Bossi, la telefonista cum laude e la retorica dei salvatori

Da qualche giorno gira in rete questo “poster-manifesto-denuncia”:

All'inizio, non sapendo niente dell'iniziativa, mi sono limitato ai miei pregiudizi e stavo per scrivere un post a riguardo. Invece di mettere mano alla tastiera, mi sono informato e ho scoperto che l'autore è un giovane ragazzo di Parma. Vedi? – mi son detto – pensavi fosse la solita iniziativa, e invece è un giovane pieno di sano idealismo e senso civico. Allora, tutto felice, mi metto a gugolare il nome del paladino delle telefoniste e spunta fuori questa fotografia:

Per prima cosa, volevo ringraziare i miei pregiudizi, che di solito non ascolto ma che hanno ragione più spesso che no. Non perché siano pregiudizi, ma perché ormai riconosco le sòle a naso. Poi, anche se di solito non me la prendo con quelli più piccoli, soprattutto se sono minorenni, quando si iscrivono ad un partito, li tratto come qualsiasi altro politico: il politico wannabe deve abituarsi ad essere trattato da politico.
Quindi ora, caro Michele, ti spiego un paio di cose che forse in sezione non vi insegnano. Vi prendono da giovani, vi indottrinano ben bene e poi fate le campagne per cambiare l'Italia.
La prima cosa che dovresti sapere è che, col tuo manifesto-denuncia, sei ricorso al più basso dei trucchi retorici: a destra il tuo avversario politico, incarnato nella persona di un maschio brutto e notoriamente asino, a sinistra la foto di un'attrice bella, giovane e dagli occhioni da cerbiatta. Mi permetto di farti notare che questa è la tecnica berlusconiana che quelli del tuo partito rinfacciano continuamente a Berlusconi: sfruttare il corpo femminile per raccattare voti. Bella roba davvero. Probabilmente tu sei stato tra quelli che pubblicizzavano il documentario “Il corpo delle donne”, e magari ti sei anche sentito orgoglione di non essere uno di quei maschi maschilisti e berlusconisti che votano PdL. E invece, guarda un po', stai scoprendo di essere un po' più uguale a loro di quanto pensassi.
Non credo tu abbia mai lavorato in un call center. Io sì. Ecco, per dire, prova a immaginare di mettere me al posto della cerbiatta: a destra Bossi, a sinistra un tizio qualunque, anonimo, con la barba di una settimana, gli occhiali da vista e lo sguardo vitreo: insomma, uno mica tanto diverso da Bossi jr. Vero o no che fa un altro effetto? Capisci perché hai scelto l'attrice e non una telefonista vera? Perché sapevi che se avessi messo me (telefonista laureato a pieni voti) il pubblico non avrebbe affatto odiato Bossi jr. Se invece metti la cerbiatta contro Bossi, non hai nemmeno bisogno di scrivere perché, tutti parteggiano per la cerbiatta.
Il secondo trucco retorico è – te lo riconosco – più sottile. Utilizzi il figlio di Bossi come bersaglio e fin qui sta bene, è umanamente impossibile non prendere per i fondelli un personaggio del genere. Il problema è che una presa di posizione del genere, se espressa da un politico wannabe, assume un significato specifico, perché vuol far passare l'idea che Bossi sia peggio degli altri e che gli altri, cioè tu, siano migliori di Bossi. E invece no, Bossi non è peggio degli altri, Bossi è lì perché è come tutti gli altri, anche quelli della tua parte. O credi forse che gli altri politici siano più intelligenti? Più preparati? Assolutamente no: stanno lì a premere il bottone che il Partito ordina. Non serve aver studiato, un Bossi vale l'altro, per sedere sugli scranni e vivere a scrocco: è quello che farai anche tu, se e quando il Partito deciderà di affidarti qualche carica rappresentativa. E non sarai diverso da Bossi jr., quel giorno.
Te la prendi perché non è riuscito a passare l'esame di maturità. Be', tu non ci hai provato ancora: aspetta almeno di averlo superato e poi avrai i titoli per canzonare gli altri. E, a pensarci bene, sei iscritto ad un partito il cui fondatore e guida non si sa esprimere in un italiano grammaticalmente corretto. E lui non si limitava a intascare denaro del contribuente, aveva pure il potere di sbatterlo in galera, il contribuente. Spero avrai capito che ergersi a fustigatori dell'altrui condizione non è mai una saggia idea, perché alla fine si è sempre afflitti dagli stessi vizi che si denunciano.
C'è poi un'ultima cosa che vorrei aggiungere. Nel tuo slancio retorico, contrapponi il mancato diploma di scuola superiore di Bossi al 110 e lode della giovane cerbiatta. Vedi, se mai imparerai qualcosa nella vita, una delle prime sarà che la cifra con cui si esce dall'università ha un valore poco più che simbolico. Scoprirai che un numero straordinariamente elevato di laureati con 110 e lode non sa niente di più di quello che sapeva quando ha iniziato. Scoprirai con amarezza che il 110 e lode della cerbiatta, in molti casi, vale tanto quanto le tre bocciature di Bossi jr.
E tutto questo detto da chi nel call center ci ha lavorato, con laurea e tutto quanto. Perché io sono un signor nessuno, ma certe cose qualcuno te le dovrà pur dire: tu, e tutti i politici wannabe come te, non siete la soluzione del problema, siete parte del problema. Siete parte del problema perché parlate di cose che non conoscete, volete governare un mondo che non avete nemmeno cominciato ad affrontare. Lanciate proclami in cui dite di voler cambiare gli italiani... ma ragazzino, chi credi di essere per poter dire una cosa del genere? Io sono un italiano, uno di quelli che dici di voler cambiare, e non ho certo bisogno di venir cambiato dal primo politichetto wannabe con un profilo su Facebook.
Vuoi cambiare l'Italia? Ti dico io cosa farai: se sei bravo, comincerai a prendere una poltrona prima dei 20 anni; con un po' di costanza, arriverai al posto di Bossi jr., 10000 euro al mese (e vedremo quale titolo di studio avrai) pagati a forza dai tuoi concittadini; poi avrai incarichi in qualche municipalizzata, sarai nel Consiglio di Amministrazione di qualche ditta ammanicata e – sicuro come il sole che sorge la mattina – tu in un call center non metterai mai piede. Né in nessun altro posto di lavoro, se è per quello.
Se invece non sei bravo, rimarrai il solito militante di base, passerai la tua vita a gridare contro Berlusconi o chi per lui, ti troveranno un posto da sindacalista ammanicato ed inamovibile e ruberai il posto a qualcuno che ha voglia e bisogno di lavorare.
In ogni caso, non cambierai niente dell'Italia.
Hai 17 anni, sei giovane, non tutto è perduto. Fatti un favore, straccia la tessera e scrollati di dosso quell'irritante arietta da salvatore della Patria in sedicesimo. L'Italia ha bisogno di tante cose, ma di sicuro non di un altro politico.

