Competenze

Ho passato l'altra sera a cercare, con l'aiuto di mio fratello, di disinfestare il computer di mio padre. Infatti, quando ormai mancava poco a che finisse di avviarsi, si inseriva un benevolo programma che lanciava un allarme riguardo alla presenza di virus vari, impedendo ogni altra operazione del computer. Si è scoperto che bloccava l'avvio di explorer. Superato il primo scoglio e disinstallato il software evergeta, provo a fare una scansione con l'antivirus. Però l'antivirus non c'è. Comincio ad unire i puntini e a maledire mio padre. Poi penso che però mio padre non è niubbotto del genere, non toglierebbe mai l'antivirus senza una ragione precisa. Chiedo.

Ecco, l'antivirus lo aveva disinstallato perché quelli di Alice gli avevano consigliato di disattivare tutti gli antivirus, spyware e firewall per ottimizzare la velocità di navigazione, che non c'era pericolo perché tanto controllavano loro.

Io comprendo che quelli di Alice debbano giustificare in qualche modo il fatto che promettano 7 mega e non si arrivi mai a 2 – prima dicono che è colpa dell'antivirus, poi che è colpa dei virus – ma dovrebbero perlomeno inventarsi delle storie meno allucinanti, perché alcuni clienti hanno dei figli che non considerano moralmente biasimevole tagliare la gola agli impiegati del customer care che hanno detto una cosa del genere.

* * *

Tornato in Germania ma ancora in vacanza, decido verso sera di andare a prendere Frau Angelo al lavoro. Per ammazzare il tempo, faccio una capatina nel negozio di una nota catena. Vado al reparto cellulari, perché il mio ormai è intubato e abbiamo già firmato per l'espianto degli organi.

Tentare di farsi un'idea su un cellulare è impossibile. Non in senso figurato, è proprio impossibile fisicamente, perché gli scaffali sono assediati da orde di burini urlanti e maleducati, quasi tutti sotto i diciott'anni, che non riescono ad aspettare due minuti il loro turno e che sfidano la noia parlando tra di loro a voce altissima nella neolingua della suburra delle città tedesche. Ciò mi fa comprendere il perché dei prezzi dei cellulari.

Premetto che non muovo una critica al negozio o agli operatori telefonici: quando la tua clientela è fatta di ragazzini analfabeti che spendono i soldi del sussidio di disoccupazione in beni di elettronica di consumo, è tuo dovere morale cercare di sfilar loro quanti più soldi possibile, non importa come.

Scopro che tutti i cellulari vegono venduti con il contratto di un operatore telefonico. Lo capisco del fatto che esiste uno scaffaletto dove si vendono apparecchi radiomobili grandi come CB che porta la scritta “senza contratto”.

Comincio a dare un'occhiata e vedo che tutti i telefoni decenti recano due prezzi: con il contratto e senza contratto. Diciamo che per un cellulare di fascia medio-alta, il prezzo con il contratto è di 29 euro, senza contratto 250. È chiaro che il mercato è basato sulla vendita “con il contratto”, si intende da come vengono mostrati i prezzi, da come vengono esposti i cellulari e dal fatto che esiste uno scaffale apposito per quelli senza. Ed è altrettanto chiaro il perché.

Il tamarro che non sa né scrivere né parlare in tedesco arriva in negozio catapultandosi ai cellulari. Se si cerca un posto calmo, basta andare dai computer e accessori; lì non c'è un tamarro a pagarlo oro. Ovviamente vuole il cellulare più fico, quello con gli altoparlanti dolby che svegliano tutto il quartiere; vuole quello col touch-screen, così può finalmente dimenticare l'ordine delle lettere. A uno così basta dire che senza contratto paga 250 euro, con il contratto 29: siccome 250 è più corto di 29, significa che è meno e il nostro tamarro prenderà senza esitazione quello con il contratto.

Va da sé che il contratto sono sì 29 euro, ma al mese e per due anni e non è nemmeno una tariffa flat, ma semplicemente copre i costi di un tempo di chiamate abbastanza limitato. Così, alla fine dei due anni, il nostro tamarro ha speso praticamente 700 euro per un telefono che diventa suo solo quando dovrà cambiarlo, vista la longevità di questi giocattoli.

A proposito. Al negozio ho cominciato a giocare con un cellulare molto bellino. In seguito all'operazione menu > opzioni > lingua > cambia lingua > inglese, il gioiellino mi ha chiesto di potersi riavviare; io acconsento, lui si riavvia e, caricato il menu principale, va in crash e non funziona più niente. Ho riposto il marchingegno da 29 euro al mese e mi sono appostato sulle scale a guardare la scollatura di una addetta alla vendita di contratti telefonici.

* * *

Io poi ho un dubbio. Il fine settimana prima di Natale sono caduti 15 centimetri di neve sull'Europa. Italia bloccata, Germania bloccata, Inghilterra bloccata. Acutamente il Daily Mash titolava “Londra sacrifica vergini dopo un centimetro di neve”. Disperatamente Frau Angelo si chiedeva come sia possibile che ogni anno, alla prima nevicata, tutta la Germania entri nel caos.

E allora io ho il dubbio. Che la classe dirigente dell'Europa sia inetta e pericolosa. Se l'intera classe dirigente di un continente dove nevica e fa freddo ogni anno non è in grado di prevedere né la neve né il freddo, cos'altro ha intenzione di dirigere? L'aeroporto di Francoforte è uno dei tre più grandi d'Europa e dopo cinque centimetri di neve si è bloccato. Ma se non sanno gestire cinque centimetri di neve e qualche grado di freddo in meno del solito, com'è possibile che riescano a gestire un traffico aereo di proporzioni colossali come quello di Francoforte? Semplice: culo.

Dopo una settimana senza neve e senza freddo, gli ICE della tratta Berlino-Monaco erano sospesi nel numero di uno ogni due. Cioè, il 50% dei treni non viaggiava a causa delle condizioni atmosferiche di più di una settimana prima. Com'è dunque possibile che riescano a gestire il resto dell'anno (attenzione però, perché nell'estate del 2006 i treni rimanevano bloccati sulle rotaie a causa del caldo: con una temperatura esterna di nemmeno 30 gradi)? Semplice: culo. Non vedo altra spiegazione.

E sto parlando di Germania e Inghilterra, i fari dell'industrializzazione e dell'organizzazione moderna.

* * *

E allora vedete, io scorgo un segno in tutto questo: quando il tuo internet provider ti consiglia di togliere l'antivirus dal computer, quando non si riesce a prevedere il freddo d'inverno ed il caldo d'estate, quando si pensa che 250 sia meno di 700, è ora di togliere le reti di salvataggio. È ora che si ritorni alla sopravvivenza del più adatto. Non è economicamente e moralmente accettabile che si continui a mantenere in vita artificialmente una fetta di popolazione che altrimenti non esisterebbe. Chi è capace di procurarsi da vivere, bene; chi spende i suoi soldi in cellulari e auto che non può permettersi, deve andare in bancarotta e morire d'inedia prima di riprodursi. È un fatto.

Il credo dell'ateo

Il mio post natalizio ha creato una tempesta in un bicchier d'acqua, provocando sdegno tra gli atei lettori e simpatia tra i credenti lettori. Credo sia un segno dei tempi e, se fossi religioso, penserei che il giorno della disvelazione è vicino, perché se un ateo fa successo tra i credenti, allora il prossimo passo saranno fuoco e zolfo che piovono dai cieli, fiumi e oceani che bollono, quarant'anni di tenebre, eruzioni, terremoti, morti che escono dalle fosse, sacrifici umani, cani e gatti che vivono insieme, masse isteriche! E io non sono pronto, francamente: urge quindi un post da far rizzare i capelli agli amici credenti.

Spazziamo via ogni dubbio. Io vivo in condizione di peccato mortale. Non è proprio una cosa da poco, perché mi aspetta l'inferno per l'eternità. Commetto peccato mortale in violazione dei seguenti Comandamenti:

Primo: ateismo

Secondo: nome di Dio invano

Terzo: mancata santificazione delle feste

Sesto: fornicazione, concubinato, contraccezione, masturbazione, pornografia

Nono: qui dipende. Se il mero desiderio è perseguibile, allora sì. Se invece è punibile solo il tentativo o la consumazione, allora no. Se una donna che vive in concubinato è considerata d'altri, allora sì, altrimenti no.

Considerato che io sono cattolico a tutti gli effetti, in quanto cresimato, credo di poter affermare di essere in a world of shit. Se ci fossi stato io sul crocifisso a fianco di Gesù, il Figlio dell'Uomo mi avrebbe guardato, avrebbe sospirato, scosso la testa e avrebbe esclamato “Eloi, Eloi, lema sabactàni?” Invece, siccome c'era un delinquente della peggior risma, gli ha promesso un posto in Paradiso e se l'è presa con Suo Padre perché gli stava dando soltanto l'onnipotenza e l'onniscenza. È proprio vero che i figli dei ricchi non si accontentano mai.

Nei commenti al post, mi è stato chiesto cosa possa significare per me un augurio di buon Natale. Che poi la domanda in pratica si può riaggiustare e diviene: come fa un ateo, un agnostico, un non credente a vivere in un mondo di credenti? Io parlo per me e quello che dico non ha valore universale, prendetelo per come viene.

Io non ho nessun problema a convivere con la religione. Principalmente perché so sempre come comportarmi. Se vado a Messa (matrimoni e funerali) so cosa fare in ogni momento. Non devo aspettare che tutti siano in piedi per alzarmi anch'io e non vengo colto di sorpresa quando un forestiero mi porge la mano. Potrei anche partecipare attivamente a tutta la cerimonia (che so a memoria), ma non lo faccio per rispetto, visto che non credo. Invece tutti i non credenti che ho conosciuto sono tali perché i loro genitori non lo erano, a differenza mia che non lo sono per scelta. Non conoscono né la religione, né i suoi riti, né i suoi precetti, ma si trovano a vivere in un mondo che è profondamente segnato dalla religione. Col tempo ho imparato ad accettare il fatto di vivere in un mondo che non è fatto a mia immagine e somiglianza. Se quasi tutti intorno a me sono religiosi ma io no, ho due scelte: considero tutti un branco di idioti ritardati ignoranti creduloni, oppure accetto il fatto di appartenere ad una minoranza e santa pazienza.

