Il responso delle urne

Come tutti coloro che hanno una formazione classica, mi viene abbastanza naturale ritenere che l'esito della forma politica chiamata democrazia sia l'oclocrazia (democrazia e oclocrazia per i pensatori greci erano la stessa cosa, solo che democrazia aveva una accezione più neutra, oclocrazia apertamente dispregiativa).

Non è che me lo invento io: la democrazia ateniese non era una democrazia nel senso odierno e, se paragonata alla nostra, era fortemente classista e sessista. Anche il pensiero democratico moderno, in Francia e America, si prefiggeva una forma di governo chiamata democratica, in cui però la massa della popolazione era sostanzialmente esclusa dall'esercizio effettivo del potere. E ovviamente questo limite era di natura classista e sessista. 

Tuttavia il mio background politico è sostanzialmente libertario (si è modificato nel tempo, ovviamente, ma libertario resta). Mi è difficile definirmi anarchico perché nella vulgata corrente il termine ha precisi riferimenti ideologici che non mi appartengono, ma in generale diciamo che mi identifico molto nell'idea di socialismo liberale, in cui il pensiero libertario si appoggia sia sui pilastri del liberalismo (libertà individuale, diritti politici) che su quelli del socialismo (la libertà individuale e i diritti politici servono a niente se non si cerca di migliorare le condizioni materiali della società in generale).

Il cambiamento principale che è avvenuto nella mia forma di pensiero è dovuto all'esperienza, naturalmente. A vent'anni il mio pensiero era sostanzialmente teorico, oggi si è dovuto aggiustare in base ai dati che ho "raccolto" nel frattempo. 

La parte più difficile è stata cercare di far convivere l'ispirazione libertaria con l'evidenza che la maggior parte delle persone non vuole la libertà, tranne che per sé e solo quando si accorge che altri gliela portano via (esempio banalissimo: gli "anarchici" che professano il crollo dello stato e cercano lo scontro con la polizia e che poi rivendicano a gran voce i diritti dell'imputato tipici delle democrazie liberali borghesi, il welfare state e la scuola gratuita di stato).

Un chiaro esempio di dissonanza cognitiva: la tua visione del mondo cozza con i dati dell'esperienza. Cosa fare? Credo che il mio errore di partenza sia stato abbastanza banale. Siccome io, se lasciato senza controlli esterni, so gestire la mia libertà senza fare danni a me e agli altri, siccome non sento il bisogno di avere uno stato paternalistico che mi abbraccia dalla culla alla tomba, siccome mi rendo conto che quando lo stato ti offre qualcosa lo fa per un suo tornaconto, ho sempre pensato che sarebbe andato bene a tutti vivere in libertà.

Ma non è così: un sacco di gente, quando la lasci libera, non sa gestirsi, ha bisogno della presenza statale dalla culla alla tomba e chiede, se non con le parole con le azioni, uno stato presente e forte, che sollevi il singolo dal peso di troppe responsabilità.

Detto questo, una democrazia radicale come la nostra, dove il potere politico trae forza dal consenso di milioni di persone, è destinata a mutarsi in oclocrazia. Non c'è verso di gestire un gruppo sociale mantenendo il consenso senza che questo porti a risultati pessimi. La gara al consenso è gara al ribasso, perché bisogna puntare al minimo comune denominatore all'interno di un gruppo sociale estremamente eterogeneo.

E l'oclocrazia è l'anticamera della dittatura. Storicamente i governi dell'uomo forte sono quei governi che fondano il proprio potere sul consenso delle masse per aggirare il potere delle elite dominanti. Ovviamente il consenso è estorto con l'inganno e la manipolazione, e con una buona quantità di violenza, ma non è questo il punto. Storicamente le masse tendono ad appoggiare una figura forte, che si appella a loro direttamente pur non facendone minimamente gli interessi, se non in misura minore per alcuni aspetti materiali.

Cesare, Napoleone, Mussolini, Lenin, Hitler erano l'espressione di questa tendenza naturale delle masse a scegliere l'uomo forte.