I primati della legge

Infuria la polemica sulla legge sulle intercettazioni. Non ne so niente, non ho seguito il dibattito, non conosco il testo, né gli effetti che avrà sui processi in corso o su quelli futuri. Ma so già cosa pensare a riguardo, senza perdere tempo leggendo il Corriere e Micromega.
Ora. Dato che.
Nessuna legge in Italia è fatta per fare quello che si dice dovrebbe fare. Nessun provvedimento legislativo ha altro scopo che accomodare la posizione personale dei promotori e dei loro oppositori. Ogni legge serve a dare lavoro a qualche amico di amico. Il sistema giudiziario è tale che l'ultima volta che ha arrestato con convizione qualcuno era Pinelli, aveva torto e comunque non ha mai risolto nessun delitto di una qualche importanza.
Nella realtà la legge sulle intercettazioni provocherà degli effetti collocabili in una gamma che spazia dall'impatto minimo (non cambia nulla per il cittadino, tranne nel caso in cui appartenga a minoranze contro cui sfogarsi a fini di propaganda; non cambia nulla per gli uomini di potere, che continueranno ad essere intoccabili) all'impatto massimo (non cambia nulla per il cittadino, tranne nel caso in cui appartenga a minoranze contro cui sfogarsi a fini di propaganda; non cambia nulla per gli uomini di potere, che continueranno ad essere intoccabili).
A sostegno della mia tesi vi è l'atteggiamento dei giornalisti, che si sono riuniti tutti insieme per protestare contro la natura illiberale, liberticida e antilibertaria della legge: evidente dimostrazione che questa legge, come tutte le altre leggi partorite dal Parlamento, è inutile fuffa senza senso e senza utilità. Come tutte le polemiche a corredo. Come tutte le petizioni. Come tutti gli appelli.

Vademecum per il bravo ometto

Dovrei mangiare di meno
Dovrei fare più movimento
Dovrei giocare meno ai videgiochi
Dovrei leggere La ricerca del tempo perduto
Dovrei ricominciare a leggere i classici in lingua originale
Dovrei ascoltare i compact disc originali come facevo da adolescente
Dovrei pensare che il rock è musica colta
Dovrei ricominciare ad andare al cinema
Dovrei smettere di considerare le donne un oggetto sessuale
Dovrei farmi piacere il cinema orientale
Dovrei andare a pulire una spiaggia una volta l'anno
Dovrei diventare vegetariano
Dovrei diventare vegano
Dovrei leggere almeno due quotidiani al giorno
Dovrei votare
Dovrei trovarmi un lavoro degno del mio titolo di studio
Dovrei convincermi che il sesso col preservativo non è peggiore di quello senza
Dovrei imparare a ritenere i fumetti una forma d'arte
Dovrei organizzare gite in montagna per stare a contatto con la natura
Dovrei fare di più contro il turismo di massa
Dovrei usare di meno la macchina
Dovrei essere felice che le mie tasse mantengano l'industria automobilistica
Dovrei comprare a chilometri zero
Dovrei comprare all'equo e solidale
Dovrei lamentarmi dei lobotomizzati che guardano il Grande Fratello
Dovrei guardare il Grande Fratello, solo gli snob non lo fanno
Dovrei interessarmi almeno ai Mondiali di Calcio, eccheccavolo dai...

