Viaggiare in Germania (poco adatto all'ufficio)

Una delle cose per cui i tedeschi sono conosciuti è la loro passione per il viaggio. Altra cosa per cui sono conosciuti è la tradizione automobilistica. Le due cose, unite, hanno prodotto la celebre Autobahn, la rete autostradale. Chilometri e chilometri di autostrada senza pedaggio che vi portano ovunque vogliate.

Un popolo abituato ai lunghi viaggi in autostrada sviluppa la capacità di prevedere le vere necessità del viaggiatore, soprattutto di quello solitario. Ecco allora che in ogni stazione di sosta delle autostrade tedesche, si trova una praticissima...

pisella da viaggio.

Utilissima per chiunque viaggi da solo e abbia bisogno di rilassarsi dopo le lunghe ore al volante, arriva corredata di ogni accessorio.

La foto è dimostrativa. Il contenuto può essere diverso da quello mostrato.

Prima dell'uso leggere attentamente le istruzioni.

Una volta gonfiata, la vostra pisella da viaggio è pronta per l'uso.

Adatta a tutte le misure.

Indistinguibile da una reale.

Al modico prezzo di 4 euro, il kit comprende inoltre un aiuto concreto al soddisfacimento delle virili esigenze:

Per i contemplativi.

Per chi desidera maggiore interattività.

La pisella da viaggio è anche una simpatica idea regalo per compleanni, addi al celibato e (perché no?) anche Natale, battesimi e prime comunioni.  

Allevatori contro imbottigliatori

Le grandi illuminazioni avvengono quando si sta facendo qualcosa di assolutamente non correlato alla scoperta. La mela, la gravità, Newton. Allora, io in questa estate di mondiali di calcio mi sono dovuto sorbire un bel po' di partite, quelle cose tipo Giappone-Camerun o Slovenia-USA. Cosa può succedere a guardare la nazionale di un Paese che chiama “football” uno sport che prevede di portare in giro con le mani una palla che non è nemmeno una vera palla? (la battuta non è mia, l'ho presa dal comico John Cleese. Impara, Luttazzi)

Succede che ti metti a tifare a favore o contro. Perché? C'è un motivo? No, non c'è alcun motivo per sperare che il Giappone batta il Camerun. A posteriori si può razionalizzare questo atteggiamento spiegando a vostra moglie che siete cresciuti guardano Holly e Benji, ma non è così.

O meglio, il motivo è che si fa il tifo per fare il tifo. È un istinto naturale. Date due fazioni, si tende automaticamente a parteggiare per l'una o per l'altra, anche se non se ne ricava alcun utile materiale o spirituale.

Sempre durante i mondiali, un giorno in pausa pranzo stavo parlando del più e del meno con la padrona, quando la si butta in politica e arriva la domanda “ma perché la gente vota Berlusconi”. Domanda che per uno straniero è lecita, visto che non è possibile trovare qualcuno che voti Berlusconi o a cui piaccia Berlusconi. Il dubbio è il seguente “ma se fa così tanto schifo come dite, perché lo votano?”

E lì ho avuto l'illuminazione. Perché votano Berlusconi? Perché è una delle due opzioni disponibili, quindi tendenzialmente metà degli elettori voterà per la sua fazione. Quando c'erano la DC e il PCI, si votava o DC o PCI; quando sono caduti, abbiamo forse smesso di votare? Giammai! Avevamo altre due opzioni, abbiamo continuato a sceglierne una, come se niente fosse.

E qui si spiega anche il potere mediatico reale di Berlusconi, in maniera più convincente di quello che si sente dire di solito. Berlusconi ha tre televisioni nazionali e bel po' di giornali. Quando si butta in politica, riesce a farsi passare come l'alternativa alla sinistra. Grazie all'enorme potere comunicativo della televisione e dei suoi volti familiari crea l'immagine di una coalizione di destra che non esiste se non sulla carta (Forza Italia non è mai esistita, l'MSI era un partitucolo, la Lega prendeva voti in – quante? – 5 regioni italiane) quale alternativa all'unica forza politica di un certo peso rimasta, il PDS.

A quel punto tutto il corpo elettorale si è trovato di fronte all'alternativa Berlusconi o PDS. Non importano i programmi, la storia, la politica, le ideologie: ci sono due fazioni e io devo sceglierne una. Tanto è gratis, nessuno sa cosa voto, e sono anche convinto che se vince una delle due fazioni avrò dei vantaggi diretti oppure, se non vince l'altra, non avrò degli svantaggi tangibili.

Tutto qua. Se domani Berlusconi sparisse e il PD sparisse e ci trovassimo come alternativa il Partito degli Allevatori di Mio Mini Pony contro il Partito degli Imbottigliatori di Aria Fritta, il corpo elettorale si spaccherà a metà, e comincerà la stessa solfa che si sente oggi tra i sostenitori di Berlusconi e quelli del PD.

Non è vero che state già pensando se preferite gli allevatori o gli imbottigliatori? Non potete farne a meno, dite la verità. Alla domanda “perché votano Berlusconi”, la risposta è perché Berlusconi è una delle opzioni e, finché ci sarà, prenderà voti. Quando non ci sarà più, qualcuno lo sostituirà e continueremo a scegliere tra le due fazioni. Come se niente fosse.

Il tunnel

Un lettore ci ha mandato la sua testimonianza sulla sua brutta dipendenza. Pubblichiamo solo alcuni brani significativi, ma questo spaccato di sofferenza e dolore di vivere, ma anche si speranza e redenzione, merita di essere condiviso, anche e soprattutto per tutti quelli che stanno soffrendo lo stesso. Per gli ovvi motivi non riveleremo l'identità del lettore.