Negli anni ho aggiunto il rispetto. C'è chi la pensa in maniera diversa dalla mia e, anche se non sono d'accordo e sono fermissimamente convinto di aver ragione, comprendo che potrei anche sbag... sbagli... sb... sba... glia... sbagliare.

Ho fatto le medie dai preti e ricordo che una volta il professore di religione ci chiese se la dimensione autentica della religione fosse quella intima o quella pubblica (non usò queste parole, riporto solo il senso). Noi belammo all'unisono che la religione era un fatto intimo di rapporto diretto con Dio. Povero professore, una classe di protestanti che non sapevano nemmeno di esserlo. Comunque, ci disse che sbagliavamo, perché la dimensione della religione (cattolica, ovvio) era parimenti intima e pubblica, perché l'aspetto più importante per il cattolico è la Messa, che è appunto il momento comunitario per eccellenza. Allora ero troppo giovane per capire davvero cosa intendesse, ma col tempo ci sono arrivato.

Come tutte le espressioni dello spirito umano, anche la religione è divisa in due gruppi: il gruppo minoritario che ha un approccio problematico, ed il gruppo maggioritario non-problematico. I primi sono coloro che hanno la vera fede, che studiano i testi, la storia, la filologia, la filosofia e che vivono l'esperienza religiosa in maniera piena. Gli altri sono i religiosi senza coscienza che vivono la fede come fattore sociale, come garante del sistema morale vigente e come serie di riti pubblici che scandiscono la vita del proprio gruppo. Questa bipartizione è comune a tutti i gruppi umani. Anche tra i comunisti c'erano i pochi che studiavano gli autori, l'economia e la storia, e i molti che gridavano in piazza e pensavano che Marx avesse in mente lo Stato sociale.

C'è insomma nella maggioranza delle persone la necessità di ordinare la propria vita sociale attraverso l'instaurazione di riti a carattere ciclico comunitario. La messa, la processione, le feste comandate. Ma anche i comizi con il capo partito che predica, le manifestazioni che altro non sono che processioni con un simbolo diverso alla testa, le celebrazioni come il primo maggio, il 25 aprile, il 4 novembre. I canti, siano essi Symbolum 77, l'Internazionale o l'inno di Mameli.

Non c'è alcuna differenza tra il 25 dicembre e il 25 aprile, perché sono riti annuali che assolvono alla medesima funzione, cioè rinforzare i rapporti tra membri dello stesso gruppo. Il teologo cattolico non partecipa alle processioni e non costruisce il presepe come mezzo per avvicinarsi a comprendere Dio, così come lo storico non partecipa alle celebrazioni del 25 aprile per studiare meglio la seconda guerra mondiale.

Per tornare a me: 25 dicembre, 25 aprile, 4 novembre, 2 giugno, 20 settembre, I maggio, Pasqua compleanno, anniversario sono ricorrenze sostanzialmente vuote, perché non esiste nessuna realtà al di là di esse. Per chi crede ai sistemi dottrinali cui appartengono, significano qualcosa; per me sono semplicemente l'espressione di un'esigenza umana insopprimibile, che però non è mia.

Comprendo tuttavia che scambiarsi gli auguri a Natale e a Pasqua serva alla mia relazione con gli altri e quindi lo faccio, perché nel sistema sociale in cui viviamo le cose funzionano così. Perché quando faccio gli auguri a mia zia che va a messa ogni domenica e lei li fa a me, non stiamo discutendo una posizione teologica, né stiamo affermando degli articoli di fede. Lei non mi sta dicendo “sono cattolica e te lo dimostro” e io non le sto nascondendo il fatto di essere ateo. Stiamo semplicemente rinforzando il nostro legame nel modo codificato dalla nostra cultura. Se io non le facessi gli auguri, la sua percezione non sarebbe “ah, quindi sei ateo”, ma sarebbe “ah, ma che bel maleducato”.

Farei lo stesso in casa di musulmani, cioè adotterei le forme codificate di rispetto che vigono in quel gruppo, qualora dovessi esserne all'interno. Così come se entro in una sinagoga indosso la kippah non perché voglia far finta di essere ebreo, ma perché mi adatto al gruppo sociale in cui mi trovo e ne adotto le forme rituali.

L'idea che partecipare a questi riti sia un'imposizione della società cattiva che riduce le libertà del singolo è una sciocchezza sesquipedale. La nostra vita è intrecciata a quella degli altri e ci sono delle modalità attraverso cui organizziamo la socialità. Non sputiamo a terra, diamo del lei a chi non conosciamo, cediamo il passo alle signore, non gridiamo al cinema, facciamo gli auguri di compleanno ad amici e colleghi. Sono tutti comportamenti privi di significato oggettivo e sono un'imposizione della società sul singolo, al pari degli auguri Natale. Immagino che anche il più incarognito dei mangiapreti andrebbe al funerale religioso di una persona cara, come forma di rispetto e ultimo atto di vicinanza. Non occorre essere credenti per andare al funerale. E nessuno obbliga a partecipare. Ma se non si partecipa, si capisce cosa si sta infrangendo. Io applico questo concetto a tutte le feste comandate. Potrei starmene in Germania ed evitare il casino delle feste e scendere invece quando mi fa più comodo, tanto cosa cambia, io nemmeno sono credente... Invece scendo, sto con la mia famiglia e faccio gli auguri a zie, cugini, vicini di casa e a tutti quelli che mi capitano a tiro. Perché so che sono felici se lo faccio e mi sembra così disumano privarli di un po' di affetto solo perché ho deciso di essere diverso dagli altri.

Se invece qualcuno crede di essere più sveglio degli altri perché non va a Messa, se crede di essere più intelligente perché non fa gli auguri di Natale, probabilmente l'unico risultato sarà di vivere una vita con la gastrite e di non accorgersi di fare le stesse cose di un cattolico medio: partecipare alla liturgia settimanale, andare alla processioni vestito di viola, citare a vanvera la Bibbia civile, inventarsi forme diverse di moralismo d'accatto. Credo che prima di affibbiare i gagliardetti di stupidità ai credenti, bisogna essere sicuri di non averne una medaglia appuntata al bavero. Ma siccome si nota di più la pagliuzza nell'occhio altrui che la trave nel proprio, consiglierei di lasciare a terra la pietra, perché di solito l'adultera non ha commesso più peccati di noi.

Natale 2009: pensieri

Oh, finalmente, post natalizio. Lo scrivo oggi e temo che ve lo dovrete far bastare almeno fino a fine anno, perché il poco tempo che passo in Italia vorrei fosse lontano dal computer. Sarò sintetico.

Uno. Il Natale è una festa religiosa cristiana. Non scherzo mica. Non c'entra che io non sia credente, né che nemmeno diversi milioni di persone al mondo non lo siano. Il Natale è una festa religiosa cristiana. Per essere chiaro, questo è un invito a fare causa allo Stato italiano perché ci obbliga a celebrare una festa cristiana violando i nostri diritti umani. Su forza, come regalo da mettere sotto l'albero voglio che qualcuno faccia causa all'Italia di fronte alla Corte Europea dei Diritti Umani e che la obblighi ad abolire questa festività lesiva della laicità dello Stato scritta nella quarta di copertina della Costituzione di Paperopoli. Si compita “ci o e erre e enne zeta a”, e si legge “se decido di fare le battaglie di principio, le faccio anche quando il principio va contro il mio interesse o la mia pigrizia”.

Uno.uno. Siccome so già dove si andrebbe a parare, ricordate che cambiare nome alle cose non cambia le cose. Per cui rinominare il Natale in “Winter Holiday” non ne cambia la natura di festa religiosa cristiana, allo stesso modo in cui chiamare le feci “cioccolata” non le fa odorare di cacao al latte.

Uno.uno.uno. Se dovesse sorgere il dubbio di chiamare il Natale “vacanze d'inverno” come forma di rispetto verso le altre culture, faccio presente che gli appartenenti alle altre culture sono forse diversi da noi, ma non sono stupidi. Sanno benissimo che il Natale è una festa cristiana e soprattutto non si offendono per il fatto che da noi ci sia una religione e delle festività religiose. È inutile cercare di gabbarli cambiando il nome, perché loro sanno cos'è. Capite? Loro sanno benissimo perché ad un certo punto in Europa tutti smettono di lavorare, si fanno i regali, le campane suonano e i bambini cantano le canzoni. Non li fregate con così poco. Se io vado – per dire – in Egitto e vedo la gente digiunare e pregare e fare festa dopo il tramonto, capisco benissimo che stanno celebrando il Ramadan e non mi offendo. Però se il governo cambia nome al Ramadan con “festa d'autunno”, io rido, perché è una evidente presa in giro.

Due. Il Natale non è una festa pagana, non è la festa del Sol Invictus e non è la celebrazione del culto mitraico. È vero che l'imperatore Aureliano tentò di imporre il culto del Sol Invictus come religione ufficiale dello Stato, stabilendo la sua celebrazione il 25 dicembre. Ed è vero che sostanzialmente il cristianesimo si è appropriato della data. Così come si è appropriato delle basiliche (edifici dedicati alla vita pubblica e al commercio) per farne luoghi dove celebrare il proprio culto. Perché il Cristianesimo ha scalzato il paganesimo e soprattutto ha scardinato i culti solari e mitraici che erano i suoi diretti concorrenti. Se io vengo a casa vostra, vi caccio di casa e voi morite di freddo sul marciapiede, non significa che io sono voi, significa che io ho preso il vostro posto e voi siete morti. Quindi a Natale, se non siete credenti, non scrivete mail o post o messaggi su Facebook o sms in cui augurate “buon solstizio d'inverno” o “buon giorno del sole invitto”, che tanto invitto non lo era, evidentemente. No, buon Natale. Fine. Saremo anche senza Dio, ma almeno con il senso del ridicolo.