Se fossi un integralista cattolico, mi dovrei limitare a non rubare, non mentire e andare in chiesa la domenica e le feste comandate. Ed in più avrei in omaggio sessioni gratuite di BDSM con la piena approvazione delle gerarchie vaticane.

Noi e loro


Un breve rimpatrio di primavera mi ha portato, come sempre, a “dover” spiegare ad amici e parenti come si vive in Germania, cosa c'è di bello e cosa c'è di brutto ed insomma, se ne vale proprio la pena.
Chi mi legge sa che non sono né un fanatico dell'estero mitizzato dove scorrono fiumi di miele e gli alberi danno frutti tutti l'anno, né uno xenofobo che non sopporta niente della cultura che lo sta ospitando. Cerco di essere ragionevole ed onesto, e di approcciarmi alla Germania sine ira et studio: a volte è difficile, a volte è divertente, a volte non ci capisco niente.
Comunque, la prima cosa che si nota qui è che tutto funziona e non avete rotture di scatole. In una giornata tipo, in cui si prendono i mezzi, si va per uffici, si espletano pratiche di vario genere, tutto fila liscio. Non fraintendetemi: non c'è meno burocrazia che in Italia, anzi, ma è organizzata in maniera tale che se ne può uscire indenni; non ci sono meno persone in metro, ma il sistema dei trasporti è tale per cui si arriva sempre dove si vuole arrivare; il traffico c'è, ma non mina la salute mentale; i parcheggi vanno cercati, ma alla fine si trovano; le file alla posta si fanno, ma non durano ore, durano qualche minuto. E via discorrendo. Non è il paradiso, è solo un posto organizzato secondo un sistema ragionevole.
A fare da contraltare o – meglio – da corollario a questa situazione sta tutto il resto dell'organizzazione sociale, quello che non si nota subito e che bisogna vivere per conoscere. Come chiunque che abbia lavorato con i tedeschi vi potrà dire, la famosa efficienza tedesca non esiste. È un'idea che un po' si sono costruiti loro, un po' gli abbiamo attribuito noi, ma non ha corrispettivo nella realtà: il lavoro qui in Germania è altamente inefficiente. Non è facile accorgersene, perché l'inefficienza è compensata dalle grandi risorse a disposizione ma, standoci vicino tutti i giorni, si percepisce chiaramente. Gli stessi lavoratori hanno dei ritmi di produzione bassissimi e questo a volte può portare all'esasperazione.
Avere un settore privato inefficiente, alla lunga, non crea meno disagi di un settore pubblico inefficiente. Perdite di tempo e lungaggini sono all'ordine del giorno.
Per fare un esempio recente, ho dovuto portare la macchina dal meccanico. Concessionaria ufficiale della marca, in una delle più importanti città europee. Orario di chiusura: ore 18. Il giorno in cui era pronta, intorno alle 17 mi chiamano sul cellulare qualcosa come 5 volte. Solo che io, per motivi di riservatezza, non posso portarmi il cellulare in ufficio e quindi non potevo rispondere. Comunque quel giorno ho lavorato fino alle 18, quindi alle 18 e due minuti chiamo la concessionaria ma non risponde nessuno. Giorno dopo. Esco alle 17 dal lavoro e prendo i mezzi. All'unico cambio manco il tram di un pelo e così arrivo alla concessionaria alle 18:04. Tutto chiuso. E con chiuso, non intendo che hanno dato un giro di chiave alla porta d'ingresso. Intendo che l'edificio è vuoto, non c'è una luce accesa, nessun impiegato e nemmeno una donna delle pulizie che svuota i cestini. Praticamente hanno evacuato. Il che spiega perché il giorno prima nessuno rispondesse alle mie chiamate. E così ho mestamente ripreso i mezzi e sono arrivato a casa intorno alle 7: due ore spese inutilmente tra tram e metro perché la tipa che sta alla cassa alle 18 e un minuto già sgambettava garrula per strada. Se li conosco come li conosco, alle 17 – quando mi hanno chiamato – probabilmente hanno smesso di lavorare ed hanno iniziato a prepararsi; alle 17:45 erano con la giacca sulle spalle; alle 17:59 erano col dito sull'interruttore della luce; alle 18 sono scattati fuori.
Non credo ci sia bisogno di sottolineare che il problema non è stato risolto, perché da gente che alle 18:01 non risponde al telefono non ci si può aspettare che lavori bene. E così io sono rimasto senza macchina per due giorni in più del previsto, a causa loro ho passato tre ore buone sui mezzi, e alla fine mi sono tenuto il guasto (anche se, per amore di verità, devo dire che mentre scrivevo questo post mi ha chiamato una specie di servizio per la soddisfazione del cliente, al quale ho spiegato la situazione e che mi ha detto che mi contatteranno più avanti per risolvere ogni questione).
