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Cocci aguzzi d'illegalità

È qualche anno che manco dall'Italia e quindi la maggior parte delle nuove evoluzioni della cultura pop non mi arrivano o mi arrivano con molto ritardo. L'altro giorno mi è capitato di vedere questo:
Dal punto di vista di chi è nato e cresciuto in Italia ma ormai la osserva da lontano e la compara quotidianamente con realtà diverse, questo finto trailer rappresenta perfettamente la peculiarità italiana. Che non è quella di essere "italiano medio", tutto preso da calcio e veline, che si crede furbo perché ha la macchina a gasolio quando il prezzo della benzina sale. Ma è quella di pensare che tutti gli altri sono così, mentre tu no, sei l'unico diverso. Ogni singolo italiano pensa che tutti gli italiani siano un branco di scemi e si sente superiore perché lui, invece di fare la cosa x che fanno tutti, fa la cosa y, che lo qualifica come estraneo alla sua stessa cultura. 

E mentre pensa questo, generalmente l'italiano non si accorge che invece fa le stesse identiche cose che critica negli altri. C'è una cronica incapacità tra chi nasce in Italia nel vedere le proprie azioni in maniera obiettiva. 

Faccio un esempio semplice semplice. Generalmente gli italiani che arrivano qui in Germania, se sono giovani e laureati, sono esattamente il pubblico cui il finto trailer è destinato: disprezzano la furbizia e l'illegalità del nostro paese, sono nemici del Berlusconismo, radice di tutti i mali, e magari dicono di essersene andati perché in cerca della legalità, di un paese civile dove le regole della convivenza funzionano.

Benissimo, io con queste persone finisco sempre a litigare (e dico litigare, non scambiare differenti opinioni) per la solita cosa: quando andare a buttare il vetro nell'apposito cassonetto.

Perché dove vivo io il vetro si va a buttare nei cassonetti appositi, che sono lungo la strada e servono diverse case o condomini. L'operazione è consentita in orari determinati, dalle 7 della mattina alle 7 di sera dei giorni lavorativi. Il motivo di questa regola è evidente: buttare delle bottiglie vuote dentro un contenitore vuoto o pieno a metà di altri vetri fa molto rumore e non si vuole che tutto il vicinato sia disturbato dal casino di vetri rotti.

L'orario di per sé è arbitrario, nel senso che le sette di sera sono poco diverse dalle sette e mezza o dalle otto. Solo che, quando hanno dovuto decidere per un'ora, hanno deciso per le sette. Come per il limite di velocità, non è che 50 all'ora sia molto diverso da 55 o 60 all'ora, ma bisognava decidere un limite e si è deciso quello.

Se voi prendete uno dei nostri connazionali che sono venuti in cerca della legalità, andrà sempre a buttare il vetro dopo le sette o di domenica. E se proverete a fargli notare che esiste un regolamento che vieta di farlo dopo le sette, vi guarderà come se aveste detto la più gran castroneria dai tempi di Omero.

Perché per gli italiani che su Facebook condividono le foto dei magistrati morti e linkano gli articoli a favore della legalità, la legge è un'entità astratta e generale, nel senso che esiste in una dimensione teorica che coinvolge una ipotetica cittadinanza. Ma non appena la legge arriva a sancire il comportamento concreto ed inviduale, cioè quando vieta a te di fare la tal cosa in questo momento, tutti - e ripeto: tutti - gli italiani che conosco si irritano e reagiscono come se la legge gli impedisse di buttare il vetro per sempre e li obbligasse ad accatastare le bottiglie vuote nella vasca da bagno di casa.

E siccome a loro questo non va bene, si rifiutano di rispettare il regolamento e buttano il vetro un po' quando gli pare. E si incazzano come iene se glielo fai notare. E di solito sono io che glielo faccio notare, per il semplice motivo che è un regolamento di puro buon senso che serve a fare in modo che nessuno rompa le scatole agli altri, te compreso.

Ma attenzione, perché questo comportamento non viene percepito come una violazione delle regole. Queste persone ragionano all'incirca così: quello che faccio io è giusto; la regola vieta i comportamenti ingiusti; quindi non violo alcuna regola. Manca del tutto la percezione che il proprio comportamento concreto si attiene o non si attiene alla regola concreta e non ad un vago concetto di giustizia che viene creato dal singolo e che si applica aprioristicamente secondo la convenienza.

Ora, l'esempio è scemo ma pregnante, perché questa mentalità ha due conseguenze: che il singolo italiano viola le regole senza rendersene conto e - di conseguenza - che certamente violerà le regole ogni volta che queste andranno contro il suo utile.

