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Innesti


Se si prende una persona di una qualunque nazionalità e la si infila un qualunque Paese del mondo (a patto che non sia quello di origine), succedono tre cose:

1. La persona in questione comincerà a chiedersi come sia possibile che non siano tutti grassi, con il cibo che si ritrovano.
2. Penserà che tutte le ventenni del Paese ospite siano bellissime, mentre dopo i 30 diventano grassissime, non come a casa sua che invece sono tutte belle a tutte le età.
3. Un indigeno che parla un incomprensibile dialetto locale gli assicura che se sta con lui un paio di ore/giorni/settimane, anche lo straniero parlerà la lingua del posto come un madrelingua.

Succede a tutti, garantito.

Entomologia comparata, ovvero fenomenologia della striscia di jeans

Nel blog “Viva la fika” si parla di come le svedesi, oltre a essere il succoso frutto di decenni di eugenetica (decenni dopo la caduta del nazismo), non hanno alcun timore a mostrare il proprio corpo ed hanno un rapporto con l'altro sesso molto diverso dal nostro. Io, da buon italiano mossosi in Germania, ho notato la stessa situazione, anche se un po' meno estrema. Possiamo prendere come metro di paragone gli hotpants: in Italia li si vede raramente, in Germania sono normali, in Svezia sono talmente risicati da lasciar scoperta la vulva. Cercherò di mostrare come sono riuscito a razionalizzare tutto questo ed uscire dallo stato di perpetuo instupidimento cui ero preda al mio arrivo qui.

Per capire le differenze tra noi e loro nei rapporti tra sessi bisogna investigare in prima istanza le differenze nei rapporti sociali. Ci proverò con un esempio.

In Italia, se ci si trova in casa altrui, si verrà accolti con l'offerta di qualcosa da bere o da mangiare. A questa offerta, si risponde di no; a questo no, l'ospite insisterà; all'insistenza, si rimarca il no; l'ospite offrirà ancora una volta da bere o da mangiare; si declina educatamente; l'ospite si premurerà di chiedere se si vuole dell'altro; a questo punto, si chiede un caffè o qualcosa di simile. Comincia la conversazione.

In Germania, quando si arriva a casa di qualcuno, viene chiesto se si vuole qualcosa da bere. Se si risponde di sì, si aggiunge cosa si vuole. Se si risponde di no, l'argomento cade e si passa ad altro.

Apparentemente il metodo tedesco è più logico: sì significa sì e no significa no. Semplice e lineare. Il metodo italiano prevede invece un rito che ha delle dinamiche abbastanza precise da rispettare: si dice di no sapendo che l'altro insisterà, si insiste sapendo che l'altro dirà di no; l'ospite si offenderebbe se alla prima offerta ricevesse come risposta “una birra, grazie”; ci si offenderebbe se il primo no fosse inteso come un no. Ma tutto questo non è una complicazione, è il modo in cui creiamo un cuscinetto ammortizzatore da impiegare nei rapporti sociali.

Ogni rapporto sociale è potenzialmente uno scontro. Nella nostra cultura, lo scontro viene evitato per mezzo di questa danza di offerte e di rifiuti, all'interno della quale entrambe le parti hanno modo di gestire il contatto e di modularlo a seconda delle occasioni. Per esempio, se vi offrono del vino e voi siete astemi, ma non avete voglia di dare spiegazioni, un rituale del genere vi permette di evitare di bere del vino senza per questo impedire all'ospite di darvi il benvenuto nella maniera appropriata. Per quanto complicato possa sembrare, ha una utilità precisa.

Nella cultura tedesca questo cuscinetto non esiste. Non esistono forme ritualizzate di approccio che possano prevenire o attutire gli scontri. Ti offro da bere, se hai sete prendi una birra, se non hai sete non la prendi. Il problema è che anche i tedeschi non cercano lo scontro nei rapporti sociali, tanto quanto noi. La soluzione adottata è quindi diversa e duplice. La prima forma di protezione è la prevenzione: poiché ogni rapporto sociale è potenzialmente uno scontro, ognuno si deve muovere sempre con la massima cautela ed evitare di urtare gli altri. Anche gli amici. Anche la famiglia. In mancanza di un ammortizzatore che si frapponga tra due parti che entrano in contatto, diviene naturale per entrambe approcciarsi nella maniera più lenta e delicata possibile. Conseguenza di questo modo di gestire i rapporti sociali è che ogni rapporto è sempre estremamente formalizzato.