Tre. Comprendo che l'eccesso di retorica natalizia possa essere fastidioso, ma lo è anche l'eccesso di retorica anti-retorica-natalizia. Lo sappiamo che il Natale è quello che è, mi pare del tutto inutile – ogni anno – ripetere e ripetere che il Natale è consumismo e sentimenti di plastica. Siamo stati tutti alternativi in vita nostra, conosciamo le regole del gioco, ma i giochi sono belli quando durano poco. Il Natale (festa religiosa cristiana) è quello che è e ce lo teniamo così. Forse se ci impegnamo tutti a non rompere le scatole anche in quel giorno, magari qualcosa di buono ne esce. Se avete orrore dei buoni sentimenti un tanto al chilo, passate l'Avvento ed il Natale come un vero cattolico: sono sicuro che sareste accontentati in meno di due giorni. E alla fine sareste disposti a leccare gli stivali del Babbo Natale del centro commerciale pur di poter ascoltare Rudolph the Red Nosed Reindeer.

Quattro. Amici del nord Europa. Provate a comprendere questo fatto, non difficile nella sua essenza. Natale è il 25 dicembre, non il 24. Venti-cinque. Twenty-five. Fünfundzwanzig. Twenty-fem. Vijfentwintig. Sul serio. Non è che ce lo siamo inventati noi, è proprio la religione che ha imposto questa data, ci sono stati Concilii pieni di teologi per stabilire la data. Persino Aureliano aveva stabilito il 25 dicembre come data del Sol Invictus al solo scopo di potersela far rubare dai cristiani. Capisco che la vigilia di Natale (cioè la notte in cui si veglia in attesa della nascita del Figlio di Dio) sia una cosa talmente bella da arrivare a confonderla col Natale medesimo, ma è come non andare a lavorare il venerdì perchè si è molto contenti che il giorno dopo sia sabato.

Cinque. Il Babbo Natale rossovestito e paffuto è un'invenzione della malvagia multinazionale delle bevande assassine. E allora? Intanto, prima c'erano San Nicola o Gesù Bambino, di conseguenza la Coca Cola ci ha salvato da due orrendi simboli cristiani che minavano la laicità dello Stato e bisognerebbe ringraziarla perché ci ha risparmiato una causa alla Corte Europea dei Diritti Umani. Poi, il Babbo Natale rosso è esteticamente più gradevole di un vescovo emaciato e vestito di verde come la muffa del gorgonzola, quindi va bene così che tanto non si torna indietro.

E alla fine, breve compilation natalizia che vuole sottolineare il carattere religioso e cristiano di una festa imposta dallo Stato a tutti quelli che cristiani non sono, ma contro la quale, strano davvero, nessuno protesta. Spero con questo post di non aver leso i diritti umani di alcun lettore. In questo caso consiglio una denunzia alla Corte Europea dei Diritti umani, perché per una semplice Corte di Assise non mi scomodo neanche.

Il guretto è coprolalico

Senza voler iniziare la fiera delle banalità, ma un aspetto peculiare del webduepuntozero è che permette la riproduzione su scala minore ma estremamente capillare di certe dinamiche già presenti nella società che finora erano limitate per ragioni economiche e tecniche. Una di esse è la proliferazione di guru in miniatura, di guretti potremmo dire, cioè di personalità o di autori che radunano attorno a sé folte schiere di lettori che li considerano dei veri maestri del pensiero. Per un po' mi sono interessato a queste personalità, praticamente dei blogger, per capire come mai riscuotano così tanto successo. Voglio sottolineare che non ho un blog particolare in mente, l'analisi potrebbe essere la stessa per blog con un milione di visitatori unici al giorno, come per il blog da 500 accessi al giorno. È solo il meccanismo che mi interessa.

Un giorno mi sono messo a leggere tutti i blog “famosi” di cui ero a conoscenza o di cui si sentiva parlare in rete. Famoso è in senso lato: diciamo quelli che bene o male un po' tutti conoscono in rete, non solo il blog di Grillo. Per ognuno di essi sono passato grossomodo attraverso le medesime fasi di approccio: ad una iniziale fascinazione seguivano una parziale affezione ed una relativa assiduità delle visite al blog. Dopo qualche tempo, iniziano a affiorare i primi sentimenti di critica verso i contenuti. Poi subentra un malcelato senso di avversione finché non arriva il desiderio di rompere con il blog in questione.

Ho trascorso molte pause pranzo e caffè rimugiando la cosa, perché trovavo davvero interessante che i vari guretti della blogosfera, pur tutti diversi tra loro, riuscissero a farmi passare attraverso gli stessi stati d'animo senza che io quasi me ne accorgessi. Finché ho udito il plick delle dita che schioccano e ho capito di aver capito.

Primo: il guretto non ha successo per quello che dice. Dei guretti che ho letto, mi sono reso conto che nessuno proponeva niente di particolarmente intelligente o eterodosso o trasgressivo. Il mero contenuto si limitava a esporre pensieri già noti e ampiamente dibattutti. Credo che la fascinazione derivasse proprio dal fatto di leggere un pensiero che di fatto condividevo anche io. Come quando si incontra qualcuno e si scopre di avere gli stessi gusti musicali, questo crea una connessione ed un interesse che riescono a rompere l'iniziale differenza.

Se il blogger in questione scrivere per più di qualche volta un post che piace, si attiva un meccanismo di autosoddisfazione. È in parte lo stesso meccanismo grazie al quale le serie poliziesche o mediche hanno successo: che senso ha guardare i vari episodi di un telefilm in cui si sa già che il poliziotto stanerà l'assassino e il medico guarirà il paziente affetto dal più raro morbo conosciuto? Perché rassicura e conferma, e questo dà piacere. Periodicamente si va a leggere dei pensieri che già si condividono e questo provoca soddisfazione perché conferma i nostri pregiudizi, cioè l'idea che noi ci siamo fatti della realtà e che portiamo con noi come strumento per codificare il mondo.

Sul lungo termine però questa è una strategia pericolosa. Mentre con le storie alla tv ho fatto il tacito accordo di ricevere del piacere in cambio della non critica, perché ambo le parti convengono che si tratta di mero entertainment, quando si leggono i blog dei guretti questo non può avvenire, visto che il guretto non vuole intrattenere, ma spiegare ed educare ed informare. E se il guretto ti spinge a pensare, spingi che ti spingi arrivi a pensare anche riguardo al guretto medesimo. E quando la prima crepa è in vista, la diga è pronta a crollare. Principalmente il problema è che, leggendo assiduamente, col tempo si cominciano a vedere incongruenze con quanto scritto in precedenza, il persistere su certi temi con eccessiva acribia, una certa intransigenza di posizioni...

Alla fine, quando si prova a smontare razionalmente una sola idea del guretto con la quale non si è d'accordo, a causa della mole di inesattezze e contraddizioni ci si trova a dover lasciar perdere la discussione e a dedicarsi al debunking a tempo pieno. Io, siccome penso che il debunking sia un pessimo modo di occupare il proprio tempo, di solito mi fermo qui. Anche se poi scopro che ho voglia comunque di leggere quello che il guretto dice.

Partendo da questi presupposti, credo di poter dire che per avere un blog di successo non serve molto. Bastano uno o due contenuti, massimo tre a voler esagerare. Quei contenuti vanno riproposti con costanza e vanno gradatamente trasformati da opinione personale a strumento gnoseologico universale. Non è davvero importante cosa pensate, l'importante è che sia condivisibile dagli altri. Non ci sarà mai un blog di successo che parli di come molestare i ragazzini prepuberi, ma partendo da argomenti di per sé “giusti” si può arrivare ovunque. Esempi a caso: meno tasse, meno inquinamento, più salute sono tutti temi che non trovano una avversione di base. Conoscete qualcuno che sia favorevole all'inquinamento o alle tasse elevate? No, spero.

Quando si scrive un post, articolare il ragionamento in maniera complessa non paga. Una volta trovata un'idea di base che si accordi ad uno dei contenuti che veicolate, ripetetela in continuazione per tutta la lunghezza del post. Il rapporto di causa ed effetto non serve a niente. Limitarsi a giustapporre delle frasi che rimandano costantemente all'idea di base è la strategia migliore.

Ultimo ma non per importanza, la forma. Per quanto il contenuto sia indispensabile, il modo in cui lo esponete lo è altrettanto. La cosa migliore è avere un atteggiamento aggressivo, meglio se rivolto ad un gruppo particolare. Quale gruppo scegliete è meno importante di sceglierne uno. Chiaramente è meglio evitare di attaccare certi gruppi già vittime di persecuzioni in passato: non significa che la strategia non funzionerebbe, ma vi creereste da subito molti nemici. E sareste degli stronzi. E poi di gruppi ce ne sono tantissimi: comunisti, fascisti, capitalisti, massoni, donne, uomini, giovani, non ci facciamo mancare niente.

Anche il linguaggio deve essere aggressivo: l'uso del turpiloquio è fondamentale. Noi italiani – che facciamo un uso smodato di parolacce e bestemmie – quando le leggiamo nei blog vediamo confermate le nostre abitudini e questo piace. Anche se si dice che si usano le parolacce per andare contro al conformismo del politicamente corretto (palle).

Ricapitolando: poche idee, non argomentate, ripetute con regolarità; atteggiamento aggressivo e uso del turpiloquio. Ora siete pronti per essere dei guretti perfetti.