Volete un altro esempio? Recentemente ho cambiato lavoro e sono passato dall'azienda internazionale leader del settore ad una realtà più piccola e decisamente indigena. Se prima vedevo risorse sprecate a causa del gigantismo, ora mi pare di essere al circo. L'altro giorno avevamo una adunata generale alle 17. Il giorno prima ci era stato mandato l'avviso via Outlook e la mattina per sicurezza uno dei due proprietari aveva girato tra i banchi ad annunciare la lieta novella. Orbene. Alle 16:30 tutti i tedeschi (cioè circa il 95% della forza lavoro) si sono alzati e hanno cominciato a “prepararsi per la riunione”. Siamo tre italiani lì e tutti e tre stavamo continuando tranquillamente il nostro lavoro, visto che avevamo ancora mezz'ora da lavorare. A quel punto i tedeschi hanno cominciato a non capire: uno alla volta sono venuti a ricordarci che mezz'ora dopo c'era una riunione e che quindi era il caso di spegnare il computer. Abbiamo tentato di spiegargli che – appunto – c'era ancora mezz'ora da lavorare; poi, siccome proprio non capivano, abbiamo cominciato a ridere. Così adesso quando incontrare un italiano in azienda la prima cosa che vi dirà è che 'c'è un meeting alle 5' e vi riderà in faccia. Certamente raccontata così sembra simpatica, ma immaginate di essere il cliente della nostra azienda che paga profumatamente il tempo che quei lavoratori hanno usato per “prepararsi alla riunione”. Immaginate questa mentalità su scala nazionale. E ora immaginate di essere voi i clienti e di pagare con i vostri pochi risparmi l'inefficienza altrui. Vi stanno girando le balle, eh?
L'altra componente della Germania di cui devo sempre parlare è il mitico sistema assistenziale e previdenziale. La prima cosa da dire è che in Italia si hanno in mente le politiche sociali della RFT di trent'anni fa. A quel tempo, il cosiddetto welfare state era un'enorme distributore di agi e ricchezza e quello è rimasto in mente agli italiani (e ai tedeschi). Stranamente, quando lo Stato organizza banchetti pantagruelici in cui tutti mangiano senza pagare in contanti al momento della consumazione, esiste un meccanismo sociale che fa dimenticare la domanda fondamentale: ma se io mangio e non pago, chi paga? Com'è noto, non pensare al problema non risolve il problema, ed infatti alla fine il conto è arrivato ed il mitico welfare state tedesco è diventato all'incirca questo: voi non ricevete trattamenti sanitari, ma usufruite di un'assicurazione sanitaria privata che pagate di tasca vostra, mentre il sistema nel suo complesso è gestito dallo Stato federale, generando miliardi di euro di debiti; soldi per le pensioni non ce ne sono più e il governo vi incentiva a sottoscrivere una pensione privata; l'università gratuita genera schiere di laureati che non riescono a trovare posto; eccetera eccetera. Non suona tutto così familiare?
L'altro grande pilastro del sistema assistenziale tedesco è il cosiddetto Hartz IV, cioè il sistema di sostegno ai disoccupati. L'obiettivo dell'Hartz IV è quello di fornire a tutti i cittadini senza lavoro le condizioni di vita ritenute basilari ed imprescindibili. In pratica significa che lo Stato può arrivare a darvi un appartamento nuovo, completamente arredato, con gli elettrodomestici e la televisione a prezzi stracciati, oltre al sussidio di disoccupazione vero e proprio. A questo si vanno poi ad aggiungere il Kindergeld, cioè un sussidio che lo Stato fornisce a tutti i genitori, e altre varie forme di sussidio che in verità non conosco nei particolari.
Se tutto questo può sembrare cosa buona e giusta, è solo perché nessuno si chiede ma se io mangio e non pago, chi paga? Perché l'Hartz IV sta scavando buchi nel bilancio di cui prima o poi bisognerà rendere conto e quando quel momento arriverà saranno grossi dolori. Inoltre, se agli ingegneri sociali regalare casa e soldi ai “poveri” può sembrare un'ottima idea, chi vive nel mondo reale ne vede gli effetti e non sono affatto belli. Non troppo stranamente le politiche assistenzialiste tedesche stanno portando al disastro gli strati sociali più poveri. Ormai si è diffusa la mentalità per cui è meglio vivere di sussidi che lavorare. Il che a suo modo è anche vero: da un lato fare un lavoro pagato poco e dover lottare con le bollette, dall'altro avere la casa gratis, i mobili gratis, la televisone gratis, il sussidio di disoccupazione e tutta la giornata libera a disposizione... chi sceglierebbe la prima opzione? Solo che così è venuto a mancare ogni stimolo per le classi sociali più svantaggiate a cercare una vita migliore. E non solo tra i tedeschi, ma anche tra gli immigrati, soprattutto le etnie più a lungo radicate, turchi e italiani in testa.
