone istruite, con lavori intellettualmente stimolanti, che vorrebbe vivere in un Paese di stampo anglosassone. Questo desiderio è talmente radicato nel loro animo, da impedir loro di vedere quello che altrimenti è sotto gli occhi di tutti: che l'Italia non è uno Stato anglosassone. Poiché l'esperienza fa cortocircuito con la loro idea, cercano di trovare una causa a questo cortocircuito, individuandola in alcuni oggetti specifici, siano essi Berluscone, il crocifisso o altro.

Attenzione, non sto dicendo che queste persone abbiano torto nei principi, sto dicendo che credono talmente tanto in quei principi da confonderli con la realtà, impendendo loro di analizzarla per quello che è. E' una situazione che è sempre esistita in Italia. Una parte della classe dirigente è genuinamente mossa da ottimi intenti, è colta, studia, parla le lingue, si sente cosmopolita e sa prendere quello che di buono arriva dall'estero. Ma soffre di un difetto ancestrale: stare lontana dalla realtà, dalla gente comune e, in ultima istanza, essere incapace di modificare quella realtà. E così non comprende alcuni fatti di per sé molto semplici. Un ottimo esempio di tutto questo è, per limitarci alla cultura pop, Marco Travaglio. Travaglio è un ottimo giornalista, fa benissimo il suo mestiere, ma evidentemente non si rende conto di come sia la realtà italiana. Leggendolo, si capisce che per lui i giudici farebbero bene il loro lavoro, se solo non esistesse qualche politico corrotto; la polizia pure, le leggi e la Costituzione anche. Per Travaglio, almeno da quello che si può capire leggendolo, tolto di mezzo Berluscone e qualche amico suo, l'Italia tornerà ad essere quello che non è mai stata, cioè uno stato in cui il diritto regna sovrano, i torti vengono raddrizzati, i poveri hanno le stesse opportunità dei ricchi e la legge è più forte del più forte. Secondo Travaglio, senza Berluscone l'Italia ridiventerà l'ipotetico stato di diritto anglosassone teorizzato a cavallo tra sette e ottocento da una manciata di filosofi liberali che secondo lui dovrebbe essere, e che quindi è. Ma se anche voi vivete nello stesso Paese di Travaglio, sapete benissimo che non è così. Perchè?

Perché in Italia hanno proliferato fascismo, DC, PCI, CL e le Coop rosse? Perché in Italia la corruzione è il motore che regola i rapporti tra politica ed economia? Perché esiste la mafia? Perché esistono i nepotismi? Perché si trova lavoro solo grazie alla rete di conoscenze e parentele? Perché l'apparato giudiziario e poliziesco è ancora quello già condannato da Manzoni? Perché si insegna la religione cattolica a scuola?

La risposta piacerà a pochi, ma il fatto è che in Italia, nella concezione dei rapporti sociali ed economici, siamo ancora legati al feudalismo. Tutti i perché delle righe precedenti si originano in questo tratto costituente della mentalità italiana. Tutti quelli che sembrano mali, in realtà sono solo il proseguire di una mentalità che in altri Paesi è tramontata da tre secoli.

E non parlo tanto della popolazione in generale. Mi riferisco proprio alla classe dirigente, ai professionisti, agli intellettuali. Sono costoro che giocoforza segnano la direzione che il Paese prenderà. In altri Paesi il modello socio-economico feudale è stato sostituito da quello dello Stato moderno. In Italia no. In Italia si è cercato di sovraimprimere la forma-Stato su un territorio che non voleva né poteva assumerla.

Non è un caso che l'Italia sia stata una grande nazione finché è arrivata la modernità. Finché l'antico regime ha funzionato, ne siamo stati straordinari interpreti. Non gli unici, non direi mai una cosa del genere, ma a lungo l'Italia è stata faro di cultura e civiltà. Quando l'antico regime è crollato ed è stato sconfitto dal nuovo Stato moderno, da una nuova concezione di uomo, di economia, di cultura, l'Italia non ha saputo tenere il passo, ed è rimasta quella di prima in un mondo stravolto.

