Grammatica

Attenzione, il post che segue è per sfigati. Vale la regola “sfigato chi legge”. Quindi chi non vuole diventare sfigato non prosegua.

La cosa più difficile nel processo di apprendimento del tedesco è la mia formazione umanistica. Avendo studiato a livello accademico italiano, latino e greco, ho la mia visione della lingua, che naturalmente è quella giusta. Per me le lingue hanno sempre funzionato in maniera concettualmente semplice: ci sono i predicati, i complementi, le concordanze tra sostantivi e aggettivi e così via. Significa che per comporre una frase imparo una regola teorica generale, in base alla quale faccio derivare i casi particolari.

Se il soggetto è singolare, dovrò usare il verbo al singolare; se il soggetto è femminile, dovrò adottare gli aggettivi al femminile. In questa operazione non interferisce la morfologia dei singoli termini. Cioè, casa e televisione hanno suffissi diversi, ma l'aggettivo seguirà la sua propria declinazione, sordo ai lamenti delle prime. La casa sarà gialla, ma anche la televisione sarà gialla. Perché il femminile singolare di giallo è gialla e così sarà sempre in saecula saeculorum.

Lo stesso vale per i complementi: quando ho imparato che i vari casi hanno funzioni diverse e che ogni preposizione accompagnata da un caso costruisce un determinato complemento, mi è indifferente quale verbo sto usando, in quale conesto e via dicendo.

Da quando studio tedesco tutto questo non c'è più. Perché vi dicono che il tedesco è come il latino, ma non è mica vero. Almeno, così come te lo insegnano non assomiglia per niente al latino. Caso banale: in latino (ma anche in greco), il genere ed il caso di un sostantivo si ricavano dal suffisso. Lupus è maschile perché -us è l'uscita del nominativo maschile singolare; casa è femminile perché il suffisso -a è femminile. Punto.

In tedesco, il genere del sostantivo è una convenzione dei parlanti che non ha alcun riflesso nella flessione del sostantivo stesso. Per cui qualsiasi parola è potenzialmente di qualsiasi genere, a meno che per esperienza il parlante non conosca il genere. Cioè il sostantivo si rifiuta di dirvi di che genere è. È come se non fosse possibile stabilire se un sostantivo sia singolare o plurale, se non sapendolo a priori.



Allo stesso modo, i famigerati verbi tedeschi sono, apparentemente, privi di una logica formativa interna. In teoria, funzionano come il greco: prefisso+verbo, in cui il prefisso modifica il significato del verbo. Solo che in greco la modifica avviene secondo una logica che, se non evidente, per lo meno si può apprendere, quindi una volta che si conosce il significato dei prefissi e dei verbi semplici, è facile ricostruire il significato dei verbi composti (non chiedetemi esempi, il Rocci è inscatolato in Italia).

In tedesco è così, ma anche no. Per dire, laden vuol dire circa caricare (inglese: to load); herunter-laden significa scaricare, nel senso di to download, e qui ci siamo, perché herunter significa giù, sotto; ma ein-laden vuol dire invitare.

Il problema poi è che nella didattica vengono ignorate le regole che ci si aspetterebbe di trovare, e ne vengono introdotte altre apparentemente più semplici, ma che nel lungo periodo si rivelano sbagliate. Per esempio, vi spiegano che il verbo va sempre nella “seconda posizione”. Così la frase “io mangio una mela a merenda”, può diventare “una mela mangio io a merenda”, oppure “a merenda mangio io una mela”; ma non potrà essere “a merenda io mangio una mela”, perché il verbo in questo caso occupa la “terza posizione”. Già in questa semplice frase si capisce che la regola della “seconda posizione” fa acqua, perché in “ a merenda mangio...” il verbo è, a rigor di logica, in terza posizione. Ma quando la frase diventa più complessa, la regola diventa inutile. Vediamo:

Yukiko vive in una casa danneggiata dal terremoto dello scorso Marzo insieme ai genitori.

Il tipico esercizio che si fa a scuola è quello di invertire l'ordine degli elementi, per imparare a posizionare il verbo. La frase in tedesco può essere così riordinata:

In una casa danneggata dal terremoto dello scorso Marzo vive Yukiko insieme ai genitori.

In che posizione è il verbo? In “seconda”? A me pare sia in decima posizione. Invece no, è in seconda, a patto che riformuliate la regola: il predicato verbale deve essere preceduto sempre dal solo soggetto (insieme ad eventuali complementi da esso dipendenti) oppure da un singolo complemento (insieme ad eventuali complementi da esso dipendenti). Sottigliezze? Forse, però una volta enunciata la regola come fanno a scuola, ogni singolo studente formula la frase così:

*In una casa vive danneggata dal terremoto dello scorso Marzo Yukiko insieme ai genitori.