Inoltre, questo assistenzialismo spinto sta trasformando le giovani generazioni in generazioni di stupidi. Non me lo sto inventando io, è un problema di cui si dibatte pubblicamente. I giovani provenienti dalle fasce di popolazione destinatarie delle politiche assistenziali, alla fine della scuola dell'obbligo non sono in grado di accedere ad una forma di avviamento professionale che permetta loro di trovare un lavoro. Ciò è dovuto al fatto che in Germania anche per il lavoro meno qualificato è richiesta una Ausbildung, un percorso formativo certificato che prevede teoria e pratica e che dura due/tre anni. Così gli adolescenti che dovrebbero ricevere questa formazione semplicemente non ci riescono, perché non hanno sufficienti capacità e conoscenze per farlo. E d'altronde non hanno nessuno stimolo a darsi da fare: perché faticare tre anni per un lavoro quando si può stare a casa a non far niente e venire pure pagati per farlo? E così è un cane che si morde la coda: quegli adolescenti saranno destinati per sempre a vivere di sussidi (perché non è che a 25/30 anni, senza educazione e senza esperienza di lavoro qualcuno ti prende) e così i loro figli. Ormai si parla di famiglie che sono arrivate alla terza generazione vivendo solo di sussidi.
Poi figliano per avere il Kindergeld, e così si possono vedere tutti questi bambini che crescono in famiglie che di loro se ne infischiano. Bambini che imparano tardissimo a parlare, nutriti con cibo spazzatura, circondati da adulti ubriachi che non fanno niente tutto il giorno. E purtroppo destinati ad alimentare a loro volta il ciclo.
La scorsa settimana ho conosciuto una di queste ragazze. 22 anni, un bambino di due e mezzo. A vent'anni era assieme ad un mezzo delinquente con cui ha fatto un figlio, probabilmente più per ignoranza che per prendere il sussidio, poi il tipo è sparito e l'ha lasciata sola col fantolino. Così le spetta di diritto una casa con due camere da letto, completamente ammobiliata e pagata dallo Stato, che è più di quello che due giovani lavoratori che vivono insieme possono aspettarsi. A me non interessa il caso particolare, ma il fatto che quella ragazza non solo ha avuto l'irresponsabilità di mettere al mondo un figlio, non solo non ha pagato per il suo sbaglio, ma si trova a vivere meglio di chi nella vita non ha fatto cazzate, si alza tutte le mattine per andare al lavoro e a fine mese ha l'affitto da pagare.
In maniera diversa, questa mentalità sta attecchendo anche nelle fasce più istruite di popolazione: l'università gratuita imbarca sempre più gente che si iscrive solo per mantenere lo status di studente, avere l'assicurazione sanitaria pagata e fare la bella vita a spese del contribuente. Salvo poi manifestare che il capitalismo turboliberalista sta tagliando i fondi per l'istruzione. Poi, alla fine degli studi, hanno il coraggio di definirsi “disoccupati” e di ricorrere all'Hartz IV, perché il ragionamento che fanno è “se qualsiasi turco arrivato l'altro ieri può mantenere la sua famiglia senza lavorare, perché non dovrei farlo anche io?”
Non ho statistiche a riguardo, ma credo che l'analfabetismo di ritorno sia una realtà abbastanza importante; i figli di immigrati, magari di terza o quarta generazione, ancora non parlano il tedesco; è un fatto noto, per esempio, che i figli di italiani non vanno a scuola dopo l'obbligo e figuriamoci all'università.
È evidente che il sistema del welfare tedesco è un obbrobrio, partorito da qualche ingegnere sociale sulle cui buone intenzioni non metto la mano sul fuoco, che si ritorce proprio contro quelli che si vanta di proteggere. E che gli ingegneri sociali preposti al meccanismo siano incapaci o in malafede si capisce subito dai dibattiti in tv, quando – messi di fronte al fatto compiuto, innegabile, che i ragazzi mandati obbligatoriamente a scuola per 15 anni ne escono più stupidi di quando sono entrati – cominciano a blaterare che è colpa della televisione, dei realitisciò, che i giovani ormai pensano solo a diventare divi del Grande Fratello e che bisogna fare di più per loro, più scuola, più aiuti, più politiche di sostegno, più governo, più Stato.
Poi, quando i soldi finiranno e schiere di poveri non sapranno come mettere insieme il pranzo con la cena, arriverà qualche bravo caporale a dire che la colpa è del turboliberismo anglosassone che con le sue banche e i suoi speculatori li sta affamando apposta (per divertimento) e che è ora che lo Stato faccia qualcosa, che si riprenda la sovranità, che stampi moneta in proprio e chissà quali altre amenità si inventeranno per tenersi la gente dalla propria part