Giorno 1
Sono partito con grande entusiasmo. So che ce la posso fare. Ho deciso di tenere un diario per aiutarmi a superare la possibile crisi d'astinenza. I miei amici non sanno niente. La mia ragazza nemmeno. Voglio fare una sorpresa al mondo intero.

Giorno 2
Ieri è stata meno dura di quanto pensassi. Credevo che arrivare a sera fosse una pena, come quando si smette di fumare. Invece sono andato via liscio. Dai, che se continuo così sarà un passeggiata di salute.

Giorno 3
Immagino che l'entusiasmo iniziale stia svanendo, perché adesso non mi sembra così facile. Ci penso ogni momento della giornata. La gente mi parla, io non li ascolto, li sento solo in sottofondo mentre la mia mente è sempre lì, sempre lì, sempre lì.

[…]

Giorno 10
Non è facile, non è facile per niente. Il primo giorno è stato l'unico davvero facile. Spero che la sera arrivi presto, così posso dormire e non pensare più a niente. È come se avessero tolto il puntello alle mie giornate, è come aver perso il collante che teneva insieme la mia quotidianità. Adesso ogni giorno è solo una sequenza di fatti slegati senza senso.

[...]

Giorno 30
Il primo mese da quando ho smesso. Molto lentamente comincio a non pensarci più, ma è quasi impossibile farne a meno. Soprattutto con gli amici, ma anche in ufficio, è una presenza costante, tutto e tutti mi ricordano cosa voglia dire farne a meno. Sono consapevole di avere un problema, e ancor di più da quando vedo gli altri. Io ero come loro fino a quattro settimane fa e non voglio più.

Giorno 31
Che coincidenza: ieri sera prima di dormire Alessandra mi ha detto che le sembravo cambiato e che le ultime due settimane sono state deliziose. Le ho chiesto perché. Mi ha risposto che mi vede più sereno e disponibile, molto più presente e attento. Ha voluto sapere che cosa fosse successo, ho detto “non lo so, niente”. Dentro di me ero felicissimo, è stato uno stimolo fortissimo a continuare e a non mollare.

[…]

Giorno 78
Oggi stavo quasi per cedere. In ufficio tutti parlavano della nuova proposta di legge del governo e io non sapevo cosa fare. Più di due mesi senza leggere il giornale e mi sentivo ad anni luce di distanza da loro. Erano arrabbiati, infuriati, alzavano la voce e mi chiedevano di partecipare alla discussione, di prendere una posizione, di spiegare a chi non era d'accordo con loro per quale motivo stesse sbagliando. Non potevo dir nulla, non sapevo di cosa stessero parlando. Al loro confronto parevo un'ameba.

Giorno 79
Non la smettono di discutere di questa proposta di legge. Mi faccio violenza e non uso internet per leggere i giornali. Eppure sono lì, facilissimi da raggiungere, tutta quell'informazione a mia disposizione. Ma devo resistere, ce la posso fare. Devo inventarmi qualcosa. Non devo leggere i giornali.

Giorno 80
Ho adottato una nuova strategia. Quando iniziano a discutere della legge, faccio finta di avere qualcosa da fare e me ne vado. Per distrarmi, vado a parlare con la segretaria e con la receptionist. Del tempo, dei loro telefilm preferiti. La segretaria ha anche una bambina: le ho promesso che io e Alessandra possiamo farle da baby-sitter, se qualche sera ha voglia di uscire. La ragazza alla reception invece studia e lavora per pagarsi le tasse universitarie.

[…]

Giorno 234
Non vorrei esagerare con l'ottimismo, ma le cose stanno andando proprio bene. Per esempio, nell'ultima settimana non c'è stato un solo momento in cui abbia pensato alle notizie, a tenermi informato o a leggere un giornale. Soltanto qualche mese non facevo altro. Alla fine ho dovuto dire ad Alessandra che mi stavo disintossicando dai giornali ed era per questo che mi vedeva molto più sereno e presente. All'inizio non sapeva come reagire, ma visto l'effetto mi ha supportato in tutto e per tutto.

Giorno 235
Incredibile! La ragazza della reception, che ha tipo 10 anni meno di me, che potrebbe avere tutti gli uomini che vuole, quella che tutti pensano che se la tiri perché si crede tanto bella, ci sta provando praticamente senza sosta. All'inizio pensavo che certe battuttine fossero così, senza senso, ma ormai è chiaro che ci sta. Non che voglia fare niente, io ho Alessandra, ma cavolo se mi fa piacere. E solo perché in pausa caffè mi fermo da lei a fare due chiacchere invece che litigare con i colleghi sulla finanziaria.

[…]

Giorno 311
Ah, se penso a com'ero dieci mesi fa... 311 giorni senza toccare un giornale o guardare un TG. Ormai non aggiorno quasi più questo diario, tanto non ho più niente da scrivere. Non sento più la mancanza delle notizie, non ho più paura di andare online e cedere al desiderio di informarmi. Con Alessandra va come meglio non potrebbe andare.

[…]

Giorno 365
Un anno! Un anno senza leggere i giornali. Ne sono fuori, mi sento un uomo nuovo, l'aria che mi entra nei polmoni è fresca come non lo è stata mai, il cibo ha un sapore come nessun altro prima.

Prima di smettere, le mie giornate iniziavano con un'arrabbiatura di quelle da manuale. Già alla prima pagina iniziavo a inveire dentro di me; poi mi arrabbiavo con i colleghi, che non capivano niente, che leggevano il giornale “sbagliato”, che si facevano abbindolare da notizie “preconfezionate”. Poi la sera su Facebook, o al pub con gli amici, ancora incazzature perché e la legge, e il governo, e la guerra e tutto quanto. E hai letto l'articolo questo, e l'hai letto l'editoriale quest'altro.