Mafia, nepotismo, corruzione, superstizione religiosa sono quel che resta dei rapporti socio-economici pre-moderni nel mondo post-industriale (prego notare l'abbondante uso di trattini, che fanno tanto articolo accademico). Dei fossili culturali che non possono interagire attivamente con l'ambiente in cui si trovano. E non è che eliminando il crocifisso dalle scuole o Berluscone dal governo cambierà qualcosa, perché quelli sono solo gli effetti e non la causa dei problemi.

Il problema è avere una classe dirigente profondamente ignorante e tagliata fuori dal mondo. In Italia sforniamo laureati che a malapena sanno leggere e scrivere. Abbiamo medici convinti che la pillola del giorno dopo sia aborto. La maggioranza degli insegnanti italiani non sa usare un computer e si rifiuta di imparare, così come moltissime persone colte si rifiutano di utilizzare dei banali strumenti informatici perché si rifiutano di accettare la modernità. Ci sono schiere e schiere di studenti che vengono allevati secondo i principi educativi gentiliani, secondo cui l'unica cultura buona è la cultura morta. Ecco che abbiamo pochi ingegneri e fisici, ma schiere di umanisti. Almeno, produciamo cultura? No, perché abbiamo una schiera di intellettuali che non vive in questo mondo perché gli fa schifo e quindi non è in grado di produrre cultura, ma solo ripetizione onanistica di poesie scritte 1000 anni fa.

In altri paesi la gente studia perché vuole lavorare da Google o Microsoft, da noi studia per vincere il concorso. In altri paesi la gente studia letteratura e finisce a scrivere sceneggiature per i Soprano, da noi per diventare supplente a vita. E non per sfiga, ma perché da noi chi studia schifa tutto, schifa il moderno, schifa la televisione, schifa la letteratura commerciale, schifa i videogiochi, schifa Facebook, schifa internet, schifa l'economia. E tutto questo principalmente perché è quello che viene loro insegnato. Le conseguenze sono catastrofiche: mentre in altri Paesi le teste migliori vengono cercate e incentivate e vengono utilizzate per creare il mondo circostante, da noi no, è il contrario.

Non credete a quello che scrivo? Massimo Fini ha pubblicato un articolo sul Fatto in cui elogia il feudalesimo, le caste, le gilde, la servitù della gleba e tutti quello che ci va di contorno. Capite? Il feudalesimo, il medioevo vengono proposti come modelli economici di riferimento. Non si tratta di stabilire fanciullescamente se un periodo storico sia stato buono o no, ma di essere convinti che un modello socio-economico superato da 300 anni sia una valida alternativa al presente. Per me è rasentare la follia, a dir poco. E' come cercare di risolvere il problema del traffico cittadino proponendo il ritorno del cavallo.

E' facile capire che in questo contesto Berluscone è solo l'effetto e non la causa; che togliere il crocifisso dalle classi più che far contento qualche mangiapreti non può. C'è un'intera classe dirigente da cambiare. Nel mio piccolo, lo sperimento ogni giorno. Come ho già scritto, lavoro in una azienda internazionale leader del settore, insieme a gente di molte e molte nazioni e dove il turn-over dei lavoratori è relativamente alto. Gli italiani che arrivano fanno impressione anche a me che sono italiano. Non fraintendetemi, sono tutti antiberlusconiani, ci mancherebbe. Salvo poi iniziare a costruire la propria rete di amicizie sul lavoro, quella ragnatela mafiosetta e paracula nella quale entra solo chi dicono loro e dalla quale sono esclusi tutti quelli che potrebbero emergere. Immancabilmente, quelli bravi rimangono poco e sono osteggiati, mentre le capre ammanicate prosperano e si moltiplicano. Nel mio dipartimento, il girone degli infimi, la cosa si fa sentire in maniera leggera, ma già vedo i gironi più alti e la situazione è drammatica. Laureati in lingue che non sanno parlare inglese. Manager che scrivono mail in cui non si capisce cosa vogliano dire. Però per carità, tutti a parlare male di Berluscone in pausa caffè, tutti a prendere in giro i provini del grande fratello, poco importa che loro siano uguali a quelli che prendono in giro.

Perché è facile dare la colpa al Berluscone o al crocefisso; meno facile è fare autocritica e chiedersi se non si sia parte del problema, anziché vittime del sistema.

Sul crocifisso mi sento io

E' strano, torno in Italia per qualche giorno e mi pare un altro pianeta. Non si può leggere un giornale o accendere la tv che si parla di due soli argomenti: transessuali e crocifisso.