Se parliamo di un neolaureato in cerca di lavoro in Germania, le regole infrante sono tutto sommato di poco conto. Non è che la polizia vada in giro a controllare che alle sette e dieci minuti non ci sia gente che getta le bottiglie nel cassonetto. Ma se quel neolaureato diventa col tempo un dirigente o un dipendente pubblico, si troverà ad infrangere le regole senza saperlo; solo che questa volta le conseguenze saranno ben più gravi e non si limiteranno ad un po' di rumore. Un dirigente che gestisce in maniera "allegra" i conti dell'azienda la farà fallire e farà perdere il lavoro a tanta gente. Un dipendente pubblico che acceleri certe pratiche perché sono quelle dell'amico e rallenti certe altre perché sono quelle di uno sconosciuto, moltiplicato per tutti i dipendenti pubblici, blocca il sistema nel suo complesso.

Per questo quando vedo i link tipo "Democrazia e legalità", "Parlamento pulito" eccetera, non riesco a non pensare che sia solo il nuovo bigottismo del secondo millennio. Come una volta si predicavano pubbliche virtù e poi ci si andava a far ricucire l'imene dal dottore amico di famiglia, oggi si alzano alti lai per l'illegalità della casta e poi, in privato, si viola la legge quando fa comodo.

Con la differenza che essere ipocriti sulla verginità prima del matrimonio non fa male a nessuno, essere ipocriti sul rispetto della legalità danneggia ogni singolo individuo. E lo stato in cui si trova l'Italia oggi ne è la prova.

La cultura del mignolo alzato

Leggendo le pubblicazioni specializzate si percepisce che in questo periodo l'ossessione del mondo dei videogiochi è quella di apparire come un medium maturo che possa essere considerato alla pari con altri media, primo tra tutti il cinema. 

Il motivo di questa ossessione è chiaro: come io, nato e cresciuto in un ambiente relativamente lontano dalla cultura alta ho sentito il bisogno di colmare questa mia lacuna per non dovermi sentire un gradino più in basso degli altri, così il mondo dei videogiochi e la stampa di settore in particolare sono arrivati al punto in cui anelano al riconoscimento culturale da parte degli altri rami dell'intrattenimento. 

Ma come io, nel mio tentativo di colmare il presunto divario culturale, mi sono ritrovato a perseguire una formazione accademica che mi ha reso particolarmente difficile trovare un lavoro, così i videogiochi stanno imboccando una via che difficilmente giungerà a qualcosa di buono.

Allo scorso Electronic Entertainment Expo (per gli amici E3) è stato presentato un nuovo progetto che dovrebbe, negli intenti, portare il videogioco ad un livello di maturità superiore. Ecco la presentazione:


Da questo filmato si può capire cosa intendano gli sviluppatori e la stampa quando parlano di maturità del medium: palette di colori dominata dal nero, dialoghi à la detective Callahan, voci rauche à la Batman, combattimenti a mani nude tipo Matrix, girl power, superpoteri e temi come "la vita dopo la morte". Impressionante eh?

Se questo miscuglio di luoghi comuni della cultura pop è considerato il prossimo scalino verso la maturità dei videogiochi, l'asso nella manica da giocarsi per mettersi al pari col cinema e la letteratura, capite bene che la strada per un vero riconoscimento è ancora lunga e perigliosa. 

Tutti questi elementi sono, come detto, dei cliché, stereotipi che si possono incontrare in qualsiasi produzione precedente. Il ricorso ai luoghi comuni di per sé non è sbagliato, perché di fatto è impossibile non ricorrervi: una narrazione funziona per mezzo di determinati meccanismi e non usare quei meccanismi significa creare una narrazione orrenda. Il problema, e la vera forza di chi crea, è saper rimaneggiare i luoghi comuni per arrivare a qualcosa di mai visto prima. Riproporre per la milionesima volta scene di violenza, condite di dialoghi da superduri e con il personaggio femminile che dovrebbe ribaltare lo stereotipo della donzella in pericolo 15 anni dopo Buffy the Vampire Slayer non è nemmeno un esercizio di stile: è catena di montaggio, dove si assemblano pezzi e si produce su larga scala. Che va benissimo, ma non è il modo di creare un'opera culturalmente matura.

E quale potrebbe essere allora un videogioco che rappresenti il passaggio verso una produzione "matura"? Ce ne sono due che sono esemplari in questo senso, ma a cui nessuno mai penserebbe. Preparatevi... sedetevi... 

...

GTA: Vice City e GTA: San Andreas.

Per chi avesse vissuto su Marte negli ultimi 10 anni, questi giochi rappresentano due successi commerciali planetari. Il giocatore impersona un delinquente che si fa strada nel mondo del crimine per mezzo di una lunga fila di omicidi. Il gioco è ambientato in una città e i suoi dintorni, che possono essere liberamente esplorati, senza essere legati ad alcun vincolo predefinito. Il tratto fondamentale dei due titoli è il ricorso alla violenza, che viene così tanto caricata e espansa da superare il limite del grottesco e sfociare nel surreale.

