Monomarcia

Quando qualcuno guarda la mia bicicletta, si incuriosisce sempre per stessa cosa e mi chiede ragione di quella cosa soltanto.

Forse mi chiedono perché giri con ruote da 23 mm, che essendo gonfiate a 8,5 bar trasmettono tutte le sconnessioni del terreno, persino le foglie, e sono abbastanza scomode in città? No.

Mi chiedono perché un telaio corsa che è rigido, con una posizione non proprio rilassata? No.

Mi chiedono perché ci abbia messo un manubrio riser da mountain-bike (tra l'altro segato per renderlo più stretto), che non c'entra niente con tutto il resto? No.

L'unica cosa che salta all'occhio è il fatto di avere un solo rapporto. All'uomo medio sembra inconcepibile che si possa girare in città senza cambio. Eppure io, che non sono vecchio, mi ricordo benissimo che una volta tutte le bici erano ad un solo rapporto. L'introduzione del cambio in biciclette destinate al mercato "di massa" è relativamente recente.

Perché dunque un solo rapporto? Perché in città è tutto quello che serve, a patto di scegliere un rapporto che vada bene, cioè che non sia né troppo duro né troppo agile. 

Una volta guardata da questo punto di vista, la questione diventa più semplice di quel che sembra. Perché, per esempio, il cambio è stato concepito per le biciclette da corsa. Ma le bici da corsa hanno un meccanico che le accudisce quotidianamente. Il cambio è uno strumento tecnicamente bellissimo, ma richiede cura e manutenzione, va regolato e pulito con costanza. Ma se usate la bici tutti i giorni vi passa presto la voglia di pulire la bici ogni volta che la prendete in mano.

Quando la lascio fuori d'inverno e magari nevica e torno a casa con la neve e il sale tirato su dalla strada, se avessi il cambio dovrei mettermi a pulire tutto. E non è bello starsene sotto zero a togliere neve dalla bici, ve l'assicuro. 

Senza cambio non m'importa, la lascio lì e che ci pensi la termodinamica.

Una bici senza cambio è più leggera, la trasmissione subisce meno attriti, la pedalata è più efficace. L'importante è scegliere un rapporto giusto, evitare di fare i supereroi con rapporti da crono a squadre (a volte è necessario affrontare un cavalcavia partendo da fermi, oppure giornate molto ventose, oppure giornate in cui non si sta bene) così come evitare di prepararsi ad un tappone di montagna, altrimenti ci si trova a far frullare le gambe come dei criceti sulla ruota. 

Ma come fai ad andare veloce? Pedalo più veloce.
Ma come fai ad andare in salita? Spingo più forte. 

Anzi, direi che le salite sono anche più facili. Col cambio pensavo sempre a che rapporto mettere, cercavo di trovare il compromesso tra ritmo di pedalata e fatica, un sacco di storie inutili. Adesso non ci penso più, quando c'è la salita mi alzo sui pedali e spingo. E quando la salita è troppo ripida, spingo di più. Anche perché non ho scelta.

Da quando non ho più il cambio, se salite hanno smesso di preoccuparmi del tutto.


Il fardello dell'uomo affardellato

Quando in azienda ero un semplice manovale mi chiedevo come mai i superiori amassero così tanto contornarsi di leccapiedi. Non riuscivo a capire che senso avesse stare con gente che aveva talmente poca dignità da azzerbinarsi in maniere così palesi da mettere in imbarazzo il conte Leopold von Sacher-Masoch.

Adesso che non sono più un manovale, mi sono reso conto che, eliminati i leccapiedi, non ti resta più nessuno intorno. Non credevo fosse possibile, ma è così. Quindi immagino che per chi non è un orso sociopatico come me sia davvero difficile rendersi conto che la gente che ti sta vicina lo fa solo per interesse. Anche perché l'alternativa è non avere nessuno vicino, solo i superiori che premono e i sottoposti che spingono.

Bella storia.

Scene da un matrimonio

Se non ho capito male, c'è stata la periodica gazzarra sul matrimonio gay. Non che io abbia un'opinione particolarmente intelligente a proposito, però non capisco tutta questa smania di avere il diritto di sposarsi.

Prendete i preti, che poi è quello il de quibus. La Chiesa è il più formidabile apparato di potere della storia dell'uomo. Hanno cominciato con 13 poveracci e una prostituta, nel giro di 300 anni hanno conquistato l'impero romano senza colpo ferire e dopo duemila anni sono ancora lì. Dite quello che volete, ma i preti sanno il fatto loro. 