Ma una vita di incontri formalizzati non è sostenibile. Ed ecco che entra in scena la soluzione 2: l'alcol. L'alcol è il vero promotore dei rapporti sociali, avendo la nota caratteristica di sopprimere i freni inibitori, e funziona in due sensi: toglie la paura di creare lo scontro e toglie la paura di subire lo scontro.

Partendo da questa premessa, è facile capire le ragioni del diverso approccio all'altro sesso tra noi e i nordici. Essendo i rapporti erotici un sottoinsieme dei rapporti sociali, valgono le stesse regole, soltanto che sono un pochino più rigide, perché instaurare un rapporto di natura erotica può portare a danni assai maggiori. Il corteggiamento, più prosaicamente noto come “provarci”, svolge questa funzione di cuscinetto ammortizzatore, solo che è più spesso perché gli urti in gioco sono più forti.

La legge del corteggiamento prevede la presenza del maschio attivo che però non deve esagerare; così come la donna non deve cedere subito e però ha la facoltà di dire sì anche dopo una lunga serie di no. Funziona come con l'ospite: insistere e rifiutare, insistere e rifiutare.

Nella nostra cultura non mancano le giovani donne che fanno sesso per divertimento, direi nella stessa percentuale che in Germania (statistica spannometrica operata per mezzo dei miei occhi), soltanto che anche la più disinibita delle italiane si muove all'interno di questo meccanismo sociale. Di conseguenza, un minimo di ritualità serve anche per la più veloce delle sveltine.

In Germania tutto questo non è attuabile. Se già nei rapporti sociali quotidiani è difficile muoversi, un rapporto di natura erotica è un'impresa che presenta troppi rischi: si può offendere la donna oggetto di attenzioni, si può scoprire che quella donna in realtà non piace, si può essere rifiutati. In sostanza, poiché la posta in gioco è molto alta e non ci sono strumenti codificati per capire se sia possibile procedere o meno, il tedesco preferisce non agire. È come se foste all'ultima mano di poker, aveste la possibilità di vincere molto o di perdere tutto e non conosceste le regole del poker: l'unica scelta è abbandonare.

Dunque i tedeschi applicano la prima delle loro strategie sociali, e si muovono con ancor più cautela del solito. Che è l'esatto contrario di quello che si dovrebbe fare per ottenere un risultato. Per paura di far più danno, agiscono ancor meno. Ad un italiano, danno l'impressione di non essere interessati alle donne o al sesso. Questo non mi è mai sembrato vero, perché in tutte le città tedesche i bordelli fioriscono e non sono dei buchi nauseabondi, sono dei posti tranquilli dove ci va la gente normale, vale a dire che al tedesco medio il sesso interessa.

Qui possiamo vedere come la cultura italiana, seppur più complessa di quella tedesca, all'atto pratico permetta un punto di contatto tra i due sessi, che invece la cultura tedesca non riesce a sviluppare. È obbligatorio quindi passare alla fase 2, l'alcol, che viene utilizzato da entrambi i sessi per poter permettere l'approccio. Questa è la parte che noi non possiamo comprendere, ma che credo si possa considerare maggioritaria nei Paesi del nord Europa. L'incontro tra uomo e donna avviene per mezzo dell'eliminazione meccanica delle naturali barriere sociali che impediscono a due sconosciuti di finire a letto assieme.

A quel punto io non so più cosa accada nella testa dei tedeschi, perché non capirò mai che piacere si provi ad andare sbronzi con una donna sbronza, la quale peraltro non sta venendo a letto con te, e non sta nemmeno venendo con te per fare un po' di sesso: semplicemente non sa cosa sta facendo perché è stonata, quindi se tu le recitassi la Divina Commedia sarebbe lo stesso.