Quello che però rende i due giochi interessanti è l'ambientazione. GTA: Vice City è ambientato nella Miami degli anni 80, mentre GTA: San Andreas nella California dei primi anni 90. Tuttavia la ricostruzione delle due città non è "filologica", per così dire, ma è la sintesi della cultura pop dei rispettivi anni. Quindi né Miami né la California sono ricostruzioni storiche dei loro equivalenti reali, ma una fusione degli elementi caratteristici della cultura pop di quegli anni: il risultato è un pastiche di riferimenti a film, telefilm, musica, programmi radio, automobili, abbigliamento dell'epoca, continuamente alternando tra parodia e omaggio a quegli anni.

Così in GTA: Vice City si trova tutto ciò che ha reso gli anni 80 quelli che ricordiamo: colori fluo, abiti pastello, musica elettronica, il pericolo sovietico... un concentrato di cultura pop in cui gli anni 80 sono più anni 80 degli anni 80. I tratti principali di quegli anni sono così tanto caricati da renderli iperreali e infine surreali. E lo stesso vale per GTA: San Andreas: le gang di neri e ispanici, i pestaggi della polizia, la Rivolta di Los Angeles, X-files, la musica rap...

Quello che rende i due giochi culturalmente interessanti (e ricordiamo che sono giochi vendutissimi, non roba di nicchia buona per i salotti bene) è che gli sviluppatori non hanno voluto rincorrere altri media sul loro piano. Coscienti di dover creare un gioco e non di scimmiottare il cinema, hanno deciso di inventare una formula propria, nella quale tutti i riferimenti culturali - tantissimi - vengono rimaneggiati per dar vita a qualcosa di nuovo. La prima cosa che si deve fare in GTA: Vice City è travestirsi da colletto blu, infiltrarsi in una manifestazione di operai e provocare disordini, in modo che lo sciopero fallisca. Nel gioco la situazione fa molto ridere, perché è un rovesciamento parodico dei valori comunemente accettati, ma il sottotesto è chiaramente radicato nella situazione - seria - del settore manifatturiero americano durante gli anni di Reagan.

Entrambi i giochi sono intessuti seguendo questa trama e ci riescono perché l'intento non è quello di creare un gioco "maturo", ma un gioco che sia divertente e che riesca ad esprimersi a diversi livelli di profondità. Infatti la serie di GTA è universalmente nota per essere caciarona, priva di senso, gratuitamente violenta, perché la maggior parte dei giocatori, quando vanno in mezzo a degli operai in sciopero con un martello in mano, non ha idea dei collegamenti con la situazione reale dei lavoratori americani di quell'epoca. Ma se si ha una conoscenza più approfondita, si può anche godere del gioco ad un ulteriore livello, senza intaccarne minimamente l'aspetto ludico e di intrattenimento.

Perché l'intrattenimento intelligente non è quello che tira gli spiegoni sul senso della vita e la direzione che sta prendendo il mondo, ma è quello che sa riconoscere i tratti salienti dell'immaginario collettivo e li mette a disposizione del fruitore nella consapevolezza dei propri limiti espressivi.

Ma ovviamente queste cose non le leggerete mai nella stampa di settore, perché chi scrive e parla di videogiochi si limita a vedere l'aspetto superficiale (OMG picchiamo gli operai LOL) in quanto carente dei riferimenti culturali generali che permettono un approccio diverso. Basta solo osservare con costernazione la sintassi delle recensioni dei videogiochi.

Conseguenza di questa incapacità di capire che il tono leggero e apparentemente sciocco è in realtà frutto di una complessa rielaborazione della cultura specifica del periodo è la richiesta di creare giochi maturi, intesi come prodotti seriosi in cui si tirano infiniti spiegoni su come la vita fa schifo e il mondo è una cloaca.

Così dopo GTA: San Andreas è uscito GTA IV, un pastone noiosissimo di cliché sulla vita degli immigrati dell'Europa orientale a New York, che non fa né ridere, né piangere, né pensare. Si tira fuori il luogo comune del sogno americano infranto e si continua con una lunga serie di eventi telefonati, visti e rivisti in tutte le salse. E non può che essere così: a meno che il gioco non venga prodotto da emigrati bosniaci con le pezze al culo, nessuno sa veramente mettersi nei panni di un povero cristo sbarcato clandestinamente a New York all'inizio degli anni 2000 e deve per forza di cose ricorrere a luoghi comuni presi in prestito qui e lì. Le poche parti degne di nota sono ad esempio una missione in cui si deve rapinare una banca: tutta la scena è in realtà un omaggio al film Heat di Michael Mann ed è un breve "ritorno alle origini" che purtroppo dura troppo poco.

Ma chiaramente questa svolta nella serie GTA è stata acclamata dalla stampa di settore, che ha applaudito al nuovo tono "maturo", perché per la stampa di settore la palette di colori scura e la storia-polpettone strappalacrime sono la forma che dovrebbe prendere la cultura "alta". Senza rendersi conto invece che è la forma che prendeva Anche i ricchi piangono.