Per testare la vostra popolarità, assolutamente non perdete tempo a valutare i consensi che ricevete. La popolarità si misura in base all'odio e agli insulti ricevuti. Avendo scelto di essere guretti, avete anche scelto di parlare alla pancia del lettore e quindi alle sue emozioni. Se siete dei veri guretti, riuscirete a smuovere le emozioni di chi non la pensa come voi, scatenando reazioni anche violente. Si è veramente famosi quando si forza qualcuno a sprecare il proprio tempo e le proprie energie a leggervi per insultarvi e scrivervi mail piene d'odio. Nessuno che la pensa come voi perderebbe 20 minuti di tempo per scrivervi quanto è d'accordo con quello che dite, ma se una persona che non condivide niente di quello che pensate, anziché ignorarvi, si incazza, vuol dire che siete così tanto presenti nella sua vita da essere un fastidio. Siete cioè famosi.

Questa è l'opinione che mi sono fatto. Magari mi sbaglio, ma vorrei fare una prova: sono disponibile a scrivere uno o più post su un argomento scelto da voi, uno qualunque magari non troppo scontato, seguendo queste guidelines, per vedere le reazioni di chi mi legge. Ma secondo me ho ragione io, e i fatti mi cosano.

La chiave della ricerca

No, niente, volevo solo condividere con voi una notiziona: un visitatore del sito è arrivato qui attraverso la chiave di ricerca “spargiletame usati”. Intanto ho imparato una cosa nuova: esiste un mercato di spargiletame usati. Ma soprattutto, mi piace immaginare come è andata. Un vecchio contadino ha bisogno di uno spargiletame, ma non sa dove trovarlo. E allora il figlio va su Google e cerca “spargiletame usati”. E si ritrova in un blog dal titolo non-sense che parla di cose strane.

Non sentivo questa parola da anni, che purtroppo mi sono imborghesito assai. Però vorrei che la apprezzaste nella sua profondità. Provate a dire "spargiletame", sentite come vi riempie la bocca, come instilla la felicità nel vostro cuore. C'è tutto un mondo dietro quella parola...

Ecco, nella remotissima eventualità che tu, lettore che cercavi uno spargiletame, legga ancora questo blog, scrivimi o lascia un messaggio e fammi sapere com'è andata veramente. Intanto ti dedico una canzone:

Colpo segreto della tenia nascente

L'ira degli dei. C'era da aspettarselo. È venuta giù l'ira degli dei insieme a quel Duomo in miniatura [ho appena notato che in Italia anche la violenza di piazza è fortemente religiosa: una volta si tiravano i sanpietrini, adesso le madonnine. La Chiesa vince sempre, ricordatevelo].

A parte le strumentalizzazioni politiche, che non possono mancare (io se fossi un politico farei lo stesso, figuriamoci) e che quindi valgono come il due di picche, posso notare due cose. No, tre.

Berlusconi, uomo dell'immagine per eccellenza, colui che – secondo alcuni – ha contribuito ha far rinchiudere gli italiani in casa e a toglierli dalle piazze grazie al suo mondo catodico, è stato colpito nella viva carne e nella piazza reale. Quasi un contrappasso.

Poi ci sono i suoi colleghi parlamentari. Che, per reagire ad un fatto avvenuto nel mondo reale, che anzi richiama – ma con tutt'altra valenza1 – proprio le gesta della piazza ottocentesca, con l'anarchico solitario che uccide il re a nome degli oppressi; insomma, per reagire alla forma più antica ed antiquata di dissenso politico, si impegnano a far chiudere i siti internet, il segno più moderno della fine di quelle piazze e di quei gesti. Ancor peggio, se la prendono con Facebook, perché nella loro atavica ignoranza confondono internet con Facebook. Signori, questa è la gente che ci comanda, persone che non riescono nemmeno a compiere un processo mentale minimanente logico.

Infine vedo che molti sono preoccupati per il clima di odio che aleggerebbe in Italia. Persino l'amico di blog Yossarian, benché noto guerrafondaio reclutatore di bambini soldato, si dice preoccupato per la situazione politica e sociale italiana, che gli fa tornare alla memoria i prodromi degli orrendi anni di piombo. È davvero così? Vediamo.

I precedenti non promettono nulla di buono. La storia d'Italia è (anche) storia di violenza di piazza. La piazza in Italia ha sempre avuto una forte valenza politica, soprattutto per le opposizioni (e chi ha letto l'opera di Mario Isnenghi forse comprende meglio quello che intendo). Il Risorgimento fu per larga parte violenza di piazza. Bisognava essere esperti di barricate allora, perché non c'erano i reparti mobili da fronteggiare, ma l'esercito austriaco. Ma poi tutta la retorica dell'unità d'Italia sarà l'esaltazione della violenza, che culminerà con le cannonate su Porta Pia e i bersaglieri che entrano a Roma.

In seguito, se i giornali, i circoli e il Parlamento erano in mano alle elite borghesi e aristocratiche, la piazza era il luogo dell'opposizione e della rivoluzione, questa volta non contro gli austriaci e i Borboni, ma contro la nuova classe dirigente italiana. E non ci si andava per il sottile nemmeno allora: per un Bava Beccaris che usava l'artiglieria per le strade di Milano, chissà quanti altri ufficiali si accontentavano di moschetto e baionetta. Per un Bresci che uccide il re, chissà quanti altri come lui si accontentavano di un conte ferito o un barone acciaccato.

Poi è arrivata la Grande Guerra e poi è finita ed è arrivato il biennio rosso. Certo, a studiarle sui libri di storia queste cose sembrano poco più che aneddoti, ma allora c'era da aver paura. Decine di migliaia di giovani addestrati alle armi, veterani delle trincee che si riversavano in piazza e che volevano fare la rivoluzione. Fabbriche occupate con lo schioppo. Provateci voi a fare una cosa del genere oggi. E poi gli arditi... gente che assaltava i nidi di mitragliatrice col coltello tra i denti a colpi di mazza ferrata e che d'un tratto si ritrovava nella vita civile di un'Italia senza lavoro e che non sapeva che farsene di questi esaltati. Non so, immaginate dei membri della Delta Force, veterani del Vietnam, che tornano a casa e non hanno lavoro, non hanno famiglia e sono disperati. Avete idea di cosa riuscirebbero a combinare?

E allora occupano Fiume, guidati da un poeta. E poi si dividono, alcuni passano al fascismo, altri al socialismo. E ci si spara per strada. Alle manifestazioni si moriva, perché c'erano quelli appostati ai balconi che facevano fuoco sulla folla. Marinetti lo scrive proprio che una volta, imbattutosi con gli amici suoi in un corteo di rossi, si è messo a sparare sulla prima fila. Alle donne. Apposta. C'era tanta violenza in piazza allora.

E poi la Resistenza e la guerra civile. Giovani che scelgono di sparare ad altri giovani, altra violenza.

In tutta la storia d'Italia questa violenza di piazza non era praticata per caso, ma teorizzata e incanalata ed ideologizzata. Era violenza politica e rivoluzionaria. E quindi, tutto sommato, nel dopoguerra il clima si fa relativamente disteso, rispetto agli anni precedenti. Non buono, ma insomma...

Poi sono arrivati gli anni '70. La generazione dei figli dei partigiani e dei repubblichini. Tanti avevano studiato e avevano imparato la lezione: l'opposizione si fa in piazza e con le armi, non basta parlare e votare. Il resto si sa, sono gli anni di piombo.

Personalmente ritengo che la violenza di quegli anni non sia stata adeguatamente repressa dall'inizio per precisa volontà politica. Non erano molti i violenti, solo molto rumorosi. Uno stato moderno avrebbe potuto porre fine alla questione nel giro di un anno o due. Ma c'era una classe politica in crisi di consensi. E se i violenti erano pochi, quelli che si erano rotti le scatole erano tanti. Una classe dirigente che ormai governava da più di vent'anni aveva bisogno di rafforzarsi, pena la sparizione. E non c'è miglior alleato politico della paura. Facciamo capire agli italiani che la violenza è più forte dello Stato e avremo dalla nostra parte il sostegno del popolo. E così fu.

E oggi? Siamo di nuovo di fronte a quella situazione? Non ne sono sicuro. I giovinastri degli anni 70 erano eredi di una cultura che portava in sé i semi della violenza. A scuola ti insegnavano come i patrioti facessero barricate, a casa ti insegnavano come i patrioti avessero preso il fucile; oppure ti insegnavano che i traditori avevano preso il fucile e che quindi lo dovevi prendere anche tu. E poi, quanti ragazzi di allora ricevettero la pistola in mano da qualche ex-partigiano, che a sua volta era stato allevato secondo il motto “libro e moschetto”? Una buona metà della popolazione era di sinistra. Oggi non vuol dire niente, ma fino a qualche anno fa i socialisti e i comunisti teorizzavano la rivoluzione. Teorizzavano la caduta del capitalismo e dello Stato borghese. Chiaro che i parlamentari e i vecchi dicevano e non facevano, ma i giovani no, i giovani sentivano parlare di comunismo e lo volevano sul serio, non la prendevano come retorica buona per i comizi. Così come dall'altre parte erano altrettanto convinti delle loro posizioni. Insomma, se i politici parlavano in maniera felpata, c'era comunque una lunga tradizione di teoria politica che predicava la violenza; non solo, c'era anche l'educazione ricevuta a scuola che aiutava. E c'erano gli esempi viventi.

Oggi tutto questo non c'è. Manca una cultura della violenza politica perché manca persino l'obiettivo da raggiungere per mezzo della violenza. Abbiamo visto che l'unico movimento moderno e di sinistra è stato quello No-Global. Sono bastati due giorni di mazzate per disperderlo per sempre. E le reazioni del movimento sono state proprio quelle di chi con la violenza non vuole avere a che fare né l'ha mai praticata: stupiti che la polizia menasse, quasi oltraggiati.

La sinistra postcomunista è stata definitivamente scalzata dal parlamento e i sostenitori della sinistra parlamentare sono diventati i difensori della magistratura: sono cioè diventati i più accessi sostenitori dell'organo dello Stato repressivo per eccellenza.

La destra parlamentare è un'armata Brancaleone altrettanto priva di contenuti, vagamente parteggiante per le forze armate e la polizia e per il resto troppo impegnata a capire come abbiano fatto a vincere le elezioni i secessionisti insieme ai nazionalisti insieme ai democristiani insieme ai pubblicitari insieme alle veline.