Repost: Il ruolo del governo nella crisi finanziaria

“È colpa del mercato, dagli allo speculatore, è la deregulation,” questa la litania di scuse recitata dai veri responsabili della crisi ormai quotidianamente. Purtroppo, a causa del noto principio “ripeti abbastanza a lungo una bugia e si trasformerà in verità,” il concetto è piuttosto diffuso ad ogni livello, come se l'intervento di governi e enti sovranazionali non permeasse profondamente ogni anfratto dell'economia condizionando ogni piccola azione umana.

È incredibile se ci pensate: basta aprire un giornale a caso o accendere la tv per trovarsi investiti da un turbine di banchieri centrali che stampano moneta, finanziarie, piani di salvataggio, ministri del tesoro e dell'economia, politiche economiche e sociali, grandi opere, sussidi, sovvenzioni, incentivi, strabilioni di euro e di dollari che si spostano ad un gesto del legislatore come le acque del Mar Rosso di fronte a Mosè, e tutto quello che ci sanno dire – che non hanno vergogna di dire – è che la colpa è del mercato sregolato!

Ecco allora un significativo contributo di Kevin Carson per cercare di riportare un po' di verità e buonsenso nel dibattito e fare così luce sulle responsabilità primarie di una delle più gravi recessioni della storia.
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Di Kevin Carson


George Soros sta progettando di aprire un istituto di economia all'Università di Oxford – con lo scopo, apparentemente, “di allontanare la disciplina dai campioni del mercato libero e della deregulation che, così crede il finanziere miliardario, hanno la colpa della crisi economica globale.” È frustrato “dal modo in cui i mercati finanziari globali lavorano sulla premessa che i mercati possono essere lasciati ai loro meccanismi.”

Ian Goldin, direttore della James Martin 21st Century School, ha applaudito questa mossa considerando che “avrebbe allargato il dibattito.”

Dobbiamo allargare il dibattito, benissimo. In particolare, dobbiamo allargarlo oltre i due lati – i neoliberali e i “progressisti” – secondo i quali il capitalismo finanziario globale che abbiamo avuto negli ultimi decenni era “un mercato libero.”

Tanto per cominciare, il mercato delle assicurazioni sui mutui è quasi interamente una creazione del governo federale. Prima che i federali creassero Freddie Mac per garantire i MBS (Mortgage-Backed Securities), questi erano evitati come troppo rischiosi dalla vasta maggioranza degli investitori. Sino a quel momento, i derivati erano pricipalmente obsoleti investimenti in futures di materie prime usati dagli agricoltori come forma di assicurazione contro un crollo catastrofico dei prezzi.

Ai sensi dell'accordo di Basilea II, che è entrato in effetto nel 2004, un mutuo ipotecario diretto di una banca locale per un cliente con una soddisfacente stima del credito comporta una valutazione di rischio del 35%. Un'assicurazione su un mutuo, dall'altro lato, comporta una valutazione di rischio di soltanto il 20%. Così i requisiti di riserva erano fissati più in alto per i mutui in mano all'originaria banca di emissione (che ha “richiedeva conoscenza locale,” come precisa Sheldon Richman) rispetto ai MBS comprate da altre banche. Il minore requisito di riserva per i MBS significava che una maggiore quantità di denaro era disponibile per essere prestata contro una riserva data, il che ha fornito alle banche un forte incentivo a vendere i propri mutui il più rapidamente possibile ed investire sui MBS. Per dirla con Les Antman, “Basilea II ha virtualmente imposto alle banche di vendere i loro prestiti se volevano rimanere competitive.”

Ma il ruolo del governo è molto più a monte. Comprende l'intervento del governo per imporre il diritti di proprietà artificiali che hanno reso la terra e il capitale artificialmente limitati e costosi relativamente alla forza lavoro e quindi l'indebolimento del potere contrattuale del lavoro. Comprende politiche di governo per incoraggiare la produzione di massa centralizzata e onerosa per mezzo di costosi macchinari specifici piuttosto che una produzione decentralizzata che integrasse versatili macchinari elettrici con i metodi dell'artigianato. Comprende politiche che promuovono l'iper-accumulazione di capitale e la cartellizzazione dei mercati, al punto che l'industria della produzione di massa non riesce a smaltire i propri prodotti in un mercato libero.

È stato a causa di questi precedenti interventi che abbiamo una classe plutocratica con enormi quantità di denaro investito, ed una scarsità di opportunità d'investimento vantaggiose. In un'economia con una più larga distribuzione della ricchezza ed una capacità produttiva decentralizzata, dove la capacità della produzione è stata determinata dalla richiesta locale e da un più alto livello di potere d'acquisto per i lavoratori, la maggior parte delle precondizioni per la nostra FIRE (Finance, Insurance, and Real Estate: Finanza, Assicurazioni, Beni Immobili, ndt) economy gonfiata non sarebbero neppure esistite.

Articolo originale: http://gongoro.blogspot.com/2010/05/il-ruolo-del-governo-nella-crisi.html

Repost: Apologia dello speculatore

Visto il successo del post precedente, cerco di alimentare un po' di flame pubblicando un articolo del blog Ashoka's Corner

* * *

Il prezzo della benzina aumenta. Colpa degli speculatori. Il prezzo del petrolio sale alle stelle. Sono stati gli speculatori al rialzo. La Grecia rischia la bancarotta e l’euro precipita. Chi è stato? Sempre loro, gli speculatori.

Dalla notte dei tempi i nostri buoni governanti hanno sempre cercato di portare il massimo benessere ai loro popoli e senza dubbio vi sarebbero riusciti se l’avidità di pochi uomini non li avesse ostacolati in questa missione civilizzatrice.

Meschini individui che non producono nulla per la società, utilizzando il vil denaro non già per il benessere collettivo ma per arricchirsi, spingendo i prezzi ora alle stelle, ora a terra, realizzando guadagni faraonici, rovinando intere nazioni, distruggendo il mondo.