Quando allora i giochi diventeranno culturalmente rilevanti, al pari del cinema e della letteratura? Quando saranno creati da e pensati per persone che sono già fruitori di cultura nel suo complesso, le quali non pensano che la cultura sia una cosa noiosa dove la gente è tutta seria e si parla solo di amore, morte e filosofia politica. Ricordiamoci che noi impariamo molto di più dalla commedia che non dalla tragedia riguardo alla vita nell'Atene classica, perché una società è fatta di sberleffi e scoregge più che di sovrani che si accecano e sorelle che raccolgono i corpi in putrefazione dei fratelli.

È tardi ormai

Prendi coscienza di non essere più giovane quando non ti fai problemi ad avere i tuoi genitori amici su Facebook, perché tanto non hai niente da nascondere.

Sai di essere vecchio quando vai ai matrimoni dei tuoi amici e la musica che fa ballare tutti è quella di Nirvana e Rage Against the Machine.

L'unica cosa che non sai è il momento in cui è successo, ma vedi chiaramente te stesso, anziano, con la dentiera e il bastone che cerchi di pogare ascoltando Smells Like Teen Spirit.


¡Ay Carmela!

Andando così a memoria, senza consultare alcuna fonte, non mi par di ricordare alcuna manifestazione di protesta quando il governo spagnolo gonfiava una bolla speculativa enorme, destinata a fare la fine di tutte le bolle.

Sono abbastanza sicuro di ricordare che la Spagna veniva sperticatamente elogiata come esempio da seguire, come governo illuminato e faro da seguire nella buia notte di vacche nere che avvolgeva l'Italia. 

Sempre a memoria, ricordo che tutti dicevano di voler andare in Spagna, perché c'è il lavoro e poi si sta in piedi a bere fino alle quattro di mattina, non come quello schifo di Italia, il Paese dei vecchi che non ti lasciano stare in piedi dopo le otto.

E adesso che è arrivato il conto, come se niente fosse, c'è gente che continua ad elogiare la Spagna che vuole fare la rivoluzione, non come in Italia che non facciamo mai niente.

Fuuuuuuuuu

Seriamente

Ieri su Boing Boing sono incappato in questa immagine. Un tizio ha fatto una specie di infografica raggruppando le frasi usate nella pubblicità dei giochi per i maschietti in un gruppo e quelle per le femminucce nell'altro. Il colpo d'occhio fa vedere che tipo di retorica venga usata per rivolgersi ai due generi.



Io non so se la pubblicità alteri la percezione del mondo o se semplicemente si fondi su di essa senza filtri di ordine morale o pedacocigo. Però è impossibile non notare la miseria, il grigiore e la fanfaronaggine con cui si prendono di mira i maschi. Lasciamo perdere l'ovvio, ignoriamo “battaglia” e “potenza” e “eroi”. Il diavolo sta nei dettagli. In basso, sotto “power”, c'è quel “forze speciali”. Ma speciali de che? E poi “invisibile”, “ninja”, “abbatti”, “distruggi”, che nemmeno i bulletti al giostre nemmeno.

Le bambine invece? Bello in grande “divertimento” e “amore” e “feste”. E poi è una parata di cose fiche da fare, di vestiti da mettere, “adorabile”, “con stile”, la neve e la doccia. Cavolo, la doccia!

Io non so quale sia il significato di questa immagine, non so se ce ne sia uno e se c'è, se abbia un qualunque valore scientifico o quantomeno razionale. Però dovete ammettere che per noi maschi hanno preparato un bello schifo di concetto di divertimento. Grazie tante.

Quotidiani disturbi

Sulla cassetta della posta c'è un bell'adesivo a rossi caratteri affilati che intima di non lasciarvi pubblicità. Tale decreto viene sistematicamente ignorato ed ogni giorno devo buttare via tonnellate di giornali e depliant che nemmeno leggo. Il fastidio è che rischio di buttare via anche la posta importante, che si va a mischiare alle pagine di annunci e notizie inutili; in più, siccome lo spam cartaceo straborda e lascia lo sportellino spalancato, quando piove (e qui piove sempre) l'acqua entra nella cassetta, infradiciando le lettere che non devono infradiciarsi.

So anche che è una battaglia persa, perché non posso fare niente per contrastare questa indegna attività. Ma ieri, rincasando dal lavoro più presto del solito, vedo una persona armeggiare di fronte alla cassetta della posta. Di fianco a sé teneva il baracchino con le ruote che usano qui per i lavori tipo postino e simili. Beccato!

Mi avvicino silenziosamente e sto per partire con una raffica di domande astiose e sarcastiche tipo "sai leggere? cosa c'è scritto qui?", quando il fellone si gira e si rivela per quello che è: una ragazza sui 18-20 anni, molto bella, con i capelli lunghi ed il taglio sbarazzino. Mi guarda, io la guardo, faccio per aprire la bocca ma poi penso.

Penso che quando avevo la sua età una ragazza del genere non avrebbe mai passato pomeriggi sotto zero per consegnare giornali gratuiti; penso anche che potrebbe trovare lavori migliori e meglio pagati sfruttando la "bella presenza", tipo lavorare negli stand di una fiera o cose del genere (almeno sarebbe stata al caldo); e penso che magari non se la sta passando bene, che magari fa anche la standista la sera, e la cameriera nei fine settimana e la mattina va scuola.