Quindi non c'è da stupirsi che il voto democratico porti agli esiti che sappiamo; è inutile chiedersi perché "la ggente" vota chi non fa i suoi interessi. E' connaturato nel sistema democratico che concede la possibilità a milioni di individui di delegare il potere politico.

Come la penso io? Che il processo democratico non mi interessa più, né mi interessa la politica attiva in qualunque forma. La necessità di avere consenso per poter agire la rende di per sé inefficace. Se io, sul posto di lavoro, dovessi cercare il consenso del gruppo che dirigo, avrei due strade: o ingannarli e fare comunque quello che voglio, o perdere clienti e dopo un po' anche il lavoro per tutti. Per fortuna invece devo scegliere in base a quello che considero il modo migliore di agire, e anche se non ho il consenso di nessuno, posso farlo lo stesso. E se sbaglio, pago io, non chi ha seguito le mie decisioni. E questo va contro ogni principio democratico.

E la libertà è divenuta una condizione personale e non mi preoccupo più tanto di quella degli altri. 

Scatto

Alla fine ci sono caduto e ho voluto provare. Mi sono preso una bici a scatto fisso (di quelle scrause, che i veri bike ti ridono dietro se ti vedono). 

Prime impressioni a caldo, considerando che comunque vengo da un'esperienza con una bici poco diversa, a parte appunto lo scatto fisso.

1. È così difficile da guidare? Non tanto, ci vuole un po' ad abituarsi, ma niente di drammatico; quando si va molto veloce a volte viene spontaneo fermare le gambe e allora c'è il rischio di essere disarcionati, ma si impara presto.

2. È più divertente di una bici normale? Sì, perché aggiunge quel pizzico di difficoltà che però non sconfina nella frustrazione.

3. È comoda in città? Sì, molto, il fatto di poter regolare la velocità con i pedali senza frenare è un grosso vantaggio, si ha molto più controllo. Ma ripeto che io venivo da una bici praticamente uguale, giravo già da prima con i pedali clipless e magari per altri l'esperienza sarebbe diversa.

4. Si fa più fatica? Un pochino, ma non ho notato differenze sostanziali. L'unica cosa è che frenare con le gambe si sente abbastanza sulle ginocchia, quello sì.

5. È vero che ti dà sensazioni completamente diverse, che ti senti un tutt'uno con il mezzo e con la strada? No. Cioè, non più che con qualsiasi altra bici, ovviamente.

6. Ti fa pensare ad una filosofia diversa di vita e di mobilità sostenibile? No. Cioè, non più che con qualsiasi altra bici, ovviamente.

7. Ma te vai brakeless? No.

Tutti i cretesi hanno una mappa

Insomma, ad essere onesti deve essere ormai trascorso qualche anno da quando ho avuto l'ultima discussione seria riguardo politica, religione, musica e un sacco di altre questioni. Non perché mi manchino gli interlocutori, ma è che mi è passata la voglia. Ci ho messo un po' a razionalizzarne il motivo, ma penso di esserci arrivato. 

Ora però voi non offendetevi per quanto sto per scrivere, tutto è inteso "esclusi i presenti", com'è costume. 

La voglia mi è passata perché dopo tante discussioni, in internet e nel mondo reale, mi sono reso conto che non c'era alcuna discussione - o dialogo - nel senso platonico: si poteva andare avanti per delle ore e mancava qualunque progresso dalle posizioni iniziali e una completa assenza di condivisione di almeno alcuni punti di partenza. Si può discutere se le orbite dei pianeti siano delle circonferenze con il Sole al centro oppure delle ellissi in cui il Sole occupa uno dei due fuochi, ma per farlo bisogna essere tutti copernicani. Se invece un tolemaico e un copernicano si mettono a dibattere la questione, senza nemmeno accorgersi della differenza di base, potranno andare avanti dei mesi a chiaccherare, ma non ne ricaveranno mai niente.