Che è sbagliata in tedesco, ma aderisce perfettamente alla regola del verbo in seconda posizione. Il problema è che manca il concetto di complementi, da cui deriva un metodo di insegnamento che trovo difficilissimo da seguire. La cosa si complica con i verbi, perché (così come per il genere dei sostantivi) è necessario imparare a memoria con quali preposizioni si accompagnano. Stando a quanto insegnano a scuola, non c'è modo di astrarre una regola generale grazie alla quale sia possibile prevedere il caso particolare.

Parlare con gli insegnanti non aiuta, perché ho scoperto che nemmeno a loro, a livello accademico, viene insegnata la grammatica che noi impariamo alla scuola dell'obbligo. Per esempio, non conoscono la differenza tra tempo e modo verbale. Una volta, un esercizio richiedeva di sottolineare tutti i verbi al presente di un testo. Per me è stato ovvio sottolineare anche l'infinito presente, perché appunto verbo al presente. Ho dovuto litigare con l'insegnante perché secondo lui l'infinito è in opposizione al presente. Se un verbo è al presente, non può essere all'infinito.

Ovviamente per lui presente significa “indicativo o congiuntivo presente”, perché nel libro di scuola non esistono tabelle con i tempi verbali dell'infinito (anche se ovviamente l'infinito passato esiste).

Altro punto sensibile per gli insegnanti è il passivo. Non c'è verso di far capire loro che le frasi “Mario mangia la mela” e “la mela è mangiata da Mario” hanno lo stesso identico significato. Anche in questo caso, mi sono trovato a discutere animatamente per imporre la ragione, alla quale è stato infine addotto come controargomento il binomio “la signora delle pulizie lava il pavimento” - “il pavimento viene lavato dalla signora delle pulizie e non dal portiere”.

Al che ho capito che è proprio una carenza formativa. Persino a livello universitario la lingua viene insegnata non a livello astratto in base a meccanismi razionali, ma come semplice messa in pratica di nozioni acquisite di volta in volta con l'esperienza. Da qui ne risulta l'incapacità di distinguere tra forma e significato, tra modo e tempo, tra elementi della frase e posizione degli elementi. Poiché l'infinito non ha una tabella di flessione temporale divisa per persona, nell'infinito non viene percepita la presenza di un tempo. Ciononstante, l'infinito passato viene usato senza problemi quando necessario, perché la pratica quotidiana priva di rigida teorizzazione astratta permette di far convivere teorie che si negano a vicenda.

Così per me imparare il tedesco è doppiamente difficile, perché l'unico metodo è quello di imparare pedissequamente a memoria il genere di ogni singolo sostantivo, la preposizione che segue ogni singolo verbo eccetera. Solo che non sono convinto che la lingua tedesca funzioni in questo modo demente. Manca solo una astrazione razionale del suo funzionamento. Ora, se qualcuno dei lettori ha studiato tedesco in Italia, magari ha sperimentato un metodo diverso. O magari lo ha studiato a livello accademico e ne sa più di me e io sto sbagliando tutto. Però devo trovare il modo di uscire dalla situazione in cui sono, in cui mi rifiuto di fare certi esercizi perché sono totalmente privi di basi razionali.


14 commenti:

Ciccio_Pasticcio ha detto...

Ora, se qualcuno dei lettori ha studiato tedesco in Italia, magari ha sperimentato un metodo diverso.

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Ah io no di certo. Non me la cavo male nonostante la scuola sia finita da un pezzo, o almeno credo, ma a suo tempo ho notato anch'io la completa mancanza di una logica sia nei generi dei nomi (ho abbandonato la ricerca quando ho scoperto che le ragazze tedesche sono neutre... momenti di dramma introspettivo con ricerca della sicurezza sul proprio orientamento sessuale), idem per i prefissi (col secondo dramma, ovvero perdersi il prefisso separabile quando la frase diventa più lunga di 10 parole) e le preposizioni associate a un verbo.

Mi son rassegnato a parlare come una badante polacca, quando serve. Se ci si vuol capire, ci si capisce. ;)

Luciana ha detto...

1) Ammetto di essere sfigata e leggere post per sfigati.