Il primo argomento proprio non lo capisco. Si scopre che un importantissimo uomo politico passava il suo tempo libero spendendo migliaia di euro in cocaina e prostituzione... no, riformulo: un importante uomo politico passava il suo tempo commettendo reati per i quali io e voi andremmo in galera per sempre, però siccome pagava delle transessuali, pare che il quesito dell'anno sia “perché gli uomini vanno con le trans?” Di tutti i reati, di tutti i peccati, di tutte le schifezze che quest'uomo ha commesso, la cosa che fa discutere è l'unica legale e moralmente insindacabile, andare con una transessuale. Il problema dovrebbero essere i reati commessi, ma di quelli non si fa voce. Però ormai l'abbiamo capita, lorsignori possono agire a piacere e delle leggi si possono non curare. Che altro aggiungere?

Ma il discorso del crocifisso per me è di gran lunga più interessante. Non ho seguito tutta la vicenda – correggetemi ove sbagli – ma da quello che ho capito una famiglia ha portato avanti un lungo iter processuale, giunto fino al Parnaso della Corte di Giustizia europea, per veder tolto il crocifisso dalle aule delle scuole italiane (non ho capito se da tutte le aule o dall'aula che la figlioletta non frequenta più da anni).

Già qui io ho cominciato ad agitarmi. Siamo il Paese della mafia, della 'ndragheta e della camorra, della corruzione, di Uomini e Donne, eppure questi sono i problemi che smuovono la Corte di Giustizia europea.

Ma poi è il dibattito che offre la misura della materia trattata. I filoclericali ci dicono che il crocifisso è sempre stato lì e guai a toglierlo. Gli anticlericali che lo Stato è laico e non deve avere simboli religiosi. Il tono è sempre il solito, quello delle vittime.

Ah, noi poveri cattolici verremo spazzati via dalla faccia della Terra, lo Stato deve obbligare tutti a salvaguardarci!

Oh, noi poveri atei, siamo in mano alla Santa Inquisizione che ci vuole bruciare tutti come ha fatto con il padre dell'ateismo moderno, Giordano Bruno! Lo Stato deve obbligare tutti a salvaguardarci!

Piccolo riassunto del perché abbiamo il crocifisso in classe.

Lo stato italiano nasce anticlericale, nel senso che vuole incamerare le ricchezze della Chiesa e lasciarle solo la predica della domenica e la vita degli italiani dopo la morte. Alla Chiesa questo non va giù e per lungo tempo preti e politici non si parlano (in Cuore non c'è la storiella del piccolo seminarista patriota, per dire). La scuola serve anche a cercare di impossessarsi della mente dei contadini e insegnar loro che il nuovo Regno d'Italia è una cosa buona e bella, contrariamente a quello che dice il parroco. Ma tutti sapevano che in Italia non si governa senza i preti. Tanto che ad un certo punto arriva Mussolini che dice alla Chiesa “facciamo così: io vi concedo un tot di cose, però voi andate a dire alla gente che io Mussolini, cioè il Fascismo, cioè lo Stato, siamo quello che Dio voleva. Siccome a voi vi ascoltano, adottiamo questa strategia vinci-vinci” (come sapete, allora si traduceva tutto, anche win-win strategy).

E fu così che il crocifisso entrò a scuola. Insieme alle preghiere prima di cominciare, immagino. Non ci fu nessun prete cattivo a imporre niente, fu lo Stato a volerlo, nel tentativo di addomesticare la religione ed il Vaticano e di piegarli ai propri interessi. Com'era prevedibile, Mussolini finì appeso per i piedi e il Vaticano è ancora lì che se la ride.

Adesso che il potere del Vaticano sulle coscienze delle persone è ridotto ai minimi termini, saltano fuori dai buchi i paladini dello Stato laico. Sono quelli che scelgono le cause vinte 200 anni prima, in modo da essere sicuri di stare dalla parte del giusto. E c'è questa cosa dello Stato laico assediato dalle truppe della Santa Inquisizione, che tengono i politici reclusi e li minacciano in punta di lancia. Putrtoppo non siamo ancora ai livelli di quello che denunziò il proprio parrocco per truffa e abuso della credulità popolare (certi geni vengono sempre ignorati dai media main-stream), ma il tono serio ed impegnato di questi personaggi dona loro quell'aura di involontaria comicità che in questo blog viene sempre premiata.