Però si dice che il dibattito politico si sia incarognito in questi ultimi anni. A me non sembra. A sinistra non osano nemmeno parlare. Hanno adottato delle parole d'ordine talemente annacquate che non si capisce nemmeno a cosa pensino. A destra non so neanche che retorica usino, a dire il vero, perché c'è di tutto, Fini con la kippà, Bossi col dio Po, dell'Utri con i suoi eroi.

Mi pare che il dibattito politico si sia invece involgarito: grida, cappi esposti, insulti all'aspetto fisico delle persone. Ma questo linguaggio non mobilita le persone, non le incita alla violenza. Non è gridando per quindici anni di fila “comunisti” o “regime” che si scatena la violenza di piazza.

Se qualcuno ha avuto esperienze di rappresentanza (non necessariamente politica) saprà bene che i gruppi hanno delle dinamiche costanti. Quasi sempre essi contengono al loro interno una minoranza che si espone e si dà da fare per il gruppo nel suo insieme. Poi c'è la maggioranza che non partecipa attivamente, ma eventualmente parteggia per qualcuno. Poi esistono quelli che si lamentano sempre di tutto. Qualunque cosa i dirigenti facciano non va bene, tutte le decisioni sono sbagliate, ogni scelta è fatta contro l'interesse generale e via dicendo. Spesso riescono a tirarsi dietro anche una parte della “maggioranza silenziosa”. Ma una cosa è certa: non agiscono mai, vivono solo nel riflesso delle azioni altrui.

Ecco, in Italia da tempo ormai il gruppo dirigente ha deciso di mollare. Le persone con un minimo di intelligenza stanno lontane dai partiti, hanno capito che il gioco democratico è una corsa al peggio e preferiscono dedicare gli sforzi ad altre cause. Gli ultimi che ricordi aver partecipato con entusiasmo erano i leghisti ad inizio anni 90, quando pensavano che finalmente qualcosa si potesse cambiare in politica. Hanno presto mollato tutti, dopo che hanno capito che anche la Lega Nord era un partito come gli altri, e sono rimasti i Calderoli e i Borghezio. E il figlio di Bossi. Per dire, no...

Così il vuoto lasciato dai “dirigenti naturali” è stato rimpiazzato da quelli che si lamentano. I politici di oggi sono gli scarti di quello che è rimasto dei vecchi partiti, mentre i loro sostenitori sanno solo lamentarsi. E quando si lamentano, lo fanno alla grande, che altrimenti non cìè gusto: “abbiamo il regime liberticida”, scrivono sui dieci giornali che hanno a disposizione; “sono degli illiberali che aspettano di far abbeverare i cavalli dei cosacchi alla fontana di San Pietro”, lamentano in Parlamento o da una delle sei tv che possiedono. “Secessione”, berciano dai loro scranni a Roma, mentre piazzano figli e nipoti ovunque sia possibile sperperare soldi pubblici.

Perché quelli che si lamentano devono sempre passare per vittime, e allora s'inventano di essere processati, perseguitati, censurati, picchiati; di essere oggetto di campagne d'odio, di violenze immaginarie, di pestaggi fantasiosi.

Questa è la nostra classe dirigente e questi sono i suoi sostenitori: parassiti che vivono parlando a vuoto, nutrendosi del riflesso di soprusi inventati, perché di reali non ce ne sono. E da questo clima non credo possa nascere violenza politica, perché la violenza è azione e rischio personale: due cose che i parassiti non sanno nemmeno cosa siano. Alla prima randellata che dovessero prendersi, sparirebbero alla velocità della luce.

Mi sento di dire che possiamo stare tranquilli. Non credo rivivremo ancora gli anni 70. Al massimo soffriremo dei disturbi tipici di un corpo afflitto da parassiti.

Scusate il post infinito.

1Perché assaltare il Re non è come uccidere un Presidente. Il Re è il rappresentate dell'ordine voluto da Dio e attaccare il Re vuol dire mettere in dubbio il volere di Dio. Un Presidente eletto è solo un uomo che rappresenta poco più che sè stesso e i suoi accoliti. Attaccare lui non intacca l'ordine del mondo.

Questioni di balistica

Ieri sera ero appena riuscito a ristabilire l'uso normale dei miei plasmidi, quando Frau Angelo è uscita dal bagno dove si stava acconciando il crine e tutta agitata esclama: “Tommy, they attacked Berlusconi! On the street!”.

Io ho mantenuto la tipica flemma italiana: “Fuck! Really?!”

Frau Angelo: “Yes, they are talking about it on the radio.”

Siccome avevo da poco letto i vari quotidiani online e niente di tutto ciò vi era riportato, la radio tedesca doveva aver trasmesso la notizia praticamente in diretta e quindi la cosa doveva essere particolarmente grave. Frau Angelo mi guardava in cerca di una risposta e allora ho provato ad abbozzare una prima analisi in base ai dati a disposizione: “Fuck fuck fuck fuck!!!”

Mentre mi dirigevo al computer, avevo in mente l'auto di Berlusconi sventrata da un RPG, corpi di civili dilaniati dall'esplosione, elicotteri della tv che si muovevano al rallentatore sopra il corteo producendo solo il rumore delle pale che fendono l'aria; la radio della scorta trasmetteva il messaggio di soccorso: “Command, this is Bravo-Six, we got the President down. I repeat: we got the President down. Request of immediate support. I repeat: immediate support. Over.”

Bravo-Six, this is Command. Confirm you got the President down. I repeat: confirm you got the President down. Over.”

Command, send the fucking chopper, we got hit!”

Perché la scorta di Berlusconi dovrebbe parlare in inglese? Non saprei, ma i film d'azione sono tutti americani e non so cosa direbbe un italiano.

Comunque, vado al computer e vedo che per fortuna non è successo niente di tanto grave, solo l'ennesimo lancio di oggetti contro il Presidente del Consiglio, che questa volta si è fatto male abbastanza seriamente. Mi dispiace vedere questo anziano signore con il volto tumefatto e sanguinante, ma almeno non sta per scoppiare una guerra civile. Tranquillizzato, archivio subito la cosa e mi rimetto alla ricerca di Fontaine.

Poi però arriva il giorno dopo. Faccio il mio solito giretto mattutino su Facebook per vedere come stanno i miei amici in Italia e in giro per il mondo. Ovviamente a quelli in giro per il mondo non gliene può fregare di meno. I miei amici italiani invece non si lasciano andare a nessun grido di gioia. A conferma che almeno gli amici me li so scegliere intelligenti. Resta però il fatto che in molti pensano che tutto questo servirà solo ad essere strumentalizzato contro la sinistra. E quindi penso cosa sarebbe accaduto a parti invertite: immagino che se qualche bellimbusto avessere preso a martellate sui denti Bersani, a sinistra avrebbero invocato i caschi blu. Come minimo. Vabbè.

Qualche minuto dopo arrivano i colleghi italiani. Ricordo che sono tutti antiberlusconiani e quindi sono quelli che sostengono le manifestazioni viola funerale. Probabilmente sono considerati anche cervelli in fuga. Ebbene, gioia e tripudio, grasse risate e pacche sulle spalle. Io non ce la faccio a partecipare ai festeggiamenti per un tizio, forse poverino con problemi psicologici, che tenta di sfigurare un settantatreenne che ha pure avuto un cancro. Alla fine mi limito ad impedire che venga affissa al muro la foto dell'attentore, un po' perché non mi pare il caso, un po' perché c'ha una faccia...

Giuro che della vicenda non ho voluto sapere niente. Soprattutto le dichiarazioni dei politici: quindi non mi esprimerò su quanto detto dalla Bindi e da Di Pietro. Quello che è accaduto è poco più di un fatto di cronaca, per quel che mi riguarda. Non ha alcuna valenza politica, al massimo lo posso considerare uno di quegli esempi di miseria umana che portano ad azioni tanto violente quanto ridicole.

Quello che mi ha stupito è vedere così tanta gente gioire. E non sto parlando dei mitologici “frequentatori dei centri sociali”, ma di persone assolutamente nella media, con una laurea in tasca e che conducono vite come chiunque altro. Persone come me, insomma. Mi chiedo come si possa gioire per una non-cosa.

Quello che invece mi ha fatto pensare è che molti dicono che Berlusconi provoca, provoca, provoca e alla fine le cose gli ritornano indietro. Non so voi, ma a me pare un discorso del piffero. Mi spiego: ritengo Berlusconi e la sua cricca di parlamentari mezzi avvocati e mezze veline un'armata Brancaleone priva di particolare valore intellettuale. Sentir parlare Berlusconi, Ghedini, Calderoli e compagnia bella mi fa sentire particolarmente intelligente. Non mi stupisco quindi che facciano discorsi provocatori e illogici. Sono come il bulletto di paese: mancando di cervello, cerca di riempire il vuoto della loro vita con le risse il sabato sera. Avete presente no? Va in giro ad attaccar briga, finché non trova quello ancora più scemo di lui che abbocca e si prendono a pugni. Se viene da me, che sono mediamente intelligente, non trovano certo il modo di coinvolgermi in una rissa, perché appunto il loro approccio è talmente stupido che si fanno scoprire immediatamente. Lo stesso vale per Berlusconi e la sua cricca: certo che fanno discorsi pessimi, ma se tu ci caschi – perché è quello che cercano – allora sei peggio di loro, perché almeno loro hanno dimostrato di saper costuire una trappola politica, mentre tu non sei nemmeno riuscito a vederla.

E allora ho pensato che se per ipotesi la destra passasse in minoranza e questa gente arrivasse al governo, ecco, ho come l'impressione che non noterei alcuna differenza.

12 dicembre '69

Pensate se nel 1977 l'opinione pubblica italiana, riguardo all'attentato di Piazza Fontana, fosse stata divisa tra chi accusava gli anarchici e chi accusava Mariano Rumor e Paolo Emilio Taviani.