In questo contesto, è chiaro che le donne sono molto più attive che da noi nel processo di ricerca di un partner, perché devono in qualche modo compensare l'inattività dei maschi. È anche comprensibile l'abbigliamento provocante: per poter mandare messaggi di disponibilità percepibili sono costrette ad alzare il livello della provocazione ai massimi livelli (e tuttavia non serve a molto).

Non c'è bisogno di dire che questi meccanismi non sono coscienti: così come noi agiamo senza pensare e diamo vita alla danza dell'insistere e rifiutare, così le donne tedesche o nordiche non pensano a mandare segnali sessuali quando si vestono. Sono tutti aspetti che si danno per scontanti e che si mettono in pratica in maniera automatica.

Quando sbarcano in Italia, quindi, le nordiche vanno in giro mezze nude non per provocare, ma semplicemente perché non hanno coscienza di quello stanno facendo all'interno della diversa cultura. Al contrario, se un maschio italiano va a nord e tende ad approcciare le donne allo stesso modo in cui lo farebbe in Italia, trova molta più facilità ad entrare in contatto, per due ragioni: primo, non sono abituate ad avere un uomo che si approccia e quindi non hanno difese preventive nei vostri confronti; secondo, il corteggiamento appare come una serie di messaggi confusi, in cui non è chiaro cosa il maschio voglia, ma apparentemente non c'è nulla di sessuale, e quindi non scatta “l'allarme rosso”.

Ciò detto, spero sia risultato evidente che le tedesche e (immagino) tutte le nordiche, non sono più o meno facili delle italiane. Semplicemente nella loro cultura i rapporti sociali vengono gestiti in maniera diversa e quando le due culture entrano in contatto è molto difficile comprendersi, perché ognuno interpreta i messaggi dell'altro con il proprio alfabeto, e ne ricava un testo diverso da quello originariamente inteso.