Ecco cosa sono gli speculatori: i distruttori del mondo!

Bene. Quelle che ho scritto sono ovviamente una marea di cavolate ed ora vi spiegherò il perché.

Da che mondo è mondo vorremmo poter vendere le nostre merci al prezzo più alto possibile e comprare a prezzi stracciati ciò di cui abbiamo bisogno. Vi è però un conflitto di interessi che per lungo tempo, nella storia del pensiero economico, è parso irrisolvibile. Si pensava infatti che le merci avessero un qualche valore oggettivo e che gli scambi equi fossero tra merci di pari valore. Se è così come fa il mercante a vendere la merce a prezzi diversi e realizzare un profitto? Ma è ovvio! Comprandola a meno del suo valore e rivendendola a prezzo maggiorato con quel meccanismo denunciato da Marx nel Capitale: D-M-D’ (1).

Ovviamente era la premessa ad essere sbagliata: lo scambio avviene non perché il valore delle merci sia uguale ma perché soggettivamente ognuno valuta ciò che riceve più di quanto dà in cambio. Qual è allora il ruolo del prezzo di mercato?

Come suggeriva Friedrich Hayek il ruolo dei prezzi è quello di diffondere le informazioni, che per loro natura sono frammentarie e disperse, e coordinare le azioni individuali. Ad esempio se viene scoperto un nuovo ed efficiente impiego dello stagno in una linea produttiva, l’aumento della domanda, a parità di altre condizioni, ne farà incrementare il prezzo. Come risultato alcuni utilizzi imprenditoriali del metallo non saranno più profittevoli (sono aumentati i costi) e verranno abbandonati.

Non importa quale sia il motivo per cui la domanda di stagno è aumentata, ciò che conta è che il suo prezzo ha segnalato al resto dei mercati (non solo quindi a quello dello stagno) che la disponibilità di quel metallo è diminuita. Le persone che conoscono la causa di ciò che è accaduto sono solo poche decine ma l’aumento del prezzo dello stagno spingerà il resto degli individui a farne un uso più parsimonioso. In pratica, secondo Hayek, il sistema dei prezzi di mercato tende a muovere l’economia nella giusta direzione.

In un mercato libero siamo tutti quanti degli speculatori. Quando al supermercato compriamo il parmigiano in offerta anche se non ne abbiamo immediato bisogno, quando ci spostiamo di diversi km per fare il pieno di benzina, quando mettiamo da parte del denaro per pagare l’università ai nostri figli.

Infatti lo speculatore è colui il quale si fa delle opinioni sul futuro incerto (es. il prezzo di una merce sarà più alto di oggi) ed agisce oggi per avere un guadagno se le sue previsioni si dimostreranno esatte. In questo senso ogni attore economico è uno speculatore in quanto, come scriveva Mises, l'azione umana è sempre diretta verso il futuro che è di per sé sconosciuto e quindi incerto. Ogni genere di investimento è quindi una forma di speculazione.

Siamo tutti speculatori quindi ma c’è chi, parafrasando Orwell, è più speculatore di altri. Quando si parla di speculazione finanziaria, infatti, non si punta il dito contro la casalinga che compra le patate in offerta ma contro l’affarista che sposta enormi capitali in borsa e che, secondo l’opinione comune, è la causa primaria delle crisi finanziarie.

Questi speculatori coordinano il mercato nel tempo (e sono quindi da elogiare) oppure sono solo dei giocatori d’azzardo?

Eh sì perché se è vero che la speculazione può spingere l’economia nella giusta direzione, tuttavia abbiamo esperienze continue di bolle finanziarie che si gonfiano e scoppiano l’una dopo l’altra, arricchendo sempre i soliti noti che paiono quasi comandarle con la bacchetta magica.

Che cosa succede? Uno speculatore può sbagliare la sua previsione, ci mancherebbe, ma quando si gonfia una bolla sono in tantissimi a “sbagliare” e nel farlo spingono l’economia nella direzione sbagliata.

Ciò che accade è che i prezzi degli asset finanziari non sono affatto dei prezzi di mercato.

In un mondo dove la moneta è tale per decreto, in cui le banche centrali possono creare dal nulla trilioni di dollari oppure di euro, in cui le banche possono moltiplicarli con il meccanismo del credito frazionario ed in cui nella maggior parte dei casi Stati e banche non pagano le conseguenze delle loro scelte sbagliate ma vengono sempre salvati (sono too big to fail) , i mercati finanziari sono diventati un gigantesco casinò dove il banco assicura vincite miliardarie ai propri amici e fa pagare conti salatissimi a tutti gli altri, anche quelli che nel casinò non ci sono mai entrati.

Quando uno speculatore sa che se ha ragione vince lui e se ha torto pagano altri ecco che sarà incentivato ad effettuare le scommesse più rischiose ed a creare situazioni altamente instabili ed incerte ma che possono portare a guadagni più alti. Diventa quindi più utile cercare di disequilibrare i mercati creando divergenze di prezzo a tavolino che non puntare su quelle reali.