Oggi invece basta. Mi sveglio, faccio colazione e non sono arrabbiato. Vado al lavoro e non sono arrabbiato. Non litigo con i colleghi. Non vado avanti per delle ore a discutere con i miei amici. Non inoltro e condivido come un forsennato articolo dopo articolo tutto quello che trovo in rete.

Pensavo che sarei diventato ignorante e stupido. Temevo di tramutarmi in un pessimo cittadino. Invece ho scoperto che non leggere i giornali non crea nessun disturbo alla propria intelligenza e cultura. Mi sono reso conto che per anni ho creduto di ricevere sapere e conoscenza, ed invece erano solo paccottiglia venduta un euro a copia, buona per avere un motivo per insultarsi al bar, ma niente di più. Ero come un cagnolino addestrato ad abbaiare a comando, bastava suonare la camapanella della notizia del secolo che mi mettevo in piedi sulle zampine posteriori e mostravo i dentini affilati.

Del mondo non ne so meno oggi di quanto ne sapessi un anno fa, solo che sono più sereno, mi dedico alla mia donna, sono più gentile con i colleghi e non litigo più con gli amici. Sono rinato e non sono mai stato così soddisfatto in vita mia.

Copiare, diffondere e piratare

Vorrei spiegare di preciso i termini sotto i quali questo blog è pubblicato. Come si può vedere a fondo pagina, il contenuto di Ottagono Irregolare è pubblicato sotto licenza Creative Commons 3.0 Attribuzione – Non Commerciale – Non Opere Derivate.

Cosa vuol dire in pratica? Vuol dire che innanzitutto è poco più che un accordo tra gentiluomini, perché io non avrei né i soldi, né il tempo, né la voglia di portare in tribunale qualcuno se ruba il mio giocattolo preferito. Ma entriamo nello specifico.

Tutto il contenuto di questo blog può essere copiato, condiviso e trasmesso, a patto che:

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  3. non creiate opere derivate da esso. Significa che non potete dirigere un film basato sul contenuto del blog, o un fumetto; significa anche che non potete tradurlo in un'altra lingua.

Finché volete copiare e condividere il contenuto di questo blog rispettando questi punti, non avete bisogno di chiedere il permesso, perché è implicito nella licenza. Se volete chiedere il permesso, non fatelo nello spazio dei commenti: è già capitato che una lettrice sia rimasta in attesa di una risposta per mesi, perché quel particolare commento mi è sfuggito; mandate una mail.

Tutti gli utilizzi al di fuori di questa licenza non sono vietati in assoluto, ma possono essere adottati solo previa autorizzazione da parte mia. Al solito, scrivete una mail. Questo vale soprattutto per il punto 3: dubito che qualcuno voglia fare un video a partire dal contenuto di un post, ma altri potrebbero volerlo tradurre, per esempio, o farne altre cose strane. Ovviamente non sono contrario, ma preferisco esserne a conoscenza ed assicurarmi che l'opera derivata rispetti lo spirito dell'originale.


Domande Poste di Frequente

Perché questa licenza? Ritieni che la cultura sia un diritto dei cittadini della rete e che debba poter essere trasmessa senza limiti?

No.

Pensi che l'informazione debba essere gratuita e che non si debba in alcun modo fermare?

No.

Pensi che la cultura sia un patrimonio di tutti e che debba essere slegata dalle logiche del profitto capitalista?

No.

Pensi che il copyright sia il simbolo di un modo vecchio, egoista e avido di concepire l'arte?

No. Penso che il copyright sia l'espressione di uno stadio tecnologico sorpassato. Ha funzionato finché esisteva un mercato delle copie. Ed il mercato delle copie è esistito finché fare delle copie costava molti soldi ed era più conveniente comprare una copia che farsela da sé. Oggi fare copie non costa quasi nulla e cercare di mantenere un mercato del genere non ha senso, è il proverbiale frigo venduto agli eschimesi. Infatti l'unico modo in cui ci si riesce è attraverso l'uso della forza; senza la coercizione dello Stato, il mercato delle copie non esisterebbe e nessun imprenditore si metterebbe in testa di far soldi vendendo copie.

Ma non pensi che senza il copyright gli artisti non potrebbero vivere del loro lavoro?

No, perché il loro lavoro non consiste nel vendere copie del lavoro altrui, ma nel creare contenuti originali. Infatti gli autori vendono alle società produttrici di copie il diritto di copiare il proprio lavoro, ed il loro guadagno deriva principalmente da questa vendita. In teoria gli autori, una volta venduto il diritto di copiare la propria opera, non potrebbero copiarla a loro volta.

Caso diverso invece per chi produce software, perché il loro lavoro non è venderne delle copie, ma purtroppo la tecnologia che permette la diffusione del software è la stessa che permette la copia a costo quasi nullo, quindi si trovano ad avere gli svantaggi dell'industria tradizionale (costi di produzione alti) ed insieme gli svantaggi dell'industria digitale (facilità di copiare il loro lavoro).

Come pensi che musicisti/scrittori/artisti possano guadagnare abbastanza da potersi dedicare esclusivamente alla produzione di opere originali?

Non lo so. Se qualcuno decide di vendere un romanzo, è sua responsabilità trovare un modo di farlo pagare al lettore. Ma se il produttore di contenuti vuole affidarsi a chi per lavoro vende copie, deve rendersi conto che il mercato delle copie sta morendo a causa della tecnologia e che non c'è modo di vivere dedicandosi ad un mercato morto.