Se pensavate che gli italiani fossero maestri d'eleganza

Quando si vive all'estero da un po', diventa stranamente facile individuare gli italiani che vi circondano. Non tanto quelli che vivono qui, quanto quelli che arrivano per qualche tempo, turismo soprattutto, oppure brevi viaggi di lavoro.
Gli italiani li riconoscete subito, perché – estate o inverno, pioggia o vento, giorno o notte che sia – sono quelli che in cima alla scaletta del volo Ryanair hanno gli occhiali da sole. Una volta non capivo perché tutti gli stranieri che conoscevo mi chiedessero perché non avevo gli occhiali da sole. Ora capisco: gli italiani sono gli unici che li portano sempre. Anche al buio. Anche con la pioggia.
In inverno si notano ancora meglio: in cima alla scaletta della Ryanair, con gli occhiali da sole e il pelo di cane intorno al collo. Se, mentre nevica, vedete qualcuno con occhiali da sole e pelo di cane intorno al collo, andate sul sicuro.
L'italiano arriva in Germania (o comunque all'estero) e compie sempre il medesimo rito: primo piede che tocca il suolo tedesco, e già comincia a lamentarsi del caffè. Dico, aspetta almeno di raccogliere il bagaglio e andare al bar... E per tutta la permanenza in Germania non farà altro, sia chiaro. E' un atteggiamento talmente radicato che almeno una volta a settimana devo scusarmi con gli astanti, di qualsiasi nazionalità essi siano, perché io bevo caffè tedesco e non mi lamento che non sia buono come in Italia. Mi guardano con due occhi così.
Ancora prima che il bagaglio arrivi sul nastro, sta già telefonando. Ma non telefonando tipo “Hallo Jurgens, sono arrivato in aeroporto puoi venire a prendermi?” No no, sta telefonando in Italia e parla del viaggio (50 minuti di volo, capirai) e di come è andata. Una volta, mentre aspettavo la valigia, un signore stava chiamando l'idraulico che andasse a casa di sua madre a sistemare non so cosa.
La caratteristica principale dell'italiano all'estero, comunque, è la totale mancanza di consapevolezza di essere all'interno di una cultura diversa, in cui ci si relaziona in maniera diversa. Per esempio, una cosa che mi piace dei Paesi d'oltralpe è che, negli spazi pubblici, la gente non rompe. In metro, per strada, al supermercato si parla a voce moderata, il cellulare non ha la suoneria attivata e in generale non si fa casino. Poi d'improvviso entrano in scena tre o quattro italiani che sembrano tutti sordi: gridano, telefonano (in Italia, perché se sei in metro a Berlino non puoi non telefonare in Italia). Non riescono a fare come tutti, stare seduti e parlare piano. Non si rendono conto che tutt'intorno a loro la gente è calma, tranquilla, non urla. Imperterriti.
Quando poi parlano con degli autoctoni, non sono in grado di mettere a fuoco che in altre culture non si gesticola o si gesticola in maniera diversa. Io, quando parlo con dei tedeschi, non gesticolo, perché è un modo di comunicare che non comprendono e quindi non facilita la discussione, la complica. Infatti spesso mi chiedono di tradurre i gesti degli italiani che smaniano a bracciate ampie e ben distese, perché il linguaggio del corpo è tanto peculiare quanto la lingua madre ed altrettanto incomprensibile ad uno straniero. Non è che ci voglia un genio a capirlo (ci sono arrivato anche io), ma i miei compatrioti no, loro sono fieri di questa cosa, chiaro segno dell'incapacità di relazionarsi con qualcosa che sia minimamente diversa dal proprio ombelico.
Per gli italiani c'è una cosa che però le trascende tutte: l'inglese. In tutto il mondo, l'inglese è una lingua che si impara e si usa. Per noi no. Per noi è come il corpo mistico di Cristo, un qualcosa di metafisico che lega tra loro i sudditi di Sua Maestà britannica e dalla quale noi siamo esclusi, per sempre ed a priori. E così non vale nemmeno la pena di impararlo.
Salvo poi andare in Inghilterra, pretendere di parlare inglese anche se non lo si conosce e lamentarsi che gli inglesi sono proprio dei cafoni perché fanno finta di non capire quello che hai detto, che insomma dai uer iseee deee bass-stoppeee? si capisce benissimo. Per non parlare del fatto che bestemmiano senza pudore, perché si credono gli unici a poter comprendere quel che dicono. Nemmeno sfiora la loro mente che ci possa essere un tedesco che parla italiano, o un italiano che parla italiano.
In Germania la prostituzione è legale. Ci sono alcune zone della città dove può capitare di incontrare delle signorine molto a modo che tentano di fare amicizia con voi. Per esempio, a Berlino in Oranienburger Strasse, che è una strada nota e ben frequentata e non certo un posto degradato. Per dire che nelle citate signorine ci si può imbattere anche se si è realmente intenti a far altro. Di solito il tentantivo di abbordaggio va così: prima mi chiedono se parlo inglese o tedesco (che sono straniero è chiaro). Se rispondo che fa lo stesso, mi chiedono da dove vengo. Italia. A questo punto si fermano, mi guardano e chiedono conferma del fatto che sia italiano. Sì perché? Perché hai detto che parli tedesco e inglese. Sì be', il mio tedesco ha ampi margini di miglioramento, ma per la situazione è più che sufficiente. Ah no, perché di solito gli italiani non parlano niente, solo italiano e basta. Eh, invece no, pensa. Ciao stammi bene.
Le prime volte invece cercavo di svicolare in maniera molto maschia, ricorrendo al più classico dei mmmpfrgllnfsitri. Le signorine, che il loro mestiere lo sanno fare bene, attaccano con il parimenti classico da dove vieni. Italia. Ah viiivaittalia, bellaittalia, ciao amore, bombino, begorina, scobare... (la “p” è un po' ostica da pronunciare, si sa). Sì ciao, ora che hai gridato “begorina” di fronte a 15 turisti giapponesi sono proprio eccitato. Badate però che se parlate in tedesco o in inglese non vi diranno mai cose del genere anzi, saranno decisamente educate, segno che non sanno esattamente quello che stanno dicendo.
E questo mi ha fatto capire due cose: che il livello culturale dell'italiano in gita è inferiore a quello di una prostituta che esercita in strada (con tutto il rispetto per le prostitute, che non vuol dire che sono sceme solo perché sono prostitute). E che gli italiani, quando interagiscono con una prostituta, iniziano a esprimere frasi senza senso tipo “bella Italia” e “pecorina”. Siccome la prostituta in questione non ha coscienza di quello che sente, ma lo sente dire da tutti gli italiani che incontra, impara che ogni volta che vede un italiano deve parlare come un tamarro di periferia.
Se entrate un po' in confidenza con qualche ragazza straniera, prima o poi vi confesserà che è universalmente noto come gli italiani ci provino sempre, con tutte ed in maniera ossessiva. Diciamocelo: siamo sputtanati. Non siamo tutti così, ma il fatto è che per il mondo girano orde di italiani infoiati convinti che le straniere siano delle ninfomani allo stadio terminale, e poi ci andiamo di mezzo tutti.
Secondo me è anche interessante da un punto di vista antropologico: perché gli italiani vanno all'estero pensando che le donne di lì la diano a tutti senza pensiero, senza discernimento, senza logica? La realtà non è quella, ma cosa fa scattare questo pensiero? È ancora una volta l'idealizzazione di un estero mitologico, dove tutto funziona meglio e persino per raccattare una ciulatina non si deve far fatica? Il sesso come parte delle prestazioni assistenziali fornite dallo Stato?
Alla lunga queste scene intaccano il tuo orgoglio di italiano. Che c'era. Ma poi cominci a vedere certe cose. Ti rendi conto che non esci più con altri italiani perché ti vergogni; non ce la fai più a sopportare i tuoi connazionali che trattano i camerieri come servi; che quando c'è da pagare succede sempre il finimondo e alla fine c'è sempre qualcuno che non ha messo tutti i soldi. Sempre sempre sempre. Che non sanno stare a tavola in maniera educata senza disturbare tutti i clienti di un locale. Che appena ottengono un ruolo di minima responsabilità sul lavoro, cominciano a piazzare chi garba a loro nei posti che contano; che appena superano la massa critica, cercano subito di avvilupparti nella loro rete di amici della quale non hai nessun interesse a far parte.
Così quando a volte mi sento triste perché al bar, di pomeriggio, vedo i vecchietti bere un caffè e mangiare un Bockwurst da due etti con la senape (senape e caffè, la merenda dei campioni), guardo fuori, la strada fredda, bagnata dalla pioggia, buia perché qui è buio sempre, è buio dentro, e vedo un cretino con gli occhiali da sole che grida bestemmie mentre persino le prostitute lo evitano schifate, ordino un Bockwurst anch'io. Ma senza caffè. Meglio una Coca Cola. 