L'esempio dei copernicani e dei tolemaici lo faccio perché è il classico contrasto tra due opposte visioni del mondo, letteralmente. L'unica discussione che le due fazioni potevano avere consisteva nel convincere l'altro dell'errore e fargli cambiare idea. 

Tornando a noi: nel tempo mi sono convinto che le idee politiche, le idee religiose, la musica che si ascolta non sono altro che visioni del mondo. O meglio, sono una mappa della realtà nella quale si distingue ciò che è giusto e ciò che è sbagliato per essere sicuri di stare sempre nel giusto. È ovvio, nessuno vuole stare nel torto e in qualche modo bisogna sapere come evitarlo. 

Così, quando qualcuno mi parla di politica, non mi sta esprimendo un'analisi della situazione politica in un dato contesto, ma mi (e si) sta dicendo invece: io voto x e quindi sono nel giusto, quindi sono giusto. Quando qualcuno mi parla di religione, mi (e si) sta dicendo: io credo in y e quindi sono nel giusto, quindi sono giusto. Quando qualcuno mi parla di musica, mi (e si) sta dicendo: io ascolto z e quindi sono nel giusto, quindi sono giusto. 

Ma lo stesso vale per qualsiasi cosa vi possa interessare: se entrare in un forum di appassionati di biciclette vedrete gli stessi meccanismi. Il fatto di andare in bicicletta diventa un filtro per interpretare il reale e, ovviamente, chi va in bicicletta si sente dalla parte del giusto, si sente giusto e migliore di chi non è dalla sua parte. Provate a vedere i forum o i blog di arti marziali: stessa cosa, io pratico la tale arte marziale, quindi capisco il mondo meglio di chi non la pratica, quindi sono migliore. 

Discutere di praticamente qualunque questione diventa impossibile, a meno che non si vada d'accordo a priori, per due motivi: primo, le visioni del mondo sono autoescludenti. Ma questo non sarebbe un grosso problema, perché in fondo ognuno la pensa come vuole e poi si va a bere una birra. Il vero motivo è che parlare di politica, per esempio, non significa parlare di una serie di eventi e dei loro esiti, ma mettere in discussione la mappa mentale dell'interlocutore, di conseguenza mettere in discussione la sua distinzione tra giusto e sbagliato, di conseguenza mettere in discussione la giustezza stessa dell'interlocutore.

Quando qualcuno vi parla di politica (o di religione, o di qualunque altra cosa), non vi sta parlando di politica, vi sta convincendo della sua giustezza in quanto essere umano. Per contro, se voi non siete d'accordo con lui, non state dubitando dell'idea politica che segue, ma della sua giustezza in quanto persona. 

Siccome tutti abbiamo bisogno di queste mappe mentali e tutti abbiamo bisogno di sapere che siamo nella parte giusta della mappa e che quindi siamo persone giuste, avere qualcuno che tenta di rimuovere quella sicurezza diventa destabilizzante. Non possiamo dubitare di essere nel giusto come persone, altrimenti tutta la nostra vita diventa senza senso.

Quindi io non discuto più con nessuno non perché pensi che gli altri hanno torto, ma perché mi rendo conto che significherebbe andare a mettere in discussione la loro persona e la loro consapevolezza del mondo e della realtà. Siccome non direi mai a nessuno che è sbagliato in quanto persona, io do sempre ragione a tutti, a prescindere, così almeno lo faccio contento e so che si sente meglio per avere qualcuno che la pensa come lui. 

L'unico problema di questo discorso è che ovviamente è a sua volta una mappa mentale che mi sono costruito io, per essere sicuro di essere nella parte giusta e quindi di essere giusto. E in sostanza, affermando questa idea, cado nel paradosso del mentitore: se tutte le visioni del mondo sono solo mappe mentali ad uso di chi le crea, anche ritenere che tutte le visioni del mondo sono una mappa mentale è una mappa mentale e pertanto se è vera la prima, non è vera la seconda; se è vera la seconda, non è vera la prima.

Il che dimostra che devo scopare di più e pensare di meno.