Ogni tanto mi faccio un giretto delle blogstar. Più che altro perché spesso sono linkate nei blog che leggo quotidianamente e perché ultimamente al lavoro è un po' fiacca. Così mi capita di leggere spesso e volentieri la tirata contro i veneti ignoranti. Un esempio recente è
questo (consiglio di leggere
i commenti, molto esplicativi) (un'alternativa è
questa).
La maggior parte dei miei lettori, a occhio, non è veneta. Io lo sono. Chi è veneto come me, soprattutto se è nato in centri minori o proprio in campagna, è cresciuto nutrendosi di commenti come quelli del blog di cui sopra (non è che queste blogstar brillino per acume o originalità).
Sostanzialmente gli intellettuali che sentono il bisogno di commentare riguardo al Veneto vi sgranano sempre il medesimo rosario di castronerie.
In Veneto sono tutti bifolchi ignoranti e odiano i negri
In Veneto parlano tutti dialetto, a dimostrazione del punto 1
In Veneto sono tutti ricchi e hanno tutti la fabbrica
In Veneto sono tutti finti cattolici baciapile
In Veneto si lavora e basta
Scrivere e leggere su un blog cose del genere è normale, soprattutto se il vostro blog si dichiara progressista e di sinistra. Ma, come ho scritto, non sono stati certo i blogger a scoprire queste ostinate verità sociologiche: se siete veneti, le avete sentite per una vita.
Di fronte a tali giudizi, potete reagire in molti modi. Uno, molto comune, è quello di cercare di dimostrare che voi siete dei fini intellettuali, che non parlate dialetto, che non avete la fabbrica, che siete atei e che non lavorate. Sarete una delle figure che, ottant'anni fa, potevano vantare una qualche forma di prestigio sociale, perché capaci di leggere e scrivere in un mondo di analfabeti o perché in fortuito contatto con le classi sociali superiori.
Eppure la maggior parte delle persone non sceglie questa via. Se penso alle persone che frequento io, nessuno ha avuto voglia di fare l'intellettuale: qualcuno è operaio, qualcuno è magazziniere, altre sono infermiere o impiegate; c'è anche qualcuno che lavora in proprio, una fabbrichetta, qualche dipendente. Molti vanno a messa la domenica. Si parla dialetto tra di noi. I nostri nonni parlavano dialetto, i nostri genitori parlavano dialetto, noi parliamo dialetto. Non è una scelta o una rivendicazione d'orgoglio, è semplice quotidianità.
Ecco, tutte queste persone, che non sono ricche, che non vanno in giro col SUV, sono coloro i quali i nostri intellettuali progressisti si divertono a trattare come minus habentes. Ma provate a pensare: vi alzate tutte le mattine alle cinque per andare in fabbrica; fate il turno di notte in un centro di assistenza per disabili; vi siete fatti 10 ore sotto il sole a tirar su muri; avete il mutuo da pagare, le bollette, la dichiarazione dei redditi, la macchina che non va, il dentista che costa una fortuna. Voi ci andate anche a messa, ma le bestemmie ve le cavano di bocca. E poi arrivano questi, gente mai vista, gente studià, e vi dice che siete ignorante, che siete razzista, che siete materialista e che pensate solo alle vacanze al mare.
Vi accusano di lavorare, che pensate solo al lavoro. Perché tanto il mutuo si paga da solo, no? Le bollette basta metterle da parte, la visita medica a pagamento basta non pensarci, no?
Vi accusano di essere ricchi, perché non vivete in uno slum da terzo mondo.
Vi accusano di parlare dialetto, come se fosse un delitto, come se faceste del male a qualcuno.
Accusano i vostri nonni di essere stati poveri e non di esserlo più.
Accusano i vostri genitori di essere ricchi (ancora con questa storia? Sì, siete tutti ricchi in Veneto).
E allora cosa fate? Votate per chi dice che invece no, che il dialetto è meglio dell'italiano, che non siete dei bifolchi e che non accettate che qualcuno venga a giudicare il modo in cui siete usciti dalla miseria. E come darvi torto? La Lega non sarà il massimo, ma è anche l'unica opzione, perché la classe intellettuale ha aborrito le proprie origini e si è allontanata da quelli di cui avrebbe dovuto essere espressione, lasciando un vuoto che è stato colmato alla bell'e meglio dalla Liga Veneta e dalla Lega Nord. Così, mentre il Veneto ha prodotto il più celebrato poeta italiano vivente, ci si fa rappresentare da chi pensa che cultura voglia dire cartelli stradali monchi dell'ultima sillaba.
Davvero complimenti, per fortuna che sono intellettuali e progressisti... che poi insomma, almeno una volta c'erano i signori che schifavano i poveri e non era una bella cosa, ma era comprensibile: ricco, studiato, vestito bene, facevate un figurone di fronte ad un povero analfabeta con le mani grosse come un badile e gli zoccoli di legno ai piedi. Ma oggi? Tutta questa gente che non riesce più a trovare il prestigio sociale di una volta, prof, giornalisti, impiegati di basso rango, tutti che si atteggiano con aria di superiorità e additano il popolo ignorante e cafone, mentre il popolo non sa nemmeno della loro esistenza. E accusano il popolo di essere ricco e crapulone, solo perché loro non riescono a pagarsi i vestiti firmati.
Note a margine:
Mi pare che queste bloggostelle siano cresciute a pane e telefilm americani, da grandi abbiano letto i libri americani e, in breve, abbiano assimilato la giusta dose di politicamente corretto. È logico dunque che per loro qualsiasi conflitto tra etnie diventi la lotta tra wasp e afroamericani. Peccato che il mondo non sia l'Alabama, men che meno lo è il Veneto. Basta con questa storia che i veneti odiano i negri e che cercano la purezza del sangue ariano. Davvero, è patetica.
Altra cosa: il Veneto non è l'Inghilterra vittoriana e nemmeno gli Usa della Bible Belt, quindi non esiste nessuna morale sessuale come la si vede denunziata nei libri e nei film anglosassoni. Vi posso assicurare che siamo entrati anche noi, a pieno titolo, nel ventunesimo secolo.
Infine, comprendo che la commedia, con la sua struttura modulata secondo
topoi vecchi di quasi 3000 anni e con le sue maschere caricaturali, possa risultare di più facile comprensione per le menti semplici. Ciononostante,
Signore e signori rimane sempre una commedia, non un trattato sociologico o antropologico. E farà anche ridere ma non ha più attinenza alla realtà di Arlecchino e Pantalone.