E per la seconda volta di fila

Putrtoppo eccoci arrivati all'ultima puntata della saga “germanici ai mondiali”. Come al solito, un'accozzaglia di gente venuta da sud, senza organizzazione e parlando a volume altissimo ha saputo fare meglio di loro. Anche perché questa volta non affrontavano una squadra guidata da un ex-campione che ha speso tutte le sue forze per rovinarsi per sempre e sprecare quell'unica cosa buona che sapeva fare nella vita.

Come mi ero promesso, stesso Biergarten dell'altra volta. Temperatura una decina di gradi più bassa di sabato, quindi donne meno svestite. Ciononostante, due o tre gruppi di tifose meritavano certamente di andare in finale. Ma devo dire che anche le controparti spagnole presenti erano schierate in una formazione di tutto rispetto. Ecco le fasi più accese del match, dove il tifo germanico si è fatto veramente sentire.

Inno nazionale. L'emozione fende l'aria

Gli Spagnoli tutti paella e tauromachia infilano in saccoccia

A casa

Come si vede dalle immagini, il tifo tedesco è quello che è. Ma hanno fatto passi avanti dall'ultimo mondiale, quello svoltosi in casa loro. Lì, hanno scoperto che è possibile esprimere delle emozioni in pubblico e che ciò non ti fa finire in galera.

Commento finale sul mondiale della Germania: per essere uno a cui il calcio interessa meno che i mozziconi di sigaretta sul selciato bagnato di pioggia autunnale, sono sollevato che siano stati cacciati in semifinale. Perché?

Fino a quando l'Italia non è stata buttata fuori, il tifoso tedesco medio veniva da me confessandomi di sperare che l'Italia venisse buttata fuori, tanto da inventarsi la sportivissima canzone il cui ritornello allegramente recitava “non me ne frega un cazzo di chi vince, basta che non sia l'Italia”. Tutto questo perché quattro anni fa hanno perso contro l'Italia e da allora non hanno fatto altro che lamentarsi che l'Italia gnè gnè, catenaccio gnè gnè gnè, si buttano per terra gnè gnè gnè.

E questo nonostante i miei ripetuti inviti a cambiare discorso perché il calcio non mi interessa, e anche se mi interessasse, non ero tra i convocati nel 2006 quindi non so che cosa dirti, avete perso 4 anni fa, fatevene una ragione per la miseria.

Quando il nemico mortale è stato sconfitto, hanno immediatamente dimenticato che non gliene fregava “un cazzo di chi vince, basta che non sia l'Italia” ed hanno iniziato a parlare come i bambini di 8 anni, bullandosi delle vittorie e discutendo animatamente su quanti gol avrebbero appioppato alla Spagna (erano convinti di vincere 3, 4, 5 a zero!). Li ho visti spiegare a degli spagnoli in ufficio il giorno della partita perché la Spagna avrebbe perso miseramente. Ma convinti, proprio.

Insomma, se non sono stato chiaro, i tedeschi a causa dei mondiali erano fastidiosi e petulanti e sono stati puniti per questo.

Della Spagna me ne cale men che zero, ma almeno i tedeschi sono tornati ad essere quello che erano prima del mondiale, muti e asociali come piacciono a noi.

Purtroppo ho scoperto che non demordono, e pare che si debba assistere tutti quanti alla finale per il terzo posto contro il Brasile l'Uruguay. Come se contasse qualcosa. E io che speravo di non dover vedere più partite fino al 2014.

5 commenti:

Yossarian ha detto...

I tedeschi non impareranno mai:

e' inutile offrire una serie di performance spettacolari se poi si fallisce miseramente quella decisiva.

Un po' come in guerra...

;-)

Attila ha detto...

L'Uruguay, la finale per il terzo posto è contro l'Uruguay, che gioca un po' come giocava l'Italia nel 2006, per cui irriterà molto i deutschi...

Dai, spera almeno che sia caldo così le Fraulein almeno arriveranno piuttosto svestite sabato sera a guardare la partita!

Cordialità

Attila

Unknown ha detto...

I tedeschi dovrebbero imparare da noi come si vincono le guerre :-D

Attila, hai ragione. Ma almeno il continente l'ho imbroccato...

Niccolò ha detto...

Non avete parlato dell'unica cosa interessante, che si trova a sx nella prima e nella seconda foto: il tizio pelato c'ha la maglietta dei Motorhead.

Unknown ha detto...

Il tizio era un giovanotto sui vent'anni che sedeva ad una tavolata di sole ragazze e per tutto il tempo non ha fatto altro che suonare la dannata vuvuzela invece che provare a far concludere la serata in maniera degna.