Cosa pensi dei DRM e di tutti i metodi trovati fino ad ora per impedire la copia di opere soggete a copyright?

Ogni azienda ha il diritto di cercare di impedire la copia di ciò che vende, attraverso i mezzi tecnologici che ritiene più opportuni (senza che questi danneggino il software o l'hardware dell'utente). Trovo inaccettabile che tali aziende possano usufruire, e gratuitamente, della forza coercitiva dello Stato per mantenere in vita un mercato che altrimenti – per loro stessa ammissione – non esisterebbe nemmeno.

Quindi tu non faresti mai pagare per leggere il tuo blog?

Personalmente vorrei che ogni lettore pagasse 5000 euro al mese per leggere il mio blog, ma i lettori no. Se fossi una grossa casa editrice, farei in modo che il Parlamento emani una legge che obblighi tutti i miei lettori a versarmi 5000 euro al mese e avrei a disposizione l'intera Polizia Postale per sgamare chi sgarra. Ma sono solo un blogger sconosciuto e non ho altra scelta che mantenere il blog gratuito.

Che cosa pensi di chi fa pagare per accedere al proprio sito?

Fa bene.

Cosa pensi della pubblicità nei blog?

Crea l'effetto Formula 1: di fronte ad una serie di pubblicità che si muovono veloci sullo schermo, o ti addormenti o cambi canale. Era una battuta. In realtà non ho idea di cosa sia la pubblicità sui blog: io utilizzo come browser Firefox, cui ho aggiunto due estensioni (NoScript e Adblock Plus) che bloccano in automatico ogni pubblicità ed ogni forma di script della pagina. È la ragione per cui non metto pubblicità nel mio blog: nessuno la vedrebbe.

Ti sei scelto come nickname un nome protetto da copyright. Come lo giustifichi?

Ammesso che il nome sia veramente soggetto a copyright (la foto che uso nel profilo sicuramente lo è), è una forma di omaggio: non utilizzo quel nome per fare soldi, né per avere accessi al blog. È come chiamarsi “Madame Bovary” o “Otello”. I proprietari dei diritti possono comunque contattarmi, nel caso in cui vogliano avere spiegazioni.

Chi fa, sbaglia

Da quando ho trovato un lavoro sicuro, devo costantemente scrivere in inglese a della gente che può essere indifferentemente un madrelingua inglese, un giapponese, un altro italiano o sa il cielo chi. Fondamentale è scrivere senza errori. Nessuno pretende da me opere in prosa degne di Joyce, però non sono ammesse grafie scorrette, errori di battitura o di sintassi, perché è segno di poco rispetto verso chi legge e perché sintomo di poca professionalità e sciatteria, così i clienti vanno da un'altra parte, l'azienda non vede più soldi, io finisco disoccupato e poi ci sarà il divorzio e i figli sono infelici.

Contemporaneamente però non è che si può star lì a ricontrollare cento volte, dormirci sopra, farlo leggere ad altri. Bisogna fare presto e bene (che lo sono che non conviene, però bisogna e basta). E in una lingua diversa dalla propria, dove è facilissimo lasciarsi scappare l'errore.

Ciò detto, da neolaureato ero un potenziale grammar whore (una persona patologicamente attenta alla correttezza grammaticale). Per molti tra coloro che escono da facoltà umanistiche diventa abbastanza normale essere ossesionati dalla corretta grafia, dalla presenza di segni diacritici e di interpunzione e cose così. Come tutti quelli che sanno far bene qualcosa, è un attimo distrarsi e cominciare a ritenersi moralmente ed ontologicamente superiori a tutti coloro che non la sanno fare (immagino che anche i camorristi ritengano che il loro lavoro sia il più difficile e quello che richiede più intelligenza).

Il lavoro mi ha cambiato. Il dover scrivere senza errori non per vezzo ma per necessità mi ha fatto capire quanto sia difficile in realtà scrivere senza errori. Soprattutto, ho capito che puoi permetterti di essere un grammar whore solo finché non c'è nessuno che controlla sistematicamente tutto quello che scrivi. Quando quel qualcuno c'è, come nel mio caso, il tuo bel castello di carte crolla tristemente.

Di conseguenza non stupitevi se rispondo male quando qualcuno gioca a fare la maestra e, insinuando chissà quali nefandezze, mi fa notare con orrore che ho scritto “qual'è” e “un'uomo”, oppure che ho mancato qualche “acca” nel verbo avere.

Non mi riferisco a chi mi corregge un errore di battitura nel blog: anzi, credo di aver sempre ringraziato per questo, e se non l'ho fatto lo faccio ora cumulativamente. Mi riferisco a quelli che dicono “sono sicuro che nel tuo lavoro sei bravissimo, però 'qual' è troncamento e non elisione e quell'apostrofo non si può proprio vedere. Scusa se te lo dico, ma è un pugno in un occhio”.

Costoro mi irritano perché intendono insinuare che l'interlocutore sia stupido o ignorante. Se non è capace di scrivere, figuriamoci tutto il resto, compreso il suo lavoro. Inoltre, so per esperienza che fare il maestrino dalla penna rossa è puro cazzeggio esistenziale: la tua mente è talmente sgombra di pensieri, preoccupazioni ed impegni che puoi permetterti di dedicarti agli errori di ortografia altrui. E non hai imparato una delle cose fondamentali della vita: agire comporta sbagliare e l'assenza di errore è sintomo di due sole cose: mancanza di controlli o mancanza di azione. Se credi di essere senza errore, significa che nessuno controlla quello che fai oppure che non fai niente. Insomma, cazzeggio esistenziale.