Turismo culturale

Ho appreso con molto ritardo la notizia della coppia italiana rapita nel deserto. Augurando loro e alla famiglia ogni bene, mi si è tuttavia creata in mente una connessione di pensieri. Non ho capito bene cosa ci facessero i due coniugi nel deserto, se non sbaglio la signora è originaria del Burkina Faso e lì si stavano dirigendo. Però potrebbe essere la tipica vacanza che la mia donna o le sue amiche mi propongono ogni mese. Al momento la meta dei desideri è l'India.

Io mi chiedo da dove nasca tutta questa voglia di andare a fare le vacanze in posti dove non puoi bere l'acqua, non puoi mangiare verdura fresca, devi vaccinarti contro malattie da noi debellate da secoli, sono talmente poveri che anche io sembro ricco, c'è un buon numero di persone che ha capito che rapendo me riceve un sacco di soldi dal mio governo e delle organizzazioni che hanno deciso che io sono il male e quindi mi uccidono.

Dice che c'è la cultura diversa da scoprire. Vero. Cioè... vero sì, per modo di dire: una cultura che ha le caste, non costruisce le fogne, pensa che una vacca rinsecchita che grufola nell'immondizia sia sacra e fa dei film involontariamente comici non è che mi attragga poi così tanto. Ma anche volendo concedere il beneficio del dubbio, una cultura si apprezza dopo aver studiato parecchi anni la lingua, la storia, l'arte di un Paese. Per me invece, che non so nemmeno leggere le indicazioni stradali, quale cultura mi aspetta? Nessuna, mi aspetta la paccottiglia kitschig preparata in loco per spennare il turista occidentale tonto e danaroso. In quanto italiani, dovremmo saperlo tutti bene. Io poi ho avuto a che fare per anni con una meta del turismo culturale mondiale, per cui considero qualsiasi tipo di turismo, soprattutto quello culturale, una sorta di redistribuzione delle ricchezze dai Paesi ricchi a quelli poveri, sotto forma di furto a fin di bene.