E allora lascio perdere, faccio finta di niente. Lei spinge via il baracchino pieno di giornali e io svuoto la cassetta delle lettere e ripongo il contenuto nell'apposito bidone della differenziata. 

Dalle stalle alle stelle

Per fortuna sono nato abbastanza tardi da perdermi certi dibattiti sulla cultura-cultura contro la cultura massificata. Dico fortuna perché ad esempio so che all'epoca fece un certo scandalo tra i circoli intellettuali la nascita della collana BUR (Biblioteca Universale Rizzoli), cioè una serie di pubblicazioni di classici della letteratura e della saggistica in formato tascabile a basso prezzo. Ciò era male, perché avrebbe portato alla massificazione del sapere, all'inflazione del suo valore, allo svutamento di ogni significato.

Siccome i circoli intellettuali hanno smesso di capire qualcosa ai tempi del Risorgimento, le collane economiche si sono invece moltiplicate e questo è stato solo un bene. Da adolescente [sfigato qual ero] io spendevo mille o duemila lire e mi portavo a casa capolavori, mentre i miei amici spendevano dieci, venti, quando non cento volte tanto per musica e videogiochi. Costavano così poco che valeva la pena di prenderli, sti libri, che se tanto non ti piacevano non ci avevi perso niente. Per non parlare della BUR, che ho usato per tutta la carriera universitaria come fonte unica di accesso a testi antichi e meno antichi.

Poi c'è la famosa critica al Signore degli Anelli: siccome il libro non era gradito a certi intellettuali, essi lo avevano bollato come “fascista”. Che per alcuni funziona un po' da insulto universale: quando vogliono esprimere l'abiezione totale, dicono “fascista”. Non ho mai capito se invece i neofascisti che si rifacevano a quel libro lo facessero come reazione a questa critica o per iniziativa propria ed indipendente. Ma non ho mai approfondito: in fondo non sono mai riuscito ad andare oltre le cinquanta pagine del libro, non so neanche di cosa stiano parlando.

Per non dire dei fumetti, o degli anime.

Oggi siamo al salto generazionale e gli allora giovanissimi che hanno sfidato quegli sciocchi pregiudizi si stanno avviando verso la strada dell'imbolsimento, in modo da perpetuare quei vecchi ragionamenti, solo che da una prospettiva speculare. Così tutto quello che era considerato cultura massificata, fascista e piccolo-borghese, adesso diventa capolavoro assoluto, vetta eccelsa, punto di non ritorno. Anche se è una canzonetta pop, anche se è un filmetto da quattro soldi. Basta che una volta non piacesse che oggi piace.

Gli eroi dei fumetti, tipo Batman, erano considerati fascisti perché l'uomo forte eccetera eccetera. Oggi sono descritti come pietre miliari che incarnano lo spirito del tempo. Si fa fatica a trovare qualcuno che dica “mah, a me Batman sembra la storia inverosimile di un ricco disturbato che va in giro vestito da pipistrello; mi piaceva quand'ero bambino, ma adesso che sono cresciuto non ci trovo più niente di speciale.”

Una volta i film tipo “Ispettore Callahan” erano fascisti, perché il vigilante, le paure piccolo-borghesi e via dicendo. Oggi stanno pian piano risalendo la china e tempo due anni saranno il nuovo faro della cultura cinematografica, perché spiegano il declino, le ansie e le disillusioni della società postmoderna. Provate a trovare qualcuno che onestamente ammetta “Callahan è un personaggio ai limiti del reale, con una faccia da schiaffi, però mi diverto a guardare le sue storie per le battute memorabili, che non c'entrano niente con quello che un poliziotto direbbe mai, ma in fondo chissene, è un film”.

Mai che ci sia la mezza misura, l'onesta percezione della mediocrità. Sono solo canzonette, suvvia.


Dal basco al reality


Guardandomi indietro, capisco che la più grande idiozia che un giovane può fare, a parte bucarsi e ingravidare ragazze che passavano di là, è dedicarsi alla politica. Mi riferisco proprio all'attivismo, al dedicarci energie materiali e spirituali, alle nobili cause.

Il primo grosso problema è che, mentre già a 10 anni tutti ti mettono in guardia contro la droga, nessuno ti mette in guardia contro la politica. Anzi, in moltissimi casi essa viene propagandata come la più nobile delle attività (se poi finite al liceo classico o comunque tra le grinfie qualche insegnante particolarmente fissato, questa cosa diventa il nuovo catechismo).

Giovani, ascoltate bene: state lontani dalla politica, a meno che non abbiate intenzione di fare come Capezzone. Cioè, o la intendete come una professione e andate con chi vi paga meglio, o non intendetela affatto. In tutti gli altri casi, qualsiasi attivista farà l'esatto contrario di quello che predicava da sbarbato.