Per un pugno di Mefo

Spero di non essere buon profeta, ma ho un brutto presentimento. Credo che a destra, visto che il Berluscone non riuscirà a tenere insieme la sua coalizione ancora per molto, stiano cercando un elemento unificatore per poter mantenere ed aumentare consensi e voti. Poiché la politica si nutre degli istinti peggiori degli uomini, per tenerli insieme è necessario trovare un nemico comune contro il quale unificarli. L'hostis publicus è uno degli strumenti più efficaci e antichi che i politici utilizzano. Molto rozzo, estremamente low-tech e per questo sempre buono alla bisogna.

Siccome è evidente che Berluscone non lo vogliono più intorno ed è altrettanto evidente che non si possono tenere insieme facilmente leghisti, alleati nazionali, ex-dipendenti di Publitalia e democristiani, sono in piena fase di testing. E siccome a destra sono anche decisamente bravi ad annusare l'aria e sapere da che parte tira il vento, noto con molto dispiacere che stanno imboccando una strada pessima.

Ha cominciato Tremonti tempo fa, quando si è messo a parlare di un gruppo di "illuminati" che reggono il mondo. Piano piano in molti hanno iniziato a non parlare più dei partiti della sinistra come "comunisti", ma come di una Spectre in mano agli inglesi. Quelle tre o quattro volte che qualche politico di destra è finito sotto inchiesta (una cosa ovvia in Italia, dove tutti i politici sono corrotti e quindi prima o poi qualcuno viene preso) si parla di golpe della magistratura in mano agli inglesi.

Adesso ci si mette pure il Giornale, che pubblica un redazionale dove si abbracciano con gioia le bislacche tesi dei cosiddetti "signoraggisti", quelli che credono che il debito italiano non sia dovuto al fatto di aver preso soldi in prestito, ma di dover pagare la cartamoneta che i grassi banchieri vendono a caro prezzo. E la soluzione che propongono è quella che il governo stampi soldi, perché come è noto stampando soldi si diventa ricchi.

A me sembra chiaro che il Giornale stia cercando di pescare nel bacino di potenziali voti costituito da coloro i quali nel Berluscone vedono una specie di Mattei, un titano in lotta con gli dei anglosassoni e ora minacciato con la prigione sulla rupe del Caucaso. C'è già una nutrita schiera di blogger e forumisti che espongono queste tesi.

Francamente non mi interessa il merito di nessuna di queste posizioni sul Berluscone, sulla finanza internazionale o sugli allevatori di aquile del Caucaso. Temo però le proposte sia dei fautori della "sovranità monetaria" sia dei dietrologi proberlusconiani. Costoro predicano a favore di un governo ipertrofico, onnipresente, con in mano il potere di stampare moneta a piacimento, di uno statalismo estremo che sbandiera la lotta contro il privato per imporre il proprio potere.

E se pensate che questi siano solo un pugno di disperati, pensate anche che, pur essendo numericamente pochi, sono tremendamente motivati: stanno convertendo al loro credo moltissime persone, perché in questi tempi di crisi economica offrono a chi non capisce cosa sta accadendo soluzioni facili che promettono di diventare ricchi senza far fatica. Ora stanno per ricevere un appoggio ufficiale da partiti politici importanti. Ripeto: spero di essere pessimo profeta, ma la vedo dura. Sapete perché? Perché l'idea di uno stato assistenzialista, ipertrofico e in grado di stampare cartamoneta a piacimento è la descrizione delle grandi dittature novecentesche.

Voi che portate la sembianza umile

Da quando sono bimbo sento sempre parlare di questo problema, delle donne che sono ridotte ad essere degli scheletrini per colpa della nostra società maschilista che le vuole conciate alla maniera di bambole bellissime senza cervello. Di solito su cosa si basano questo genere di discorsi? Su quello che si vede in giro. E nel 2009, quello che si vede in giro significa “giornali e televisione”. Qualcuno a questo punto potrebbe pensare che le varie donne ivi rappresentate siano causa dei sogni concupiscenti dei maschi. Niente di più sbagliato.

Quelle donnine sono il frutto del lavoro di due categorie di persone, le donne e gli omosessuali. Ora, io non ho niente contro queste due categorie, ma su una cosa non c'è dubbio: che non conoscono quale tipo di donna piace ad un uomo. Quando leggo una rivista e vedo che le donne “belle” sono denutrite, senza seno e con le guance incavate, capisco subito che dietro c'è lo zampino di una donna; quando leggo che torna di moda la donna formosa e vedo l'immagine di una donna denutrita, senza seno e con le guance invacate, capisco immediatamente che è l'opera di un omosessuale.

Non è colpa loro, è che – per forza di cose – non vedono la donna come la vedrebbe un uomo. Immagino che in effetti cerchino la bellezza, perché possono permetterselo. Anche un uomo può cercare la bellezza. In un quadro. In un mobile. In una macchina. In un paesaggio. Ma non in una donna, perché l'uomo con la donna ci vuole fare delle cose precise e con tutti gli oggetti inanimati sopraelencati no.

Non prendo in considerazione gli sviluppi profondi del rapporto tra un uomo e una donna che, si spera, si basano su questioni diverse dall'aspetto esteriore. Però esiste in noi un meccanismo ancestrale che ci mantiene sempre all'erta rispetto agli individui di genere femminile che ci passano intorno.

La prima cosa da dire è che non esistono veri canoni condivisi dai maschi. Certo, in ogni società valgono degli standard più o meno costanti al suo interno, ma se le signore pensano che il maschio abbia un'idea precisa di donna e che vada in cerca di quella a discapito delle altre si sbagliano e di molto. In questo campo l'uomo è predatore di gruppo. Cosa vuol dire? Che il maschio non va in giro ramingo cercando la preda perfetta, perché una strategia del genere lo lascerebbe sostanzialmente a bocca asciutta per sempre. In realtà il maschio batte un suo territorio che condivide con altri maschi e valuta tutte le potenziali prede che insistono in quel territorio. Dopodiché farà in modo che tutti i maschi che partecipano alla caccia abbiano la loro parte di preda. Ciò significa che tendenzialmente i maschi si scelgono ognuno un esemplare di femmina diverso, in modo da non perdere tempo ed energie a scornarsi con gli altri per avere la stessa femmina.

Ecco, bravo – direte voi – ma noi mica siamo cacciatori-raccoglitori del neolitico. Vero. Però viviamo in gruppi all'interno di un territorio e l'istinto all'accoppiamento è lo stesso da millenni. Pensateci. In ufficio prima o poi i maschi presenti confessano chi tra le colleghe aggrada o meno. E di solito ogni uomo dice di provare del desiderio per questa o quella, ma difficilmente per la stessa che un altro ha detto. L'espressione del desiderio verso le colleghe tende ad essere distribuita tra tutte, in modo che tutti i maschi possano appaiarsi acconciamente. Di solito è abbastanza irrilevante la “bellezza” delle colleghe. In questa forma di accoppiamento ritualizzato poche restano escluse e solo in casi estremi.

Questo perché il maschio ragiona da cacciatore. Immaginatelo, in cerca di cibo, che lascia andare tutte le prede che vede, perché in cerca della preda perfetta... non mangerebbe mai! Invece il cacciatore guarda le prede e sceglie tra quelle a tiro quale colpire. Così l'istinto dell'uomo non è di cercare la donna perfetta che vede sui giornali ma, tra quelle con cui viene a contatto ogni giorno, quella che gli garba di più.

E qui veniamo a noi. Quali sono i criteri che fanno una donna desiderabile agli occhi di un uomo? Difficile da dire, perché ognuno ha un gusto diverso. Ma di certo non possono essere le modelle che vedete nelle riviste di moda, perché quelle modelle hanno come caratteristica principale l'aver eliminato dal proprio corpo tutti i caratteri sessuali primari e secondari: niente seno, fianchi stretti, natiche inesistenti, ossa sporgenti. Non si tratta di essere magre. Queste non sono magre, sono semplicemente prive di tutte le caratteristiche che le connotano come donne. Non stupisce quindi che siano il frutto del lavoro di donne e omosessuali, cioè di persone che percepiscono i caratteri sessuali del corpo femminile con indifferenza o fastidio, se non come minaccia vera e propria.

Incolpare quindi gli uomini e il loro maschilismo per le donne denutrite e moribonde che si vedono sui giornali (per donne) semplicemente non ha senso. E ve lo posso provare. Considerate un contesto dove ci sono un sacco di uomini che esplicitamente trattano le donne come animali da esposizione e trastulli da fornicazione: il rap. Guardate le donne dei video rap... ne vedete di magroline e scheletriche? Hell, no! Controllate pure:

Perché se un uomo è maschilista e vuole una donna come strumento di piacere, la vuole con caratteri sessuali pronunciati. E possiamo raccontarci tutte le ipocrite fesserie che si dicono in società, ma alla resa dei conti i caratteri sessuali sono: seno prosperoso, fianchi larghi, ventre tondeggiante e grasso a smussare tutti gli angoli: tutto quello che serve a portare avanti una gravidanza e a sfamare i cuccioli di maschilista fino allo svezzamento.

La morale del post è quindi una: ai maschi non interessano gli ideali estetici in una donna, ma i caratteri sessuali, i quali – a loro volta – sono in aperto contrasto con gli ideali estetici dei media. Quindi, donne, volete piacere ai maschi o seguire la moda? Basta che scegliate. Ma non venite a recriminare da noi.

Anzi, le morali sono due (più che altro un piccolo suggerimento): donne, se siete in posto di lavoro misto, certamente uno o due colleghi hanno per voi un posto nel loro immaginario erotico; probabilmente non ve lo diranno mai e probabilmente non faranno mai niente, ma voi sappiatelo.

You and me baby we ain't nothin' but mammals

Filosofia Politica/1

La politica è il momento in cui lo stolto inizia a percepire la propria condizione come diritto di governare la vita altrui.