Così oggi lo Stato urla “contrordine” e via il crocifisso dalle aule. Insomma, prima no, poi sì, dopo no. Cosa dovremmo capire? Non saprei. Senza dubbio che in giro c'è un buon numero di ribelli senza causa perché le cause decenti sono finite, e allora si accontentano di quelle andate a male. Metti il crocifisso, togli il crocifisso, metti il crocifisso, togli il crocifisso.

Poi si capisce che lo Stato si riconferma come il miglior modo attraverso cui una minoranza di rompiscatole riesce a imporre le proprie strampalate idee e che se avete la fortuna di vivere abbastanza a lungo e la sfortuna di interessarvi a certe cose potete vedere ogni sciocchezza diventare legge, per poi essere soppiantata dal suo contrario, che poi viene risoppiantato dal suo contrario che è poi la sciocchezza originale.

Ultimo ma non ultimo, il dilagare inarrestabile del vittimismo massmediatico e della filosofia prêt-à-porter. E così abbiamo le associazioni di atei che vengono a suonarvi il campanello la domenica mattina per convincervi che Dio non esiste. I cattolici che urlano al complotto ordito per far sparire dalla faccia della Terra la vera religione (la loro, guardacaso). Gente che non sa neanche l'ordine corretto del segno della croce che vi spiega che le tradizioni non vanno perdute. E tutti che si lamentano, si lamentano, si lamentano. E vogliono che lo Stato obblighi a questo e a quello, e difenda questo e quest'altro. Basta, vi prego. Se andiamo avanti così mi toglierete il Natale, Ferragosto e tutte le cose interessanti e farete come quello che vuole abolire il calendario gregoriano perché boh, dev'essere un altro che ce l'ha con la religione-

Io, se avessi il potere, farei così: scaverei una grandissima buca e ci butterei dentro tutti quelli che hanno lasciato alla stampa un commento in cui si lamentano a qualsiasi titolo della vicenda. E quando dico tutti, dico tutti: UAAR, preti, politici... tutti. Quando la buca è piena, ci verserei dei buoni ettolitri di benzina e lascerei cadere il cerino accesso. Poi mi girerei verso gli astanti e chiederei “allora, qualcuno ha qualcosa di cui lamentarsi?”

Stop al televoto

Domenica si è chiuso il sondaggio in cui si chiedeva fino a che livello di narcotraffico il nostro politico del cuore deve essere invischiato prima che si smetta di votare del tutto.

Il 77% dei votanti afferma di non votare più da molto. Il 22% dice che voterà sempre e comunque, anche se il PD dovesse candidare Escobar in persona. E poi basta. Nessuno si è sbilanciato dicendo, che ne so, “aspetto che ne becchino altri 7 e poi basta”. O tutto o niente, come si suol dire.

I votanti in tutto sono stati nove. Non è il campione più rappresentativo che si potesse trovare, ma se non fate pubblicità al blog voi, che devo pensarci io?

Le streghe sono andate via

C'è una cosa che apprezzo molto nelle donne: non amano parlare di politica. Una conversazione con una donna parte sempre col piede giusto, perché so che non arriveremo a parlarne, a meno che non sia io a farlo (e non lo faccio). Dev'essere la mancanza di quella componente tipicamente maschile che rende necessario appartenere ad un gruppo e inscenare una guerra ritualizzata contro un altro gruppo. E' lo stesso motivo per cui le donne non seguono il calcio. Ora che ci penso, nel mio ufficio i maschi parlano sempre di politica e di calcio, alternando i due argomenti in maniera assolutamente semplice ed automatica, senza cambiare tono di voce né modo d'argomentare.