Cosa c'entra il matrimonio? Semplice: i preti fanno di tutto perché vi sposiate e facciate figli. Ma loro, per entrare a far parte del clero, sono obbligati a non sposarsi e non avere figli.

Loro comandano da duemila anni, voi piegate la testa sempre. 

Amici gay, ancora tanto sicuri di volere matrimonio e adozione?

Soffitto di cristallo

Una mia collega è una di quelle donne molto sensibili alla condizione femminile nel mondo del lavoro. Soprattutto lamenta il fatto che nella nostra azienda ci siano così poche donne a livello di quadri e dirigenti.

Ultimamente si è aperta la possibilità di un posto di responsabilità (nemmeno tanta, ma non siamo una multinazionale con budget miliardari) e io ho cercato di convicerla a sgomitare e farsi avanti. Perché lei è una brava, professionale, adatta a quel ruolo. 

Mi ha risposto che lei no, non ci pensa proprio, perché non ha voglia di patire le sofferenze che quel posto di responsabilità comporta.

Ogni tanto penso che ci sia un motivo per cui gli sfruttati sono sfruttati. Poi ovviamente mi rendo conto che io, maschio maschilista, occupo una posizione circa equivalente e ovviamente me l'hanno data perché sono maschio e maschilista e, in quanto maschio maschilista, non devo mangiare la mia quotidiana porzione di merda solo per avere la possibilità di stare lì.

È che proprio c'è il soffitto di cristallo, capite?


Un veneto nella Mitteleuropa

Uno degli aspetti estranianti per un italiano all'estero è il quotidiano scontrarsi con i pregiudizi degli stranieri nei nostri confronti. Per esempio, in quanto italiani tutti si aspettano che si sia gioviali, canterini, simpatici e alla mano. Io sono veneto. Tanto brava gente noi veneti, ma solari proprio...

È una questione di ambiente. I tedeschi si immaginano l'Italia - tutta intera - come il posto del sole, del mare, del caldo. 'Na mezza africhetta, più moderata. Vanno in vacanza a Roma, a Napoli, in Sicilia, e vedono la gente che gesticola, che parla ad alta voce, in riva al mare che fa i tuffi.

Il problema è che quando sei veneto tu queste cose non le hai mai viste intorno a te. Dove sono nato e cresciuto io la natura offre quattro cose: sofego, caìvo, bromestega e iera (afa, nebbia, galaverna e ghiaia). In questo ambiente sono cresciute generazioni prima di me, contadini figli di contadini figli di contadini. Una zona agricola che, grazie ai quattro elementi di cui sopra, si è specializzata in una sola produzione: peagra (pellagra).

In queste condizioni si è sviluppato il tratto principale di noi veneti: l'incapacità di parlare, se non per frasi brevissime. Perché se devi seminare suturco (mais) per raccogliere fame, l'ultima cosa che vuoi fare è parlare. Devi stare chino sulla terra ghiaia e farla diventare un campo di grano. Devi lavorare e le parole non aiutano. E dopo 12 ore così torni a casa e lì non c'è proprio niente da dire, perché le uniche cose che hai da dire è meglio che te le tieni per te.

È anche il motivo per cui la bestemmia è tanto sviluppata in Veneto: essa permette di esprimere nella forma più concisa possibile il maggior numero di concetti pensabili. Fateci caso: la lunghezza della bestemmia corrisponde all'intervallo di tempo tra una zappata e l'altra e, essendo il veneto ricco di parole tronche, essa aiuta anche a modulare il respiro sulle esigenze dei lavori agricoli. Tra un colpo di vanga e l'altro, non c'è tempo per parlare; ma sentite come d**càn si inserisca perfettamente nello sforzo fisico e anzi lo agevoli, permettendo di mantenere l'espirazione in sincrono con la lama che tocca il terreno.

Intorno a questa necessità pratica si è dunque sviluppata la virtù fondamentale di noi veneti, che è quella di non parlare se non sia proprio proprio necessario. E la virtù si regola secondo la morale del taxi ("taci", la x equivale alla s intervocalica come in rosa. Non c'entrano i tassisti).