2) Anch'io ho una formazione classica, ho imparato il tedesco sul campo di battaglia e ho ritrovato nel tuo post molti dei miei pensieri.
Per quel che riguarda la distinzione dei generi non la farei così tragica: i femminili hanno spesso suffissi che li distinguono, altrimenti c'è l'articolo.Il dubbio maggiore, quello tra maschile e neutro, si risolve cercando di usare il dativo....Insomma, qui ci si può arrangiare. Anche in latino poeta e nauta sono maschili!
Per quel che riguarda le tecniche d'insegnamento sono dei praticoni (tu lo spieghi più elegantemente), sia nelle loro scuole, sia nei corsi di tedesco come lingua straniera. E questo si può capire: sai cosa vuol dite far comprendere il concetto di caso ad un adulto che non ha mai avuto la possibilità di impararlo a scuola? Missione impossibile! Pensavo che gli immigrati slavi fossero facilitati, poi mi sono accorta che la maggior parte di loro è poco istruita e non padroneggia il concetto, anche se la loro lingua ha sette casi!

Vedo che non sei ancora incappato nell'orrore massimo, il problema grammaticale assurdo che mi ha fatto discutere con l'insegnate di tedesco di mia figlia al ginnasio. Qui hanno l'allegra abitudine di chiamare tutti gli aggettivi possessivi "pronomi possessivi". "Il mio gatto": Il=articolo mio=pronome possessivo gatto=nome. E non c'è verso, ti sorridono e ti dicono guardandoti come una povera fessa, ma certo che è un pronome possessivo....
La grammatica non viene insegnata. Per fare in modo che mia figlia avesse una minima infarinatura ho dovuto mandarla in una scuola dove si impara latino. Altrimenti nisba.

3) Se vuoi avere a che fare coi teutonici senza farti venire l'esaurimento ti consiglio di convertirti alla grammatica quantistica: ogni lingua non ha una sola grammatica, ma ogni grammatica possibile. Apre mille possibilità ;)

MfG!
Luciana

Tommy Angelo ha detto...

Le signore dell'est che vedo a scuola io sono fenomenali: non usano alcuna regola prestabilita, anzi se ne fottono altamente, deswegen parlano e si fanno capire mille volte meglio di me che cerco inutilmente di compilare una frase grammaticalmente corretta e non ci riesco (e mi dimentico sempre il pezzo di verbo alla fine della frase. Sempre.)

Tommy Angelo ha detto...

Ammetto di essere sfigata e leggere post per sfigati.
Almeno tu non li scrivi. È un vantaggio :-)


i femminili hanno spesso suffissi che li distinguono
Ma le eccezioni sono così tante che in pratica è impossibile sapere se una parola è femminile. Infatti anche i madrelingua a volte non lo sanno di sicuro. No, dico...

altrimenti c'è l'articolo.
Eh be', grazie. Quando sai il genere usi l'articolo adatto; sapere l'articolo è sapere il genere, se sai che articolo è vuol dire che sai che genere è.


Il dubbio maggiore, quello tra maschile e neutro, si risolve cercando di usare il dativo...
LOL!!!


Anche in latino poeta e nauta sono maschili!
I maschili della prima non valgono :-)


Missione impossibile! Pensavo che gli immigrati slavi fossero facilitati, poi mi sono accorta che la maggior parte di loro è poco istruita e non padroneggia il concetto, anche se la loro lingua ha sette casi!
Su questo non c'è dubbio, anche perché insegnare contemporaneamente ad un ingegnere giapponese, ad un operaio egiziano e ad un filologo fallito italiano è difficile. Però il punto è che se anche volessero, non ce la farebbero. Per loro i casi sono la risposta a delle domande (wer, was...) e se glielo chiedi questo ti rispondono.


Qui hanno l'allegra abitudine di chiamare tutti gli aggettivi possessivi "pronomi possessivi".
No ma tu sei fuori: non mi metterò mai a discutere di questa cosa. Che non si rendano conto della differenza lo sapevo, ma mi sono sempre tenuto lontanissimo anche solo dall'intavolare un discorso a riguardo. È peggio dell'infinito che non può essere presente. Manca la struttura mentale alla base, proprio.


3) Se vuoi avere a che fare coi teutonici senza farti venire l'esaurimento ti consiglio di convertirti alla grammatica quantistica: ogni lingua non ha una sola grammatica, ma ogni grammatica possibile. Apre mille possibilità ;)
Usti, hai appena scatenato le ire di tutti i lettori non umanisti. Prevedo guai :-)

Ciccio_Pasticcio ha detto...

Allucinante, secondo me non lo ricordano nemmeno loro.

Alcune volte il dialogo è stato imbarazzante:

Ciccio (quando ancora ero fresco di studi):
Tetesco: ...
C: ...
T: ...
C: ... an.
T: AN!

Però questo è stato raro, lo ammetto.

Scubidu34567 ha detto...