Se avete la licenza elementare, saprete che se c'è una caratteristica intrinsecamente buona nell'essere donna, puntualmente si presenterà una femminista a volerla distruggere. Io, che ho anche la terza media, ho da poco scoperto che, per sapere quale sia il perbenismo degli anni duemila, bisogna leggere il sito di Micromega. E' davvero meraviglioso. Hanno tutte queste ricettine semplici semplici per salvare il mondo, solo che si vede benissimo che chi scrive viene da un mondo altro, leggermente meno schifoso di quello in cui viviamo noi. Immaginate di essere stuprati da Lexington Steele e mentre siete in ospedale che ancora cercate di capire come abbiate potuto non vedere quel dannato treno, arriva uno di Micromega on-line e cerca di spiegarvi perché nella nostra società il massaggio prostatico non è sufficientemente valorizzato. Rende l'idea?

Poiché tutto ciò che era rivoluzionario diventa col tempo perbenismo della peggior risma, era inevitabile che anche il femminismo divenisse una nuova forma di perbenismo. E siccome Micromega sta diventando il campione del perbenismo, non poteva dedicarci il suo bravo articoletto femminista.

Che inizia subito bene: “L’ 82% dei senatori, il 79% dei deputati e il 77% dei ministri sono uomini”. Bene, che c'è di male? Se fossi una donna sventolerei con orgoglio questi dati. Andrei da mio marito e con aria beffarda gli farei vedere chi sono quelli come lui. Girerei per strada a testa alta sapendo che così poche appartenenti al mio genere sono dei politici. Invece per le articoliste questa sarebbe una forma di discriminazione. Non riesco a capire il perché: è risaputo che le donne non amano il tifo e l'imbrancamento tipicamente maschili e quindi evitano le assemblee e gli stadi. Ottimo, no? Cioè, le donne avranno altri difetti, ma questo è indiscutibilmente un punto a loro favore. Invece no. La tesi proposta è che bisognerebbe arrivare ad un Parlamento col 50% di donne.

Leggendo l'articolo, capisco che le autrici hanno un po' di confusione in testa. Secondo loro, se metà della popolazione è composta da donne, allora metà dei parlamentari dovrebbe essere donna; se così non è, vuol dire che gli uomini imbrogliano. Qualcuno dovrebbe spiegare loro che il Parlamento non rappresenta la composizione statistica della popolazione, altrimenti la politica dovrebbe essere gestita come un sondaggio. Cioè, dovrebbe fare quello di cui viene sempre accusato il Berluscone. Il Parlamento invece rappresenta la volontà degli elettori che, per quel che ne sappiamo, potrebbero un giorno voler mandare a Montecitorio i più noti dj della Romagna, e non gli si potrebbe dire niente.

Ma le nostre intrepide redattrici non sono così sprovvedute. Loro sanno benissimo che la composizione del Parlamento non dipende dalla volontà degli elettori, visto che viene stabilita a tavolino da associazioni private non elette, i partiti. Ma siccome scrivono per il sito del nuovo perbenismo, si guardano bene dal dire una cosa del genere. Però devono anche trovare un modo per cambiare le cose. Quindi le suffragette cosa fanno? Scrivono un cento righe per arrivare a proporre che i partiti siano obbligati a candidare delle donne per una cifra che arrivi al 50% del totale dei candidati.

Capito le furbacchione? Sanno benissimo che i giochi politici sono fatti dalle segreterie di partito e che le elezioni sono solo un rito privo di significato, solo che a loro non interessa questo. A loro interessa arrivare alla cadrega e per ottenere la cadrega bisogna che il partito decida che loro arriveranno alla cadrega. Soluzione: facciamo una legge che obblighi i partiti a decidere che loro arriveranno alla cadrega. Mefistofelico.

Per educazione non farò notare che non gli è nemmeno passata per la testa l'idea che, se fosse vero che metà dell'elettorato vuole delle donne parlamentari e Presidenti del Consiglio, basterebbe candidare un po' di donne in una lista indipendente e vincerebbero a mani basse tutto il vincibile, totalizzando più voti di tutto il vecchio Pentapartito messo insieme. Meglio pretendere che gli altri ti assicurino il posto in prima fila, naturalmente.

Comunque basta avere pazienza, con il tempo ascolteremo sempre più personaggi di tal fatta, che propongono le idee più strampalate pur di ottenere un scranno del valore di 20000 euro al mese più pensione e viaggi gratis. Aspettate solo che il Berluscone si tolga di torno e finalmente potremo goderci degli spettacoli come si deve. Prepariamo il popocorn.

(E questi sono i progressisti che operano per un mondo migliore. Non immagino neanche che proposte possano fare gli altri).