In aggiunta, mi spaventano perché hanno una scala di valori in cui un apostrofo sta più in alto dell'istinto di evitare il contrasto con un altro essere umano. Niente di buono può venire da un atteggiamento del genere.

Infine, a scrivere si impara da bambini, insieme a leggere, far di conto, camminare e andare in bicicletta. Sono attività che si compiono in automatico e capita a tutti di leggere male un testo, sbagliare a fare un'addizione al supermercato, inciampare sul marciapiede o cadere dalla bicicletta. Vi credereste intellettualmente superiori ad una persona che dà un euro di meno alla cassiera o che mette il piede in fallo salendo sull'autobus? Spero di no. Ecco, un errore di ortografia è la stessa cosa, non è grave, sono normodotato e lo so da me che 'qual' si scrive senza accento apostrofo.

E chi me lo fa notare, si crede migliore per saper svolgere un'attività alla portata di un bambino di 7 anni. Bravi, volete anche il busto in piazza?

Mamma, Ciccio mi tocca

Avete presente tutti quei docenti, ricercatori universitari, professori di liceo che alimentano da sempre la litania della scuola e dell'università che non sono meritocratiche, dove va avanti solo chi si sottomette alle storture del sistema eccetera eccetera?

Non fanno quasi tenerezza? Fanno parte di quel sistema, sono stati accettati da quel sistema, quindi implicitamente ammettono che loro sono un bel gruppo di pappatori di tasse altrui (è semplice logica: tu dici che il sistema accetta solo gli amici degli amici, tu sei stato accettato dal sistema, vuol dire che anche tu sei amico di un amico), però poi vi spiegano con tono serioso e ditino alzato che il sistema brutto e cattivo va cambiato altrimenti perdiamo “competitività” (massì dai, “competitività” e “social web” ci stanno sempre bene).

Perché ricordate: in Italia vanno avanti solo i raccomandati e gli incapaci. Tranne loro. Loro sono lì per merito, chiaro. Riconosciuto da chi? Da quelli che mandano avanti raccomandati ed incapaci. Certo, perché chi manda avanti raccomandati ed incapaci ha fatto l'eccezione per loro, non lo avevate capito?

E per la seconda volta di fila

Putrtoppo eccoci arrivati all'ultima puntata della saga “germanici ai mondiali”. Come al solito, un'accozzaglia di gente venuta da sud, senza organizzazione e parlando a volume altissimo ha saputo fare meglio di loro. Anche perché questa volta non affrontavano una squadra guidata da un ex-campione che ha speso tutte le sue forze per rovinarsi per sempre e sprecare quell'unica cosa buona che sapeva fare nella vita.

Come mi ero promesso, stesso Biergarten dell'altra volta. Temperatura una decina di gradi più bassa di sabato, quindi donne meno svestite. Ciononostante, due o tre gruppi di tifose meritavano certamente di andare in finale. Ma devo dire che anche le controparti spagnole presenti erano schierate in una formazione di tutto rispetto. Ecco le fasi più accese del match, dove il tifo germanico si è fatto veramente sentire.

Inno nazionale. L'emozione fende l'aria

Gli Spagnoli tutti paella e tauromachia infilano in saccoccia

A casa

Come si vede dalle immagini, il tifo tedesco è quello che è. Ma hanno fatto passi avanti dall'ultimo mondiale, quello svoltosi in casa loro. Lì, hanno scoperto che è possibile esprimere delle emozioni in pubblico e che ciò non ti fa finire in galera.

Commento finale sul mondiale della Germania: per essere uno a cui il calcio interessa meno che i mozziconi di sigaretta sul selciato bagnato di pioggia autunnale, sono sollevato che siano stati cacciati in semifinale. Perché?

Fino a quando l'Italia non è stata buttata fuori, il tifoso tedesco medio veniva da me confessandomi di sperare che l'Italia venisse buttata fuori, tanto da inventarsi la sportivissima canzone il cui ritornello allegramente recitava “non me ne frega un cazzo di chi vince, basta che non sia l'Italia”. Tutto questo perché quattro anni fa hanno perso contro l'Italia e da allora non hanno fatto altro che lamentarsi che l'Italia gnè gnè, catenaccio gnè gnè gnè, si buttano per terra gnè gnè gnè.

E questo nonostante i miei ripetuti inviti a cambiare discorso perché il calcio non mi interessa, e anche se mi interessasse, non ero tra i convocati nel 2006 quindi non so che cosa dirti, avete perso 4 anni fa, fatevene una ragione per la miseria.

Quando il nemico mortale è stato sconfitto, hanno immediatamente dimenticato che non gliene fregava “un cazzo di chi vince, basta che non sia l'Italia” ed hanno iniziato a parlare come i bambini di 8 anni, bullandosi delle vittorie e discutendo animatamente su quanti gol avrebbero appioppato alla Spagna (erano convinti di vincere 3, 4, 5 a zero!). Li ho visti spiegare a degli spagnoli in ufficio il giorno della partita perché la Spagna avrebbe perso miseramente. Ma convinti, proprio.

Insomma, se non sono stato chiaro, i tedeschi a causa dei mondiali erano fastidiosi e petulanti e sono stati puniti per questo.

Della Spagna me ne cale men che zero, ma almeno i tedeschi sono tornati ad essere quello che erano prima del mondiale, muti e asociali come piacciono a noi.

Purtroppo ho scoperto che non demordono, e pare che si debba assistere tutti quanti alla finale per il terzo posto contro il Brasile l'Uruguay. Come se contasse qualcosa. E io che speravo di non dover vedere più partite fino al 2014.