Quelli che vengono come lupi tra gli agnelli

Sapete, usando internet per informarsi, si vengono a sapere molte cose. In senso letterale: molte “cose”, cioè un numero elevato di pezzi di informazione. A me questo piace proprio, devo dire. Cioè, ci sono un sacco di “cose” a disposizione e sta a me decidere cosa va bene e cosa no, cosa è degno di attenzione e cosa no. La chiamavano libertà. Grazie alla libertà, succedono un sacco di altre “cose”, conseguenza delle prime “cose”. Per esempio si sbaglia. Oppure si formulano giudizi imprecisi. Si prendono delle cantonate colossali. Perché, come ogni dittatore vi dirà, la libertà è brutta. Ed è vero, finché qualcuno pensa che noi non si sia in grado di maneggiarla. In realtà è molto bella, ma non come farsi sferzare le piante dei piedi con una verga. E' bella perché ti rende libero, di fare e pensare un sacco di stupidaggini. Perché la libertà è il diritto di essere stupidi.

Si sa che internet, finché non la faranno diventare una gigantesca Italia1 dove si potrà guardare solo quello che la gente che lavora a Italia1 ha deciso che sia bello – comprese splendidi telefilm e sit-com insozzati con traduzioni e doppiaggi da brivido – Internet, si diceva, pullula di informazioni che sono in contrasto totale con altre informazioni. Essendo però le informazioni virtualmente infinite, avremo che in internet ad un numero infinito di informazioni corrisponda un numero infinito di informazioni opposte. Quindi internet è l'unica cosa ad aver moltiplicato per due l'infinito, dopo Chuck Norris. E' normale che ci si possa sentire frastornati all'inizio. Troppo di tutto non è facile da mandare giù.

E' vero che la maggior parte delle persone usa internet per scaricare porno gratis, guardare porno in streaming e pagare per guardare siti porno (non sto dicendo che sbaglino, in fondo the internet is for porn, giusto?) però esistono anche delle pecorelle smarrite che scoprono l'uso perverso di internet per cercare informazioni. Questi poveretti, abituati ad anni di Corrierone, Repubblica, TG1, giornaletti di partito, Santoro, Feltri, Ballarò e tutta quella roba lì, appena entrano in contatto con notizie non allineate, vanno letteralmente fuori di testa. Non che scappino. No no, è che entrano proprio in orgasmo da conoscenza: iniziano a leggere tutte le pagine web disponibili e scoprono in una settimana tutto quello che c'è da sapere su tutto. A questo punto, si sentono pronti. E si decidono per il grande passo: il proselitismo. E se siete nel raggio d'azione di costoro, che il buon Gesù vi protegga, perché non c'è modo di sfuggir loro. Utilizzeranno ogni secondo del loro tempo per spiegarvi tutto quello che non sapete, tutte le cose che ci tengono nascoste, tutte le notizie che i giornali non danno. Alla fine ne esce un blob informe in cui viene infilato di tutto, rettiliani, ebrei, nazisti, banchieri, riscaldamento globale, signoraggio, terrorismo, islam, cristianesimo, massoneria, socialismo, la bomba atomica, i computer, la II guerra mondiale, ogni cospirazione nota ed ogni cospirazione nota che contraddice un'altra cospirazione nota, la crisi economica, i vaccini, l'AIDS...

Se non avete mai sentito parlare di queste cose, rimarrete per lo più indifferenti, tranne per il fatto che un vostro amico inizia a parlare a velocità tripla. Se invece, come me, queste cose le avete lette da tempo, magari anche 5 anni fa, avere una persona che vi riversa addosso tutto l'entusiasmo delle sue scoperte senza fermarsi mai diventa di un noioso, ma di un noioso che non avete idea.

Sì lo so, la Regina è un rettile.

Sì lo so, il mondo finisce fra due anni.

Sì lo so, i rabbini ebrei insegnano a truffare i gentili.

Sì lo so, la crisi economica l'hanno organizzata ad arte.

Sì lo so, loro hanno la tecnologia da anni ma ce la danno un poco alla volta per farcela pagare di più, è per questo che da bambino avevo un Commodore 64 anziché un quad-core: non è che allora non avessero i quad-core, è che li tenevano nascosti aspettando il momento buono.

Vorrei essere chiaro su questo punto: le so già tutte. Tutte. Navigavo quei siti anni fa, leggevo quei blog mesi prima che loro avessero la banda larga. Non discuto il merito di tutte quelle cose. Ad alcune potrei anche credere, ad altre sicuramente non credo. Alcune certamente hanno un fondo di verità, altre sono così palesemente fuori di melona che non so come ci credano. Ma tutto questo è irrilevante. Quello che conta è solo una cosa: vi prego, non venite a dirmi queste cose. Non vogliate rendermi partecipe del vostro nuovo sapere. Non evangelizzatemi. Non spiegatemi le cose. Non parlatemi!

Ma soprattutto: credete davvero che sia necessario un altro blog sul Nuovo Ordine Mondiale? Pensateci: se in una settimana avete letto almeno venti blog diversi che parlano di nuovo ordine mondiale, a cosa pensate serva aprire un altro blog in cui riprendete le stesse notizie che avete letto in quei blog? No sul serio, perché io proprio non ne vedo il motivo, ma magari in qualche anfratto nascosto ed inesplorato della logica troveremo insieme la risposta.

Se privatizzare è la cura...

Ormai ho imparato che quando i giornali sollevano una polemica e di conseguenza si alza un gran numero di voci che poi scendono in piazza per salvare il mondo dal pericolo che sta correndo, sono sicuro che l'argomento di cui si tratta è irrilevante o inventato.

Quindi, quando nei giornali si parla di emergenza criminalità e si fanno le ronde, sono sicuro che non c'è nessuna criminalità. Quando si parla di invasione islamica e si portano i maiali in giro per i terreni edificabili, sono sicuro che niente di nuovo si appresta all'orizzonte. Quando si grida al regime e si va tutti in piazza Navona, vado a letto sereno sapendo che non sono mai stato più libero di così. Quando si parla di liberalizzare l'attività di tassista e i tassisti fanno cordone di fronte al Parlamento, non v'è dubbio che di liberalizzazioni non hanno nemmeno mai discusso.

Indovinate quando scatta la polemica sui giornali e si organizzano manifestazioni contro la privatizzazione dell'acqua? Perfetto, non devo aggiungere altro. In questo caso però è più facile, perché saranno 20 anni che “privatizzano”, solo che prima di “privatizzare” devono aver cambiato la definizione ufficiale di tale verbo, e quindi si sa già che “privatizzare” si traduce con “spartire”.

Comunque, di tutti quelli che protestano contro le “privatizzazioni”, nessuno mai che protesti contro una delle più grandi privatizzazioni italiane (senza virgolette), che è sotto gli occhi di tutti e che è così macroscopica da diventare invisibile: la privatizzazione dello Stato, in tutte le sue forme, ai partiti politici.

I partiti, a differenza che quello che pensano in molti, non sono che gruppi di privati cittadini che si associano liberamente per discutere, proporre e portare avanti le proprie idee. Sono quindi delle entità private, ma non nel senso di esercizio commerciale volto al profitto economico: sono private al pari del club della briscola, dell'associazione sportiva e così via. Infatti la Costituzione, se da un lato stabilisce che i cittadini abbiano il diritto di formare partiti, non attribuisce ai partiti alcun ruolo istituzionale. Né glielo attribuisce la legge. Questo perché, in una democrazia parlamentare rappresentativa come la nostra, il principio che ne sta a fondamento è la sovranità del popolo, esercitata dalla Camera dei Rappresentanti. Non la Camera dei Partiti, né la Camera delle Scuole di Pensiero. La rappresentatività significa che i cittadini votano una persona e questa ottiene un seggio in Parlamento, facendosi portavoce delle istanze dei propri elettori.

Dal punto di vista dei principi ispiratori, il partito politico non esiste come parte del meccanismo di rappresentanza. Esiste solo come diritto dei cittadini di associarsi.

Ancor meno il partito esiste nella legge e nei regolamenti che ordinano il voto. Ad ogni tornata elettorale, dal quelle comunali a quelle nazionali, il sistema prevede che si formino delle liste di candidati che devono raccogliere un minimo di firme per poter partecipare. Per 50 anni la DC e il PCI, ogni volta che c'era un'elezione, dovevano presentare una lista di candidati, con nome e simbolo, e raccogliere le firme. Ad ogni elezione. Il che significa che finché sono esistiti, i due più grandi partiti italiani hanno dovuto cercare le firme millemila volte all'anno, vista la frequenze delle elezioni nel nostro Paese. Che significa? Significa che per la legge quei partiti non esistevano, cioè non avevano più diritti del circolo di cucito della moglie del sindaco. Non avevano nessun diritto preventivo di partecipare alle elezioni. Erano delle associazioni di cittadini. Certo, poi in pratica il PCI presentava una lista che si chiamava PCI e aveva come simbolo la falce e il martello e di conseguenza la percezione era che il partito fosse la lista. Ma non era così.

Non è finita. Quando i parlamentari venivano eletti, nemmeno la lista con cui si sono candidati esisteva più (essa “serviva” alle elezioni solamente). E' per questo motivo che in Parlamento esistono i gruppi parlamentari. Perché la legge dice che in Parlamento siedono dei singoli rappresentanti del popolo, che hanno la possibilità di riunirsi in gruppi con un loro portavoce e tutte queste cose. Anche in questo caso, una volta eletti, i parlamentari iscritti al PCI formavano un gruppo parlamentare chiamato PCI con simbolo falce e martello, del tutto indistinguibile dal partito e dalla lista per chi non avesse particolare occhio per queste sottigliezze.

Come è evidente, almeno in teoria lo Stato repubblicano non riconosce il partito politico come una parte di sé, non lo intende come parte del processo democratico, né come istituzione pubblica. Eppure in Italia ogni singolo aspetto dello Stato e dell'Amministrazione è in mano a quel manipolo di partiti che lo occupano stabilmente, in spregio ad ogni principio di legge e di buon senso.