I più grandi speculatori di questo mercato malato sono….. gli Stati! Politici di ogni schieramento e formazione politica che guardano solo al breve termine (alla loro rielezione) sono i primi a sfruttare il fatto di non dover pagare le conseguenze delle proprie azioni. Abbiamo così sindaci e presidenti di regione che giocano con i derivati e governi che elargiscono pensioni, appalti e stipendi indebitando i loro cittadini.

Quando oggi si dice che è in corso una guerra tra Stati (buoni) e Mercati finanziari (cattivi) non credete a questa bugia. E’ in corso una gigantesca guerra tra bande di criminali su chi debba poter utilizzare le scialuppe di salvataggio a bordo del Titanic mentre la nave affonda e tutti gli altri passeggeri attendono l’arrivo del Carpathian al suono dei violini.



(1) Secondo Marx il capitalista utilizza il denaro D per acquistare la merce M e rivenderla al prezzo D’ che è maggiore di D, realizzando quindi un profitto.


Articolo originale: http://ashokascorner.blogspot.com/2010/05/apologia-dello-speculatore.html



La colpa è sempre altrui

Seguo con alterna attenzione le vicende economiche euroelleniche. Più che altro, seguo i commenti a corredo, perché sono spassosissimi.
Quello che sta succedendo in Grecia e che forse capiterà altrove era già scritto da tempo. Più o meno nel momento in cui i politici greci hanno cominciato a far vivere la nazione a debito, cioè indebitandosi per somme che non avrebbero mai potuto restituire. Bisogna, in questi casi, guardare in faccia la realtà: contrarre debiti porta inevitabilmente a due alternative: ripagare i debiti o andare in bancarotta. Non c'è alternativa, né via di fuga.
Molti pensano che non sia così, perché gli Stati avrebbero il magico potere di convertire l'acqua in vino e di poter contrarre debiti a piacere senza doverne mai venire a capo. Non è così. I debiti si pagano. E non c'entra nulla che altri speculino sui debiti contratti da uno Stato. Sono stati i governanti a decidere di contrarre il debito e niente può distogliere dal naturale esito di quel debito. Poi, a parte, si potrà anche discutere sulla liceità di talune pratiche, ma questo non serve e non deve distogliere dalla realtà.
Oggi tocca alla Grecia, ma pian piano toccherà a tutti gli altri, perché hanno contratto debiti che non possono ripagare. Certo, sentiremo sempre più di frequente dare la colpa al capitalismo, al libero mercato, alla deregulescion, alla poco controllo della politica sull'economia. E tutti ci crederanno, naturalmente.
Ciononostante, rimane il fatto che la situazione, sia Greca che europea che mondiale, è prima responsabilità dei vari governi, che dalla fine della seconda guerra mondiale in poi hanno deciso di regolamentare l'economia, perché naturalmente gli uomini non sanno regolarsi da soli, hanno bisogno del politico che gli dica dove e come investire i propri soldi.
E così prima hanno messo in piedi un sistema economico statalista e assistenzialista derivato dalle esperienze di Roosevelt e Hitler, hanno abolito il cosiddetto gold standard, hanno praticato politiche inflattive, hanno rese lecito per le banche quello che per ogni altra attività commerciale sarebbe truffa e via dicendo. Oggi stiamo raccogliendo i frutti di questa semina.
E oggi, di fronte al disastro di una politica che ha voluto guidare l'economia, che poverella da sola non ce la faceva, e divertirsi a fare ingegneria sociale, che voi siete solo dei poveri dementi da educare, mi tocca vedere i maggiori esponenti della politica che si riuniscono per salvare la situazione. Sudo freddo. Se penso che gente come Berlusconi o Sarkozy o la Merkel vogliono salvare l'Europa vengo colto da riso isterico: in Germania non sono neanche capaci di mantenere un sistema sanitario decente senza fare miliardi di debiti (un consiglio: cercate di non stare male verso la fine del mese, quando i medici hanno già esaurito le prestazioni che le assicurazioni sanitarie pagano loro; anzi, fate così, non state male proprio: andare da un medico tedesco di solito significa sentirsi dire che non si ha niente o che si è stressati) e pensano a come salvare il mondo. Tanto per dire, il presidente più colorato della storia degli Usa, il genio che doveva salvarci tutti, ha affermato perentorio che “i problemi della Grecia dimostrano che tutti i Paesi sono interconnessi”. Un genio, non c'è che dire. Magari l'altro giorno ha anche imparato dov'è la Grecia.
Fermateli, per carità! Più fanno, più fanno male. Più si muovono, più rompono. Lasciateli a casa. Distraeteli. Fategli vedere un film. Portateli al circo. Raccontate loro una fiaba. O magari i racconti al telefono di Rodari. Qualsiasi cosa, ma non lasciateli “trovare un accordo”, non permettete loro di “mettere in sicurezza la zona euro”, non lasciate loro alcuno spazio di manovra che non sia fare “ciao mamma” con la mano davanti alla telecamera.
Vorrei vivere tranquillo gli anni che mi restano.
Grazie.