Recensioni

Cosa succederebbe se alcuni classici della letteratura venissero recensiti da una rivista di videogiochi? Vediamo...

La Divina Commedia (Xbox360, PS3, PC)
RPG di ambientazione medievale-fantasy. Ottimo level design, anche se il gameplay è troppo lineare e scriptato. La sceneggiatura è interessante nella prima parte, ma si fa via via più scialba col procedere del gioco. Il boss finale è decisamente al di sotto delle aspettative: potete batterlo tranquillamente con il vostro personaggio al livello 35. In compenso la longevità è assai elevata. Non raggiunge la perfezione a causa dei dialoghi troppo lunghi.
Voto: 7

I Promessi Sposi (Xbox360, PS3, PC)
Action-adventure in terza persona in cui un ragazzo deve salvare la propria amata rapita dal boss di turno. Trama apparentemente scontata (Mario, Zelda, Monkey Island...) ma gameplay vario ed articolato. Impersonerete sia il protagonista, Renzo (memorabile la parte in cui partecipate ai tumulti in città e cercate di fuggire alla legge, esplicito omaggio a GTA: San Andreas), che la sua amata, ma anche altri personaggi secondari. Da notare l'eccellente caratterizzazione psicologica del villain di turno.
Voto: 8

La pioggia nel pineto (Wii)
Dagli sviluppatori di Endless Ocean e Endless Ocean 2, questo simulatore di guardia forestale vi permetterà di inoltrarvi in un bosco ricreato nei minimi dettagli e scoprire tutto quello che c'è da sapere sulla flora ed il clima mediterraneo. Un gioco educativo, dedicato alla famiglia, anche se la presenza di un personaggio femminile con abiti troppo succinti ha fatto alzare il rating PEGI a 12+.
Voto: 6,5

San Martino (DS, PSP)
Survival-horror che alla frenesia preferisce un ritmo lento e teso fino al parossismo, mantenuto ed alimentato da un'atmosfera ricreata alla perfezione, anche grazie all'uso intelligente dei colori. Non vi impegnerà per molto tempo, ma è accettabile per una console portatile.
Voto: 7

Orlando Furioso (Xbox 360, PC)
First-person shooter ad alto livello adrenalinico in cui dovrete salvare la vostra amata e contemporaneamente il mondo dall'ormai abusata minaccia islamica. La trama è esile, ma OF non va giocato per la trama. Come tutti gli FPS, si apprezza per il ritmo con cui si snoda e per l'incredibile varietà di mostri, nemici e missioni che si incontrano sulla strada per la vittoria. Inizialmente sviluppato per PC, il porting per console non è riuscito al meglio, anche perché la mancanza di una vera alta definizione si fa sentire. Già annunciato il prequel, in cui verrano spiegate le motivazioni e la storia di Orlando e degli altri personaggi.
Voto: 9

Commercio elettronico

Volevo rivolgermi ai proprietari di negozi.

Io mi rendo conto di come i clienti siano una pessima razza, che arriva in negozio, chiede e chiede e chiede e poi magari non compra niente. Mi rendo conto di essere io stesso un pessimo cliente: non ho molti soldi, sono tecnicamente impreparato a stabilire il valore di un oggetto e in generale sono indeciso su cosa faccia al caso mio. Però.

Mettetevi dalla mia parte. Arrivo nel vostro negozio e vi chiedo di avere la tal cosa in versione economica e voi mi presentate l'articolo che costa tre volte quelli di fascia economica. Non so come funzioni con gli altri clienti, ma per me ci sono cose che non mi posso permettere. È una questione di fisica newtoniana: ogni mese entra x ed esce y, non ho modo di creare soldi dal nulla, non sono mica Bernanke.

A me dispiace anche di dovervi obbligare a vendermi che le cose che costano poco, ma voi non fate quella faccia schifata ogni volta. Se non volete vendere articoli economici, siete liberi di farne a meno. Non teneteli in negozio, è una scelta come un'altra ed io la rispetto.

Poi, quando finalmente vi decidete a vendermi qualcosa alla mia portata, non datemi i fondi di magazzino, dai. E provate a spiegarmi le differenze che ci sono tra una marca e l'altra, tra un modello e l'altro. Perché ci sono 30 euro di differenza se sono uguali? Qual è il più affidabile? In caso di riparazioni, quanto tempo ci vuole? Cose così, insomma.

Ve lo dico, perché altrimenti io non prendo nemmeno in considerazione l'idea di andare in un negozio: mi connetto ad internet e lì, tra gli infiniti modelli tra cui posso scegliere, seleziono quello che fa al caso mio ad un prezzo che è sempre inferiore a quello che mi proponete voi.

Se non fosse chiaro, io vengo in negozio perché credo di poter avere delle informazioni qualitativamente superiori che mi fanno risparmiare soldi sul medio-lungo periodo. Se voi mi trattate come un pollo da spennare, vado on-line, dove posso trovare informazioni di qualità inferiore ma quantitativamente superiori, cosicché posso risparmiare subito un sacco di soldi, che a me i soldi in tasca non pesano e non occupano spazio.

Un lato positivo del calcio

Sono di ritorno dalla partita della Germania contro l'Argentina, vista in un Biergarten del quartiere universitar-bellino della città. Temperatura intorno ai 34 gradi. Biergarten pieno, unico posto libero è sotto il sole cocente. E – lo ricordo – a me il calcio non piace.

Queste “public viewing”, come le chiamano loro, sono un'occasione meravigliosa per guardare i tedeschi all'opera.