Questa situazione è talmente accettata che non solo è opinione comune che il Parlamento sia la sede naturale dei partiti, ma quando la legge elettorale è stata modificata l'ultima volta in modo da attribuire ai segretari di partito il potere di stabilire prima delle elezioni e senza mandato popolare la composizione del Parlamento, nessun giornale ha imbastito polemiche internazionali per cercare di modificare le cose. Il motivo è persino banale: siccome questa spartizione del potere ha interessato tutti i partiti politici, nessun giornale ha avuto la pensata di, maddai, andare contro i propri referenti politici.

E così tutti quelli che protestano per la “privatizzazione” dell'acqua (che non esiste), poi vanno diligentemente a votare per quelli che hanno privatizzato (senza virgolette) un'intera Nazione, rendendola una proprietà a disposizione di soggetti privi di qualunque legittimazione legale o morale per mantenere la posizione che occupano.

La cosa divertente è che dovete leggere questi riassuntini della Bibba Civile da un blogger che qui a destra tiene almeno 4 o 5 link a siti anarchici e antistatalisti. Vorrà dire qualcosa?

E' un po' come quando il blogger in questione, privo di qualunque afflato religioso di sorta, si trova a dover spiegare a sedicenti cattolici la Bibbia (quella vera) – anzi, un giorno penso che andrò a chiedere alla mia catechista in che anno Maria è stata proclamata theotokos e cosa significa.

Io però ve lo dico: per ora è andata così, ma da oggi in poi le consulenze me le faccio pagare.

Una ricetta veloce

Vedo che ultimamente sta prendendo piede la mania di dare ricette di cucina nel proprio blog. Siccome io chi sono, il figlio della serva, no – proponiamo qualcosa di veramente sfizioso. La lettura è sconsigliata alle anime sensibili.

Preparativi: un sabato sera a casa da soli

Ingredienti: un'automobile; una connessione a banda larga

Preparazione

Prendete le chiavi della macchina e scendete. Accendete la macchina e dirigetevi al vicino Burger King, che non deve distare da casa più di 5 minuti a piedi. La cosa migliore è che abbia un drive-through, cioè quella cosa per cui voi arrivate con la macchina, ordinate dalla macchina e ricevete il cibo in macchina. Ordinate alla cassiera indiana un triplo Whopper menu, formato extra-large (tre etti di patatine fritte e mezzo litro di Cola). Dopo essere riusciti a capire cosa la cassiere indiana abbia cercato di dirvi tutto il tempo, pagate e tornate a casa. Accendete il computer e aprite il vostro browser (di solito a questo punto si consiglia Firefox, ma personalmente non mi sento di dare indicazioni in questo senso. Usate quello che vi pare). Sintonizzate il vostro browser su un sito a scelta tra YouPorn, PornTube e Tube8, oppure mescolateli in parti uguali tra di loro. E godetevi il vostro Whopper menu.

Ovviamente questa è la ricetta base, ma alcune varianti sono ammesse. Per esempio, se siete omosessuali potete tranquillamente accompagnare l'hamburger con la visione di GayTube o affini (non sono molto esperto in questo settore, chiedete ad un amico eventualmente). Se siete donne è statisticamente probabile che il porno non vi interessi, ma potete sostituirlo con la visione di Twilight e New Moon o altri capisaldi.

Come vedete, la preparazione è molto semplice. Tuttavia il buon funzionamento della ricetta non sta nella scelta degli ingredienti, ma nello spirito con cui la consumerete. E' la consapevolezza a fare la differenza. Dovete essere coscienti di ciò che state per fare. Anzi, direi commettere. Infatti:

a) scegliete di stare a casa il sabato sera. Cioè, preferite evitare di uscire, spendere un sacco di soldi, farvi belli, cercare di raccattare una tipa abbastanza fatta o abbastanza disperata da starci con voi (con voi, rotfl), assumere alcol e cannabis, eventualmente anche un po' di coca (tanto non è più reato, no?) per poi svegliarvi il giorno dopo che non avete battuto chiodo, la bocca sembra una miniera di carbone e quando vi mettete a sedere sul letto dalla bocca esce uno sfiato di grisu... ne siete sicuri? Pensate a lunedì, quando i vostri colleghi passeranno tutta la mattina a descrivervi queste stesse cose più e più volte, vantandosi di quanto erano ubriachi e bla bla bla. Voi invece sarete i paria: siete rimasti a casa.

b) Avete un macchina. Male. Molto male. Ciò è del tutto incompatibile con la situazione ambientale del nostro pianeta e non state facendo la vostra parte per abbassare l'emissione di gas serra. Male. Molto male.

c) Prendete la macchina per fare un tragitto minimo. Passi che avete una macchina, ma che la usiate per coprire una distanza che a piedi si compie in cinque minuti è fuori da ogni grazia di Dio. Dovreste vergognarvi di voi stessi.

d) Ora, qui viene la parte veramente dolorosa. Avete scelto Burger King. Forse non avete idea di quanti peccati avete commesso.

d 1) A differenza di tutti gli italiani sulla faccia della Terra, non cercate di compensare l'enorme arretratezza culturale, sociale e politica del vostro Paese facendo sfoggio di cultura culinaria e trattando il cibo come mezzo di riscatto sociale. Male: oltre a essere italiani, non siete neanche capaci di fare l'unica cosa che viene bene agli italiani, mangiare.

d 2) Avete presente la cassiera indiana che vi ha servito? Ecco, per colpa vostra il ciclo di sfruttamento capitalista dei lavoratori oppressi si perpetua all'infinito, cosicché quella ragazza, che al suo Paese era un fisico nucleare ad un passo dal conseguire il Nobel, è costretta a servire panini in un drive-through. Bravi.

d 3) Avete presente la cassiera indiana che vi ha servito? Ecco, per colpa vostra queste catene di pseudo-ristoranti assumono stranieri che rubano il lavoro ai vostri concittadini. Per colpa di gente come voi, tra qualche anno ci troveremo invasi da orde di musulmani che imporranno il minareto in tutti i Burger King.

d 4) Non fate finta di niente, dai. Mentre la cassiera indiana vi parlava e voi non capivate niente di quello che diceva, avete pensato che “insomma, vieni a lavorare qui e nemmeno parli la lingua, prova a trovarti un altro lavoro, magari non a contatto con il pubblico, no?” Raz-zi-sti! Ecco cosa siete. Avete già dimenticato l'Olocausto?

d 5) Avete scelto Burger King. Ma non lo sapete che esso è il simbolo del turbocapitalismo neoliberista che vuole distruggere la diversità culturale nel mondo omogeneizzando tutte le culture antagoniste a questo modello di sviluppo a crescita continua di un mondo che sta per affrontare la fine delle risorse? Sì?

d 6)Avete scelto Burger King. Ma non lo sapete che esso è l'avamposto della finanza anglosassone, dei banchieri della City e dei finanzieri di Wall Street, ed ha lo scopo di imporre le scelte di politica interna ed estera ai politici italiani, che sono schiavi dei suddetti banchieri, per bloccare ogni legittimo interesse nazionale e per eliminare qualsiasi uomo di Stato che osi perseguire tale interesse sovrano? Guardate cosa è successo a Mussolini, a Craxi e a Berlusconi! E solo perché non volevano che Burger King aprisse un ristorante in Italia!

d 7) Mangiate carne! Assassini!

d 8) Se proprio dovete mangiare carne, almeno mangiate quella ricavata da metodi di allevamento rispettosi della dignità dell'animale. Chiedete alla cassiera indiana se al manzo l'allevatore leggeva le favole della buonanotte prima di andare a letto; informatevi se è stato ucciso in maniera degna, col conforto del prete e se gli è stato concesso di appellare la sentenza di morte di fronte al giudice. Altrimenti rifiutatevi.

d 9) Il fast food fa male, fa male, male male male! Morirete tutti fra due settimane soffocati dal colesterolo che prenderà fuoco all'interno del vostro corpo, carbonizzandovi all'istante. E ve lo sarete meritato.

e) Mangiate davanti al computer. Non si fa, si mangia sempre a tavola, masticando lentamente e assaporando ogni singolo boccone.

f) Usate internet. Non lo sapete che internet è stato inventato dalla Cia per controllarvi? Spegnete subito.

g) Usate internet, ma non per scambiare conoscenza e informazioni con gli altri cittadini della rete. E' per colpa di gente come voi se la cittadinanza digitale vede i propri diritti ristretti ogni giorno che passa; è per colpa vostra se la banda larga non prende piede, se il Wi-Fi è ancora al palo, se le aziende non investono e se i ragazzini picchiano i disabili.

h) Guardate il porno. Siete degli essere ignobili. Nemmeno vi siete presi il fastidio di sapere che l'industria della pornografia è un vero e proprio commercio di schiave, allevate in batteria sin da bambine per diventare delle macchine da meretricio seriale. Continuate a perseverare nella vostra visione maschilista della donna, mercificandola e riducendola ad oggetto che soddisfi i vostri desideri.

i) Guardate il porno. Non lo sapete che esso è il cavallo di troia con cui i banchieri della City e i finanzieri di Wall Street intendono scardinare i valori della civiltà occidentale, rendendola inerte e vile ed incapace di opporsi all'imminente invasione musulmana oscurantista che ci convertirà tutti e obbligherà le attrici porno a girare i film col burqa?

Ora, se – e solo se – manterrete a mente tutto questo; se – e solo se – comprenderete davvero cosa significa, io vi prometto che ogni singolo pezzo di hamburger, ogni patatina, ogni sorso di Cocacola sarà la cosa più gustosa che abbiate mai mangiato. Un'esplosione di sapori, un'euforia ed una felicità come non li avete mai provati.

Per chi può, a conclusione del pasto consiglio un'ottima sigaretta della marca preferita (non credo di dover spiegare perché).

(e tutto questo solo mangiando un panino. Non sapete quali piaceri nascondano altre attività anche solo leggermente più complicate)