Fin dalla tenera età ogni veneto veniva istruito secondo il comandamento più importante, precedente e superiore a quelli mosaici, che recitava: taxi (taci). Notate che anche la morale veniva espressa per forme brevissime.

I pargoli si educano per mezzo del silenzio. Il bambino non ha voglia di mangiare? Magna e taxi (mangia e stai zitto). Il bambino non vuole dormire? Dormi e taxi. Io, che ho fatto le scuole elementari con la maestra unica vecchio stampo, ancora mi ricordo che l'unica attività ludica concessa ufficialmente era il gioco del silenzio, che consisteva nello stare seduti in classe e non dire niente, non fare rumore e non muoversi. In più, non era prevista la vittoria, ma solo la sconfitta, perché non si premiava chi stava più in silenzo, ma si puniva chi sgarrava. Oggi credo che una cosa del genere condurrebbe gli insegnanti alla galera, ma posso assicurare funzionava meglio di un'overdose di Ritalin.

La morale del taxi si è così radicata nel corso del tempo da divenire il metro di misura per eccellenza dei rapporti sociali. Meno si parla, più si vale. Al lavoro, tra gli amici, dappertutto. Persino quando si vuole esprimere assenso, si dice spesso taxi sù, che anca mi... (taci va, che anche io...).

Importante è capire che per un veneto lavorare e parlare sono entità mutualmente escludenti: se parli, non stai lavorando. Se lavori, non stai parlando. Ma sempre però: se qualcuno parla molto, per dire, il sabato mattina al bar, di sicuro è uno che non lavora mai. Se sospettano che non lavori bene, taci. Se vuoi fare bella figura con il capo, taci.

Ora, prendete questo veneto che sta scrivendo e trasferitelo nella Mitteleuropa e vedete che succede. Perché forse in molti non lo sanno, ma le aziende moderne e al passo coi tempi sono ossessionate dal far parlare i propri dipendenti. Non importa cosa dicono, l'importante è che parlino ed esprimano la propria opinione. Se non lo fate, vuol dire che non vi impegnate e non vi interessano le sorti dell'azienda.

In pratica ci sono due mondi che si scontrano: per loro io non parlo e quindi non lavoro. Per me loro parlano e quindi non lavorano. Purtroppo loro non possono capire il valore del tacere e non glielo si può spiegare, in più si aspettano di trovare il tipico italiano tutto gesti e voce alta, e prova a fargli capire che no, non siamo tutti così e anzi, io sono pure parecchio orgoglioso di parlare poco.

Poi c'è che in Mitteleuropa, appena arrivi, sembrano tutti gentili. E una pensa "ah vedi, quindi non mi mandano a quel paese ogni 5 minuti, senti che ben che sta." Dopo un po' scopri che si scrive gentilezza, ma si legge "pompini davanti, coltelli nella schiena". Quindi tu non puoi mandare a quel paese nessuno, perché si spaventano (giuro), ma loro non si fanno problemi a cercare di rovinarti la reputazione in azienda.

Ma non è neanche quello alla fine. È una questione di linguaggio. Basta imparare a tradurre quello che vorresti dire dal veneto in aziendalese. All'inizio è dura, ma adesso credo di cavarmela discretamente. Ecco alcuni esempi.

No te capisse un casso! (non capisci un cazzo) = we need to improve communication between my department and yours.

Testa da batar pai! (sei un testa buona solo a battere i pali) = we should develop a tool that will allow you to handle the workload in a more efficient way.

D**cànit is imperative that we improve our productivity. I will analyse the issue and I will provide you with a detailed report ASAP.


Diiiiiiop**co = you should open a ticket for the IT department. Should you have requests or doubts, please refer to Franz Schwanz. In the meanwhile try to reboot your machine. 


***camadonna = I rebooted the machine twice. I unplugged the power supply and removed the ethernet cable, the keyboard, the mouse, the screen. Apparently it did not work, but I can try again, if you think it might help.


Eora va in mona de to mare sfondrada (meglio che non traduco) = Ok, I am going to connect to your machine, please do not touch the mouse and do not press any key. But reboot it first, let's see if that solves the problem. 


Mori (muori) = thank you.


Ciàvate (fottiti) = no problem.

[Detto di dirigente] Coiòn (coglione) = he should avoid micromanagement.

Resto comunque dell'idea che chi parla tanto non sta lavorando o sta cercando di praticare fellatio ai superiori. Ma mi devo adattare.