Facciamo degli esempi. Questo è Flavor Flav al tempo dei Public Enemy, con tanto di Black Panther a corredo, che noi combattiamo il sistema e lo dobbiamo far capire al colto e all'inclita, sia mai.

Niente grida “rivoluzione” quanto un basco ben portato.

Vent'anni dopo, Flavor Flav è protagonista di un reality show che è stato giudicato “inguardabile” da una giuria composta dagli autori di Uomini&Donne, Il Grande Fratello e Porta a Porta:



Questo invece è Cordozar Calvin Broadus, cioè Snoop Dogg. A poco più di vent'anni ha ottenuto un quadruplice disco di platino con un album che un'attivista afroamericana ha definito “un'oscena e profana glorificazione dell'omicidio e dello stupro”. E infatti nel lontano 1993:

L'assenza di basco denota indifferenza verso
la condizione della donna afroamericana.

Vent'anni dopo, Snoop Dogg si fa vedere in giro così:

Niente basco...

... e niente basco.

La politica fa male a te e a chi ti sta intorno. Ma soprattutto fa male a me che ti devo ascoltare. Smetti, prima di ridurti come Flavor Flav.

Dai libri sibillini alle righe di codice

All'alba dell'era dell'informatica di massa, la nuova frontiera della cultura pop veniva colonizzata da un nuovo personaggio, il nerd. Caratterizzato da un'intelligenza superiore, applicata principalmente a materie tecnico-scientifiche, e dalla passione per divertimenti ad esse legati (videogiochi, fantascienza, ma anche fumetti e letteratura fantasy...), originariamente il nerd era oggetto di scherno da parte della comunità di pari. Un personaggio quasi negativo.

A distanza di anni, l'immaginario collettivo e la cultura pop usano lo stesso personaggio in maniera opposta, quale figura positiva da valorizzare. L'incapacità di gestire i rapporti sociali viene trattata con accondiscenza, l'incapacità di relazionarsi con le donne diventa motivo di comprensione. Nel 2010 è il nerd che tratta la biondona con alterigia.

15 anni fa questa era fantascienza

La ragione del mutamento è evidente. Poiché le redini del mondo sono tenute da Bill Gates, Steve Jobs, Larry Page, Sergey Brin e Mark Zuckerberg (tutti nerd), poiché costoro controllano le nostre vite, sanno quello che facciamo, dove siamo, chi sono i nostri amici, quante ore di Tube8 guardiamo al giorno, progressivamente stanno trasformando l'immagine di sé stessi: ora siamo nella fase intermedia, quella dei teneri imbranati rubacuori; domani saranno la nuova nobiltà e il nuovo clero, l'élite in grado di far funzionare il mondo informatizzato adorata da una popolazione di niubbi che sa soltanto premere il pulsante “Potenza”.

La religione di domani

La cosa interessante però è il cambiamento sociale che si sta verificando. Ormai sempre più persone che sprecano le loro giornate giocando ai videogiochi e leggendo fumetti si definiscono con orgoglio “nerd”. È interessante perché costoro mancano dell'attributo fondamentale del nerd, l'intelligenza superiore e la passione per lo studio e la scienza, e si dedicano esclusivamente ai passatempi tipici del nerd. Cioè, ci sono persone che si atteggiano a nerd pur non essendolo; come quelli che si indebitano per poter ostentare un'auto da ricchi, sempre più individui ricercano l'accettazione sociale scimmiottando i tratti marginali e esteriori della figura del nerd.

In una completa incomprensione del “fenomeno nerd”, scambiano le cause con gli effetti e dunque credono che l'incapacità di relazionarsi agli altri sia segno di intelligenza, anziché semplice incapacità di relazionarsi. Pensano che leggere fumetti sia un'attività intellettualmente superiore, anziché il passatempo di intelletti superiori. C'è gente che fa finta di essere affetta dalla sindrome di Asperger quasi non fosse una malattia ma un simpatico tratto caratteriale. Che è come far finta di avere la sifilide per far credere di essere grandi amatori.

Insomma, tutto questo è sintomatico di un mondo che sta cambiando le proprie élite culturali ed in cui le classi “inferiori” cercano di emulare alla meglio, nei tratti più semplici ed riproducibili, queste élite. Ed è anche, per i giovani più svegli, la direzione da prendere se si vuole stare abbastanza in alto nella piramide sociale. 

Musica, e sai cosa ascolti

Quand'ero adolescente era tutto più facile. La musica. C'era la radio, MTV, gli amici e qualcuno più grande, per i più eruditi anche le riviste. Era così che si conoscevano i gruppi e i cantanti. E quindi non c'era molto tra cui scegliere: il giro di amici sbagliato e il gusto musicale si riduceva a qualche brano da discoteca o poco più.

Tanto, anche se avevi gusti raffinatissimi, i CD dovevano pur essere comprati. Che sembra banale, ma se non abiti a Milano il negozio di dischi non offre chissà quali eterodossie.