Composizione del pubblico: prevalentemente femminile.
Conoscenza media delle regole del gioco: N/A.
Partite di calcio mai guardate in precedenza: 0.

I novanta minuti si svolgono all'incirca così. La Germania prende possesso di palla nella propria area, la gente si alza, grida e comincia ad applaudire. Poi si risiede. La palla arriva a centrocampo: tutti si alzano in piedi e battono le mani, incitando i giocatori come se fossero ad un centimetro dalla porta. La palla arriva al limite dell'area argentina, alcune donne cominciano ad avere attacchi di isteria, stringono i pugni e pregano il dio del calcio. Qualche polacco naturalizzato tira una scarpata circa 50 metri sopra la porta, così alta che nemmeno il portiere si scomoda a guardare dove va. Invece il pubblico trema, si tappa gli occhi per non vedere e quando, al terzo replay, effettivamente si rende conto che erano proprio 50 metri sopra la porta, parte un ooooooooh affranto.

Uniche due variazioni: quando la Germania segna i quattro gol, dove il muggito finale non si sente. Quando l'Argentina fa gol con 11 giocatori in fuorigioco: qui permane il silenzio, perché ovviamente nessuna delle presenti ha idea di che cosa sia successo, ma l'Argentina sembra rimanere a zero quindi va tutto bene.

Commento finale. I tedeschi maschi come al solito non si sa dove siano, sicuramente ad intasarsi le reni di birra. Le tedesche capiscono di calcio meno di me, ma guardano tutta la partita e applaudono sempre, al contrario di me. I mondiali li fanno d'estate, quindi le tedesche sono mezze nude, perché sono andate a vedere la partita al Biergarten così potevano anche prendere il sole.

Frau Angelo ha pensato bene di andare a vedere la partita in mutande e canottiera perché così poteva prendere il sole mentre guardava la partite (due piccioni con una fava, dice lei). Per fortuna ero l'unico maschio.

Inutile dire che la prossima partita della Germania andrò a vederla in un Biergarten.

Entomologia comparata, ovvero fenomenologia della striscia di jeans

Nel blog “Viva la fika” si parla di come le svedesi, oltre a essere il succoso frutto di decenni di eugenetica (decenni dopo la caduta del nazismo), non hanno alcun timore a mostrare il proprio corpo ed hanno un rapporto con l'altro sesso molto diverso dal nostro. Io, da buon italiano mossosi in Germania, ho notato la stessa situazione, anche se un po' meno estrema. Possiamo prendere come metro di paragone gli hotpants: in Italia li si vede raramente, in Germania sono normali, in Svezia sono talmente risicati da lasciar scoperta la vulva. Cercherò di mostrare come sono riuscito a razionalizzare tutto questo ed uscire dallo stato di perpetuo instupidimento cui ero preda al mio arrivo qui.

Per capire le differenze tra noi e loro nei rapporti tra sessi bisogna investigare in prima istanza le differenze nei rapporti sociali. Ci proverò con un esempio.

In Italia, se ci si trova in casa altrui, si verrà accolti con l'offerta di qualcosa da bere o da mangiare. A questa offerta, si risponde di no; a questo no, l'ospite insisterà; all'insistenza, si rimarca il no; l'ospite offrirà ancora una volta da bere o da mangiare; si declina educatamente; l'ospite si premurerà di chiedere se si vuole dell'altro; a questo punto, si chiede un caffè o qualcosa di simile. Comincia la conversazione.

In Germania, quando si arriva a casa di qualcuno, viene chiesto se si vuole qualcosa da bere. Se si risponde di sì, si aggiunge cosa si vuole. Se si risponde di no, l'argomento cade e si passa ad altro.

Apparentemente il metodo tedesco è più logico: sì significa sì e no significa no. Semplice e lineare. Il metodo italiano prevede invece un rito che ha delle dinamiche abbastanza precise da rispettare: si dice di no sapendo che l'altro insisterà, si insiste sapendo che l'altro dirà di no; l'ospite si offenderebbe se alla prima offerta ricevesse come risposta “una birra, grazie”; ci si offenderebbe se il primo no fosse inteso come un no. Ma tutto questo non è una complicazione, è il modo in cui creiamo un cuscinetto ammortizzatore da impiegare nei rapporti sociali.

Ogni rapporto sociale è potenzialmente uno scontro. Nella nostra cultura, lo scontro viene evitato per mezzo di questa danza di offerte e di rifiuti, all'interno della quale entrambe le parti hanno modo di gestire il contatto e di modularlo a seconda delle occasioni. Per esempio, se vi offrono del vino e voi siete astemi, ma non avete voglia di dare spiegazioni, un rituale del genere vi permette di evitare di bere del vino senza per questo impedire all'ospite di darvi il benvenuto nella maniera appropriata. Per quanto complicato possa sembrare, ha una utilità precisa.

Nella cultura tedesca questo cuscinetto non esiste. Non esistono forme ritualizzate di approccio che possano prevenire o attutire gli scontri. Ti offro da bere, se hai sete prendi una birra, se non hai sete non la prendi. Il problema è che anche i tedeschi non cercano lo scontro nei rapporti sociali, tanto quanto noi. La soluzione adottata è quindi diversa e duplice. La prima forma di protezione è la prevenzione: poiché ogni rapporto sociale è potenzialmente uno scontro, ognuno si deve muovere sempre con la massima cautela ed evitare di urtare gli altri. Anche gli amici. Anche la famiglia. In mancanza di un ammortizzatore che si frapponga tra due parti che entrano in contatto, diviene naturale per entrambe approcciarsi nella maniera più lenta e delicata possibile. Conseguenza di questo modo di gestire i rapporti sociali è che ogni rapporto è sempre estremamente formalizzato.