Turismo culturale for dummies

Excuse me, sailor! How much is it for a gondola ride?

Duxento euri pa' un'ora. De pì che un dotòr dea figa!

Oh, 200 dollars...

No, signora. Duxento euri, che farìa 290 doeari. No a capisse un casso!

I see, 290 euros then?

Sì, proprio, 290 euri. Pagamento anticipà. Dai signora, ea monta su che ndemo, non go mia tempo da perdar mi, casa go a mugèr che rompe i cojoni se no rivo pa' l'ora de magnàr.

Oh my god, this city is sooo beautiful. Are you a real Venetian?

Certo signora. Me nono gera Doge.

What's a doge?

El doge xe come... chi gavìo valtri, Bush?

No, the president is Obama now.

Eco, valtri gavì Osama...

Not Osama: O-ba-ma!

Quel che xè... valtri gavì Obama, nialtri gavemo el Doge.

So, your grandfather was the President and Commander in Chief?

'Na spesie. El Doge xè de pì de un presidente. El xè 'na roba granda, insoma.

Gosh! And now, is your family still into politics?

Ma, dirìa de no. Gavemo capìo che 'a poitica xé 'na roba bruta e gavemo moeà.

Look at that! What is it? [indicando una casa qualunque che espone una bandiera, NdR]

Quea xé 'na bandiera, signora.

But... what does it mean?

Gnente signora, niente. 'A varde, mi vago al stadio tute 'e domeneghe, ma chea bandiera eà no 'a go mai vista. 'A se fassa i cassi sui che 'a vedarà che 'a sta mejo.

I really would like to know the history of that flag. Probably that's an old old building, dating back to the Roman Empire, or maybe before Christ...

Certo signora, se 'a vol ghe conto anca 'a storia de l'orso.

Oh no, but please, would you sing a traditional Venetian song for me?

Certo signora. 'Speta che taco. Che bella cosa na jurnata 'e sole/n'aria serena doppo na tempesta! Ghe ga piasùo, signora?

Lovely! Another one, please?

Certo! O mia bela madunina, che te brili de luntan!

How sweet!

[Incrociando un'altra gondola] Òu Denis, ti xè ancora drio lavorare?

No sta dirme gnente. Go caricà sta squadra de Cinciunciàn e 'i vol far el giro de tute 'e isoe. Ti, invese?

Mi go sta mericana rincojonìa. 'A xe anca vecia, no me penso de taconarla gnanca na s'cianta.

Ma dai, 'e vecie 'e xé 'e pì brave.

Va' in mona, sborà de un sborà!

De che a troia de to mare!

Ti e ta morti!

Ciao!

Ciao!

What did he say?

Gnente signora, roba de marinai. Bisogna sempre dirse se riva 'a tempesta, se ghe xé pericoeo de onde alte. No se sa mai.

Oh God. Are we in danger?

No signora, tuto tranquio. Ma anche se ghe fusse pericoeo, 'a xé in bone man. 'A staga tranquia e no 'a rompa i cojoni.

Thank God!

Dai forsa signora, 'a smonta che go da fare. Dunque, pagà 'a ga pagà, cantà go cantà, tanti saeuti e bona note. Pecà che a sia cussì ciciona, sinò 'na pinciadina che stava anca ben.

Thank you so much for the trip. I loved it! Bye, have a nice day.

[più tardi al telefono]

Oh dear, you cannot imagine how astonishing! I saw ancient buildings, listened to traditional songs, met real sailors as they were 2000 years ago. Everything is like a dream. And the people are so friendly! You must visit this city!

[intanto Denis, con il suo carico di orientali]

Questo è quello che succede a tutti i turisti quando vanno a scoprire le culture diverse: vangono presi per i fondelli e privati del loro denaro. Per questo ho deciso che in vacanza andrò solo dove l'acqua è potabile, non ci sono rovine da visitare e non devo vaccinarmi contro qualunque cosa prima di partire. Perché ogni città ha i suoi gondolieri, ricordatelo.