Era un mondo più semplice, era sufficiente avere l'accidente di ascoltare qualcosa che sarebbe stata importata in grandi quantità l'anno dopo ed già eri fuori dalla corrente e ti sentivi escluso o ribelle, a seconda della disposizione d'animo.

Non come oggi con internet e gli mp3, scelta infinita, musica infinita e gratuita senza dover nemmeno mettere la giacca e uscire di casa, signora mia...

Gli è che tutta questa scelta, tutti questi generi, tutti questi artisti fanno confusione, se fossi adolescente oggi non saprei cosa ascoltare. Insomma, posto che la libertà è inutile e dannosa, cosa consigliare ad un giovane musicofilo per orientarsi in questo girone infernale? Come distinguere il valore dall'operazione commerciale? Come capire cosa vale e cosa provoca orrore?

Personalmente applico dei parametri molto rigorosi, che mi permettono di scremare e operare una scelta seria e consapevole. Essi sono:

  1. L'artista deve appartenere al genere con il quale si ha piacere di avere relazioni di natura intima.
  2. L'artista deve suscitare alla vista desideri sconci e impudichi.
  3. L'artista deve avere un look provocante e sopra le righe.
  4. Le canzoni devono essere sufficientemente note da poter essere facilmente trovate nei principali canali di streaming, come YouTube o Grooveshark.
  5. Gli album devono facilmente essere reperibili su Megaupload, Rapidshare e simili.
  6. Le canzoni devono mettere allegria in situazioni come la metropolitana affollata, i fogli excel sullo schermo, amici e colleghi che parlano di politica eccetera.
  7. La musica deve far muovere il piedino o la testina.

Andiamo nel concreto. Dovendo operare delle scelte, come si procede? Nel mio caso, ecco una possibile alternativa che mi si para davanti al momento di riempire il box di ricerca su Filestube.com (da non confondere con Findtubes.com, di cui parleremo magari un'altra volta).

Nicole Scherzinger

Uno famoso

Applicando la tabella di cui sopra, ci troveremo facilmente fuori dagli impicci, perché il punto 1 ci fa scegliere in favore di Nicole Scheringer.

Ma proviamo con una scelta più difficile:

Christina Aguilera

Patti Smith

Altro che difficile... Basta arrivare al punto 2 che già abbiamo operato la scelta migliore.

Questo metodo è in assoluto il migliore ed il più economico. Anche se i sette punti coprono tutte le possibilità, difficilmente si va oltre il punto 3, qualche volta il 4, ma molto di rado.

E per quelli che stanno ridendo: questo post non è ironico.

Gleba e birra


Dunque, poche cose al mondo reputo orrende come l'esibizione di potenza immaginaria, sia collettiva che individuale. Provo istintivo ribrezzo per il nazionalismo di qualunque genere, per il superomismo, per il machismo. Non sopporto coloro che si vantano, soprattutto di cose che accadono nell'intimità degli affetti e delle mura domestiche o alberghiere.

Veniamo al dunque. Come molti italiani, sono cresciuto nella consapevolezza che noi maschi si è mammoni. Perchè, si sa, noi italiani ci lasciamo allattare al seno fino a sopravvenuta morte della genitrice e per questo motivo siamo degli eterni adolescenti, incapaci di crescere e trasformarsi in persone normali.

Non come all'estero!

Non come in Germania, dove i maschi escono di casa a 18 anni per non fare mai più ritorno, diventando veri uomini e ingravidando femmine fino ai 23, per poi sposarsi, metter su famiglia e venire in vacanza in Italia ogni estate.

Capita però che qualche italiano mammone e immaturo in Germania ci finisca per davvero e cominci a vedere che le cose non stanno proprio così. All'inizio non lo nota, perché i maschi tedeschi hanno la tendenza a parlare sempre con la voce impostata, a ridere poco, a sembrare estremamente seri e impegnati e quindi ad essere tanto tanto maturi. Ma dopo anni di studio, di appostamenti, di notti all'addiaccio, ho finalmente scoperto il segreto nascosto di queste terre.

Il curatore del blog osserva il comportamento degli indigeni

Quel che non si dice della Germania è che i maschietti, a 18 anni o giù di lì, abbandonano il controllo da parte della madre, sì... ma per passare sotto il controllo della fidanzata. E “controllo” vuol proprio dire “controllo”.

Le madri tedesche impartiscono ai pargoli una disciplina sentimentale durissima. Non è che non vogliano bene ai propri figli, non è che non farebbero di tutto per renderli felici, non fanno mancare loro nulla, ma non li toccano, non sorridono, non manifestano alcun calore. Per contro, attraverso una diabolica e raffinatissima tecnica psicologica, li addestrano a pensare che se non accondiscendono ai voleri (non espressi) della madre, il mondo finirà in un bagno di sangue.

Mamma, mi vuoi bene?

All'arrivo della maggiore età, non è difficile capire perché un tedesco lasci la famiglia: non abbandona un luogo di affetti e di cure, ma un luogo di continua tensione emotiva. Ci dev'essere un senso di sollievo ad andarsene.