Credevo che in ogni lingua determinate sottigliezze linguistiche potesseo essere comprese solo dai nativi, invece Tommy mi dici che persino i tedeschi - i tedeschi!! - hanno dubbi sulla loro stessa lingua... mi cadono due miti in un colpo solo.
Io parlo russo e l'uso corretto degli aspetti perfettivo/imperfettivo dei verbi e' comprensibile e studiabile dai non-russi solo fino a un certo livello. Cosi' e' anche, secondo mio modesto punto di vista, per le preposizioni della lingua italiana, per le quali non mi risultano esserci regole cogenti e precise, ma solo tanti tanti tanti casi pratici e diversi a seconda della citta' di riferimento.

s a ha detto...

"laden vuol dire circa caricare (inglese: to load); herunter-laden significa scaricare, nel senso di to download, e qui ci siamo, perché herunter significa giù, sotto; ma ein-laden vuol dire invitare"

Anche bin-laden vuol dire scaricare...

Va bene, giuro di non farmi più vedere.

notizie ha detto...

L'anno prossimo volevo iniziare a studiare tedesco (dopo un po' d'italiano, lo spagnolo, il francese, l'inglese), ma mi è passata la voglia...

Tommy Angelo ha detto...

Più che altro mi stupisce che i "professionisti del tedesco" non sappiano bene le regole. È normale che il parlante medio parli applicando le regole senza sapere perché (anche perché spesso un perché non c'è), è strano che un insegnante di tedesco non sappia la differenza tra aggettivo e pronome.

Sulle regole dell'italiano: le regole cogenti ci sono, se si vuole attenersi all'italiano standard "ufficiale". Nell'uso quotidiano ovviamente le regole si lasciano condizionare dal contesto e nessuno le rispetta mai al 100% (e questo è normale), soprattutto nelle varianti locali.

Anche perché poi alla fine le regole sono semplicemente la standardizzazione di un uso pratico anziché di un altro e sono destinate a mutare nel tempo...

Tommy Angelo ha detto...

Per questa volta ti risparmio il ban, ma la prossima non sarò così magnanimo :-D

Tommy Angelo ha detto...

Oddio, se lo vuoi fare solo per piacere personale, senza una condizione d'obbligo esterno, devi avere tanto tanto autocontrollo e determinazione...

Filopaolo ha detto...

La soluzione ai tuoi problemi è molto semplice: converti in regole tue personali tutte le stranezze che trovi senza discutere tutte quelle che per te sono stranezze grammaticali. Esempi:

Ogni sostantivo va imparato con il proprio articolo.

L'uso delle proposizioni va imparato insieme a quello dei verbi (anche per uno straniero non è affatto facile imparare quale preposizione reggono i verbi)

Quando all'interno della stessa proposizione principale uno o più complementi precedono il soggetto ed il verbo, questi ultimi devono essere invertiti (dire come hanno fatto i tuoi insegnanit che il verbo viene in seconda posizione è una cazzata che confonde le idee e basta).

In una preposizione secondaria il verbo va in ultima posizione.

Perché ti sorprendi se laden vuol dire caricare e einladen vuol dire invitare? Imparali così come sono senza farti tanti problemi.

Buono studio
Filopaolo

Filopaolo ha detto...

Oops: ho scritto preposizione invece di proposizione. Inoltre leggi "reggono i verbi italiani" e non solo "reggono i verbi".
Ciao

baron litron ha detto...

io il todesco non l'ho mai affrontato, e vivo felice lo stesso (almeno, per ora l'ho scampata, ma non si sa mai).
ho invece studiato giapponese e soprattuto cinese, trovando in quest'ultimo la panacea di tutti i deliri grammaticali: infatti non esistono gli articoli, il numero e il genere, gli aggettivi non necessitano di copula, non ci sono preposizioni, non esiste "la quale" e i verbi sono tutti transitivi e all'infinito.
spettacolare! peccato che per scrivere usano i geroglifici, che questi sono circa 50.000 e che le sillabe disponibili nella lingua sono 300x4 toni=1200, cosa che complica parecchio tutta la faccenda.

insomma, come guastare irrimediabilmente una lingua potenzialmente semplicissima....

e c'è naturalmente il rovescio della medaglia, quando cerco di insegnare un po' d'italiano ai cinesi o ai giapponesi (lingua che ha tutto un altro ordine di cristi che non sto a spiegare qui): tu fatichi a capire il genere di un nome tedesco, io fatico a fargli capire che le cose possono essere maschie o femmine, e in alcuni casi cambiano sesso se sono tante (pensa all'uovo).
oppure l'articolo, per noi (e per i tedeschi) è cosa normale, per quanto a volte oscura. per loro non esiste, e non capiscono a cosa possa servire, ma non lo capiscono davvero. e non c'è modo di farglielo capire....
o i tempi e i modi dei verbi....
o la necessità di coordinare numero e genere di nomi e aggettivi....
alla fine rinuncio, gli dico di scegliersi un sesso per le cose e una coniugazione per i verbi, e passare tutto attraverso quel setaccio......