Ma una vita di incontri formalizzati non è sostenibile. Ed ecco che entra in scena la soluzione 2: l'alcol. L'alcol è il vero promotore dei rapporti sociali, avendo la nota caratteristica di sopprimere i freni inibitori, e funziona in due sensi: toglie la paura di creare lo scontro e toglie la paura di subire lo scontro.

Partendo da questa premessa, è facile capire le ragioni del diverso approccio all'altro sesso tra noi e i nordici. Essendo i rapporti erotici un sottoinsieme dei rapporti sociali, valgono le stesse regole, soltanto che sono un pochino più rigide, perché instaurare un rapporto di natura erotica può portare a danni assai maggiori. Il corteggiamento, più prosaicamente noto come “provarci”, svolge questa funzione di cuscinetto ammortizzatore, solo che è più spesso perché gli urti in gioco sono più forti.

La legge del corteggiamento prevede la presenza del maschio attivo che però non deve esagerare; così come la donna non deve cedere subito e però ha la facoltà di dire sì anche dopo una lunga serie di no. Funziona come con l'ospite: insistere e rifiutare, insistere e rifiutare.

Nella nostra cultura non mancano le giovani donne che fanno sesso per divertimento, direi nella stessa percentuale che in Germania (statistica spannometrica operata per mezzo dei miei occhi), soltanto che anche la più disinibita delle italiane si muove all'interno di questo meccanismo sociale. Di conseguenza, un minimo di ritualità serve anche per la più veloce delle sveltine.

In Germania tutto questo non è attuabile. Se già nei rapporti sociali quotidiani è difficile muoversi, un rapporto di natura erotica è un'impresa che presenta troppi rischi: si può offendere la donna oggetto di attenzioni, si può scoprire che quella donna in realtà non piace, si può essere rifiutati. In sostanza, poiché la posta in gioco è molto alta e non ci sono strumenti codificati per capire se sia possibile procedere o meno, il tedesco preferisce non agire. È come se foste all'ultima mano di poker, aveste la possibilità di vincere molto o di perdere tutto e non conosceste le regole del poker: l'unica scelta è abbandonare.

Dunque i tedeschi applicano la prima delle loro strategie sociali, e si muovono con ancor più cautela del solito. Che è l'esatto contrario di quello che si dovrebbe fare per ottenere un risultato. Per paura di far più danno, agiscono ancor meno. Ad un italiano, danno l'impressione di non essere interessati alle donne o al sesso. Questo non mi è mai sembrato vero, perché in tutte le città tedesche i bordelli fioriscono e non sono dei buchi nauseabondi, sono dei posti tranquilli dove ci va la gente normale, vale a dire che al tedesco medio il sesso interessa.

Qui possiamo vedere come la cultura italiana, seppur più complessa di quella tedesca, all'atto pratico permetta un punto di contatto tra i due sessi, che invece la cultura tedesca non riesce a sviluppare. È obbligatorio quindi passare alla fase 2, l'alcol, che viene utilizzato da entrambi i sessi per poter permettere l'approccio. Questa è la parte che noi non possiamo comprendere, ma che credo si possa considerare maggioritaria nei Paesi del nord Europa. L'incontro tra uomo e donna avviene per mezzo dell'eliminazione meccanica delle naturali barriere sociali che impediscono a due sconosciuti di finire a letto assieme.

A quel punto io non so più cosa accada nella testa dei tedeschi, perché non capirò mai che piacere si provi ad andare sbronzi con una donna sbronza, la quale peraltro non sta venendo a letto con te, e non sta nemmeno venendo con te per fare un po' di sesso: semplicemente non sa cosa sta facendo perché è stonata, quindi se tu le recitassi la Divina Commedia sarebbe lo stesso.

In questo contesto, è chiaro che le donne sono molto più attive che da noi nel processo di ricerca di un partner, perché devono in qualche modo compensare l'inattività dei maschi. È anche comprensibile l'abbigliamento provocante: per poter mandare messaggi di disponibilità percepibili sono costrette ad alzare il livello della provocazione ai massimi livelli (e tuttavia non serve a molto).

Non c'è bisogno di dire che questi meccanismi non sono coscienti: così come noi agiamo senza pensare e diamo vita alla danza dell'insistere e rifiutare, così le donne tedesche o nordiche non pensano a mandare segnali sessuali quando si vestono. Sono tutti aspetti che si danno per scontanti e che si mettono in pratica in maniera automatica.

Quando sbarcano in Italia, quindi, le nordiche vanno in giro mezze nude non per provocare, ma semplicemente perché non hanno coscienza di quello stanno facendo all'interno della diversa cultura. Al contrario, se un maschio italiano va a nord e tende ad approcciare le donne allo stesso modo in cui lo farebbe in Italia, trova molta più facilità ad entrare in contatto, per due ragioni: primo, non sono abituate ad avere un uomo che si approccia e quindi non hanno difese preventive nei vostri confronti; secondo, il corteggiamento appare come una serie di messaggi confusi, in cui non è chiaro cosa il maschio voglia, ma apparentemente non c'è nulla di sessuale, e quindi non scatta “l'allarme rosso”.

Ciò detto, spero sia risultato evidente che le tedesche e (immagino) tutte le nordiche, non sono più o meno facili delle italiane. Semplicemente nella loro cultura i rapporti sociali vengono gestiti in maniera diversa e quando le due culture entrano in contatto è molto difficile comprendersi, perché ognuno interpreta i messaggi dell'altro con il proprio alfabeto, e ne ricava un testo diverso da quello originariamente inteso.