Quello che li aspetta è, per certi versi, ancor peggiore. Si troveranno una ragazza che raccoglierà con gioia i frutti della semina familiare. Il nostro maschietto è stato addestrato ad essere accondiscendente verso la figura femminile e ciò lo ha reso succube delle donne e incapace di opporre alcuna resistenza ai loro voleri, anche quando questo sarebbe più che giustificato. Dall'altra parte, la donna si sentirà e sarà in diritto di esercitare un imperium sulla vita del maschio tale da renderlo di fatto privo di autonomia decisionale. Inoltre, mentre la madre addestra e dunque usa munizioni a salve, la compagna userà munizioni vere: lei può abbandonarvi sul serio, e lasciarvi soli, e lo farà, quindi è meglio rigare dritto e sorridere sempre.

Basta seguire poche e semplici regole

Il rapporto di coppia tra italiani tende ad assumere connotati di serietà graduali. Si parte dal grado minimo, con poche aspettative e si progredisce. Tendenzialmente è il matrimonio che seriamente sancisce la serietà seria. Prima del matrimonio è concesso sbagliare e ritentare, almeno entro certi limiti, ed è prevista una soglia superficialità da ambo le parti, legata alla fase in cui si trova la relazione.

Tra tedeschi, al contrario, il maschio diventa proprietà esclusiva della donna e la relazione passa dal grado zero di non esistenza al grado mille di assoluta serietà. Tendenzialmente la diciottenne teutonica si aspetta di vivere more uxorio: dormire insieme, mangiare insieme, uscire insieme, fare i regali assieme, andare a pranzo dalle rispettive famiglie, passare il Natale insieme. Sempre. Dal primo giorno. Tutti i giorni. In tutto questo il maschietto non ha parte alcuna, se non la presenza.

In compenso le catene si portano con tutto

Consideriamo per semplificare quello che qui chiamano party, cioè una qualsiasi forma aggregativa che preveda la presenza di alcol e musica in un luogo chiuso, dalla serata in discoteca alla festa di compleanno. I maschi appaiati se ne rimarrano buoni a bere in silenzio senza disturbare, perché stranamente l'unica cosa che le compagne concedono loro è l'essere ubriachi, mentre qualsiasi altra manifestazione di attività bio-neurale viene aspramente biasimata. Significativamente i maschi non appaiati si comporteranno allo stesso modo, rimanendo tra di loro ed evitando gli individui del sesso opposto. Credo percepiscano il rischio di poter conoscere una ragazza e ne siano terrorizzati. E non so come dar loro torto: non sono in grado di difendersi e una donna è un avversario troppo forte.

Rituale di accoppiamento (Bassa Sassonia, ca. 2007)

A onor del vero, mi è anche capitato di vedere qualche tedesco che ci prova. È un vero spettacolo, commovente e tenero. C'è questo omaccione alto un metro e novanta con la voce finto-baritonale che fa e dice tutte le cose che noi tutti abbiamo fatto e detto. Ma quando avevamo 13 anni. L'imbarazzo, la timidezza, i discorsi fuori contesto, la paura di sbagliare. Da manuale proprio.

Allora, dando per scontato che in un mondo perfetto tutti dovrebbero essere maturi, responsabili e privi di difetti, mi chiedo: ma chi è veramente messo peggio? Io italiano sarò anche eccessivamente legato a mia madre, ma almeno lei mi ha nutrito, mi vuole bene sul serio e posso ragionevolmente contare sul fatto che un bel giorno non si sveglierà con l'idea di non parlarmi più. Insomma, ho qualche motivo per essere mammone. Loro tedeschi invece sono costantemente succubi della donna di turno, devono fare tutto quello che dice lei e non ottengono niente in cambio se non la facoltà di ubriacarsi, mentre non riescono a sviluppare alcuna autonomia e maturità sentimentale.

E se magari le lettrici dovessero pensare che uomini del genere siano comunque migliori di noi italiani, vi posso presentare qualche tedesca che non sarebbe decisamente d'accordo con voi.

Per tutti quelli che non sono Hunter Thompson


Il motivo per cui mia madre ha sempre creduto che non mi piacesse nessun cibo è che già in tenera età avevo compreso la connessione che esiste tra l'espressione del gradimento di un particolare piatto e il trovarselo in tavola 5 volte alla settimana.

Contestualmente, una delle prime conquiste del mio personale processo gnoseologico è che anche la cosa più bella e buona, se fruita in abbondanti quantità, diventa insopportabile (il processo gnoseologico ha più tardi stabilito che esiste un'eccezione a questa regola per D. N. e V., ma non perdiamoci in facezie).

È dunque con questo spirito che mi appello ai giovani e meno giovani d'oggi.

Giovani e meno giovani, io vi capisco. So cosa si prova, so cosa si sente. Ma vi chiedo, vi supplico, v'imploro: smettete di indossare quelle maledette All Star. Sembra di stare nella Cina di Mao. Sembra un dannato campo di concentramento.

Vi taglio i piedi.